Contributo di Elisabetta Galgani (testo e foto)
da "La nuova ecologia"
La riunione si svolge in circolo. Chi seduto per terra o su un tappeto, chi su una sedia. Saranno sessanta i membri della FATTB, la federazione che riunisce le associazioni dei terapeuti tradizionali della provincia, arrivati a Bandiagara, piccolo centro a nord della capitale Bamako.
Parlano uno a uno, non sovrapponendosi mai, sviscerando i temi all'ordine del giorno: da una scambio fra guaritori di Mali e Senegal fino ai risultati dell'ultima fiera delle piante medicinali.
Il caldo secco penetra nell'edificio circolare del Centro di medicina tradizionale e invita alla riflessione.
Ad aprire la riunione è il Presidente Allasseiny Baba Yalcouyé, per l'occasione vestito di giallo, che più tardi spiegherà: "Non mi presento come un guaritore perché sono ancora giovane, in Africa non hai bisogno di dire chi sei perché la gente ti conosce per quello che fai".
L'Associazione dei guaritori e il Centro di medicina tradizionale sono alcune delle conquiste di un lavoro lungo vent'anni della cooperazione italiana in Africa Occidentale. L'ultimo progetto ha visto cinque O.N.G. (Acra, Cisv, Grt, Oriss, Terra Nuova) sostenere la medicina tradizionale maliana e il suo incontro con quella convenzionale.
"Una relazione necessaria - secondo Marco Platzer, direttore della cooperazione italiana a Dakar, in Senegal - Basti pensare che l'80% della popolzione locale per curarsi fa riferimento ai guaritori dei villaggi, non certo agli ospedali pubblici. E nonostante lo scetticismo occidentale, le persone guariscono davvero".
Quello di cui si discute a Bandiagara è il quarto scambio fra guaritorti maliani e senegalesi. "Questi incontri - spiega Pietro Ferrero, responsabile del progetto per Acra - servono a rafforzare il senso di identità dei terapeuti e a combattere l'isolamento". E' insomma un lavoro capillare, delicato e prezioso quello svolto dalla nostra cooperazione, svolto in un'area a rischio, minacciata dalle lusinghe della "modernità". Come quella dei soldi facili del turismo che attirano le nuove generazioni. Il sapere dei guaritori, che si tramanda soprattutto per via familiare, rischia di disperdersi. E con esso anche le conoscenze sugli usi delle piante.
L'incontro proficuo fra la medicina occidentale e quella maliana è incarnato dalla figura di Pakul Pierre Mounkoro. Psichiatra maliano che proprio grazie al progetto italiano si è avvicinato alla medicina tradizionale, Mounkoro ha imparato dai guaritori a non indossare il camice bianco "per non creare una distanza con il paziente - racconta - perché bisogna sempre lavorare sulla vicinanza".
Il suo è un elenco entusiasta di tutti i dispositivi terapeutici appresi negli incontri con i "colleghi": "I guaritori mangiano insieme ai malati per entrare in uno spazio e in luogo condiviso - continua - Per la nostra gente la colpa della malattia non è personale: ha una provenienza esterna, è sfortuna o malocchio. E' per questo che se ne prendono carico la comunità e la famiglia". Un differente concetto di salute pubblica, che coinvolge l'intero villaggio.
A Endé il guaritore Bokari Guindo fa la spola fra il tavolo dove si accumulano le erbe per i rimedi e gli ammalati, una decina di persone di ogni età e con le malattie più varie. Non c'è timore o pudore nella loro attesa, tutto si svolge all'aperto davanti agli occhi del villaggio silenzioso. In ogni gesto sembra risuonare un detto di queste parti: "L'uomo è il rimedio dell'uomo".
Ma la medicina tradizionale non è minacciata solo dall'irruzione della modernità. I cambiamenti climatici e l'avanzata della desertificazione sono un pericolo visibile in questa zona caratterizzata dalle falesie. Per contrastarlo, la cooperazione si è concentrata sulla creazione di giardini botanici nell'area di Bandiagara. A Kokodjogou si piantano le specie per gli usi medici in via di estinzione: dall'Artemisia per curare la malaria alla Securidaca per i problemi mentali. A prendersi cura del giardino sono gli stessi guaritori, che cantano e zappano al ritmo del tamburo.
Aperti nei confronti della medicina convenzionale, i guaritori conservano gelosamente la loro attitudine a mescolare l'uso delle piante con pratiche magiche, sacre e rituali animisti. Come quello della "festa del ringraziamento", dove i pazienti guariti si riuniscono al villaggio e offrono animali in sacrificio al terapeuta. O come nella misteriosa pratica della lettura dei cauri, conchiglie su cui si fanno divinazioni sullo stato di salute del malato.
Ambughé Karembé è una guaritrice che lavora da anni con la cooperazione italiana e spera di continuare a farlo. Stavolta non può restare fino alla fine della riunione della FATTB. Sua figlia, che si trovava in un altro villaggio, è morta subito dopo il parto e adesso è lei, nonostante sia anziana, ad allattare al seno suo nipote. Qundo i due riappaiono insieme sembra di vedere il passato e il futuro abbracciati.
Un buon augurio per Bandiagara.