La “fòcara” di Novoli

Nella cittadina pugliese si festeggia Sant’Antono con un colossale falò, in una coinvolgente mistura di riti religiosi e pagani

Novoli sorge a 11 Km. da Lecce, è nota soprattutto per la produzione di vini pregiati, ma la sua economia è basata principalmente sul commercio del tessile. Il commerciante novolese, per dinamismo, capacità, e simpatia, ha imposto la sua presenza in tutta l'Italia Meridionale. Presenti sul territorio sono, anche alcune industrie per la trasformazione dei vini e per la lavorazione del legno.
Le origini del paese, un tempo denominato S.Maria de Novis, sono incerte. Sono state avanzate, da parte degli studiosi locali, diverse ipotesi sulla sua nascita ma il primo attendibile documento che attesta l’esistenza del Casale di S. Maria de Novis risale solo al 1272.
Protettore e patrono del paese (assieme alla Madonna del Pane, che viene festeggiata la terza domenica di luglio) è dal 28 gennaio 1664 Sant'Antonio Abate, che si festeggia il 16,17 e 18 gennaio. Le celebrazioni civili e religiose in onore del Santo, organizzate da un apposito e numeroso comitato, sono particolarmente coinvolgenti e suggestive e culminano nell'accensione della “Fòcara" la sera della Vigilia, un enorme falò alto fino a 20 metri, fatto di fascine di tralci di vite (sarmente) recuperati dalla rimonda di vigneti di cui Novoli è circondata.
La fòcara, secondo la tradizione, si comincia a fabbricare il primo giorno della Novena e deve essere necessariamente finita a mezzogiorno della vigilia. Non si sa con certezza quando ha avuto inizio questa tradizione che è indubbiamente molto antica, anche se la prima fonte scritta risale al 1893 (in quell’anno “La Gazzetta delle Puglie” ricorda che il falò, a causa della pioggia non si accese). Lo studioso di tradizioni popolari F.D’Elia, in un saggio del 1912, parla infatti della sua costruzione come “di un rito antichissimo”.

La fòcara è il simbolo di Novoli, un monumento unico nella sua maestosità e grandezza. E' un'enorme falò di tralci di vite secchi che vengono sapientemente lavorati e messi insieme con tecniche antichissime, che si tramandano di padre in figlio. Il risultato è una pira di 18/20 metri di diametro e 20/22 metri di altezza, che non ha pari almeno in Italia e nel bacino del Mediterraneo.
Questa grande "costruzione agricola" viene accesa la sera del 16 gennaio con uno spettacolo di fuochi pirotecnici, e rappresenta il punto di riferimento per gli eventi e le manifestazioni, che durano fino a notte inoltrata. L'accensione della fòcara è il momento culminante della festa e la piazza che la ospita, piazza Tito Schipa, conta la presenza di almeno 50.000 persone. L'appuntamento è per il 16 gennaio, giorno della vigilia della festa, alle ore 20.

L'origine della fòcara è materia controversa tra gli studiosi. Pare si faccia risalire intorno al secolo XV, quando ci fu una presenza veneziana a Novoli che esercitava il commercio sulla produzione locale di vino, olio e bambagia, e gestiva di un centro di allevamento di cavalli (La Cavallerizza).
La prima fòcara di cui si abbia testimonianza, secondo alcune fonti, è attestata nel 1905, quando "una nevicata abbondante imbiancò il falò alla vigilia della festa".
Di anno in anno i costruttori della fòcara si impegnano a variarne la forma, dotandola a volte di un varco centrale, "la galleria", che poi è attraversata dal Santo in processione.

La costruzione della fòcara inizia all'alba del 7 gennaio, anche se il "comitato" provvede all'organizzazione, alla raccolta e al trasporto dei fasci di vite già dall'inizio del mese di dicembre, per essere conclusa a mezzogiorno della Vigilia, momento, questo, salutato da una roboante salva e da rintocchi di campane. Il falò è formato da fascine di tralci di vite (sarmente) recuperati dalla rimonta dei vigneti, le quali vengono accatastate con perfetta maestria e con tecniche tramandate gelosamente di generazione in generazione. In media per costruire un falò da venti metri circa di diametro per altrettanti di altezza occorrono dalle 80.000 alle 90.000 fascine (ogni fascio è composto da circa duecento tralci di vite, i quali sono legati tradizionalmente con del filo di ferro).
La raccolta delle leune, termine con cui si indicano i fasci donati per la costruzione del falò, inizia, come accennato, il 17 dicembre con il trasporto di queste sul piazzale dove deve essere costruita la fòcara. Fino agli anni '50 questo rito si consumava davanti al Santuario, poi è stato spostato in p.zza G. Brunetti, per essere nuovamente trasferito, per motivi di sicurezza e forse definitivamente, in p.zza Tito Schipa. Anticamente l'enorme catasta di legna secca aveva quasi sempre la forma conica ed era costruita con particolari tecniche che solo i maestri (pignunai) potevano conoscere, le quali venivano usate anche quando si conservava il raccolto nei covoni.
Altra antica usanza era quella di issare sulla cima del falò un ramo di arancio con diversi frutti pendenti (la marangia te papa Peppu), il quale era colto dal giardino di un prete del luogo.
Con il passare del tempo sono cambiate molte abitudini, sono cambiati molti costruttori e soprattutto sono cambiate le forme della fòcara, la quale non si presenta più sotto forma di cono, ma assume sempre forme diverse e molto impegnative. Negli ultimi anni, infatti, sono state costruite fòcare piramidali, a torta (diversi strati circolari sovrapposti), con la galleria (un tunnel nel centro del falò, in cui il giorno della processione passa anche la statua di Sant'Antonio Abate), con oblò e pinnacoli.
Per la costruzione di una fòcara occorrono circa 100 persone abbastanza abili per restare ore in piedi sui pioli delle lunghe scale e passarsi l'uno sull'altro al di sopra della testa i fasci, che poi giunti in cima vengono sistemati perfettamente dal costruttore. Proprio sulla cima, la mattina della Vigilia, viene issata un'artistica bandiera, sulla quale è un'immagine del santo, che successivamente brucia insieme al falò.
L'onore dell'accensione del falò spetta al presidente del comitato o al Sindaco, anche se negli ultimi tempi molti sono gli ospiti "illustri" che presenziano la magica sera del 16 gennaio. Una volta accesa, la fòcara arde per tutta la notte tra le migliaia di persone che, tra musica popolare e fumi di arrosti delle bancarelle presenti in piazza, assistono allo splendido spettacolo delle fasciddre, le caratteristiche faville che librano nell'aria creando una "pioggia di fuoco".
Il 17 gennaio, inoltre, tra i novolesi ricorre l'usanza di non 'ncammarare. Si pranza a base di pesce e bisogna astenersi obbligatoriamente dal mangiare carni e latticini. I piatti tipici del giorno sono gnocchi in zuppa di baccalà o di pesce, scapece (pesce condito con zafferano, pangrattato e aceto), frutti di mare, pittule, purciddhruzzi e cartiddhrate, dolci delle festività natalizie, tutto accompagnato dal moscato o dal rosolio locale.

La fòcara rimanda al fuoco, al quale Sant’Antonio Abate è inscindibilmente legato, secondo riti e tradizioni ancestrali. In essa convergono antichissimi comportamenti rituali popolari e sicuramente è un rimando di arcaici riti propiziatori pagani. Era consuetudine prendere i tizzoni della fòcara, che alimentavano le "bracera" (braciere), e ancora oggi si raccolgono le ceneri che vengono sparse per i campi.

Come arrivare
Autostrada A14 (Bologna-Bari), uscita dal casello Bari Nord, proseguire per la Superstrada Bari- Lecce. Arrivati a Lecce, Novoli dista circa 11 Km.

Per informazioni sul programma dettagliato:
PRO LOCO NOVOLI - Ufficio I.A.T
Via Roma 14/a 73051 NOVOLI (LE), Tel. 328.1694538, info@proloconovoli.it

Per le notizie e per la foto si ringrazia:
http://www.proloconovoli.it/
http://www.focara.it/

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