Le Nepi sisters a New York: capodanno da favola

Le infinite suggestioni della “Big Apple” nell’atmosfera di fine anno in un simpatico reportage a quattro mani

È la mia terza volta a NYC, la prima però con mia sorella, le altre volte sono stata negli States con mia madre, viaggi indimenticabili, sempre in estate. Il sogno di passare capodanno a NY parte dagli anni ‘80, credo, da quando vedevo in tv Times Sq e il tripudio di coriandoli, luci e gente, e la famosa palla… cresciuta con questi miti mediatici ho preso la palla al balzo per realizzare questo sogno. Parlando con mia sorella, non ricordo se eravamo in auto verso Roma, quasi scherzando pensiamo a dove passare il capodanno, possibilmente insieme e pronunciamo queste lettere magiche… molto ha influito l’essere andata alla libreria alla stazione Termini, dove ho trovato un libro molto interessante che da ottobre mi ha fatto compagnia (“New York da impazzire – 1001 dritte per una vacanza fichissima”), ho sottolineato tutte le cose che mi sarebbe piaciuto fare o vedere e devo dire che molto di ciò che avevo prefissato me lo sono vissuto e goduto. Complice il libro vado a sentire a Viterbo la mia agente di viaggio di fiducia, un’amica, buttiamo giù delle date, dei preventivi poi… mentre cercavo gli alberghi con questa mia amica, Dani se ne esce con: “Perché non passiamo una notte al Waldorf?”. Io a queste proposte indecenti non so dire no e quindi ho rilanciato: “Perché una notte quando ce ne possiamo passare sette?”… e così è stato, complice anche la mia amica che diceva che la differenza di prezzo con quelli più vicini a Times sq e non scadenti era minima; così abbiamo iniziato a organizzare il viaggio, a leggere guide, riviste, stampando diari di viaggio, guardando siti su internet e vedendo cosa c’era di bello da vedere nella grande mela nel periodo della nostra permanenza… ho scovato così Hugh Jackman, attore che mi piace molto e ho fatto di tutto per ottenere due biglietti per il suo spettacolo “Hugh Jackman back to Broadway”. Siccome non si potevano fare né con la carta della mia amica né con la mia che non supera un certo tetto mi sono fatta velocemente una carta prepagata lottomatica (velocemente per modo di dire, considerando le lungaggini del tabaccaio del mio paese) e ho sborsato un bel po’ di dollari per farmi mandare il prezioso pacchettino della FedEx con i due biglietti (pacchetto che è stato custodito come un tesoro per due mesi in un cassetto). Ho poi prenotato anche i biglietti per lo spettacolo al Radio City Music Hall, Xmas Spectacular…
Passiamo al racconto dei vari itinerari seguiti, secondo però la prospettiva e le emozioni vissuti da ciascuna di noi due.
Itinerario
27 dicembre 2011
L’arrivo a NY visto da Rita
La mia terza volta nella grande mela: ogni volta che la vedo, l’emozione e l’eccitazione crescono e ogni volta è diversa l’esperienza che vi faccio. Stavolta per esempio come a luglio scorso, sono atterrata a Newark, il viaggio non è stato poi nemmeno così tremendo, vuoi vedere che comincio a abituarmi alle lunghe tratte, non lo avrei mai detto… sull’aereo ho mangiato, ho letto soprattutto il libro che è stata un po’ la mia guida spirituale per questo viaggio, ho sentito musica, ho anche dormito, anche perché se mi aspettavo di avere compagnia dalla sorellina, stavo fresca… lei si è presa una pasticca e ha dormito per quasi tutto il viaggio! All’arrivo a Newark pensavo di dover fare chissà quanta fila (a luglio due ore e mezza di fila) nell’ufficio immigrazione invece ce la siamo cavata in poco tempo e vi dirò che non ho trovato la stessa scortesia delle altre volte. Anche dopo il controllo passaporti non hanno voluto vedere le nostre valige ma ci hanno fatto passare tranquillamente, boh! Uscendo dall’aeroporto abbiamo trovato due signori credo filippini o comunque di un paese di lingua spagnola che col cartoncino di una mela verde ci attendevano per portarci in centro… ecco, questa è stata forse la parte più lunga di tutto il tragitto del giorno: sembrava non si arrivasse mai a Manhattan, siamo rimasti un bel po’ fermi nel New Jersey, non so se per dei lavori o per incidenti ma tra l’altro eravamo solo noi due nel pulmino, mia sorella si è di nuovo addormentata, il panorama non si vedeva perché era già buio e pioveva… devo dire che mi sembrava che la vacanza non iniziasse nel migliore dei modi… poi però finalmente riusciamo a imbucare il tunnel e allora si arriva a Manhattan passando per quei quartieri tipo Chelsea che ancora non ho mai visitato bene, arrivando poi davanti alla stazione, bellissima, passando poi per Park Avenue, arrivando nei pressi dell’hotel.
Davanti al nostro magnifico luogo di dimora per 7 notti avevamo gli occhi spalancati nel vedere tanta magnificenza, ci ha aperto un usciere e poi abbiamo preso le porte girevoli con tutto il gran bagaglio che avevamo. Io mi guardavo intorno incuriosita dallo sfarzo e ho notato subito sulla sinistra che c’era anche uno starbucks, dentro l’hotel. Prima della hall e della lobby c’è una bella scalinata da fare e con le valigie ci si poneva un bel problema, allora dal nulla è comparsa “JLo de noartri”, una cameriera che ci ha chiamato un facchino e ci ha permesso di andare a fare il check in mentre loro portavano le valigie nella stanza assegnataci. Quando arrivi nella lobby, dopo aver attraversato già un salone e un corridoio dove ci sono 6 ascensori, la prima cosa che noti è l’eleganza e l’orologio al centro della sala, la luce soffusa, i tanti divani dove tanta gente si sofferma per parlare, per stare su internet, per attendere qualcosa o qualcuno… e sulla destra un grande bancone con la reception, con tantissime postazioni. Mentre attendiamo noto ai lati del salone delle vetrinette con dei vestiti di alta sartoria, in particolare di Oscar de la Renta… io adoro la moda! Poi in un altro lato del salone c’è il concierge, da cui non andremo mai perché c’è sempre molta fila, e al lato opposto c’è il banco per il teatro e le escursioni: presto arriva il momento di fare il check in e tutto si svolge in modo veloce, con una receptionist che parla anche in italiano, nella targhetta leggo il cognome, mi sembra “Testa”, e ci dice che è stata già in Italia qualche anno fa e vuole tornarci il prossimo anno, in particolare a Genova; poi ci dà notizia che ci attende un plico presso un ufficio che però ora è chiuso e la mattina successiva andremo a ritirarlo. Dani si chiede chi sarà, io ormai vecchia di NY e di viaggi semi-organizzati so e penso che sia un avviso dalla Hotelplan, con la quale abbiamo organizzato… andiamo così nell’ascensore e lì c’è il fatto, per me nuovo, di dover mettere la chiave magnetica prima di pigiare il pulsante del piano: noi siamo al piano 12, stanza 11. Quando arrivi al piano trovi tutti tappeti, carta da parati a fiorellini, specchiere, poltrone di velluto… quadri… che lusso! Vicino alla nostra stanza c’è anche una suite… chissà che un’altra volta non prenotiamo proprio quella!
Entriamo in stanza e subito ci piace, c’è un letto king size che poi scopriremo ci si potrebbe dormire in tre! Io vado in avanscoperta ad aprire tutti i cassetti, lo faccio sempre, c’è una specie di cabina – armadio con il posto per i vestiti, gli appendini, il phon, la tavola da stiro e il ferro (non mi piace stirare nemmeno a Nepi non capisco perché debba farlo a NY!) e poi un giretto in bagno, dove c’è l’accappatoio, i prodotti da bagno griffati Ferragamo, saponette alla mandorla, bello!
Arriva poi il facchino con le nostre valige e scatta la prima mancia, siamo signore: 5 dollari e passa la paura!
Siccome il viaggio è stato lungo, non tanto con l’aereo, lo so sembra assurdo, ma soprattutto quello che dal New Jersey ci ha portato a Manhattan, non riusciamo a fare un primo giro, anche se a me piacerebbe molto, d’altronde sono abituata a uscire subito, ma stavolta anche io sono un po’ stanca e ci dedichiamo alle bellezze dell’hotel…
Scendiamo nella lobby e ci mettiamo a girare: ci sono delle zone con delle vetrinette dove ci sono per esempio i piatti e le argenterie relative agli anni d’oro, a banchetti reali… poi c’è un progetto per le maniglie delle porte… memorabilia come foto di personaggi celebri che hanno soggiornato qui: re, regine, Edoardo e Wally Simpson, presidenti degli Stati Uniti. Addirittura si vede in un lato una specie di porta tipo quelle degli antichi ascensori che serviva per mettere in comunicazione l’hotel con un binario della Grand Central Terminal, la stazione centrale, da cui scendeva Roosevelt. Dall’altro lato c’è il Sir Harry bar, aperto soprattutto di sera, con tavolini bassi, il bancone, musica.
Dopo ci dirigiamo verso il ristorante, eh sì perché già da casa avevo guardato il menu del Bull and Bear… il difficile è stato trovarlo, nel dedalo di sale e salette, è dalla parte dell’uscita sulla Lexington, perché l’hotel è talmente grande che ha due entrate principali, su due avenue parallele, la principale su Park avenue e l’altra sulla Lexington. Prima di arrivare al ristorante passiamo davanti a vetrine di negozi interni, uno su tutto ciò che riguarda i matrimoni, un altro che vende ceramiche e simili e poi boutique chic… alla fine arriviamo al ristorante ma siccome non abbiamo prenotato ci mettono in un tavolo libero nel bar antistante, atmosfera leggermente più informale ma sempre chic, molta gente prende un cocktail al bancone centrale mentre noi ci spariamo una cenetta niente male: io filet mignon con salsa al blue cheese (che avevo visto già sul menu in internet) e Ninni l’aragosta, prende anche della patatine fritte stile americano e gliele portano in un cono argentato, io le assaggio ma non riesco a mangiarle perché sono piene di paprika e a differenza di mia sorella non amo i sapori forti; nel mio piatto noto le prime cipolle fritte del viaggio, ce ne saranno molte altre!
Al momento del conto non ci facciamo caricare la carta che avevamo depositato alla reception ma paghiamo cash e ci impelaghiamo nei prima calcoli relativi alla gratuity, qui la mancia si chiama così, è più chic della tip… devo dire che alla fine ce la siamo cavata! Stanche e soddisfatte ce ne andiamo in stanza a riposare, Dani pensava di svegliarsi prestissimo, durante la notte, invece…

L’arrivo a NY visto da Daniela
Quest'anno Capodanno si fa a NY! Come diceva my sister l'idea ci è venuta in macchina, ricordo anche dov'eravamo, precisamente stavamo percorrendo la Cassia, in zona Le Rughe, a Formello. Stavo andando in stazione per tornare a Ornago, ma ormai la testa era già negli USA. La mia. Figurarsi quella di my sister. Perchè in effetti, il desiderio di fare capodanno là era più suo che mio: io non amo i luoghi sovraffollati, però amo NY e voglio bene a mia sorella, quindi l'ho "accontentata" volentieri. Ad una condizione però: avremmo trascorso almeno una notte al Waldorf Astoria, hotel che nel mio immaginario corrispondeva al sogno americano di Eddie Murphy, e a tutte le frasi cazzare pronunciate nel suo film che amo di più: "Il principe cerca moglie". So tutte le battute a memoria e spesso allietavo la mia famiglia con le frasi più stupide, così, per farci due risate. Sapere di alloggiare lì, per me, era già un gran sogno realizzato, uno di quegli sfizi che ogni tanto bisogna togliersi. L'amica di mia sorella, quella dell'agenzia, siccome ci conosce bene, ci ha proposto un pacchetto di 7 notti al Waldorf, che non siamo riuscite a rifiutare. Così, dopo un tot di ore passate in aereo tra Roma, Francoforte e poi NYC, eccoci finalmente atterrate nella Grande Mela. Il volo è trascorso in allegria, tra un ronf a destra, uno a sinistra, un pranzetto ad occhi chiusi, uno spuntino ad occhi socchiusi, una sosta pipì a mo' di zombie, un decubito laterale, uno quasi prono ecc. Questo per ciò che mi riguarda: quello che ha fatto mia sorella non mi è dato di saperlo. Io non l'ho vista e quindi non dico niente. Ricordo solo cose confuse, tipo due ragazze in carne che corrono nell'aeroporto di Francoforte superando tutti i vari tapis roulant con grazia infinita per non perdere la coincidenza per NY... Ma non giurerei sul fatto che fossimo noi, quelle due sciagurate... Al nostro arrivo ci aspettano due tipi con un cartello: c'è disegnata una mela verde sopra, che vorrà dire? Comunque ci stanno aspettando e, chissà come mai, si offrono di prendere una sola delle nostre 3 valigie, ovviamente la più piccola, lasciando la sottoscritta ancora dormiente a trascinarsi dietro (e a volte davanti) una valigia più grande di lei. Il trasferimento dall'aeroporto al centro passa in fretta: ricordo tante lucine rosse davanti... ma non erano gialle quelle dei grattacieli??? In effetti non erano grattacieli quelli davanti a noi, ma tante, tantissime auto ferme o a passo d'uomo. Ovviamente io ne ho approfittato per schiacciare un altro pisolino, mentre Rita boh, non lo so cosa faceva, ma sicuramente non si fidava (mamma docet) e non ha dormito. Quando ci lasciano davanti al nostro hotel non mi sembra vero d'essere lì: un omone ci apre la porta, una cameriera con le scarpe da ginnastica nere (adoro gli americani: l'etichetta ok, ma devono lavorare comodi!) ci indica dove lasciare i bagagli e va a chiamare qualcuno per noi. Una scalinata, un soffitto magnifico, tanta gente che ci sorride, poltrone, mega ghirlande natalizie, musica soffusa, un albero di Natale splendido! Di quelli da "Piccolo Lord", da cui spunta fuori la mamma del Lord ed ogni volta piango nel vedere la scena! In pochissimo tempo facciamo il check-in, anche grazie alla ragazza che ci accoglie, di origini italiane, molto carina, che ovviamente adora l'Italia. Ci spiega un po’ di cosette, ci mostra gli ascensori (6 solamente per la nostra area), e in pochi minuti siamo nella nostra stanza. Non è grande, ma è comunque di dimensioni discrete, molto comoda, c'è tutto ciò che serve, anche la tavola da stiro. Peccato non aver portato niente da stirare... Frigobar, TV, un bel bagno con prodotti Ferragamo, che mia sorella mi illustra felice con due F che le brillano negli occhi, come i $ di Zio Paperone. Siamo stanche del viaggio, soprattutto io, così decidiamo di iniziare a girare NY l'indomani mattina. Però non si può andare a letto senza cena: mica siamo in punizione! Così optiamo per un fast food, una cosa semplice semplice... Mangeremo al Build a bear, come l'ho ribattezzato io, uno dei ristoranti del Waldorf, un localino niente male, con servizio eccellente, ottima aragosta, ottima carne, patatine fritte servite in cono d'argento e carta oleata firmata Waldorf... Naturalmente non manca l'acqua americana, quella servita in brocca con una quantità massima di ghiaccio, anche se siamo in una fredda serata di dicembre... La nostra prima serata newyorkese si conclude davanti alle vetrine delle boutique presenti in hotel, ma non solo: rimaniamo estasiate, infatti, davanti a foto d'epoca di personaggi quali VIP, Presidenti, Principi, attrici, cantanti... E poi servizi d'argento, ceramiche, tappeti... Tutto ciò che si può immaginare essere presente in un posto storico come il Waldorf.
Buonanotte NY!

28 dicembre
Primo giorno in giro per la grande mela: Greenwich Village – Chelsea Market – High line – shopping – Grand Central Terminal – Bryant park – Rockefeller Center

Il racconto di Rita
Primo giorno pieno a NY… da cosa cominciare… siamo andati all’ufficio che teneva da parte il nostro plico e come pensavo io era dell’hotelplan, la sua corrispondente ci attendeva, se volevamo, per consigli su tour o escursioni: ci siamo dirette verso l’uscita e le porte girevoli e prima di prendere il nostro primo “taxiiiiiiiiii!” ci siamo fermate davanti l’entrata per fare le foto di prammatica: cioè mia sorella voleva immortalarmi con il mio giaccone con pelo di lapin (purtroppo vero, non sapevo che lo fosse) davanti al Waldorf perché secondo lei somigliavo troppo al padre del “Principe cerca moglie” il motivo principale per cui lei è voluta venire al Waldorf… piccola parentesi: mia sorella ha visto mille volte questo film e naturalmente anche noi… sapete quante volte l’ho sentita dire “il pene reale è lindo”? e da lì la trasposizione “Papà taglia il pene”, naturalmente mio padre non faceva altro che tagliare il “Pane” per pranzo… ricordo che il padre del principe aveva questa pelliccetta e quindi mi sono dovuta prestare alla foto! La corrispondente dell’agenzia si trovava in un hotel su Park Avenue ma abbiamo visto che questa via come tutte le sue parallele è lunghissima per cui abbiamo preso un taxi per avvicinarci. Prima di entrare in questo hotel dove avevamo appuntamento siamo entrati in una piccola caffetteria, mi ha attirato la scritta “Illy” e in effetti ho preso un buon caffé macchiato, poi una brioche dal sapore un po’ strano, ci credo c’era nell’impasto il “corn” che a me non piace molto… mia sorella è andata più sul tradizionale, un saccottino, e ha fatto bene. Ci siamo sedute un attimo e abbiamo notato che preparavano dei panini con gli ingredienti che uno vuole e incartandoli con la carta stagnola! Poi ho notato due uomini che erano in maniche di camicia, sicuramente scesi dall’ufficio… vederli con quel freddo così… fa effetto!
Arrivati in questo hotel è stata la signora Elena a venirci incontro e a farci accomodare, insieme a noi c’era un altro gruppo che faceva continuamente domande, a volte anche esilaranti… tipo a che ora di sera inizia il gospel? Senza sapere che per gospel si intende la funzione col gospel! Questi poi sarebbero partiti il 31 per Miami, invece di farsi il capodanno a NY, boh… gusti!
È venuto poi il nostro turno e abbiamo fatto un po’ di domande, tra l’altro ho detto ad Elena che me la ricordavo dall’incontro di luglio… alla fine abbiamo deciso di prenotare un tour di Dykers Heighs, a Brooklyn per vedere le case con addobbi e luminarie speciali e poi abbiamo preso un voucher per andare a fare una crociera intorno alla penisola di Manhattan di tre ore. Abbiamo poi preso il taxi e abbiamo dato il nostro primo indirizzo della giornata: direzione Greenwich Village (che ho visitato già altre volte ma un po’ come Covent Garden a Londra devo sempre tornarci), più precisamente stavolta siamo partiti da Magnolia Bakery, piccolo paradiso di pasticceria reso noto a noi teledipendenti (più io che mia sorella) da “Sex and the City”, è veramente un gioiellino, con il bancone principale, colori tenui dappertutto, tavoli vicino alle vetrate con una serie di vassoi coperti e trasparenti da dove puoi scegliere le cupcake che preferisci da portar via dentro contenitori in cartone molto carini… noi abbiamo preso, dopo una lunga scelta, due cupcake, una al pistacchio e una al cioccolato bianco, poi una fetta di torta di carote per mia sorella (naturalmente io non la gradisco) e cheesecake con peanut butter e mandorle. Poi le abbiamo mangiate in strada, passeggiando per Bleecker street, abbiamo fatto tutto il dedalo di stradine del Village, in particolare volevo portare Dani davanti la casa che ha fatto da location per “Friends” dove c’è anche il ristorante “The little owl” da me testato due volte, ma questa volta non era il giusto orario… subito lì vicino abbiamo visto la casa denominata “Twin peaks” perché ha due specie di torri con tetto spiovente e poco lontano in Bedford street la casa più piccola di NY che tra l’altro era in vendita… un pensierino ce lo abbiamo fatto! Faccio un passo indietro: siamo andati anche alla ricerca del cafè Doma, anche le altre volte c’ero passata sicuramente davanti, ma non conoscevo la sua storia… poi per caso tempo fa ho visto la cover di un libro di Fabio Volo da Feltrinelli e ho intuito subito fosse NY e solo per quello l’ho acquistato… il libro, “Il giorno in più” da cui recentemente hanno tratto anche un film, l’ho portato con me in viaggio e ho iniziato a leggerlo, lì siamo andati per entrare e fare anche qualche foto ma era sempre pieno per cui le foto le abbiamo fatte da fuori e il libro ho continuato a leggerlo dopo al rientro qui in Italia e mi è piaciuto molto, soprattutto per certi riferimenti a luoghi della città che sono anche i “miei” luoghi. Camminando abbiamo incrociato chiese come quella di Sant’Antonio, tante case con bellissime decorazioni natalizie, tanta gente proprio del quartiere, abbiamo attraversato la settima e siamo arrivati ad un parco dove ci sono delle sculture di coppie gay, il quartiere d’altronde è di quelli alternativi, abbiamo poi notato lì vicino una recinzione di un giardinetto e un viale che si dipana in due direzioni… a noi è sembrata una location di “C’è posta per te” con Meg Ryan e Tom Hanks, o perlomeno ci piace pensarlo: tra i tanti giri siamo finiti in Cristopher Place, dopo esser passati anche per Gay street, e lì siamo andati da Barnes and Noble, una delle tante filiali di questa bella libreria… a me piace girare per gli scaffali anche all’estero, mia sorella focalizza spesso l’attenzione sui ripiani riguardanti i viaggi, le guide sulla città o sugli stati che le interessano, le monografie… io guardo quel reparto ma mi fiondo anche al piano di sotto dove sono i giochi e i libri per bambini, il mio pane quotidiano. Poi risalendo ho trovato un libro pop up bellissimo su NY e le festività natalizie ma costava 35 dollari e come primo giorno mi sono trattenuta. Siccome ci servivano indicazioni abbiamo chiesto a un impiegato e abbiamo trovato il primo di tanti cortesissimi americani, il tipo di persone che ti sentono storpiare la loro lingua e ti chiedono da dove vieni e quando dici “from Italy” vogliono prima sapere da dove più precisamente poi se dici Roma, spesso è la fine… o l’inizio di una nuova amicizia! Iniziano con dirti “wonderful”, “vorrei esser là, ora… ho dei parenti in Italia, ci sono stato qualche anno fa, ho visitato la Toscana”… si scopre che quasi tutti gli americani o sono stati in Italia o ci vogliono andare, chi c’è stato è stato sempre in Toscana, e quasi tutti hanno parenti in Italia… questo signore per farci capire la direzione che dovevamo prendere voleva quasi abbandonare il suo posto di lavoro e accompagnarci ma non poteva! Facendo poi il giro del Village approdiamo di nuovo sulla settima e da lì prendiamo un altro taxi per il Chelsea Market… Chelsea è un quartiere che non ho mai visitato a piedi, ma visto solo passando col bus. Arriviamo a questo mercato coperto dove si trovano negozi di abbigliamento e soprattutto tante bakery, c’è una delle Amy’s bread, molto famosa qui a NY, che mi ha ricordato Boudin a San Francisco, i panettieri fanno tutta la lavorazione del pane davanti le vetrate, si sente un profumo… tuttavia noi ci incamminiamo verso la nostra vera destinazione, passando per delle parti di questa ex fabbrica di biscotti (la Nabisco, non so perché ma io ricordo questo nome mentre lo dico a mia madre quando torno e non se ne rammenta; tra l’altro è la fabbrica dei biscotti Oreo) e delle vetrinette dove ci sono vecchie scatole di latta o cartone e delle pubblicità d’epoca, sempre affascinanti. Arriviamo dunque dove dobbiamo arrivare: da The Lobster place, non mi è molto chiaro se sia più una pescheria e punto vendita o ristorante, più la prima che la seconda, credo… ma comunque c’è tutto il pesce che vuoi, dal sushi, che tra l’altro ho assaggiato per la prima volta e è buonissimo, alle vaschette monodose con salmone o sushi o gamberi… poi ci sono delle pentolone con dei bicchieroni in plastica vicino di tre misure per prenderti o la New England clam chowder o altre zuppe. Poi c’è il reparto delle ostriche e quello delle aragoste, ci sono di tre dimensioni: da una libbra, da due e tre; puoi scegliere quelle congelate o quelle ancora vive, cambia naturalmente il prezzo, noi abbiamo optato per una da due libbre congelata, ce l’hanno servita bollita come piace a noi, come antipasto abbiamo preso una zuppa clam chodwer in due, l’unico neo è che non ci sono tavolini e si mangia in piedi appoggiati a dei banconi fuori e dentro il locale. Mia sorella ha preso anche altre cose a portar via. Proseguendo il giretto abbiamo trovato “Buon’Italia”, come una specie di supermercato con tutti prodotti italiani, dall’acqua minerale ai formaggi, addirittura i tomini, e i biscotti del Mulino Bianco, compresi i tarallucci, che sono il mio pane quotidiano… a quel punto ho veramente pensato: “Mi posso pure trasferire, c’ho pure i tarallucci, il pecorino e l’acqua minerale!”.
Siamo poi usciti dall’altra entrata del Chelsea Market e ci siamo diretti, con un freddo bestiale, verso la “high line”, una specie di ferrovia sopraelevata in disuso che ora è stata trasformata in passeggiata. I giudizi di chi ci aveva preceduto e aveva commentato erano stati discordi: chi diceva di andare e chi diceva di no, ma io come al solito ascolto tutto e poi faccio di testa mia e ho voluto provare, e non me ne pento, è una passeggiata comunque alternativa, tra palazzi, grattacieli in lontananza, l’Empire che si vede da mille angolazioni, sull’altro lato si intravede il fiume Hudson e la banchina, tra fabbriche e ciminiere ma anche lo IAC building di Gehry, bello! Nei palazzi più vicini c’era per esempio una figura di uno che salutava, ma era solo una sagoma messa lì da qualche buontempone! Ogni tanto mia sorella mi diceva se volevamo scendere, tirava un vento pazzesco, ma spesso le scale da fare mi mettevano paura, dato che soffro di vertigini e mi paralizzo dal panico, per cui sono arrivata fino alla fine del percorso e ne sono stata contenta, quando siamo scese il panorama urbano era tutto diverso, sembrava proprio di stare in periferia, non vi so dare molte coordinate, so solo che abbiamo preso il primo taxi disponibile per recarci in un’altra location di film questa volta cara a mia sorella, la caffetteria e negozio Serendipity, legato al film omonimo, con J. Cusack… io però non l’ho mai visto, ma era doveroso da parte mia andarci, dato che mia sorella mi ha seguito in quasi tutto quello che ho scelto negli itinerari! Solo che arrivati davanti abbiamo visto parecchia fila, ma la cosa che ci ha stupite è stato un cartello con scritto “tempi di attesa 4 h” con tanti di scagnozzi che ti chiamavano quando era il tuo turno… allora mia sorella ha deciso che bastava dare un’occhiata al negozio, in fondo soltanto c’erano i tavolini della caffetteria: entrando l’ambiente non mi è piaciuto, troppo kitch e cose made in china, sicuramente…
Proprio davanti questo locale c’è la sede più importante di Bloomingdale’s che mi ero segnata come cosa da visitare per cui… si va! Piccoli acquisti, tra cui una bellissima scatola con le palle di Natale con paesaggi di NY con sfondo natalizio, tra l’altro prese in saldo! Dopo un bel giro siamo uscite e abbiamo camminato un po’ sulla Madison, a dire la verità, fino all’hotel, passando anche per una stazione metro molto bella, decorata e con molti addobbi, con la grata dove Marylin Monroe ha girato il film “Quando la moglie è in vacanza”. Dopo esser passate in hotel per una rinfrescatina (leggasi bagno) siamo uscite sulla Lexington per andare verso il Crysler dato che è aperto solo in orario di ufficio e finalmente dopo tre volte a NY sono riuscita a visitare l’atrio… bellissimo e con un bellissimo albero. Abbiamo fatto le foto al salone di ingresso, agli addobbi, agli ascensori, mai visti prima dal vero, ma molte volte ammirati sulle riviste, con lo stile art decò. Uscite dal Crysler, sicuramente il mio grattacielo preferito, siamo andate nella Grand Terminal station passando per il mercatino che ha dei banchi con la frutta ma soprattutto con molti prodotti diversi, ricordo con piacere per gli occhi le casette di zenzero e le tante torte di tanti tipi… poi il bancone dei formaggi. Dopo siamo andate a dare un’occhiata al piano di mezzo dove c’è l’Oyster bar, un ristorante dove ci sono molti piatti a base di pesce e le ostriche… naturalmente! Volevamo fermarci, magari io per un assaggino di ostriche (naturalmente io le adoro e mia sorella non le mangia!) ma c’era molta fila, tanta gente già seduta e un cameriere scortese, per cui a me basta già solo questa ultima cosa per decidere che me ne posso pure andare… tanto ero piena (come disse la volpe all’uva!): siamo poi andati nella grande sala centrale, dove ci sono le scalinate, dove i passeggeri devono prendere treni o metro e tanti turisti come noi davano loro tanto fastidio, perché eravamo lì in mezzo a fare e farci foto! Oltre ad essere bellissimo il soffitto con le costellazioni e con un colore che andava dal verdino al celeste era bello anche l’orologio con quatto facce che si trova al centro della sala: ho scoperto, in questo viaggio, una vera passione per gli orologi, sia quelli che sono in strada sia quelli in locali come questa stazione, che hanno anche una loro storia!
Dopo siamo usciti da un’altra uscita per andare verso il Bryant park perché sapevamo che c’era uno dei pochi mercatini di Natale ancora aperti… bello arrivare camminando verso la grande biblioteca, in mezzo a tanta gente, perché si sa, a me piace la confusione e la gente: ricordo ancora oggi l’attraversare tutti insieme, col pericolo di perderci… fendere la folla di tutti i colori e di tutte le lingue… arrivare poi in vista del bell’albero addobbato, fare delle foto, girare per le tante bancarelle in legno, soprattutto in quelle che vendevano gli addobbi di Natale, tante di quelle statuette di tutte le fogge, alcune delle quali abbiamo già comprato in altri viaggi, e pensare di comprare questo o quello. Poi un giro vicino alla pista di pattinaggio, altre bancarelle e infine un taxi per andare a fare un giro al Rockfeller center dove c’è uno dei simboli del Natale newyorkese che preferisco: il bellissimo albero con mille lucine e la stella di cristallo waterford in cima, per poter fare una foto degna di questo nome all’albero e agli angeli che si trovano davanti che sono altrettanto famosi e bellissimi ho dovuto aspettare che la vetrina del negozio Saks che si trova lì davanti facesse lo spettacolo del movimento con gli addobbi in modo che tutti i turisti filmavano lì e fotografavano e io ero tra i pochi girati a fotografare l’albero e gli angeli… mia sorella c’è rimasta pure male… era tutta entusiasta per la vetrina di Saks e invece si gira per parlarmi e io ero girata dall’altra parte! Purtroppo anche se c’era tanta gente gli unici maleducati che mi volevano passare davanti e farsi la foto senza rispettare una sorta di fila che si era formata sono stati un gruppo di italiani e sta cosa mi è urtata parecchio… tanto che spesso se accadono di questi episodi mi risolvo a dire “so italiani”, come se ne prendessi le distanze! Comunque lì c’è tanta di quella gente che il percorso è obbligato, si entra da una certa parte e si esce da un altro lato, su altre strade, è tutto transennato, e per me questa era una novità visto che ci sono stata sempre in estate… una sbirciatina alla pista da pattinaggio, uno sguardo al Radio City Music Hall tutto illuminato, le foto sulla sesta agli addobbi giganti e poi arrivare sulla settima per mangiare un boccone da Lindy’s dove promettono la migliore cheesecake, che tra l’altro non abbiamo provato: io ho preso una specie di bistecca ma aveva troppo grasso e mia sorella un hamburger, niente di che… tra l’altro aprivano continuamente la porta di ingresso e arrivava una “Gianna”! Non mi è piaciuto molto il cibo e anche il conto è stato troppo salato, rispetto ad altri successivi, quando però si è mangiato molto meglio.
Siamo poi tornate in hotel a riposarci un po’, dopo le tante camminate e le bellissime cose visitate, tra vecchio e nuovo, cioè tra già visto e novità… domani ci aspetta… lo zoo!

Il racconto di Daniela
Il primo giorno pieno a NY è iniziato con una risata: mia sorella davanti all'entrata dell'hotel con la giacca pelosa e grugno immortalata dalla mia macchina fotografica! Mi doveva troppo imitare il padre di Eddie Murphy quando scende dall'auto e guarda il Waldorf tutto impettito! Che ridere... rideva anche l'omone della porta girevole!
Dopo la foto di rito (o di Rita?) andiamo a fare colazione in un locale in cui preparano panini farciti alle 7 di mattina, e c'è sempre chi li compra. Nel nostro caso un paio di ragazzi in giacca, anzi, in camicia a maniche arrotolate, e cravatta. Noi andiamo sul classico, da vere italiane, con un cappuccino e brioche, anche se my sister si fa tentare da una specie di muffin al becchime, come direbbe papà. Naturalmente lo mangerà solamente per orgoglio, e invidierà i suddetti panini farciti, che sanno tanto di casa, avvolti nella carta d'alluminio.
Andiamo poi all'appuntamento con una ragazza, in un hotel vicino, la quale ci darà preziose informazioni circa prenotazioni e attrazioni, tutte oni, insomma.
Uscite, prendiamo un taxi in direzione Greenwich Village, dove la nostra prima tappa ci appare in tutta la sua bellezza: Magnolia Bakery, un forno praticamente, dove sfornano torte deliziose, muffins, dolcetti. Come ho letto da poco su facebook: "Nessuna gioielleria potrebbe essere più attraente!", ed è vero. Oltre alla forma però, qui c'è anche la sostanza. Naturalmente ci facciamo tentare e usciamo dalla bakery col nostro pacchettino contenente alcuni dolcetti, che consumeremo un po’ in strada e un po’ in hotel.
La passeggiata per il Village prosegue tra vetrine, viette, tranquillità, e faremo alcune tappe by Rita: il cafè immortalato da Fabio Volo sulla copertina di un suo libro, la casa più piccola di NYC, il palazzo sede degli appartamenti di "Friends", la libreria Barnes&Noble, dove comprerò qualcosina, piazzette alternative frequentate da famiglie, aiuole con casette per gli uccellini, fino ad arrivare al prossimo taxi, che ci porterà al Chelsea Market. La prima volta in cui sono stata a NY non sapevo neanche che esistesse, poi una foto, o una descrizione, non ricordo, di Silvia su CSS mi ha fatto dire "Ah però, che carino!", e non è solo carino! Mi avevano colpito i suoi mattoncini rossi, le vecchie insegne, mi sono sempre piaciute queste tracce edilizie del passato, ma qui (anche qui), oltre alla forma c'è anche la sostanza! Al suo interno infatti troviamo locali, negozi, un supermarket, sì sì, tutto di roba italiana, in cui ovviamente facciamo un giro; ristoranti, e proprio in uno ci fiondiamo per pranzare, scomode ma felici. Si chiama The Lobster Place, ma non fatevi ingannare: c'è ogni ben di Dio che si possa immaginare, specialmente per chi ama il pesce e i crostacei: lobster, ostriche, sushi, zuppe, la tanto amata clam chodwer, tutto preparato al momento davanti ai nostri occhi, stavolta con le chele al posto delle pupille. Prendiamo il nostro vassoio e ci facciamo spazio accanto a due giapponesi famelici, che ci fanno un baffo in quanto a mangiare con le mani! Hai capito i giapponesi...
Dopo il lauto pranzo ci dirigiamo verso l'uscita, per salire gli scalini della High Line, vecchia ferrovia sopraelevata dismessa, riconvertita negli ultimi anni a parco cittadino. Da qui la vista spazia verso il fiume Hudson, l'Empire e tutti i grattacieli di cui solamente my sister può ricordarsi il nome! Devo dire che il recupero che ne hanno fatto è stato davvero intelligente: il legno è il materiale predominante, panchine che si ergono dal pavimento, arte contemporanea all'aria aperta, tra un'aiuola e l'altra, tra un alberello e l'altro, tra un giapponese e l'altro.
Percorriamo l'High Line fino alla fine, il punto che poi fine non è, o almeno, lo è per adesso, ma poi verrà ampliata più avanti. Nonostante il freddo e il vento, data l'altitudine, è stata una passeggiata meritevole e da rifare, magari in primavera.
Ci siamo dirette poi verso il Crysler, di cui avevo visto l'atrio nel 2007, ma my sister no, quindi vamos all'atrios! Prima però piccole tappe al Serendipity, locale famoso per essere stato location di un film che adoro, con John Cusack, attore che adoro. Purtroppo la fila era talmente tanta che abbiamo dovuto rinunciare ad entrare, e allora ci siamo rifatti con una visita ad un grande magazzino, dove Rita ha comprato delle bellissime palle in saldo.
La hall del Crysler Building stavolta mi è sembrata ancora più bella, più liberty del solito. Alcuni particolari non li avevo notati la prima volta, quindi mi è andata bene. Dopo il grattacielo preferito di my sister siamo passati al Gran Central Terminal, mega stazione newyorkese famosa per il bellissimo soffitto costellato di costellazioni, la fiumana di gente, l'Oyster Bar, le varie location di film, l'orologio fascinoso... e aggiungerei anche la sorprendente acustica, che mi ha riportata per un attimo tra le sale di Palazzo Farnese a Caprarola, dove da piccoli ci divertivamo a parlare coi muri, ma questa è un'altra storia.
E' la volta poi del Bryant Park, non prima di aver comprato un bel vasetto di clotted cream nel Central Market, che poi alla fine del nostro soggiorno diventerà ricotta calda calda, pronta per la crostata. Ma è meglio di no…
Al Bryant Park, accanto alla Public Library, c'è un mercatino natalizio, l'unico rimasto a NY in quei giorni, un bellissimo albero di Natale tutto blu e una pista di pattinaggio, che stentavo a notare tra un pattino e l'altro, data la quantità di gente che vi stava sopra!
Dalla pista di Bryant Park... pistaaaaaaaaaa! Si va a quella più famosa sotto il Rockfeller Center! Ci tenevo così tanto a far vedere le vetrine "mobili" di Saks a my sister... e invece quella disgraziata aveva occhi solamente per gli angeli! Valla a capì... va beh, comunque meritava anche stavolta, come nel dicembre 2007.
Naturalmente anche qui un mare di gente, ci sono transenne, e un giro obbligato per entrare e uscire dalla zona della pista. Ma ne vale la pena camminare per un po’ come pinguini: la vista dell'albero più famoso del mondo ha sempre il suo perché.
Per cena andiamo da Lindy's, locale testato da mamma e my sister, e stavolta anche da me. Famoso per la cheesecake, noi prendiamo logicamente due piatti di carne, che però non saranno un granché.
La prima giornata a NY è stata abbastanza stancante, e domani ci aspetta il London Zoo! Anzi no, il Bronx Zoo!
Buonanotte NY, tu non dormi mai, ma noi sì!

29 dicembre
Colazione non da Tiffany, ma al Waldorf – Bronx Zoo – giro per negozi sulla quinta e vicinanze – Time Warner Centre – spettacolo a Broadway con Hugh Jackman

Il racconto di Rita
Per fare le vere signore niente di meglio che una bella colazione al Peacock Alley, la sala che si apre lateralmente nella lobby, senza prenotazione, basta far vedere il numero della camera e un cameriere ti accompagna al tuo tavolo: ci ha serviti un cameriere simpatico e carino, sembrava brasiliano… abbiamo guardato il menu e mia sorella ha preso l’american breakfast mentre io ho preso quelle che per me sono le più buone: eggs benedict, con salsa hollandaise, che io naturalmente adoro e mia sorella non ama! All’arrivo del pasto ho assaggiato anche il bacon che aveva mia sorella nel piatto, per me troppo abbrustolito! Abbiamo presto anche il succo d’arancia e la cosa bella era che non era semplice succo ma vera e propria spremuta, in quel momento mi son sentita proprio coccolata… io come al solito non ho smesso di guardarmi intorno, c’era una famiglia vicino a noi che non faceva colazione con lo stesso entusiasmo che ci abbiamo messo noi, il figlio aveva sia il telefonino che i videogiochi, la signora aveva tipo l’i-pad o qualcosa del genere, veramente sprecato esser lì e maneggiare questi cosi e non godersi il momento… poi c’era del personale che sistemava i pannelli del bar e togliendone alcuni si è visto che c’erano delle bottiglie, soprattutto degli amari, e tutti di marca italiana! Il nostro cameriere ci ha portato più volte il caffé americano, al quale ci siamo subito abituate: è stato forte a un certo punto… noi in uno degli hotel più lussuosi e storici della grande mela, a far colazione, ci prende la “ridarola” non ricordo nemmeno perché, ma abbiamo attirato le attenzioni del cameriere che si è avvicinato e ci ha detto qualcosa e soprattutto alla fine, quando siamo andate via, ci ha detto che sperava di vederci lì la mattina successiva (un po’ difficile, guardando i prezzi)!
Siamo poi pronte per uscire, anche se notiamo già che è difficile staccarsi da questo ambiente così bello da essere veramente accogliente, ti fa sentire a casa, comunque scendiamo la scalinata e notiamo la fila per prendere qualcosa da Starbucks, all’interno dell’hotel (anche se devo dire che secondo me ci stona un po’). Abbiamo fatto pochi passi verso l’incrocio, per non farci chiamare il taxi dall’usciere dell’hotel (sennò altra mancia, ma a noi i dollari mica ce li regalano!), tra l’altro diamo un’occhiata alla chiesa di Saint Bartholomew, lì vicino, in stile bizantino, veramente molto bella, c’è scritto che c’è anche un cafè, poi un giardino orto, strano, su Park Lane! Prendiamo un taxi e così comincia a scorrere tutta la via e tutto il bel panorama di palazzi e grattacieli, quanto sono cittadina, sto lì con gli occhi sgranati a rimirarli… passiamo poi per quartieri mai visti perché il tragitto è particolare, si va nel Bronx, sono degli anni che vorrei visitare lo zoo più grande e antico di America, ma non ne ho avuto mai occasione, finalmente me la sono fatta capitare! Nel taxi abbiamo il tempo per imparare a memoria i vari spot che vedremo mille altre volte, poi però abbastanza velocemente il panorama varia, vediamo il fiume, i tanti ponti, da Williamsburg bridge a Queensboro bridge e tanti altri, arriviamo poi in un panorama più periferico fin davanti all’entrata dello zoo. Il tassista ci dice che difficilmente troveremo un altro taxi per ritornare a Manhattan e sicuramente non gli yellow cab che lì non ci vengono. Dopo questa “rassicurante” notizia ci rechiamo comunque a fare il biglietto, prendiamo il biglietto che comprende tutta la visita tranne il cinema 3D, ci sono due spettacoli, uno è il Polar Express, ma noi tanto non avevamo tempo per tutto… decidiamo di star lì dalle 10 alle 14, ma disattenderemo questo programma uscendo dal parco alle 15 e un po’! non si può parlare di zoo nel senso classico del nome, qui sembra veramente un parco, è così grande, con immensi spazi creati proprio per gli animali, alcuni sembrano essere proprio in libertà, come per esempio su una collinetta delle scimmiette… tramite un pannello siamo riuscite a vedere che all’altra uscita, quella che è proprio dal lato opposto del parco, c’è un bus, il BxM 11, che è l’unico che porta a Manhattan, più tardi in uno shop all’interno compreremo una metrocard che serve proprio per quella corsa. Iniziamo la visita dalla zona della “Congo Gorilla Forest”, notiamo che dai vetri non si vede niente e un inserviente viene verso di noi per dirci che di inverno i gorilla sono al coperto: dentro un percorso dove ci sono anche pannelli informativi vediamo alcuni di loro che si divertono sulle liane… via via poi andiamo nelle altre zone, facciamo un bel giro lungo, andando fino alla zona asiatica. Molte cose, attrazioni, giochi sono chiusi, gli animali invece li vediamo quasi tutti: dalle giraffe con una giraffina e una puzza micidiale, le iene, tantissimi tipi di scimmie, di tutte le taglie, alcune erano proprio in un padiglione tutto per loro… abbiamo visto poi le sculture di ghiaccio, gli orsi bruni, i grizzly che stavano giocando nelle pozze e dall’altra parte un orso polare che dormiva beato: abbiamo fatto una pausa al gelo, mangiando una pizza ai tavolini all’aperto dell’area bar, abbiamo fatto un giretto nello shop acquistando delle magliette, una carinissima con i beetles, gli scarafaggi che attraversano le strisce come nella cover del disco dei Beatles, per mamma, poi dei magneti e delle tazze; poi di nuovo in giro per vedere altri animali, altri padiglioni. A noi interessavano soprattutto i leoni marini, che erano in una vasca all’aperto, che hanno fatto un vero spettacolo, incantandoci… e poi i pinguini, ma li abbiamo trovati solo dopo un lungo peregrinare, all’interno di una vasca dentro una voliera. Abbiamo visto altri padiglioni con tanti animali, anche uccelli, alcuni ci volavano a pochi centimetri dalla testa! C’erano poi tantissimi pavoni liberi per il parco: sembravano i padroni! Dopo esser passati per ponti, sentieri, vicino ad una cascatella, siamo arrivati all’uscita per andare a prendere il bus, dopo pochi minuti è arrivato e ho avuto il brivido di prendere il primo bus pubblico a NY… bello andare dal Bronx a Manhattan e vedere lo skyline che si delinea in lontananza, arriviamo poi a Harlem ed a me sembra un déjàvu perché ci sono stata la scorsa estate… siam passati per i suoi boulevard e quasi senza accorgercene siamo arrivati sulla quinta, costeggiando il Central Park, pian piano camminiamo per quello che chiamano il Museum Mile e si susseguono i tanti musei, da quello del Barrio a quello dell’arte africana, a quello della città di New York, The Jewish Museum, il Guggenheim con la sua forma inconfondibile, poi a destra ti ritrovi il Met e all’improvviso mentre sei sul bus pensi ai tanti film ambientati lì e che tu hai visto tante volte… e poi pensi alla pubblicità di un tè con quell’attore famoso che tu adori e che stasera finalmente vedrai dal vivo!
All’improvviso ci rendiamo conto che siamo a destinazione e provo il brivido di prenotare la fermata, wow! Scendiamo praticamente vicino al Plaza hotel, all’angolo del Central Park, proprio anche per vedere le statue del presepe messe lì dalla Lega Cattolica, la cosa che colpisce è che lì vicino ci sia un gigantesco candelabro di quelli con 9 bracci, per la festa ebraica di Hannukah… da noi due simboli di due credi diversi, ma quando mai! Andando verso la quinta strada troviamo tanta gente, soprattutto o portoricani o sudamericani, che stavano intorno ad un signore che aveva un microfono, la pancia e un sorriso, poi c’erano i cameramen e intervistavano questa folla… noi ci siamo intrufolate per capire chi era e ci hanno detto che era un presentatore di un talk show. Ci siamo poi recate all’Apple Store dove mia sorella doveva fare la fila per comprare prima un solo I-phone 4 S poi ne ha presi due, uno anche per sé. Io volevo un I-pad poi ho capito che mi serviva a poco, per come sono fatta io, e allora mi sono messa seduta su un muretto interno insieme a tanti altri che aspettavano. Siamo poi uscite e siamo andate a fare una capatina da Bergdorf and Goodman, il palazzo riservato al reparto donne (sull’altro lato della strada c’è quello per gli uomini) facendo qualche foto all’allestimento molto bello e poi dopo uno sguardo sommario siamo uscite di nuovo sulla quinta, giro fino davanti la Trump Tower, qualche foto di rito poi ci siamo diretti a piedi verso Columbus Circle, prima ci siamo fermati in un Dean & De Luca dove però c’era poca scelta sul mangiare ma mi sono fatta affascinare da una borsa in stoffa con la scritta Dean & De Luca troppo bella, l’ho presa a occhi chiusi, solo dopo ho scoperto che sborsavo 50 dollari! Siamo poi arrivati su Columbus Circle, per la prima volta andavo in giro da quelle parti in serata, bello vedere tutto illuminato e vedere il traffico proprio da sotto la statua di Colombo, mentre i ragazzi fanno le prodezze con lo skate tutto intorno a te! Siamo entrate poi nel centro commerciale del Time Warner, dove c’era lo spettacolo affascinante, che avevo letto sulla mia guida-guru, delle luci a forma di stelle che cambiavano colore al suono della musica, siamo salite al secondo piano per ammirarle meglio. Dopo un bel po’ di tempo lì dentro per cercare anche di mangiare qualcosa, anche se poi non abbiamo trovato niente che ci andasse, siamo poi andati un attimo da Starbucks lì davanti poi con un bel taxi fin davanti al Broadhurst theatre, dove ci attendeva nientepopodimeno che Hugh Jackman! Prima di entrare in teatro e fare la fila ci siamo affacciate da Sardi’s, ristorante italiano che già conoscevo di fama (mi sembra che qualche anno fa Simona Ventura faceva dei collegamenti a NY da qui, con Ivana Trump) e che la mia guida suggeriva, anche per un dopo teatro, abbiamo visto però che era pieno e dopo uno sguardo alle tante caricature appese ai muri, anche di volti noti… ci siamo dirette verso il teatro, era anche presto ma già alcuni erano lì in attesa come noi, d’altronde lo spettacolo meritava tanta attesa!
Non so se l’ho già detto ma quando abbiamo deciso di organizzare questo giro a NY mi ero fatta un giro sul web sui siti che riguardavano la città e ho trovato tra i musical nuovi e gli spettacoli “Hugh Jackman back to Broadway”… questo era a ottobre, ho smosso mari e monti, vedendo che con telefonate, mail, sul sito stesso non si poteva prenotare in quanto la mia carta di credito aveva un tetto massimo di spesa limitato e la carta della mia agente dell’agenzia di viaggio poteva non andare bene come ricevuta ho scelto un altro metodo: in poco tempo, lottando anche contro le lungaggini della tabaccheria del mio paese, ho fatto un’altra carta con la pay lottomatica che si può ricaricare e l’ho subito utilizzata sul web… ho speso molti dollari in più per averli a casa con la Fed Ex, ma ne sono ben felice! Ricordo ancora quando tornata da scuola ho visto questo pacchettino formato foglio A4 e dentro c’erano ‘sti due tagliandini mini, ma così preziosi! Io amo molto questo attore, non che abbia visto tutti i suoi film, anzi quelli tipo X- Men o Wolverine non li ho visti proprio… mi è piaciuto tanto quando ho visto quasi per caso “Kate & Leopold” con Meg Ryan e proprio con lui, il duca di Albany che mi ha fatto innamorare… non so quante volte ho rivisto quel film! Poi mi so sciroppata tutta “Australia” solo per lui, certo non per la Kidman! Comunque l’occasione era veramente ghiotta e non me la sono lasciata sfuggire, mia sorella mi ha seguito perché costretta, tant’è che il biglietto gliel’ho regalato io! Entrando in teatro ci siamo ritrovate sì nel mezzanino ma non sapevo che la nostra era l’ultima fila! Il palco si vedeva un po’ lontano, ma non tanto, in quanto il teatro è abbastanza piccolo. Quando è iniziato lo show, si trattava di una specie di one man show, a un certo punto Hugh sembrava guardasse su per salutare e sembrava proprio guardare noi due, che tra l’altro eravamo tutte coperte dalla mia stola di lana, per il freddo che buttava l’aria condizionata! Anche da lontano ho visto l’intensità del suo sguardo e comunque appena è uscito sul palco ho pensato “è bellissimo” e insieme a me lo hanno pensato tutte e anche mia sorella con molto piacere da parte mia! Ho scoperto poi che oltre che bellissimo è molto molto bravo e anche molto molto simpatico… ha fatto delle scenette con le persone del pubblico, con una coppia e col marito che ha fatto andare anche sul palco, dice che era il suo compleanno e tutti a cantare, poi altre scenette… naturalmente non capivamo tutto, perché lui parla un americano australiano in modo velocissimo, ma la sua voce è affascinantissima! Anche come si è vestito con un semplice pantalone blu e una camicia bianca, teneva proprio il palco, quando si dice che uno è “un animale da palcoscenico”! poi si è cambiato e si è messo una tutina tutta dorata per cantare altre canzoni, io lo preferivo più al naturale… belle le canzoni che ha cantato, alcuni classici dei vari musical di Broadway, ricordo il particolare “Il mago di Oz” e “I’m singing in the rain”, poi dei pezzi tratti da un musical fatto da lui anni prima, mi sembra “The boy of Oz” poi delle parti parlate in cui raccontava della sua carriera, soprattutto in teatro… poi su uno schermo ha fatto vedere delle foto di quando era piccolo, ma anche dei vari film interpretati e poi ha ringraziato sua moglie, presente in teatro, e ha detto a quello che aveva chiamato dal pubblico che lui ha capito come si deve fare nella vita: “Happy wife, happy life!”. Lo spettacolo è finito pure troppo presto, comunque usciti dal teatro ci siamo riversati tutti vicino all’uscita del cast, e sulla strada, molto trafficata, c’erano transenne e poliziotti che cercavano di trattenerci… abbiamo atteso un pochino, poi è uscito e si è fermato… appena ho visto spuntare quel berretto blu, mamma mia… c’è stato il delirio dentro e intorno a me! Tutti con macchinette, videocamere, programmi da far firmare e lui è stato gentilissimo solo che davanti a noi c’era la ressa e ci siamo accontentate di vederlo e fare qualche foto e ripresa, riviste a casa tutto è risultato sfocato e mosso, ma vabbè… è indimenticabile quello che abbiamo vissuto e sono contenta che mia sorella alla fine abbia apprezzato!

Il racconto di Daniela
Oggi è la giornata del Bronx Zoo! My sister voleva tanto visitarlo, io non amo molto gli zoo, ma questo, come quello di Londra, fa parte della storia della città e merita di essere visto.
La mattina decidiamo che è il momento di farci conoscere dalla clientela facoltosa del Waldorf: scendiamo quindi a fare colazione con intenzioni bellicose, senza iphone, senza ipad, ma solamente con tanta ifam! Intorno a noi vediamo famiglie Mummia-Style, con figli Tutankamon che mangiano come automi mentre scrivono, leggono e sbuffano. Poverini… saranno abituati a quella noia, li capisco.
Noi invece ridiamo talmente tanto che il cameriere ci chiede se ci ha servito del succo d’arancia corretto, e a fine colazione, ci dice che è stato un piacere, invitandoci a tornare il mattino dopo.
Il cibo ovviamente è di ottima qualità, soprattutto il mio, ovviamente. Il bacon croccante americanstyle è buonissimo e gustoso, così diverso da quello inglese… vogliono essere diversi anche nel bacon, incredibile!
Finita la colazione, prendiamo un taxi in direzione Bronx. Il tassinaro ci fa scendere puntuali per l’apertura dei cancelli, e ci spiega che siamo destinate a rimanere lì nel Bronx, perché difficilmente un taxi va da Manhattan fino a lì, e inoltre è meglio non fidarsi delle macchine che si fermano dicendo che sono taxi e che non espongono la scritta fuori. Belle rassicurate, entriamo.
Rimarremo un bel po’ in quella meraviglia, tra tanti animali, sculture di ghiaccio, natura e passeggiate. Lo Zoo è enorme, con tanto spazio dedicato ad ogni animale. Naturalmente i miei preferiti saranno gli orsi, come sempre: bello pacioso e stravaccato quello polare, giocosi e gioiosi quelli bruni (come papà), che giocano tra loro, sguazzano nell’acqua, si tuffano nel fiume, mangiano. E’ bello assistere al loro pranzetto, tra tanti bimbi che esclamano meraviglia in americano e ci guardano mentre noi diciamo “Belli… amori…”!
Poi ci sono i gorilla, che vedremo al volo e per puro caso: comunque un incontro affascinante con i loro occhini. Le giraffe puzzolenti, i leoni, le simpatiche foche, bellissime nella loro grande vasca centrale, le scimmie di tutte le razze: una, poverina, derisa un po’ da tutti per il suo aspetto, diciamo, poco gradevole (sembravano vecchi sciamani indiani). I pinguini, i pavoni, tanti uccelli nella loro voliera, anche se chiamarla voliera è un insulto. E che dire dei lemuri incantati dal cappello a forma di gallo di my sister??? Si avvicinavano loro per guardare noi! E una bambina rideva tutta contenta e grata per essere le artefici di cotanto avvicinamento inconsueto!
Il pranzo lo consumiamo all’interno dello zoo, mangiando una pizza al freddo e al gelo, senza il bue e l’asinello, però.
Percorso tutto il parco, immenso e ottimamente organizzato, prendiamo il bus, l’unico bus che porta fino a Manhattan: nel frattempo infatti avevamo ricevuto una dritta da alcuni commessi del negozio di souvenir, dove abbiamo comprato anche il biglietto per la tratta.
La fermata è fuori nella parte opposta a cui siamo entrate e il viaggio merita, perché lo skyline di NY è veramente bello da lì sopra!
Scendiamo sulla Va e, tra bancarelle Strand, negozi e vetrine, scorgiamo anche due simboli religiosi così diversi, ma vicini: il presepe e le 9 braccia per la festa ebraica dell’Hanukkah, che cadeva proprio in quei giorni. Quella visione ci ha emozionato entrambe (finalmente qualcosa in comune!).
Facciamo un salto di quasi un’ora alla Apple per comprare due iphone, poi ci dirigiamo verso il centro commerciale Time Warner, altra tappa prefissata per vedere gli addobbi natalizi. Stavolta assistiamo a tante stelle tridimensionali che si illuminano a tempo di musica! Carine!
E’ arrivata l’ora però della cosa più importante della giornata: lo spettacolo teatrale di Hugh Jackman. Una cosa pazzesca, un bravissimo attore, uno spettacolo accattivante. Il suo americano era troppo anche per noi così brave in inglese (ehm…), ma sarebbe stato grandioso anche se avesse parlato in bergamasco stretto! Davvero una bella esperienza, anche per me che non ero una sua fan. Ovviamente adesso lo sono.
Nota particolare: all’inizio sembrava di essere ad una cena dell’8 marzo. Chissà come mai…
Non mi dilungo troppo, so già che lo farà mia sorella con la bava alla bocca, ma devo dire che mi è piaciuto, dentro, fuori e tutto intorno! Soprattutto l’aspetto umano e normale, quello che lo fa uscire dal teatro struccato, con un cappellino di lana in testa a fermare autografi e a salutare. Beh, un grande.
La giornata è stata ricca, buonanotte NYC!

30 dicembre
Theatre district – circle line cruise – salita al Top of the Rock – Radio City Music Hall – passeggiata sulla quinta e al Rockefeller Center

Il racconto di Rita
Oggi il programma che la capa ha fatto (cioè io!) ci porterà al Rockefeller Center per prendere i biglietti sia per la salita al Top of the Rock in serata sia quelli già prenotati dall’Italia (Santa Mastercard!) per lo spettacolo del Radio City Music Hall. Prima però è necessario rifocillarsi e decido di far conoscere a mia sorella il mio locale preferito finora a NY… Sapete è una di quelle sensazioni che si provano quando si va in una città straniera e cominci ad avere dei punti di riferimento, una stazione, un numero di bus, una fermata metro, un ristorante, un caffè. A Londra ho il bus n. 11, la stazione Victoria, il pub Ye Olde Chesire Cheese… qui a NY il primo riferimento è la settima, quindi una strada, perché lì ho avuto nei primi due viaggi i primi hotel dove sono scesa (lo Sheraton Tower e il Manhattan at the Times Square) e soprattutto il primo locale veramente newyorkese che mi ha conquistata, che mi ha fatto conoscere un vero newyorkese, trapiantato tanti anni fa nientedimeno che dalla Russia, Ivan, diventato qui Aivan! Sono al terzo viaggio a NY e è la terza volta che torno al Carnegie Deli, un locale tipicamente americano: entri e trovi il bancone con tutte le cose da poter mettere dentro i sandwich, sulla vetrata trovi le scritte al neon, c’è un cetriolo grande che è appeso vicino alla porta di entrata, i turisti fanno a gara a farsi la foto e i camerieri te li portano in un piattino come antipasto, pieni pieni di aceto! Al bancone puoi comprare i cibi da portar via, anche le loro famosissime cheesecake, buonissime. Poi c’è un ragazzo che ti chiede in quanti sei e ti fa accomodare ad uno dei tanti tavolini, strettissimi i passaggi tra l’uno e l’altro. Le cameriere non sono giovani e carine, ma spesso anzianotte e soprappeso e molto spesso sono assai simpatiche. Abbiamo fatto il nostro ordine per la colazione: per Dani l’omelette con funghi e per me omelette con american cheese, entrambe servite con le patate fatte all’americana, credo spruzzate con la paprika. Abbiamo poi chiesto un succo d’arancia per uno, mentre il caffé te lo danno tutte le volte che vuoi, poi ho chiesto un piatto combo, già sperimentato in passato, con french toast e pancakes, ma all’inizio Charlene non voleva servircelo perché diceva che le porzioni erano giganti, aveva ragione ma noi volevamo comunque assaggiare per cui ci siamo fatti dare una bustina per mettere un panino con l’omelette (the Best of the rest) e ci siamo tuffate sul dolce. Accanto a noi si susseguivano altri turisti, due ragazzi tedeschi, una coppia di giapponesi intenti a fare foto al cibo, una signora con le figlie che invece di mangiare stavano sempre a giocare coi telefonini e poi davanti a noi il frigorifero con i ripiani girevoli pieni di torte bellissime. Lasciamo dopo una lauta colazione il locale, sperando di tornarci, e ci avviamo verso la sesta e da lì andiamo prima a prendere i biglietti per salire al Top of the Rock quella sera stessa e dopo una breve fila alla biglietteria che si trova al piano di sotto otteniamo due biglietti per l’orario tra le 18 e le 18.30. Poi attraversiamo di nuovo la strada per andare al Radio City Music Hall a prendere i biglietti, avevamo già un foglio con il codice e la prenotazione. Abbiamo fatto in un attimo e ci siamo riversate in strada, raggiungendo a piedi Times Square dove fervevano i preparativi per il giorno dopo, c’era il solito casino di tutti i giorni, questa parte di NY veramente non dorme mai, c’erano persone dentro a pupazzi colorati che salutavano la gente e si facevano foto, c’erano i blocchi di cemento e le transenne della NYPD pronti per l’indomani e c’era la quarantaduesima da prendere e fare fino al molo per andare a fare la crociera. Noi avevamo un orario tassativo da rispettare, ma siccome tutti dicono che quella parte di strada merita una passeggiata noi abbiamo eseguito, passando davanti a luoghi ormai noti, come il teatro dove a agosto ho visto Spider-Man, poi c’è il museo di Madame Tusseaud, poi il Westin hotel con il suo omaggio all’architettura moderna; Ninni mi ha fatto attendere un po’ fuori da un negozio di Hello Kitty, è leggermente fissata… siccome poi si faceva tardi abbiamo preso un taxi. Al molo non c’era la fila preferenziale come ci avevano detto (noi avevamo un tagliando di prenotazione) ma abbiamo fatto la fila tradizionale e siamo riusciti a prendere il traghetto delle 12.30… il giro è stato bellissimo sin dall’inizio, con tutto il profilo dei grattacieli, l’Empire in lontananza, poi ci siamo avvicinati a Lower Manhattan. Ci siamo gustati tutto dall’alto, eravamo all’aperto, faceva freddo ma noi eravamo ben coperte (io con un galletto di lana in testa), l’unico problema erano i nostri vicini, due mummie che ogni tanto si risvegliavano e volevano passare o si alzavano sempre quando noi dovevamo scattare foto al panorama!
Il giro è stato molto bello, ma molto lungo, mi ha fatto piacere vedere zone di Manhattan mai viste, con una visuale diversa, perché dai due fiumi, abbiamo costeggiato anche Brooklyn, il Queens e il Bronx, infatti abbiamo visto anche lo Yankee stadium. Forse la cosa più bella tra tante è stata vedere la parte più selvaggia di Manhattan, quella dove si vedono proprio le rocce su cui è costruita, sembra tutto un grande bosco… poi mi ha fatto piacere vedere il ponte G. Washington con il piccolo faro rosso che qualche tempo fa volevano smantellare! La cosa più fastidiosa? Quello che parlava continuamente nel microfono per spiegare quello che vedevamo, ma a noi sarebbe piaciuto goderci il panorama un po’ in santa pace, in silenzio… dopo la lunga crociera, con l’ultima parte passata nella parte coperta perché il freddo era aumentato in quanto sembrava di stare in mare aperto, siamo salite su un taxi che ci ha portate davanti Macy’s, grande magazzino notissimo, da me visitato già nel 2008, ma a portarmi qui è stata la curiosità per le vetrine natalizie, il grande albero, che ha per cornice anche l’Empire, e la scritta “Believe” che ci ricorda tanto il film “Miracolo sulla trentaquattresima strada”. Il bello sarebbe riuscire anche a vedere Santaland, infatti all’ottavo piano allestiscono nel periodo prenatalizio una specie di villaggio di Babbo Natale con Santa Claus in persona che chiede ai bambini che regali vogliono, purtroppo quindi siamo fuori tempo massimo… ci gustiamo comunque gli altri reparti, compriamo un po’ di oggetti in tema natalizio, tipo anche il libro che narra la storia della bambina che è protagonista delle vetrine di quest’anno, qualche shopping bag per me e le mie amiche, si fa una lunga fila per il bagno e poi si esce per andare al Top! Qui arriviamo precise alle 18 circa e iniziamo il percorso per salire, vedendo il filmato, facendo la foto (ma io non avevo capito che dovevamo far finta di essere come sulla trave, sospesi!) poi prendiamo l’ascensore, con uno degli addetti che ci fa passare prima di altri 4, perché noi siamo in due (sì ma quelli erano quattro super magri, mentre noi due in carne, boh!)… lì inizia la salita, con l’ascensore che con le lucine colorate sale veloce, a suon di musica e col soffitto trasparente fa vedere tutto, bello (anche se mi riempie sempre anche un po’ di timore, dato che io ho il terrore degli ascensori e li prendo solo quando sono costretta, come in questi casi!). E’ stata proprio una bella esperienza, siamo state in tutte le terrazze, a tutti i piani possibili, al primo piano ci sono i vetri alti e nella parte centrale, coperta, mentre noi eravamo ad ammirare il panorama di una NY dall’alto piena di notte e di luci notturne, c’era una coppia che si stava sposando, con un giudice di pace e gli invitati, con tanto di fotografo che immortalava tutto, con lo sfondo bellissimo dell’Empire tutto illuminato… mi sarei sposata anche io, solo per avere quel panorama mozzafiato dietro! Di sopra poi abbiamo chiesto a un fotografo professionista se ci faceva una foto le due sisters insieme, ora la foto fa bella mostra di sé, in doppia copia, in Italia! Quando siamo scesi abbiamo fatto un giro per lo shop, dopo aver fatto acquisti già in alto, al Top! Poi siamo andati nella parte sotterranea e vedendo che molti negozi avevano già chiuso, anche dei locali per mangiare qualcosa, abbiamo fatto breve sosta ad un Subway alla subway! Siamo poi andati al Radio City, avevamo appena comprato due bottigliette di San Pellegrino, che si sa costano di più, e mentre facevamo la fila una della sicurezza voleva farcele buttare ma noi due ci siamo messe di punta e alla fine ci ha dovuto far passare con tutta l’acqua. Siamo entrate e già il foyer era bellissimo, con tutte quelle luci a formare un albero di Natale sfavillante, con tutta quella gente… quasi subito ci aprono le porte del teatro e la maschera ci conduce fino alla primissima fila, praticamente facevamo noi lo spettacolo! A un certo punto lateralmente si aprono due porticine con due che suonano il pianoforte mentre sotto al palco suonava l’orchestra e per tutto lo spettacolo mi sono guardata negli occhi con l’orchestrale dedito alle percussioni… poi inizia lo spettacolo, con Babbo Natale e soprattutto le rockettes, bellissime e bravissime, prima vestite da renne che trasportano la slitta, poi tante altre scenette, tra cui forse la più bella la coreografia con i soldatini, quando come un domino cadono uno addosso all’altro… simpatico anche il momento in cui abbiamo indossato gli occhialini in 3D per fare un viaggio in slitta sopra tutta NY. Poi è stato bello il giro in bus con le rockettes e le scene con gli animali di peluche e la ballerina e anche la scena del presepe, insomma mi è piaciuto tutto! Alla fine abbiamo comprato il programma ma soprattutto un dvd per farlo vedere anche a mamma in Italia ma non eravamo sicure fosse compatibile col sistema in uso da noi, quando abbiamo chiesto conferma alla commessa naturalmente non lo sapeva o forse non ha proprio capito, e ci ha risposto che comunque potevamo tornare a cambiarlo… eh sì certo, basta un volo di 8 h per tornare e tutto si risolve! Uscite dal teatro, veramente stupendo, ci addentriamo per la quinta soprattutto per rivedere ancora una volta l’albero del Rockefeller (uno dei simboli più importanti per me, sognavo di vederlo da tantissimi anni, pensate che una volta l’ho disegnato anche in una scena di una recitina a scuola) e qualche vetrina e poi a nanna!

Il racconto di Daniela
Buongiorno NY! Ci affacciamo alla finestra e cosa vedono i miei occhi??? Tre uomini su di una panca volante, intenti a lavare i vetri delle finestre del Waldorf! Per un attimo mi sono sentita come Samantha di “Sex&The City”, poi torno in me e dico a Rita: “Gli mettiamo paura con un bel Bu!?”, ma poi abbiamo desistito. Per farmi contenta, my sister stamattina mi porta nel suo locale preferito, il Carnagie Deli, sulla 7a, famoso per la sua cheesecake, i suoi cetriolini e il suo cetriolone alla porta d'ingresso, immortalato nelle nostre fotografie e in quelle di tanti altri turisti affamati... Il Carnagie è uno di quei localini tappezzato di fotografie di personaggi famosi, con le torte girevoli stile “Paura d'amare”, che mi piacciono tanto, e con le sue camerierone, magari di colore, che ti accolgono con la matita tra i capelli, dietro l'orecchio, e il loro blocchettino di carta per prendere le ordinazioni. La nostra era proprio così! Una signora all'inizio finto-burbera, ma che poi si rivelerà molto simpatica e alla mano. E' stato grazie a lei che siamo riuscite a non svuotare la cucina del locale. Il nostro portafoglio ringrazia.
Attratte dal menu, infatti, avremmo preso di tutto! Per fortuna ci siamo limitate ad omelette, patate, pancake con sciroppo d'acero, succo d'arancia e caffellatte. I pancake più buoni mai mangiati! Nel Paese degli sprechi si sono evoluti: ci lasciano andar via con i resti della nostra colazione messi in un bel sacchetto di carta con su scritto “The rest of the best”, un'idea molto carina. La nostra cameriera aveva ragione, era davvero troppa roba quello che volevamo mangiare. A piedi ci rechiamo al Rockfeller Center per prendere i biglietti per il Top of the Rock, sul quale saliremo alle 18.30 circa. Il biglietto preso in anticipo fa evitare la lunga coda o, peggio ancora, l'essere rimbalzati all'ingresso! Naturalmente diamo anche un'occhiata alla famosa pista, che di mattina è molto meno affollata rispetto alla sera. Quasi quasi ci facciamo un pensierino... ma no, è ora di andare verso altri lidi! Prima di tutto al Radio City per ritirare i biglietti per il musical della serata (il secondo, ehm...), che Rita aveva già prenotato online, e poi verso Brodway e il Theathre District, un tripudio di luci, vetrine, suoni e negozi. Un vero casino, anche di mattina! Arrivate alla fine della 42sima strada ci troviamo davanti al 1° vero appuntamento della giornata: il Pier 83, da cui partono i traghetti della Circle Line, cioè una linea che in 3 ore di navigazione circumnaviga tutta l'isola di Manhattan, offrendo scorci carini, noti e meno noti. Il biglietto costa 36 dollari a testa. A bordo c'è il bar, i bagni e un tizio che spiega cosa vediamo, spesso ai limiti della sopportazione. Alcuni panorami secondo noi non avevano bisogno di parole. Consigliate da Elena durante il colloquio avuto con lei il primo giorno a NY, ci siamo messe sopra, ovviamente all'aperto, sul lato sinistro, in modo di avere lo spazio davanti allo skyline il più libero possibile. Comunque il traghetto gira su se stesso nei punti più famosi e importanti, in modo da permettere di scattare belle foto a tutti! Si passa sotto il Brooklyn Bridge, si vede lo Yankee Stadium del Bronx, le casette di Dumbo, il Crysler, l'Empire... tutto! Ma la parte più interessante per me è stata la sommità dell'isola, così sconosciuta, così rocciosa e quasi incontaminata! E' come se da qui vedessi NY per la prima volta, prima dei grattacieli, delle luci, del traffico!
E una volta che si scavalla dall'altra parte, ecco il piccolo faro rosso sotto il George Washington Bridge! Io non ne conoscevo l'esistenza e per me che adoro i fari, è stata una bella scoperta. Rientriamo sotto coperta poco prima di terminare il giro, giusto per scaldarci un attimo, dato che l'ultimo tratto è stato pesantino per le temperature: il sole si era abbassato ed eravamo quasi in mare aperto!
Salutiamo la Circle Line e ci dirigiamo in taxi sulla 34esima, a fare shopping in quel di Macy's! Come potevano mancare i più famosi magazini di NYC? Naturalmente la parte più bella sono le vetrine natalizie, bellissime, di stampo classico, e la scritta “Believe” che ci rapisce particolarmente, essendo amanti del film “Miracolo sulla 34th strada”... Uscite da Macy's: taaaaxiiiiii! Si va in cima alla Roccia! Finalmente riesco a vedere l'Empire tutto illuminato davanti a me, in tutta la sua altezza! E' stupendo, davvero. Il Top of the rock merita, soprattutto di sera. Già solo il salire in cima è uno spettacolo: l'ascensore che sale infatti ha il tetto trasparente, che si illumina per tutto il percorso! Americanate, ok, ma a me hanno incantato. Stretti come sardine e orecchie tappate, ci siamo. Usciamo imbambolati dall'ascensore e ci dirigiamo alla prima terrazza: meraviglia! C'è persino una coppia che sta celebrando un matrimonio con, alle spalle, l'Empire! Saliamo poi alla seconda terrazza, collegata alla prima da una scala mobile e qualche scalino. Da quassù la vista è davvero a 360°, se chiudo gli occhi mi sembra ancora di sentire il vento sul viso, un vento incredibilmente caldo, e il pavimento sotto di me che quasi trema, o forse sono le vertigini a giocarmi questo scherzo?! Ci godiamo questa meraviglia per un bel po’, scattiamo tante foto e ce ne facciamo scattare una dal ragazzo addetto: sarà l'unica foto decente fattaci sul Top! Purtroppo è ora di scendere, il musical natalizio ci aspetta. Compro qualche ricordino al negozio di souvenir e ci dirigiamo verso il Radio City Music Hall, ci mettiamo in fila e lascio poi Rita a tenere il posto, mentre io vado a comprare due bottigliette d'acqua nel negozio di fronte. Arrivate davanti alla signora che controlla i biglietti, nota la mia busta, la apre e ci dice di gettare via quelle due bottigliette d'acqua appena comprate! Rita le avrebbe buttate, ma io inizio a fare la lagna, in uno pseudo inglese che capisco solo io... anzi no, sembra lo capisce anche lei! Soprattutto quando le faccio presente che quell'acqua non è un'acqua normale, bensì due San Pellegrino, che non costano pochissimo, e che sono state appena comprate, c'è ancora lo scontrino nel sacchetto! All'inizio è spietata, poi ci dice che non si può portare l'acqua all'interno, noi diciamo che dobbiamo prendere delle medicine, allora ci dice che dentro la vendono, e allora lì mi arrabbio! Quando mi vede inalberata capisce l'antifona, e mi dice che posso portarne dentro solamente una. Ma noi siamo in due... Ok allora, basta che ci togliamo dalle palle! Ci godremo lo spettacolo con le nostre due San Pellegrino sulle gambe! Sono soddisfazioni! Naturalmente il musical natalizio si rivelerà bellissimo, seppur breve. Le Rockettes saranno bravissime e molto belle, sia vestite da renne, sia da soldatini, sia nella scena finale, rappresentante un presepe. Bello davvero! Soprattutto la parte dei soldatini, quella delle ballerine sul bus a due piani e quella di Babbo Natale che sorvola NY, sfiorando le porte girevoli di Macy's... Prima di andare a ninna diamo un'occhiata all'albero del Rockfeller e soddisfatte torniamo in hotel. Buonanotte NY!

31 dicembre
East side – shopping – Carnegie – capodanno sulla settima, vicino Times Square

Il racconto di Rita
Piccola digressione prima di immergersi nel giorno dell’ultimo dell’anno… ogni mattina uscendo dalla porta girevole del Waldorf mi facevo incantare da ciò che mi circondava, il traffico soprattutto di yellow cabs, perché è vero che ci sono soprattutto quelli a Manhattan, lo spartitraffico a mo’ di isola verde, con tutti quegli alberelli che di sera si illuminavano, sulla destra i vari palazzi e soprattutto quella bellissima chiesa, con uno stile così diverso rispetto ai vetri e al cemento, poi a sinistra quel bel palazzo con un arco in basso, non ricordo ora come si chiami, so però perché molte volte ci siamo andate in taxi, in quella direzione, che c’è un tunnel e da lì si raggiunge la gran terminal che è uno spettacolo. La cosa che mi faceva un po’ ridere davanti a tutto quello splendore era il palazzo a vetri proprio davanti la nostra uscita: c’era scritto “Colgate Palmolive”, sarà stata la sede, non so… però col pensiero mi riportava all’area industriale vicino a dove abitano i miei cugini, area Pomezia… tutta un’altra storia!
Ogni mattina oltre gli uscieri e il personale dell’hotel vedevamo anche dei veri e propri poliziotti e questa mattina ce n’era uno proprio carino, lo guardo, sorrido e lui… mi strizza l’occhio, wow! E veniamo a dire della giornata di oggi, l’ultimo dell’anno… fosse stato per me, se avessi avuto qualche anno in meno, mi sarei messa a Times Square già dalla mattinata, ma non ero da sola in più l’età si comincia a sentire e non sapevo se riuscivo a resistere fino a mezzanotte, per cui si è deciso di fare altre cose, come per esempio andare con un taxi all’East side. Siamo andati a fare colazione da Kat’z Deli, location molto nota, dove hanno girato forse la scena più famosa di “Harry ti presento Sally”, il locale in cui Meg Ryan simula un orgasmo… e quando arriviamo troviamo un cartello proprio sopra al tavolo che hanno usato nel film. E’ bella l’atmosfera lì, appena si entra ci sono due che ti danno un foglietto che tu devi alla fine riconsegnare in cassa, sia che consumi sia che tu non lo faccia. Noi scegliamo il posto in cui mettersi seduti, vediamo che solo nella fila addossata al muro (muro ricoperto di tantissime foto di personaggi più o meno famosi che hanno sostato qui) c’è il servizio del “waiter” e quindi ci accomodiamo, con calma ci servono, mentre gli avventori si fanno la foto vicino a quel famoso tavolino, mentre la gente entra e prende da mangiare al bancone, mentre noi ci guardiamo intorno… e ordiniamo: mia sorella un panino con pastrami e io col salame tipico loro. Da bere un orange juice e mia sorella vuole provare un eggs chocolate, una bibita inventata da Kat’z che non ha dentro l’uovo, c’è la cioccolata e lo spritz. A mia sorella poi non è piaciuto per il retrogusto amaro, mentre a me sì, ce la siamo presa comoda, dopo la colazione siamo andate in bagno, abbiamo girato per bene tutto il locale e abbiamo fatto tantissime foto, una a Patrick Swayze, mentre il signore che mangiava al tavolo lì sotto scherzava con me dicendo che in verità volevo fare la foto con lui! Poi siamo andate a pagare e mi sono accorta che vicino alla cassa c’era la foto di Meg Ryan e Billy Crystal con quelli di Katz e mi sono fatta la foto vicino alla foto! Poi alla cassa ho acquistato un bel grembiule con logo rosso e alla fine ce ne siamo andate, dopo aver fatto non so quante foto sotto la scritta e all’entrata del locale! Con il taxi ci siamo diretti sulla Madison, all’altezza di Barney’s, perché volevamo fare un po’ di sano shopping! A dire la verità volevo fare un giro e vedere il piano con tutta l’oggettistica stravagante targata Lady Gaga, lì abbiamo fatto delle foto poi siamo saliti agli altri piani, andando anche nella zona “women” dove per gli abiti sembrava fossimo veramente in un atelier quasi come nelle sale di un museo, e i vestiti sembravano opere d’arte. A un certo punto arrivo ad un reparto dove c’è scritto “fashion shoes” e allora sembro impazzire, io adoro letteralmente le scarpe, specialmente quelle griffate… e mia sorella ha capito improvvisamente che non c’era più niente da fare! Si è rassegnata e mi ha seguito nella ricerca di un paio di Manolo Blanhik! Tra le tante ne trovo un tipo che mi piace molto, col tacco non molto alto, c’era in molti colori, dal nero, al rosso, al marrone, ma anche un colore rosa cipria, chiamato per la verità “Malvina nude” e quello mi ha colpito veramente al cuore, per cui le ho fatte mie, mentre vicino a me una giapponese si misurava un paio di Loubouitin classiche con la suola rossa… sarà per la prossima volta! Dopo un bel po’ di attesa, perché lì non hanno fretta di servirti, te ne puoi stare ben bella seduta sui morbidi divani, abbiamo pagato, ci siamo tolti quei due dollari dalla carta e poi con la busta di Barney’s, tutta contenta mi avventuro per la Madison. Ora però è impensabile andare verso Times Sq con quella borsa e quindi si va un attimo in hotel, si fa piccola pausa e poi si riparte, verso la settima, passando dall’alto, da verso il Central Park per vedere a che punto le strade fossero già chiuse. Sulla settima troviamo che si può ancora passare e verso le 16 ci fermiamo da Carnegie Deli dove troviamo posto in una sala interna in cui non ero mai stata, molto carina, piena zeppa di foto, io ho mangiato vicino alla foto di quello dei Jefferson, uno dei miei miti di ragazzina e lì vicino c’era una foto con la firma autografa di Hugh Jackman, amore! Eravamo in una tavolata unica con molti altri, signori americani e anche argentini, con cui abbiamo iniziato una conversazione simpatica: tutti poi si sono messi a guardare il nostro pasto, quando è arrivato. Essendo le 16 abbiamo fatto una specie di lunch e dinner, tipo “lunchner”: abbiamo scelto un piatto di sandwich, erano 4 per uno con insalata di tonno, insalata di pollo, insalata di uovo, insalata di gamberi, ricoperti di olive, insalata, pomodori e cipolle. Era un qualcosa di stupendo, non siamo riusciti a finirlo… prima del pasto ci hanno dato il loro solito antipasto, i famosi cetriolini, alcuni sottoaceto altri no. Poi per finire questo pasto di fine anno ci siamo presi una fettina di cheesecake come la fanno loro, con un filo di cioccolata liquida sopra, meravigliosa! Ci siamo attardate da Carnegie per un bel po’, fin quasi alle 18 per riposarsi un po’, per approfittare del bagno e poi siamo uscite sulla settima perché la decisione era di restare su questa strada per vedere da lì la piazza, dato che da dove eravamo si vedeva tutto e era anche un po’ in salita… d’altronde davanti a noi c’era già un sacco di gente e non valeva la pena addentrarsi. Mi ha molto colpito l’organizzazione sulle strade, c’erano le vie di fuga rappresentate da tutte le street mentre nelle avenue si poteva stare, solo che ogni tanto ci facevano andare avanti e vedevi orde di gente che correva per accaparrarsi un posto un po’più avanti, noi ogni volta che i poliziotti aprivano le transenne per far passare altra gente ci tiravamo da una parte perché non volevamo farci trascinare dalla folla, si stava bene anche lì dove ci trovavamo. Quasi subito, prima di esser circondati da americani o altri turisti, sono arrivati due ragazzi contenti di trovare altre due italiane… praticamente in tutte quelle ore abbiamo fatto quasi amicizia, ci siamo fatti compagnia e così il tempo è passato quasi in fretta. Abbiamo scoperto così che Oscar ha lo stesso nome del cagnolino della sua ragazza, ma il nome del cane era stato deciso prima della sua conoscenza, poi che loro si sono messi insieme tramite feis anche se si conoscevano già, che lei è più grande di lui di qualche anno, che per un periodo si erano lasciati perché lui si era invaghito di un’altra, che lui per lavoro forse dovrà stare un periodo in America, che lei ha la mamma di origine ungherese… insomma ci siamo dedicate al gossip, intervallando i nostri discorsi a notizie su cosa vedere nella grande mela e ai discorsi sulla politica, come spesso succede quando ci si vede all’estero. Poi tutto intorno a noi c’era tantissimo fermento, ma non ho avvertito mai sensazione di pericolo: c’era una famiglia di origine italiana, c’erano dei ragazzi con della pizza da asporto solo che la rivendevano, passavano i camioncini con bevande e cibo ma erano solo per i poliziotti che erano in servizio. C’era tantissima gente con dei cosi gialli che battevano uno contro l’altro, erano pure abbastanza fastidiosi, ma erano legati a delle pubblicità, così come dei pannelli con delle lucette, che alcuni alzavano davanti a noi… che urto! Ogni ora da Times Square si vedevano i fuochi, particolarmente emozionanti quelli delle 18 perché era mezzanotte a casa e allora noi italiani sulla settima ci siamo fatti gli auguri: intanto in piazza c’erano Justin Bibier, poi Pitbull e infine Lady Gaga, noi abbiamo sentito parlare e cantare solo lei, per gli altri la diffusione fino da noi non c’era… a mezzanotte la confusione è stata tanta tra esplosione di colori, fuochi, coriandoli a Times Square, poi bastava girarsi e si vedevano i fuochi d’artificio bellissimi a Central Park; poco dopo mezzanotte ci siamo salutati con tutti i conoscenti e a piedi siamo andati verso il nostro hotel. Questa serata così particolare termina con un hot dog al solito banchetto fuori al Waldorf… finalmente un modo nuovo di festeggiare il capodanno!

Il racconto di Daniela: il giorno del supplizio
Siamo arrivate belle contente al fatidico 31 dicembre!
Oggi è la giornata del sacrificio, per la sottoscritta. Ho provato a far ragionare la sorella maggiore e a portarla su altri lidi, proponendole Central Park... Ero pronta addirittura ad affrontare la maratona pur di non dover stare ore e ore in piedi ferma a Times Square... ma la suddetta non si è fatta impietosire, e quindi si andrà lì. Tanto vale godersi il resto della giornata e il poco tempo a disposizione.
La mattina avevamo un appuntamento con Harry e Sally, un po’ lontano dal centro, sapete sono due persone un pò timide, quindi taxiiiiiiiiii! Si va nell'East Village a vedere tutta un'altra NYC! Sì perchè la zona è veramente diversa da Midtown, casette basse, stradone con le macchine parcheggiate ai lati, traffico quasi assente, semafori liberi... e poi c'è questa meraviglia, il Katz's Delicatessen. Famoso per essere stato il set della scena più famosa di "Harry ti presento Sally" (anche se io preferisco la scena finale, quando lui dice a lei "... Perchè quando ti accorgi di voler passare il resto della tua vita con qualcuno, vuoi che il resto della vita cominci il più presto possibile!"), è un classico Deli americano, dove servono la colazione tutto il giorno e vari piatti caldi che lo hanno reso anch'essi famoso, come per esempio il famigerato pastrami! Scoperta personale di questo viaggio, me ne sono innamorata, è buonissimo! Peccato per le enormi porzioni americane, che mi hanno portato a mangiarlo solamente una volta. Il locale è molto grande, suddiviso in due parti: ai lati ci sono i tavoli accostati al muro, tappezzato di foto di personaggi famosi venuti davvero a mangiare qui. Questi tavoli sono gli unici serviti. In centro tutti gli altri, su cui sedersi dopo aver preso da sè il vassoio con la propria ordinazione. Naturalmente noi ci facciamo servire, non abbiamo tempo di fare la fila e aspettare al banco, con tutto quello che c'è da vedere e fotografare! Scatteremo foto alle centinaia di fotografie appese alle pareti, personaggi famosi, clienti del locale quali per esempio Clinton, Patrick Swayze, Ben Stiller, tantissimi attori e attrici, e naturalmente Billy Crystal e Meg Ryan ai tempi del film: che bella che era, ancora senza botulino! Mangeremo anche qui benissimo: io prenderò come già scritto il pastrami, senza salsa, buonissimo. Rita un panozzo con il loro salame, enorme, che non riuscirà a finire. Assaggeremo anche il famoso egg-cream, bevanda americana di antiche origini: ora è preparata con altri ingredienti, ma il nome è rimasto lo stesso. In pratica a vederlo sembra un bicchiere di cioccolata calda, prima di tutto invece, è fredda, e inoltre ha quel retrogusto frizzantino che personalmente non ho apprezzato. E' composta infatti da cioccolata, o vaniglia, e soda! A primo impatto è molto buona, poi il frizzante a me è "stonato" (detto da una che adora la Perrier!), mentre Rita lo ha gradito. Per fortuna ne avevamo preso solo uno, medium, cioè gigante. Quando usciamo notiamo una targa con su scritto “The best pastrami in NY City”! Ma quanto siamo brave a scovare questi posticini?! Torniamo a Midtown per un po' di sano shopping, che naturalmente coinvolgerà solamente my sister, vera fashion victim di ogni cosa che abbia un prezzo al di sopra della media (eheheheheheh), meglio ancora se sbrilluccichi o se “alzi” la propria figura: comprerà infatti un paio di Manolo nel reparto scarpe di Barneys. Strano ma vero, apprezzerò anch'io quel reparto, ma solamente per i comodi divani su cui ci faranno sedere. Prima di recarci sul luogo del delitto torniamo un po' in hotel per cambiarci e lasciare i sacchetti, poi via! A Central Park, da dove ci dirigiamo a piedi lungo la 7a, almeno per avere un'idea della quantità di gente che già affolla e riempie Times Square. Le mie preghiere sono state ascoltate, ci sono già le transenne, Times Square è chiusa, full, niente da fare! Olè! Ops, mannaggia... bisogna fermarsi qua, dai, si vede bene lo stesso, c'è meno gente, si respira un po', ci sono vie di fuga... Tutto ciò che dicevo era usato contro di me! My sister voleva andare a tutti i costi in mezzo alla bolgia! Per fortuna il profumino del Carnegie Deli proprio davanti a noi mi ha aiutata nell'intento, e siamo rimaste lì per il resto della giornata. Dato che mancava ancora “qualche oretta” a mezzanotte (erano circa le 17 se non ricordo male), siamo entrate nell'ormai nostro Deli preferito, per stare un po' sedute in vista delle ore da trascorrere poi in piedi, e per pranzare/cenare. Che dire? Forse il più bel cenone di Capodanno mai fatto finora! Un sacco di gente di diversa nazionalità, vicino a noi una coppia parlante spagnolo, più in là una famiglia di colore molto colorita, alla mia destra i Jefferson (in foto!), i tavolini tutti vicini vicini, sembravamo un'unica tavolata! Che bella atmosfera! Ordineremo un fantastico piatto di sandwich misti, otto per la precisione, due per ogni gusto: tuna salad, il mio preferito, chicken salad, shrimps salad ed egg salad, il preferito di mia sorella. Tutti ci guardano meravigliati: in effetti il nostro piatto fa la sua bella figura. Tutti ridiamo, invece, quando al papà della famiglia di colore portano il pastrami: una montagna di pastrami, enorme, con salsa colante che veniva giù come lava da un vulcano! Anche lui rideva, ma poi se l'è mangiato tutto! Che bello! Siamo rimaste al Carnagie un paio d'ore, poi siamo uscite, pronte per affrontare il -pochissimo- freddo della serata. Lo faremo a metà strada tra Central Park, alle nostre spalle, e Times Square, dritta davanti a noi, in leggera salita, fatto che ci lascerà godere dello spettacolo anche da quella distanza. Con noi tantissime persone, ma soprattutto due ragazzi, una coppia carina e simpatica di italiani, che attaccheranno bottone per tutta la serata, facendo trascorrere le ore più in fretta di quanto pensassimo! Momenti emozionanti quando alla mezzanotte italiana fanno esplodere fuochi d'artificio color tricolore! Fuochi ogni ora, fino alla mezzanotte newyorkese, momento in cui abbiam visto la famosa palla di cristalli scendere sulla piazza! Quante volte l'abbiam vista in TV, nei film, ed ora eravamo lì... Che bello! La serata passa in fretta, ci salutiamo con la coppia conosciuta lì, ci godiamo i fuochi di Central Park e poi a piedi ci dirigiamo verso l'hotel, almeno nel tratto più centrale e affollato. Poi prenderemo il taxi. Buonanotte e Buon Anno NYC

1 gennaio
Brunch al Waldorf - giro in carrozza a Central Park, a spasso nel parco – negozi sulla fifth – giro serale a Dyker Heights

Il racconto di Rita
Primo dell’anno… giornata di relax, devo premettere che forse questo è il giorno che mi è piaciuto di più, se dovessi per forza scegliere, in una vacanza comunque magnifica in ogni sua parte. Dopo un risveglio lento e con doccia profumata con prodotti griffati gentilmente offerti dal Waldorf ci siamo vestite in modo “regale”, io con pantaloni eleganti neri e camicetta dorata in tinta con le mie Jimmy Choo dorate e mia sorella con le sue bellissime crocs fucsia che hanno visto i migliori alberghi del mondo… siamo scese alla Peacock Alley per il nostro brunch prenotato in precedenza. Non penso di poter far capire con le parole cos’è un brunch al Waldorf… è semplicemente un’esperienza da dover fare almeno una volta nella vita: è il massimo del paradiso per gli amanti del cibo, del buon cibo, di chi mangia con la bocca ma anche con gli occhi. Appena arrivi nella lobby trovi che il buffet dalla saletta laterale, che è stata aperta anche in un’altra zona, ha invaso anche il salone arrivando con i tavoli imbanditi fino al bellissimo orologio posto al centro… per servirci avevamo un cameriere che ci ha messo il caffé, uno che ci ha fatto accomodare, uno che ci ha portato l’orange juice e poi ci alzavamo per prendere quello che si voleva, abbiamo cercato di mangiare il più possibile e soprattutto assaggiare tutto ciò che ci piaceva. Passando tra i tavoli imbanditi abbiamo visto anche il cameriere dell’altra volta che ci ha salutate tutto contento di vederci! Passiamo all’elenco dei cibi: abbiamo iniziato da un piatto di pesce, io ho preso aragosta, ostriche, carpaccio di salmone di due tipi, gamberi e gamberetti, granchio… il limone era all’interno di un sacchetto di tulle giallo, per non far cadere i semini, wow! C’era poi il reparto delle zuppe e noi abbiamo scelto un assaggio di new england clam chodwer, poi c’erano le insalate, tipo anche la caesar ma abbiamo optato per assaggiare la famosa insalata waldorf; c’erano anche i piatti di salumi e sottaceti (chiamati alla francese “charcuterie”), ma io non li ho degnati di un’occhiata, così come le mozzarelline e i pomodori che posso mangiare anche a casa… sono andata invece dallo chef che mi ha cucinato lì per lì un uovo in camicia, ha rosolato un pezzo di pancetta e poi mi ha fatto l’uovo alla benedict; in seguito ho preso un pancake con composta di fragole e mi sono fatta tagliare una fetta di roastbeef alla Wellington in crosta. Non contenta sono andata da un’altra chef per farmi preparare al momento una crepe con dentro cioccolato e lamponi, scottata al gran marnier con aggiunta di zucchero di canna… tutto buonissimo. Per finire la torta con la crema custard che mi piace tanto e poi mi sono avvicinata alla fontana che stillava cioccolata e mi sono preparata una fragola e un marshmellow al cioccolato, rubando poi anche un macarons da un cestino… purtroppo c’erano dei dolci al cucchiaio e delle fette di tante torte diverse, ma non ho potuto assaggiare nient’altro, ero troppo piena!
Dopo un breve rientro in camera per cambio scarpe siamo usciti dall’hotel e siccome era giorno di festa ci siamo attardate davanti la chiesa lì vicino, la funzione era appena finita ed è stato bello vedere tutta la gente che vestita a festa usciva e veniva salutata dal “Prete”. Siamo entrati e abbiamo fatto un giro, chiesa molto bella, c’era anche un giro organizzato ma non avevamo tempo e così col primo taxi ci siamo recate verso Central Park, proprio dove eravamo scese il giorno precedente e siamo andate alla ricerca di una carrozza: si può dire che lei ha trovato noi perché appena arrivate al luogo dove si prendono se n’è avvicinata una grande tutta nera, comoda… siamo salite e partite per una nuova avventura! Il cocchiere era proprio simpatico, ci ha fatto subito una foto e via via ci diceva i nomi dei grandi alberghi che costeggiano la strada, le cifre astronomiche per soggiornarvi, poi ci diceva chi erano i proprietari dei vari appartamenti dei complessi residenziali che si affacciano sul parco: sapevo già di Yoko Ono e Madonna, ma non dei tanti registi o di Bono e Sting… wow, sarebbe stato bello incontrare questi ultimi due! Inizialmente avevamo optato per un giretto al prezzo base mi sembra di 70 dollari o forse meno, ma poi prima che girasse per tornare indietro gli abbiamo chiesto di fare un giro più interno e più lungo, ci ha risposto che era “expensive”, ma noi… che vuoi che sia! Si è nababbe una volta sola nella vita! E allora abbiamo visto il parco più all’interno con la diary, il viale mall dove hanno girato “Kramer vs Kramer”, la fontana di Bethesda che ho visto per la prima volta all’asciutto, poi lo stagno dove fanno le gare con le barchette, i ponti, la pista di pattinaggio… tutto favoloso, siamo poi tornati in strada e dopo un’ultima foto tutte soddisfatte abbiamo salutato pagando 130 dollari più 10 di mancia e siamo andate a zonzo per il parco. Abbiamo visitato prima di tutto il piccolo zoo con le sue attrazioni principali: il panda rosso, ma soprattutto l’orso polare, bellissimo, solo che questa volta non era come la scorsa volta che nuotava beato (era nel luglio 2008) ma dormiva sul ghiaccio… poi siamo andati dai pinguini, anche loro sono uno spettacolo, solo che mette tristezza vederli al di là del vetro. Siamo uscite dallo zoo dopo una telefonatina a zia in Italia e siamo andate alla ricerca della statua di Balto, che mia sorella voleva vedere (io l’avevo visitata già in precedenza), trovata la statua foto di prammatica, poi un giretto tra i ponticelli e i sottopassaggi incantevoli del parco, una pausa intorno alla pista di pattinaggio e un hot dog a una delle tante bancarelle, mia sorella comprava e io mi godevo il parco e la sua vita. Adoro sedermi in una panchina di Central Park e veder la vita che scorre: i cani e i padroni che passeggiano, i bambini nei passeggini che mangiano qualcosa, chi corre con le cuffiette, gli anziani seduti alle panchine, chi dipinge, chi fa il saltimbanco, chi chiacchiera, chi legge, chi sonnecchia… troppo bello Central Park, uno dei miei posti preferiti al mondo! Siamo poi andate a fare un giro per negozi, in particolare da FAO Schwarz, lì si entra sempre dicendo “do solo un’occhiata” poi ti innamori di qualcosa e compri, è un negozio di giochi ma non è solo per bambini perché ci sono giochi per tutte le età, appena entrate abbiamo visto per esempio le bambole di Mary Poppins, l’ombrello con la testa di pappagallo, i braccialetti… e abbiamo comprato quasi tutto! Poi siamo andati di sopra, prima però abbiamo comprato qualche caramella al reparto relativo; di sopra siamo andate alla ricerca del “big piano”, che ci riporta ad un Tom Hanks giovinetto, ma per cercarlo ci siamo perse nel dedalo di giochi… prima gli accessori per le doll’s house (un’altra delle mie passioni), poi i lego, poi le Barbie… c’era una Grace Kelly vestita da sposa e un’altra con vestito da gran sera, le avrei comprate tutte e due, e me ne pento di non averlo fatto. C’era addirittura un biliardino di Barbie, cioè invece dei soliti pupazzi blu e rossi c’erano le Barbie, ma facevano un po’ effetto perché le braccia erano sostituite dai bastoni di ferro: costava tipo 25000 dollari, è uno dei 10 esemplari al mondo! Trovato il piano, una semplice foto poi verso l’uscita: volevo fare l’ultima pazzia e comprare qualcosina da Tiffany ma il destino ha voluto che essendo il primo dell’anno fosse chiuso e così ci siamo limitate a sognare tramite le splendide vetrine, fatte a mo’ di giostra… ogni vetrina nascondeva un gioiello, bellissime davvero. Siamo poi entrati nella hall del Plaza per dare un’occhiata allo sfarzo e devo dire che comunque preferisco lo stile del Waldorf. La sera l’appuntamento era in una traversa tra la quinta e la sesta davanti la sede di un’agenzia di viaggio con personale italiano: per la prima volta pioviccicava e ci siamo messe lì con altri italiani ad aspettare l’autobus e la guida. E’ arrivato Cristian, per me niente male, mia sorella dice che assomiglia a Fabio Volo e naturalmente non le piace, sennò che sorelle saremmo? Ci mettiamo dietro di lui sul pullman che ci porterà a Brooklyn in uno degli isolati più lontani, Dyker Heights, abitato da una classe benestante, pieno di belle ville, in questo periodo piene di luminarie sfarzose, personaggi dei cartoni o personaggi classici della tradizione natalizia… fanno anche una gara e ogni anno c’è un vincitore! Cristian ci dice che non capisce come mai ai turisti piaccia tanto questa nuova tradizione così kitch e io non capisco come mai lui faccia la guida; ci racconta comunque che sono dieci anni che è qua e si è innamorato di NY, e non stento a crederlo. Rimaniamo per molto tempo fermi nel quartiere cinese, causa ingorghi verso il ponte di Williamsburg e così ha il tempo di raccontarci aneddoti sulla città e anche sul “boss delle torte” che ha il suo studio nel Bronx e una volta una coppia di italiani ha voluto che Cristian li accompagnasse in limousine lì, ci sono stati tutto il giorno, a farsi trattar male dal grande chef! Passando vediamo il New Museum con la sua struttura particolare, poi si va finalmente verso Brooklyn. Arrivati nelle vie che cercavamo vediamo tante macchine private parcheggiate o che vanno lentamente per gustarsi il tripudio di luci e festa che si vede in queste case… ce ne sono alcune veramente fantastiche, staresti lì per ore a rimirarle, la gente a piedi che fotografa è tanta, noi ci allontaniamo un po’ per vedere quelle più in collina, facciamo foto e filmini. Tutto è bellissimo, dai cantori, agli angeli, alla slitta con Babbo Natale, poi un Santa Claus che siede su un trono, poi tanti presepi illuminati, poi le lucine tutto intorno ai tetti e alle pareti… una favola, c’erano anche i personaggi delle favole, gonfiabili, soprattutto i personaggi di Winnie the Pooh, ma anche il Grinch, Titti e Silvestro, Minnie e Topolino, i Simpson. Dopo poco più di un’ora abbiamo dovuto lasciare Dyker Heights ma tornerei con più calma con molto piacere… esperienza da fare sicuramente! Cristian ci lascia sulla quinta, ci dà qualche consiglio su qualche locale per cenare e mi saluta dicendomi “Ciao, ci vediamo!”, e io che penso “Sì ma dimmi quando, che io ci conto!”
Il racconto di Daniela
Stamattina ci svegliamo con calma, ci aspetta finalmente il brunch nella Peacock Alley, la grande sala del Waldorf dove viene consumata anche la colazione. Avevamo letto nel sito dell'hotel di quanto sia meravigliosa questa esperienza, e anche di quanto costasse (95$ a testa), ma le parole non bastano a descrivere tutto ciò che di bello e buono abbiamo visto e gustato! Intorno a noi tante persone vestite a festa, eleganti, famiglie con bambini, coppie di amici. Il servizio impeccabile e l'ambiente meraviglioso. Ci fanno accomodare dopo aver controllato la nostra prenotazione, ci portano un ottimo succo d'arancia (spremuta freschissima) e ci spiegano che il brunch è a buffet: abbiamo cioè circa due ore di tempo per sbranarci, elegantemente, tutto. Naturalmente non ce la faremo ad assaggiare ogni cosa, ma ci abbiamo comunque messo del nostro, ottenendo splendidi risultati. Nel brunch c'è di tutto: l'angolo del pesce, con ostriche, granchi, aragoste, salmone, sushi; l'angolo della carne, del pane, dei dolci, della colazione inglese e di quella americana, con salsicce, bacon, pancake, muffin, french toast, funghi, bagel... L'angolo della frutta, delle torte, delle verdure, delle crepes, dei formaggi, delle marmellate, delle insalate... Buonissima la Waldorf Salad, da provare! Un paradiso in terra, oserei dire. Credo che sia entrato ufficialmente nei nostri futuri “must” newyorkesi. Dopo un brunch così ci sembrava giusto fare una corsetta nel parco, così ci cambiamo le scarpette (non le mie eheheheh) e partiamo alla volta di Central Park, perchè Rita sta ai parchi come io sto agli hot-dog con la senape: non si può lasciare NY senza andare a Central Park, o Londra senza passare per quello di St. James'.
Stavolta però sono contenta di andarci, anche se è un ritorno, perché ce ne godremo un tratto "In carrozzaaaaaaa"!!! Non del treno, ma carrozza vera! Col cavallo, le campanelle e tutto il resto. Siamo salite davanti all'hotel Plaza, e il giro iniziale doveva essere di 20 minuti, ma poi, signore come siamo, abbiam chiesto se era possibile allungare il tragitto e, oplà, giro di cavallo e siamo state 45 minuti a godere del sole e del cielo blu nel parco.
Costo totale 130 dollari, più la tip. A proposito di tip: mai come in questo viaggio ho compreso bene la differenza tra gratuity e tip... Tornate più o meno al punto di partenza, facciamo un giro a piedi, toccando punti panoramici, il Central Zoo e Balto, che l'altra volta non avevo trovato. Mi piaceranno entrambi: amando molto gli animali, trovarsi davanti a Balto non può che emozionare. Così lo zoo, piccolino, soprattutto dopo aver già visitato quello del Bronx, ma questo ha un fascino tutto particolare, così intimo, nascosto, con piccoli vialetti in salita. Attrattiva principale sono gli animali “invernali”, come l'orso polare, bellissimo. Ero curiosa di vederlo da quando my sister lo aveva ripreso in un video mentre si cullava pancia in su nel suo fiume: era troppo divertente! Stavolta invece era bello pacioso e dormiente al sole, ma ci è andata bene comunque. Purtroppo neanche questa volta Ritonza è riuscita a vedere Central Park con la neve, sarà per la prossima. Quando usciamo dallo zoo e dal parco ci dirigiamo verso il Plaza Hotel dando un'occhiata alle bancarelle dei libri e cartoline. Naturalmente my sister compra anche qui: prenderà una borsa, e rimedierà in regalo una cartolina d'epoca. Troviamo il Plaza aperto al pubblico, cosa che non sapevamo, e approfittiamo per dare un'occhiata (bisogna sempre accertarsi prima di ciò che si vuole comprare eheheheheheh). Gli interni sono molto ricchi, le decorazioni natalizie scintillanti, i tappeti, tutto molto bello. Notiamo inoltre la sala da tè: next time ci avrà! Dal Plaza a Tiffany il passo è breve, basta attraversare la strada, ed eccoci ammirare le splendide vetrine, una più bella dell'altra! Poi sarà la volta di FAO, il negozio di giocattoli più famoso di NYC, sempre piacevole da girare: compreremo gadget relativi al musical del momento, Mary Poppins, cioccolata al burro d'arachidi, e faremo un bel giro tra Barbie da collezione e Barbie calciatrici (un biliardino di cui non ricordo il prezzo per gli zeri che aveva!). Uscite notiamo che è tardi, manca poco all'appuntamento per l'escursione a Brooklyn! Via di corsa, stavolta a piedi, dato il traffico. Non ricordo dove, ma alle 18.30 ci siamo ritrovati tutti insieme per la gita organizzata il 2° giorno con Elena. Destinazione Dykers Heights! Cioè le case più addobbate del mondo!
Ci hanno spiegato che c'è una sorta di rivalità tra vicini per creare l'addobbo più bello, o più pacchiano che dir si voglia! E inoltre c'è anche un premio, quindi il gioco vale la candela.
Purtroppo ci sarà talmente tanto traffico per immettersi sul Manhattan Bridge (i pullman non possono circolare sul Brooklyn Bridge), che il tempo a disposizione per vedere le case sarà davvero poco, circa mezz'ora. Quindi, scese per prime dal bus, scatta la maratona di Brooklyn con macchina fotografica! Faremo tutto il giro delle case più belle, alcune erano pazzesche! Mai vista una cosa del genere, davvero bella come esperienza: leggerla sulle guide è davvero riduttivo, bisogna andarci. Torniamo a Manhattan soddisfatte, stanche e zuppe d'acqua. Naturalmente non poteva mancare la mia ultima cenetta al baracchino del Waldorf: quanto mi mancheranno quegli hot-dog... Buonanotte NYC!

2 gennaio
Cafè Lalo e Upper West Side – Washington Square – SoHo – memorial 9/11 – South Street Seaport – Times Square

Il racconto di Rita
Anche oggi la giornata si preannuncia bella e densa di impegni significativi… il primo, la location di “C’è posta per te”, il cafè Lalo, che si trova nell’Upper West Side tra la Broadway e la Amsterdam Avenue, quasi davanti si trova il “museum of children”. Noi ci facciamo subito delle foto davanti, ma soprattutto rimaniamo in contemplazione dell’entrata ma anche della ringhiera e di tutti i particolari che si vedevano, come la scritta o le ciotole per dare da bere ai cani che passano. Siamo entrate e abbiamo preso posto in un tavolino giù in fondo, vicino a noi a sinistra una signora si è gustata un cappuccino per tutto il tempo in cui siamo state lì, scrivendo e ogni tanto alzava lo sguardo per sorriderci. L’ambiente all’interno mi è piaciuto moltissimo, era di stile europeo, con tanti quadri di prodotti italiani o francesi, poi tante decorazioni tipo lampadari di cristallo di Boemia in miniatura. Mia sorella poi è andata in bagno e ha fatto foto anche dei bagni, in stile più nordafricano e arabo… stupendo era poi il bancone con le torte, si vantano di servirne di 100 tipi diversi. Noi abbiamo fatto una bellissima colazione: cappuccini poi una bagel con salmone affumicato e cream cheese per me (veramente buonissimo!) e mia sorella uno scone con clotted cream e marmellata e insieme una frittatina con erbette… per finire mi sono presa una fetta di torta cheesecake con pecan sopra, buonissima. Siamo poi uscite dopo aver comprato qualche piccolo souvenir e facendoci altre foto di fuori, proprio dove passa Tom Hanks, tra l’altro vediamo che ci sono dei cartelli con i fotogrammi delle scene del film… ci allontaniamo a piedi, vogliamo un po’ goderci quella zona e scherziamo un po’ prendendo sui marciapiedi gli alberi che ormai i newyorkesi buttavano, dopo le feste natalizie. In seguito siamo arrivate col taxi su Washington Square che mi è piaciuta tantissimo, vista in questa versione invernale, con l’albero sotto l’arco e poi si vede in lontananza, incorniciato nell’arco, l’Empire e dall’altro lato della via, in fondo, là dove c’erano le “Torri gemelle” ora c’è la Freedom Tower in costruzione. Abbiamo preso al chioschetto delle bottiglie di acqua poi ci siamo attardate a guardare gli scoiattolini di cui uno nero, poi c’era anche un posto dedicato proprio ai cani che potevano in questa parte recintata correre liberi, senza guinzaglio, e giocare. Abbiamo poi preso Sullivan Street dove ci siamo fermati da Peanut Butter per acquistare dei toast che mia sorella si è fatta incartare e le hanno dato anche un pacchetto di patatine e delle carotine tagliate e pulite in una bustina a parte, io ho preso dei barattoli con white chocolate e peanut butter e uno di marshmellow fluff, cioè soffice, spalmabile, solo che ora che ce l’ho qui a casa preferisco solo il marshmellow piuttosto che il burro d’arachidi che piace tanto agli americani ma per me ha un retrogusto strano… poi abbiamo continuato per la via addentrandoci a SoHo, piccola sosta davanti alla vetrina di “Once upon a tart”, abbiamo sbirciato dentro, ma non avevamo fame, purtroppo… abbiamo continuato per un bel po’ a girare per SoHo, quartiere che mia sorella non voleva visitare poi le è interessato tantissimo. Andiamo per ordine sparso: abbiamo visto belle vie, tanti negozi di tendenza, tanti ristoranti in e tanti cafè, su West Broadway a un certo punto vedo la scritta “Braccialini”, sono dovuta entrare, ma la mia borsa preferita (quella con London) non l’avevano, meno male perché con un rapido calcolo ho visto che comunque non conveniva comprarla! Poi abbiamo proseguito per vedere il “Moma design store” all’interno, mentre lì di fronte c’è il ristorante Balthazar con ostriche per aperitivo, ma eravamo ancora piene, per cui niente! Altro bel giro per le vie principali, Prince Street, Mercer Street, Greene Street e poi la Broadway, dovunque andavamo ci fermavano a vedere per bene e fotografare i palazzi di ghisa più belli o quelli segnalati dalle guide, da quello della Singer al King e al Queen building, altre fermate presso alcuni negozi, tra cui All Saints of Spitafields che ha degli interni stupendi, da ex fabbrica con tutte macchine per cucire come allestimento, e poi abbiamo fatto piccole compere in un altro negozio di abbigliamento, Century 21, che va per la maggiore… ma gli acquisti più belli sono stati alla sede di SoHo di Dean & DeLuca, fantastica! Dentro c’è ogni prelibatezza da ogni parte del mondo, abbiamo trovato addirittura il pane pugliese, ci siamo comprate dei panini tedeschi, un misto di formaggi io e del sushi Dani poi abbiamo preso il taxi e siamo andati a mangiarceli in hotel, anche per riposarsi un po’. La seconda parte del pomeriggio era dedicata ad un appuntamento che non potevamo mancare, anche se ti mette addosso una malinconia che ti rovina alquanto l’atmosfera gioiosa che NY sa darti… ma credo fosse doveroso omaggiare chi è stato colpito dall’attentato dell’11 settembre e siamo andati così al Memorial 9/11, aperto da pochi mesi. Avevo prenotato il pass di entrata da internet e avevo dato anche una piccola somma come donazione, siamo arrivati a fare la fila nel giusto orario (perché hai solo una fascia oraria in cui puoi accedere), c’era gente ma la fila che abbiamo fatto noi era come una corsia preferenziale e ci abbiamo messo poco, entrando abbiamo dovuto fare ormai la trafila classica di tutti i controlli, leva i giubbotti, apri gli zaini sotto il metal detector e via, l’unica cosa che non mi piace è la scortesia degli addetti. Ricordo un gran freddo quel pomeriggio: andando verso il monumento c’era un silenzio irreale, tutti i turisti e i visitatori erano in silenzio, come in forma di rispetto… siamo andati verso la “pool” che era sul sito della torre sud, abbiamo costeggiato tutto il perimetro. Suggestivo vedere tutta quell’acqua che scorre e va verso una vasca più piccola interna e poi dopo non vedi dove finisce… sulla balaustra si susseguono i nomi delle vittime, non solo delle due torri, ma anche dei voli e di attentanti precedenti; questo anche nell’altra fontana che abbiam visitato, più a ridosso della Freedom Tower che è ancora in fase di costruzione… il museo invece come struttura è terminata ma i lavori all’interno sono ancora in via di realizzazione. Abbiamo fatto un po’ di foto e poi qualche preghiera e infine ci siamo avvicinati all’uscita passando per una sorta di shop e visitor center dove si trovano degli oggetti “memorabilia” di quei giorni, pezzi delle torri, per esempio un casco di un vigile del fuoco che lo ritiene miracoloso perché oltre a salvare lui salva anche un collega a cui lo aveva poi prestato. Poi c’erano dei filmati e delle foto, noi abbiamo preso una maglia e qualche cartolina con il vecchio skyline poi siamo andati via. Questa visita mi ha lasciato dentro malinconia e direi anche tristezza… non mi sembrava nemmeno giusto tornare alle mille cose piacevoli che la città ti offre… ma la vita è questa, te ne rendi conto sempre di più specialmente in una città come questa, per certi versi così frenetica. Camminando per le vie lì vicino ci siam addolciti un po’ entrando da Dunkin’ Donuts dove ci siamo presi delle ciambelle, a un solo dollaro l’una e poi una ce l’ha regalata; dopo siamo arrivati al pier 17, prima però abbiamo fatto un giro lì davanti, al South Street Seaport, dove i negozi erano già quasi tutti chiusi, ma l’albero di Natale era tutto pieno di luci e con delle musichette e al cambio della musica cambiavano i colori dell’albero. Poi abbiamo visto che il negozio degli Yankees era aperto e siamo entrate con l’idea di comprare un cappellino e invece siamo usciti con un giubbino per papà! Attraversando la strada siamo andate al pier 17 e abbiamo fatto un primo giretto per i negozi, compreso quello del Natale, che è aperto tutto l’anno e poi altri giri per comprare qualche piccolo souvenir come delle targhe… per finire ci siamo fermati ad un ristorante al primo piano, che avevo già visto in luglio ma non mi ero fermata: Pacific grill, naturalmente cena a base di pesce. Localino abbastanza carino, in tema marinaro, c’era anche un televisore acceso su “La ruota della fortuna”, sembrava di stare negli anni ’80: abbiamo preso io le ostriche e la lobster e Dani i gamberi grigliati e le patatine. Per finire e per sfruttare tutto il tempo possibile siamo tornati in Times Sq per un giro finale, foto, incantate ancora una volta a vedere le luci, i cartelloni, i negozi con acquisti vari, da t-shirt a cartoline e magneti… poi mentre stavamo per attraversare la Broadway, dopo aver cercato di nuovo il teatro dove avevamo visto Hugh senza trovarlo (volevo fare il bis e vederlo di nuovo da vicino) ti vediamo un sacco di gente intorno ad una macchina sportiva, pensavo la stessero osservando invece fotografavano un topo che usciva da sotto la macchina… dato che dice che ce n’è uno per ogni abitante, e quindi 8 milioni, era pure ora che ne vedessimo almeno uno! Di fretta ci siamo allontanate per andare dentro al negozio M&M’s per fare una piccola scorta super colorata! Poi a nanna, domani sarà l’ultimo giorno nella big apple!

Il racconto di Daniela
La mattina del 2 gennaio ci svegliamo con tanta voglia di Cafè Lalo, la nostra ultima location newyorkese, il locale dove hanno girato una scena di C'è posta per te, film con Tom Hanks e Meg Ryan. Sappiamo che è famosa per i dolci e che chiude abbastanza presto, così scegliamo di visitarla per colazione. Si trova nella bellissima Upper West Side, una zona in cui ero stata nel 2007 per visitare il National History Museum e che mi aveva colpito per la sua sobrietà ed eleganza. Prendiamo il taxi e scendiamo proprio davanti al cafè. Già da fuori le esclamazioni si sprecano, così come le foto! Ci piace subito, è carinissimo! E la cosa più bella, per me, è l'alberello di Natale esterno, con tanto di ciotola d'acqua per i cani: fortunelli i cani newyorkesi!Ci fanno accomodare in sala, un ambiente informale, ma molto particolare, eclettico, pieno di tanti oggettini e decorazioni, dai candelabri rococò ai quadri post-moderni, dalle pubblicità francesi alle scatolette porta caramelle in latta. Insomma, ci piacerà molto. Per colazione ordineremo english e american breakfast, entrambe ottime, così come il cappuccino. Non andremmo mai via da lì: quando si è nei locali newyorkesi viene voglia di tirare fuori il proprio pc, estraniarsi dal mondo reale, e iniziare a scrivere di ogni cosa ci gira intorno. Invidio chi ha il tempo e modo per farlo. Però mi piace anche fare la turista, quindi via, lasciamo il Cafè Lalo, certe di tornarci un giorno, magari con mamma, e ci dirigiamo verso Washington Square, punto di partenza di Harry e Sally, ma anche nostra, per una lunga e interessante passeggiata. Washington Square è sempre bellissima in veste natalizia, con l'albero, ma stavolta col sole è stata tutta un'altra cosa! Nel 2007 io e Luca arrivammo lì percorrendo tutta la 5a, stavolta invece la piazza per noi sarà il punto di partenza di un bell'itinerario a piedi, tra negozietti, shopping e palazzi in ghisa. Prima di “partire” però ci fermiamo un po' ad osservare un bel parchetto, accanto ad un'area dedicata esclusivamente ai cani, e ai loro padroni. La prima tappa procedendo verso SoHO (acronimo di South of Houston Street) sarà il negozio di Peanut Butter, un piccolo paradiso per gli amanti del burro d'arachidi. C'è una zona bar e una con i tavolini, dove abbiamo visto un bel po’ di gente sgranocchiare qualcosa. Io mi farò tentare dalla novità del momento, il fluffernutter, che mangerò poi la sera in hotel. Solo il pacchettino che mi danno sarà uno spettacolo, con il sandwich impacchettato amorevolmente nella carta d'alluminio, un sacchetto con delle carotine lavate e pulite, e un pacchetto di patatine. Un packet lunch di tutto rispetto! Un vero peccato mangiarlo... Oltrepassiamo pasticcerie ammiccanti, localini e negozietti: il nostro obiettivo saranno i palazzi in ghisa, e non ci facciamo tentare da nulla... tranne che dal bellissimo Dean&DeLuca, enorme, pieno di cose buonissime da mangiare, il mio F&M di NYC! Afferriamo subito un cestino, che riempiremo di pane bavarese, sushi, dolci, bevande, formaggi ecc. Un reparto gastronomico di tutto rispetto, immesso in un vecchio palazzo di SoHo, con colonne bianche e grandi finestre, tipiche dei loft. Una tappa obbligata, mi raccomando.
Faremo poi altre soste al negozio del MoMa, con oggetti di design molto carini; daremo un'occhiata al celebre Balthazar, locale famoso per gli aperitivi a base di ostriche, che purtroppo dovremo rinviare alla prossima volta. Vedremo baracchini che vendono esclusivamente cupcake, e tanti, tantissimi palazzi in ghisa, veramente belli e suggestivi, soprattutto se baciati dal sole. Riusciamo a scovare anche la location di Ghost, con tanto di momento di silenzio ai suoi piedi. Tornate in hotel per mollare la spesa e fare un rapido pranzo col sushi “di Luca”, usciamo di nuovo e col taxi andiamo velocemente verso il sito delle Torri Gemelle, visita prenotata precedentemente dall'Italia. Per entrare (attualmente) bisogna richiedere una sorta di invito, e viene richiesta un'offerta (non obbligatoria). L'area è molto grande, e vederla con la luce del crepuscolo è ancora più suggestivo. Le enormi vasche che hanno preso il posto delle Torri sono assolutamente da vedere. Ognuno si farà la propria interpretazione di ciò che vede. Accanto alle vasche c'è un piccolo negozio con libri, maglie, gadget, cartoline e alcuni oggetti rinvenuti dopo il crollo. Commovente è il casco di un pompiere, sporco di ceneri, e protetto da una teca in vetro. Chiusa la triste parentesi, ci dirigiamo all'altro must che ci piace tanto: il Pier 17. Purtroppo è quasi orario di chiusura dei negozi, parecchi ne troveremo chiusi, ma passeremo comunque alcune ore piacevoli, tra atmosfere natalizie e lobster. Sì perchè c'è ancora il bellissimo albero canterino acceso, e troveremo inoltre un ottimo ristorante dove ceneremo molto bene con lobster per Rita e gamberoni al curry per me! Con vista sul ponte di Brooklyn. Dopo cena il freddo diventa pungente. Facciamo un rapido giro per scattare qualche foto, poi ci dirigiamo verso Times Square, per vederla illuminata un'ultima volta. Entriamo nell'M&M'S store, dove veniamo rapite dai colori sgargianti e sconosciuti a noi italiani.

Un'altra passeggiata, poi torniamo in hotel, dove ci aspetta la valigia da preparare, anche se noi avremmo preferito una bella bagnarola con acqua calda e sali per i nostri piedoni lessati.
Buonanotte NYC!

3 gennaio
Brooklyn – passeggiata sul Brooklyn bridge – City Hall Park – Union Sq – Flatiron district – partenza
Ultimo giorno a NY, per questa vacanza straordinaria… abbiamo l’intera mattinata a disposizione per altri giri in quanto la navetta per l’aeroporto verrà a prenderci nel primo pomeriggio. Decidiamo di prender un taxi per andare a Brooklyn, il tassista ci avverte che il conto sarà salato perché noi lì siamo a Midtown e dobbiamo andare proprio come in un’altra città, ci dice… e sborsiamo 35 dollari, ma vabbè! Arrivati a Brooklyn sarà per il freddo o non so per cosa troviamo il deserto, tutti i locali presenti lungo la riva sono chiusi, nemmeno uno starbucks o simili per riscaldarsi con un cappuccino, uno dei loro, a cui ormai sono affezionata! Andiamo a visitare il River cafè ma la cucina apre a mezzogiorno per cui ritorniamo sui nostri passi per fare delle foto al magnifico panorama visto da lì, ci spingiamo un po’ sulla Brooklyn promenade ma il vento e il freddo ci costringono a sbrigarci, dopo aver visto in lontananza anche Miss Liberty e notato che sta passando in quel momento lì vicino una nave da crociera. A piedi andiamo a cercare dove inizia il passaggio pedonale per il ponte… quando lo troviamo vediamo sulla destra il Manhattan bridge e il quartiere emergente Dumbo, poi iniziamo la bella passeggiata, il cielo è terso e il freddo pungente, però mi godo lo stesso la camminata e ammiro estasiata una volta di più Lower Manhattan, le isole che si vedono in lontananza e Midtown, poi mi giro per guardare Brooklyn. L’ultimo pezzo lo facciamo di corsa perché Dani ha un’emergenza fisiologica e purtroppo dobbiamo oltrepassare il City Hall park per trovare finalmente uno Starbucks dove imbucarsi per usare il bagno. La fila è kilometrica ma alla fine ce la facciamo! Prendiamo poi un taxi per la nostra seconda tappa già decisa in precedenza: Union Square, con tutti i suoi ristorantini e negozi in zona… arriviamo poi sulla Broadway dove fa bella mostra di sé una statua di Andy Warhol, tutta argentata: ci fermiamo subito in un negozio per animali (Pet and Co.) per comprare una calza della befana per i nostri gattini con tutti giochini e un bastoncino tipo quelli di zucchero candito per la nostra Isotta, formato gigante. Percorriamo poi la Broadway alla ricerca di due negozi in particolare, ABC home and carpet, tutto dedicato alla casa e agli interni, molto noto e particolare e soprattutto cerchiamo Trixie and Peanut, con tutti oggettini, giochi e cappottini griffati per cani. Mia sorella acquista un cappottino per il cane di un suo caro amico, ce ne sono di tantissimi tipi, dai più chic ai più stravaganti, addirittura dei costumi per il carnevale… io compro due giochini per la nostra golden: un pacchetto di Sniffany (stile Tiffany) e una scarpa maculata di Manalo Barknik (il mitico Manolo). Siamo arrivati così vicino al Flatiron, che volevo vedere da vicino, bellissimo! Sul davanti c’era una specie di vetrina con una signora che credo dipingesse su bicchieri di carta… siamo andati poi fino al Madison Square park e infine, dopo foto al Flatiron da una parte e Empire dall’altra siamo andati da Shake Shack, un chiosco che sapevano avere “il miglior hamburger di tutta NY” e devo dire che erano veramente buonissimi, per prenderli prima li ordini poi fai una seconda fila e attendi che te li diano con un congegno che inizia a illuminarsi tutto quando è ora. Ci hanno dato il nostro pacchetto e abbiamo mangiato ai tavolini all’aperto sfidando il freddo veramente pungente in questa ultima giornata (forse la più fredda da quando siamo qua). Purtroppo è ora di tornare in hotel, il tempo per una bibita da Starbucks, poi si torna a prendere i bagagli che la mattina avevamo depositato nell’aerea che dà sulla Lexington (tra l’altro la mattina abbiamo sbagliato e con l’ascensore siamo andati in un’area riservata, quella del piano della ballroom, wow!), con le valigie abbiamo fatto un’uscita laterale, dando un ultimo sguardo romantico e malinconico nostalgico allo stesso tempo alle foto appese per i corridoi (in particolare alla coppia Ranieri di Monaco – Grace Kelly), poi siamo andati su Park Avenue ad attendere il pulmino della mela verde. Sul pulmino eravamo solo noi due e altri due turisti, con i quali abbiamo iniziato a scambiarci esperienze e opinioni… intanto dalla strada vedevamo scorrere il panorama e lo skyline di una città che ci è entrata nel cuore, siamo entrati nel New Jersey dopo aver percorso il tunnel questa volta a tempo record e in poco tempo siamo arrivati a Newark, qui la solita trafila, alleggerita però a tratti dalla compagnia di questa coppia incontrata sul pulmino… lei ha voluto che io aprissi il mio bagaglio a mano per vedere le Manolo che le avevo detto mi ero comprata e mi ha detto “potrei ucciderti per l’invidia!” e poi voleva regalare un paio di calzettoni nuovi a mia sorella perché era in pena vedendola con le Crocs, pensava avesse freddo! Volo di ritorno tutto sommato buono, avevamo anche lo schermo individuale per guardare film o giocare o ascoltare musica ed io ho fatto tutto questo… come film, siccome ero in piena crisi da rientro e già mi mancava NY mi sono messa “Harry ti presento Sally”, mentre un ragazzo che si è messo vicino a noi (di Roma e conosce uno che sta a Nepi, piccolo il mondo, se considerate che era un volo Lufthansa!) vedeva Hitch, anch’esso ambientato a NY. Poi il rientro passando per Francoforte, facendo scalo e correndo a prendere il volo per Roma… la cosa più bella del rientro è stata vedere la felicità di mamma e papà nel vederci: il solo motivo per cui vale la pena tornare in Italia!

Il racconto di Daniela
Dopo aver preparato i bagagli molliamo tutto giù al deposito e usciamo in fretta, così da poter sfruttare le nostre ultime ore a NYC!
Naturalmente taxiiiiii! Ci facciamo portare fino a Brooklyn, proprio accanto al River Cafè, famoso, citato su tante guide e siti web. Nella nostra ignoranza pensavamo fosse un cafè, dal nome… E invece è un ristorante, serve solamente pranzo e cena ed apre alle 12.00. Siamo entrate un attimo per vedere l'interno: bellissimo, merita. Lo segnamo per la prossima volta!
Siamo rimaste lì in zona per un po’ nonostante il freddo gelido! Ma non era possibile lasciare Brooklyn senza scattare qualche foto dal punto migliore per farle! Da lì infatti Lower Manhattan risplende e sembra così vicina! L'ideale sarebbe stato fare una passeggiata lungo la Promenade, via che costeggia la spiaggia, ma stavamo gelando, non potevamo proprio rimanere di più.
Così decidiamo di percorrere subito il ponte per tornare a Manhattan e fare colazione da qualche parte. Riusciamo a goderci solamente a metà la vista impareggiabile sullo skyline newyorkese: purtroppo mi assale un bisogno irrefrenabile, forse a causa del freddo pungente, ma percorrerò il ponte quasi di corsa, risultando spesso anche comica! Peccato non poter ridere... Giunte a Manhattan ci fiondiamo in uno Starbucks per risolvere il -mio- problema e per scaldarci un po', poi riprendiamo a camminare, attraversando il City Hall Park, carino, piccolo, ha la caratteristica di conservare ancora i lampioncini a gas. Da lì prendiamo un taxi per Union Square, dove giriamo un po’ fino ad immetterci sulla Broadway in direzione Flatiron.
Ci fermiamo diverse volte, ci sono un sacco di negozi interessanti dove fare l'ultimo shopping (anche questa sarà una zona che rivedremo con calma): Carpet&Home, bellissimo negozio per la casa, Trixie and Peanut, dove compreremo i giochini per Isotta e un cappottino per il mio nipotino Zero, il cagnolino di un caro amico, ecc. ecc. Questi negozi mi fanno impazzire, comprerei di tutto! Tra un negozio e l'altro ci appaiono in tutto il loro splendore il Flatiron Building prima e l'Empire poi. Bellissimi visti col sole che riflette sulle loro finestre! Purtroppo il tempo stringe, entriamo nel Madison Square Park, da cui si ha la vista più bella sul Flatiron, e dove troviamo lo Shake Shak, il posto migliore a NY in cui mangiare "un hamburger da gourmet", come citano le guide! E noi possiamo solamente confermare. Panini semplici, morbidi, preparati al momento, con carne ottima. Si sciolgono in bocca. Ci sono diverse sedi a Manhattan, ma noi pranzeremo "Where it all began", come dice la mappa delle location nel sito web. Funziona così: si fa la fila, si ordina ciò che si vuole mangiare, chiedono se si mangia al tavolo o take away. Poi ci danno una specie di cordless, ci spostiamo dietro l'angolo, dove si ritira non il vassoio, ma un sacchetto di carta con il cibo dentro. Quando il nostro è pronto, il cordless vibra e si accende una luce rossa. A quel punto si va dal ragazzo, si consegna il cordless e si mangia! Come sono organizzati!
Nonostante quel freddo decidiamo di fermarci a mangiare lì: ci sono dei tavolini con delle stufette, e non siamo le sole a rimanere! L'atmosfera è proprio carina! Peccato che dobbiamo andare... Torniamo in hotel, prendiamo i bagagli, salutiamo quei corridoi, gli ascensori, i tappeti, le poltrone che ci han visto passare ogni mattina per sette giorni (chissà quante Crocs fucsia vedranno camminare ogni giorno eheheheheheh), prendiamo una cioccolata calda nello Starbucks del Waldorf, e mogie mogie saliamo sul pulmino che ci porterà in aeroporto. Per fortuna con noi c'è una coppia che ci farà dimenticare per un po' la nostra malinconia/nostalgia.

Conclusioni

RITA
Splendido modo di festeggiare capodanno, non tanto per stare in piazza la sera del 31 ma per tutto quello che ci ha fatto da corollario, in primis l’hotel, da “vivere” almeno una volta nella vita… per concludere… quando riparti da NY la città sembra venire con te, nei tuoi ricordi, nella tua mente, nelle foto, a migliaia che hai fatto, nei film che la tv continua a riproporti, nei film che tu con smania corri a comprare in dvd perché non vuoi aspettarne il passaggio casuale su Sky, perché la città con i suoi quartieri, il suo caos, la sua bellezza che forse gli altri non riescono a capire, ti rimane dentro, ti lascia una nostalgia per esser venuto via… e dopo un mese appena, sotto la neve che c’è stranamente nel tuo paese, ripensi a quella città che si è per forza di cose allontanata da te, perché fisicamente lo è… pensi che vorresti aver avuto questa neve a Central Park, ma pensi pure che la città non ti lascerà, che la rivedi nelle foto che hai postato e condiviso su feis, nella bottiglietta di plastica con la scritta “Magnolia bakery”, nelle cartoline in bianco e nero sul ponte di Brooklyn che ti sei comprata, nella borsa a righe della libreria Strand… nei giochini che hai portato a scuola ai bimbi. La vedi nelle repliche con Carrie e le altre e pensi: “Sì, è lontana, ci vogliono 8 h, ci vogliono tanti soldi, ma prima o poi…”!

DANIELA
Questo viaggio a NYC ci ha regalato tanto, mi ha fatto innamorare per la prima volta, ha tanti angoli ancora da scoprire, e ci rivedrà presto.

Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento, contattaci per ottenere il tuo account

© 2024 Ci Sono Stato. All RIGHTS RESERVED. | Privacy Policy | Cookie Policy