La Valle Argentina, tra... alpini e streghe!

Nell’estremo ponente ligure, tra escursioni e misteri

Tra le valli che tagliano la Liguria dalle montagne al mare, la valle Argentina detiene il primato del massimo dislivello e della più alta quota sul livello del mare. Si va infatti dalla quota zero del terminale della valle ad Arma di Taggia fino ai 2200 metri del Monte Saccarello, massima elevazione della Liguria, che si erge giusto sul confine italo-francese.
Questa peculiarità fa sì che su una lunghezza della valle - tutto sommato limitata - di meno di 30 chilometri, si sviluppi una grande varietà di ambienti, da quello marittimo a quello prettamente alpino.
Le località che si incontrano risalendo la Valle Argentina sono in successione Taggia, Badalucco, Montalto, Andagna, Molini di Triora, Corte, Triora, Creppo, Realdo e Verdeggia, ultimo paese a quota 1092. Tutte sono meritevoli di visita per i centri storici molto suggestivi, a partire da quello di Taggia, al quale conto di dedicare un successivo reportage "mirato".
In questo articolo mi soffermerò su due di queste località, Molini di Triora e Triora che, grazie anche ai misteri legati alle vicende di stregoneria, sono diventate mete turistiche molto frequentate. Il suggerimento è quello di un fine settimana che abbini la visita dei centri storici all'escursionismo, grazie alla vicinanza di quel magnifico itinerario che è il Sentiero degli Alpini.MOLINI DI TRIORA
È un pittoresco gruppo di casette coi tetti in scaglie di ardesia, culminante nel Santuario della Madonna della Montà (della Montata, in italiano), con affreschi del XV secolo. Il borgo, ubicato presso lo sbocco nella Valle Argentina delle due vallette laterali di Corte e di Capriolo (quindi alla confluenza di tre corsi d'acqua) prende il nome dai ventitrè mulini, con ruote a pala, azionati dalla corrente dell'acqua, che un tempo esistevano in questa zona. Di questi, ne sono rimasti visibili solo due, ai quali non è consentito l'accesso.

TRIORA
L'abitato conserva quasi intatto e ben leggibile il proprio impianto medioevale.
Il borgo annovera alcune belle chiese, tra cui la Collegiata dell’Assunta (XVI sec.) che conserva un dipinto del senese Tommaso di Bartolo (1379) raffigurante il Battesimo di Gesù, l’Oratorio di San Giovanni Battista (XVII sec.) con una statua del Maragliano e un dipinto di Luca Cambiaso, e la chiesa della Madonna del Buon Viaggio (XVIII sec.). Particolarmente pittoresca è la quattrocentesca chiesetta di San Bernardino, che dall'abitato si scorge verso il basso circondata dalla campagna coltivata a fasce: un quadro tipicamente ligure.
Triora appartenne di volta in volta, nel corso della sua storia, al Piemonte, ai conti di Ventimiglia e alla Repubblica di Genova; anticamente era racchiusa in una cinta muraria, in cui si aprivano sette porte, ed era munita di tre castelli.
A seguito di un bombardamento a tappeto subito dai tedeschi il 5 luglio 1944, il borgo fu pesantemente danneggiato e a tutt'oggi diverse zone sono fortemente degradate, nonostante la costante opera di restauro: la complessità di un tessuto urbano fatto di saliscendi, angusti passaggi, ripide scalinate, vicoletti, sottopassi, è da una parte di forte suggestione ma dall'altra ne ostacola il recupero in tempi brevi.
Triora è diventata celebre come “il paese delle streghe”, per i famosi processi di stregoneria compiuti fra il 1587 e il 1589. Alcune donne locali furono accusate di essere le artefici delle pestilenze, dei danni causati dal maltempo, dei magri raccolti, delle epidemie di bestiame, della morte di bambini. Bastava il pretesto più banale: il raccogliere erbe, un atteggiamento ritenuto sospetto, una delazione o una semplice maldicenza erano sufficienti per attribuire una colpa, dando il via a processi sommari con largo uso di torture e l'immancabile epilogo del rogo delle malcapitate.
Per approfondimenti, è istruttivo e curioso il Museo Regionale Etnografico e della Stregoneria.
Il ricordo di quel periodo oscuro ha, con il passare degli anni e l'avvento del turismo, dato luogo a un piccolo business, con prodotti locali, souvenir, insegne riferiti al tema delle streghe.

IL SENTIERO DEGLI ALPINI
I monti Pietravecchia (m.2038) e Toraggio (m.1971) si trovano a cavallo tra le Valli Nervia e Roia, sullo spartiacque fra Liguria e Francia. Nonostante la relativa vicinanza al mare (una ventina di chilometri in linea d'aria) sono montagne imponenti, severe e dirupate. Dal punto di vista geologico, sono composte da calcari nummulitici, così definiti per la ricca presenza di fossili, appunto i nummuliti, organismi unicellulari dei fondi marini così chiamati per la forma discoidale del guscio (dal latino nummus, moneta).
Sui fianchi di queste due montagne si svolge il Sentiero degli Alpini, uno spettacolare itinerario che può essere considerato un classico dell'escursionismo.
Mentre i versanti francesi sono tagliati da una mulattiera agibile fin dall'Ottocento, quelli italiani furono dotati, nel periodo fra le due guerre mondiali, di un tracciato analogo. Lo scopo era di offrire un'alternativa a sud al vecchio percorso, esposto a nord e perciò lungamente inagibile per la neve. L'impresa si rivelò estremamente impegnativa a causa delle pareti spesso verticali solcate da precipizi e dirupi che imposero di ricavare i passaggi scavando la roccia. Una volta portato a termine, il Sentiero degli Alpini doveva competere, nelle intenzioni, con le grande vie alpine delle Dolomiti, ma ne seguì il quasi abbandono durato una quarantina d'anni, fino al termine degli anni Ottanta.
Grazie all'applicazione delle sezioni CAI e delle istituzioni, attualmente il Sentiero degli Alpini è agibile nella sua interezza: l'itinerario ad anello, che richiede fra le 5 e le 6 ore di cammino, è percorribile da ogni escursionista mediamente allenato e che abbia un minimo di confidenza con tratti un po' accidentati e/o esposti, messi però in sicurezza - ove necessario - con cavi d'acciaio. Quale ulteriore precauzione, non indispensabile ma utile in caso di tempo incerto o di tratti bagnati o innevati, può essere d'aiuto un cordino con moschettone per l'autoassicurazione agli infissi di sicurezza.
Dalla Colla Melosa, raggiunta come sopra descritto, parte un'evidente strada nel bosco in terra battuta in direzione del Monte Grai, poco sotto la cui cima si distingue l'inconfondibile fabbricato dell'omonimo rifugio, ricavato da una caserma dismessa. La si percorre per circa 600 metri fino a imboccare a sinistra un sentierino, contrassegnato da un triangolo rosso, che scende ad attraversare l'alveo, spesso asciutto, di un torrentello.
Poco più avanti, ha inizio il Sentiero degli Alpini propriamente detto, di cui colpiscono subito le peculiarità: tratti scavati nella roccia, altri ricavati con arditi riempimenti di pietre, una breve galleria, fra vedute sempre più ampie in ogni direzione e (nella stagione primaverile ed estiva) rigogliose fioriture, in particolare di ginestre, che si fanno largo nonostante l'asprezza del terreno. Sopra il sentiero, impressionano le compatte pareti calcaree del Monte Pietravecchia.
Dopo una serie di saliscendi, si perde quota con una serie di ampi tornanti che tagliano un pendio erboso, finché, aggirata sulla destra una spalla rocciosa, si apre d'improvviso alla vista un tratto particolarmente impervio: si tratta della Gola dell'Incisa, un intaglio quotato 1685 metri che divide le cime del Toraggio e del Pietravecchia. Lo si raggiunge con un lungo tratto a zig-zag, al termine del quale la fatica è ripagata con bei panorami su entrambi i versanti: ci troviamo esattamente a cavallo fra Italia e Francia, come indicato da un vecchio cippo di confine.
A questo punto, abbiamo percorso circa due ore dalla Colla Melosa e qui è possibile, in caso di stanchezza o maltempo, intraprendere la via del ritorno che si sviluppa sul versante opposto (francese). L'escursione "classica" prosegue invece in direzione sud superando, anche con l'ausilio in certi punti del cavo d'acciaio, diverse vallette che tagliano il fianco orientale del Toraggio. Superato un ultimo spallone roccioso piuttosto dirupato, il paesaggio muta repentinamente, con la roccia che lascia il posto ai riposanti prati del versante sud che si percorrono in moderata discesa fino a raggiungere un altro punto significativo: il Passo di Fonte Dragurina (m.1810), così chiamato per una sorgente nei pressi, quasi sempre asciutta. Da qui, chi lo voglia può salire alla cima del Toraggio: non ci sono reali difficoltà, serve solo un minimo di intuito nell'individuare i passaggi - peraltro evidenti - tra le rocce gradinate che in circa mezz'ora portano in vetta.
Ridiscesi al Passo, si seguono i segnavia biancorossi dell'Alta Via dei Monti Liguri che passa ora sul versante francese fino a tornare alla già nota Gola dell'Incisa. Si sale con pendenza costante e poco pronunciata fino ai prati del Passo della Valletta (m.1909), un valico non particolarmente marcato. Ancora un tratto nel sottobosco di larici, finché il sentiero sbuca, intorno a quota 1800, sulla carrareccia che dal Monte Grai scende alla già visibile Colla Melosa: non resta che raggiungerla con il tratto più monotono del percorso, ma rimane la soddisfazione di avere compiuto un'escursione magnifica dal sapore alpino nonostante la vicinanza del mare.La base più strategica per effettuare il Sentiero degli Alpini è il Rifugio Franco Allavena alla Colla Melosa, che offre servizio di mezza pensione con pernottamento in camerate da 6 o più posti.
Per chi preferisca una sistemazione un po' più confortevole, Triora offre parecchie possibilità (vedi Links), mettendo naturalmente in conto il trasferimento di 16 km. alla Colla Melosa.Si esce dall'autostrada Genova-Ventimiglia al casello di Arma di Taggia, da dove si imbocca la SS 548 che risale la Valle Argentina. Dopo 25 km. si raggiunge Molini di Triora (m.460) e altri 5 portano a Triora (m.776).
Per intraprendere il Sentiero degli Alpini, occorre, da Molini di Triora, imboccare la deviazione che in 16 km. porta - toccando la Colla Langan (m.1127) - alla Colla Melosa (m.1540), punto di partenza dell'escursione.

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