11 agosto 2010
Anche oggi la sveglia suona presto, per andare al lago di Van dobbiamo raggiungere Diyarbakir e cambiare. Sarà un viaggio lunghino. Da qui non c'erano bus notturni, fa niente vedremo un pò di panorami strada facendo.
Prendiamo il dolmus, il piccolo pullmino, che dal paese vecchio ci porta alla città nuova. Ci fermiamo nell'agenzia per fare i biglietti. Ci fanno posare i bagagli e sedere con calma, qui non hanno fretta. L'autista è lì e a suo tempo partiremo. L'accoglienza curda è qualcosa su cui possiamo sempre contare e anche questa volta abbiamo l'ennesima prova. Non abbiamo avuto il tempo di fare colazione, ma l'autista nel minuscolo retro dell'agenzia ha tirato fuori su un tavolino una specie di pane dolce, uva e cay, che non manca di offrirci. Ci fa sedere davanti, in prima fila, nel suo dolmus nuovo e decorato con pizzi che scendono dal tettuccio.
L'autista, a parte gentile come tutti, è anche un pò marpione, come molti e mentre lascia la mano sul cambio mi tocca la gamba. Guida molto piano anche se la strada è deserta. Si ferma per far salire o scendere persone in posti apparentemete nel nulla. Ci si ferma anche in una piccola area per bere e andare ai servizi. Ne approfitto per cambiar posto e lasciare Alessio a fianco a lui, va bè può sempre toccare la sua di gamba!
Un paio d'ore ci portano a Diyarbakir, capitale curda per eccellenza. Siamo nella stazione centrale dei bus. Ci sono tante agenzie che fanno i biglietti e qualche negozietto. Facilmente troviamo un bus che parte oggi tra un'oretta e mezza e facciamo subito i biglietti. Sarebbe stato senz'altro interessante vedere Diyarbakir ma non ne abbiamo il tempo e preferiamo andare al lago. Mangiamo qualcosa in un baretto vicino e telefoniamo a casa. Qualche bambino gironzola con una bilancia e fazzoletti di carta che cerca di vendere. Sono i primi che vedo vendere qualcosa. Non sono nemmeno insistenti, ma qui siamo gli unici stranieri e attiriamo l'attenzione, così in poco tempo siamo circondati da questo gruppetto di maschietti. Tutti mi dicono che ho degli occhiali da vista enormi e ridono. Devono trovarmi buffa a dire il vero me lo dicono anche in Italia. Provano un paio di volte a chiedere se vogliamo i fazzoletti, ma poi non insistono. Siccome se ne stanno lì a giocherellare intorno finiamo per dar loro i pastelli che abbiamo portato, apposta per qualche bambino. Felici ringraziano e ci chiedono i nostri nomi. Ci chiedono a gesti se siamo fidanzati o qualcosa del genere. Su una mattonella ci scrivono: Alesyo (poi disegnano un cuore trafitto) e scrivono accanto Dyana. Che teneri.
Ci ripariamo un pò all'ombra nell'agenzia. Anche se tra gli adulti non c'è nessuno che parla inglese cercano di aprire un dialogo. Come al solito parlano in turco e ci fanno domande, e... noi diamo la solita risposta: Italia, e loro ripetono "Ah, Italia". Come mi aspettavo continuano a fare domande allora ci alziamo verso la cartina e ripetiamo i paesi in cui siamo stati "Urfa, Harran, Nemrut Dagi, Mardin, Van"... a gesti si cerca di comunicare e anche qui sembriamo un piccolo evento che suscita ancora curiosità e piacere. Una delle cose strane in Turchia sono le fermate. Non si sa mai dove ti portano. Radunano i passeggeri che vanno verso Van. Prendiamo le valigie e immagino che il bus sia appena arrivato o quanto meno stia per arrivare. Invece no, tutti in fila seguiamo il ragazzo dell'agenzia che cammina cammina. Attraversa la strada e tutto un campo, noi dietro con le valigie muti e in fila. Attraversiamo dei binari e un altro campo. Arriviamo al ciglio della strada e ci fa aspettare sotto l'ombra degli alberi. Dopo qualche minuto ecco il bus, attraversiamo la strada e ci fa salire. Sono le 13.00, arriveremo per le 21.00, sono otto ore di trasferimento, mi metto comoda.
A bordo come al solito c'è il ragazzo che distribuisce bevande ma dato che proprio oggi è iniziato il ramadam, non passa, ma bisogna chiedere. Vedo che a parte noi tutti rispettano il digiuno. Solo ad un'anziana signora è fatta eccezione, visto che non sembra in buone condizioni di salute.
Le strade sono in buono stato anche in questa parte del paese, le stanno rifacendo tutte a due corsie . Verso il lago troviamo qualche deviazione, ma nulla che ci faccia rallentare troppo. Stiamo andando verso le montagne e la strada che segue un bel fiume sale lentamente. Dev'essere una compagnia di viaggio non molto buona perchè le soste sono molto meno frequenti del solito. Almeno i turchi ci han spiegato che la frequenza delle soste varia a seconda della compagnia scelta e ovviamente noi abbiam sempre scelto a caso. Qui mi accorgo che la zona è molto religiosa e le regole vengono rispettate in maniera più severa. Appena entro in bagno vengo sgridata da una donna che tocca con vigore le mie braccia, nude dato che ho una maglietta a maniche corte e che grida “Ramazan” tra le altre parole turche. La guardo un pò stupita, va bè ho scarpe da tennis e la gonna fino a piedi e ho appena le maniche corte. Le altre donne non sembrano solidali, mi guardano come fossi un alieno. Solo una ride e dice alla signora che sono una turista, ma va bè ma sono Cristiana Cattolica, che c’entra il turismo, potevo essere anche musulmana, induista o atea. Esco che mi sento gli occhi addosso, anche se cerco di non far troppo caso a chi guarda e parla. Le altre donne sono super coperte e mi sembra che così dò troppo nell'occhio. Gli uomini del bar stanno lavando le sedie nella fontana. Entiamo a comprare qualcosa da sgranocchiare nel negozietto a fianco e risaliamo in bus.
Riprendendo il viaggio i panorami sono piacevoli e dopo aver attraversato le montagne arriviamo a costeggiare il lago. L'altezza è sui 1.700 metri ed intorno solo rilievi e pascoli. La prima vista del lago sembra un miraggio. All'ora del tramonto i colori si accendono e le acque azzurrine hanno mille riflessi. Appena sono le 19.30 quasi il conducente inchioda davanti a un ristorante sul lago perchè è finito il ramadam. Si scende nell'euforia generale e mangiamo anche noi. Siamo serviti alla velocità della luce. Insalata, un piatto di carne a testa, formaggio locale, immancabile cay, acqua e ayran per pasteggiare. Sto diventando curda!
Il viaggio prosegue tra tratti collinari e strada lacustre. Come prima impressione mi sembra un posto incantevole. Son felice di essere arrivata qui. Nel campi intorno tante mucche, capre e pecore. Vedo tante botteghe con la lana fuori dall'uscio e molti negozietti di formaggi. Intuisco che il cibo sarà buono.
Arriviamo a Van alle 21.00. Dalla stazione dei bus che si trova un po' fuori dobbiamo cambiare pullmino per raggiungere il centro. Siamo solo noi due e una coppia di ragazzi spagnoli che sta andando in Iran. Entriamo in uno dei primi hotel che troviamo, l'Hotel Yakurt. La stanza doppia costa 45,00 euro, il prezzo è buono, la camera è tripla, spaziosa e molto bella. Dopo Mardin mi sembra un lusso sfrenato! Accettiamo subito e il personale è così gentile. Senza perdere tempo ci docciamo, lasciamo le valigie e facciamo un giro per le strade della città. Siamo in posizione centrale e per le strade c'è molta gente. Facciamo solo una passeggiata. Io mi gusto un gelato turco, sempre buono, panna e cioccolato con pistacchi a pezzettini. Ci fermiamo in uno dei parchi con servizo bar. Camerieri con vassoi di cay che passano in continuazione tra le panchine in un parco di rose, prioprio un bell’angolino di pace. Andiamo a nanna presto, dopo aver trovato il bus che domani ci porta sul lago per vedere l'isola di Akdamar.
12 agosto 2010
Appena mi alzo vedo che la Turchia ci regala l'ennesima giornata di sole. Siamo a Van, ex capitale dell'antico regno Urarto di Tuspa nel IX secolo. La storia anche qui è ovunque e di cose da vedere ce ne sono tra l'isola Akdamar, I'isola Çarpanak, il vulcano Nemrut con i laghi termali, le cascate di Muradiye e le cascate di Gahnispi-Beyaz Cesme, Gevas con le tombe, i "Turbe" selgiuchidi, lapidi e il mausoleo di Halime Hatun.
In hotel non capiamo che abbiamo compresa la colazione, allora penso di andare in uno dei posti con specialità locale di yogurt e miele, visto che ieri sera la città era molto vivace. Mi scordo completamente del ramadam e l'idea affiora solo quando vediamo per le strade che è tutto chiuso! Nooo! Chiediamo ai bambini, ma pare che non ci siano infedeli e nemmeno bar complici. Non so perchè ma l'idea dell'hotel proprio non mi viene. L'unico che troviamo è una catena di ristorazione turca, vista anche a Istanbul, come potrebbe essere il burger king. Prendo una spremuta di arancia e un muffin. Ecco, mai fidarsi! Sarà l'aranciata assassina!
Prendiamo il bus che porta a Gevas e da lì dovremo cambiare per raggiungere il posto di imbarco per l'isola di Akdamar, che dista 5 km. Il dolmus parte puntuale. Anche qui basta un cenno per salire o scendere dove si vuole. Ci sono anche un paio di sgabellini per far posti aggiuntivi. Siamo gli unici turisti e destiamo sguardi curiosi Lungo la strada fa salire altre due persone, che sistema su i due seggioli. Dopo poco costeggiamo il lago azzuro. E' davvero bello tra le vette delle montagne, i pascoli e certe spiaggette che han colori quasi caraibici. Strisce sorprendentemente azzurrine striano la superficie lacustre. La dimensione immensa del lago regala quasi la sensazione di essere al mare. Gabbiani bianchi punteggiano le piccole insenature azzurrine. Il lago di Van è il più grande della Turchia ed è sempre stato considerato uno dei luoghi più belli, tanto da esser soprannominato la perla dell'est. In lingua locale il suo nome è Van Gölü. Ebbe origine da un'eruzione del vulcano Nemrut, quando la lava chiuse il bacino bloccando il flusso d'acqua che usciva verso la pianura di Mus. Il vulcano, ora inattivo, si trova verso la riva occidentale del lago. Dalla parte settentrionale si trova un altro vulcano inattivo, il Süphan Dagi.
La strada è deserta ma il povero autista del dolmus prende la multa per velocità.
Arriviamo a Gevas con la rotonda che ritrae il mostro del lago di Van che mi fa sorridere di tenerezza. Avevo letto questa storia sul web. Già nel 1968 Ismail Kaptan, un pescatore del luogo vide il mostro per la prima volta mentre era in acqua con tutta la famiglia. Disse che rischiò di naufragare e che il mostro lungo circa 17 metri aveva le sembianze di una lucertola. Il pescatore dice di aver avuto altri quattro incontri ravvicinati, sempre tra maggio e giugno e altre volte è sicuro di averlo avvistato in lontananza. Sostiene che si nutra solo di pesci ed alghe e possa nascondersi nelle grotte che si trovano tre coste del lago.
Secondo lui anche un deputato locale, Zeri Ergezere, ed il vicegovernatore della provincia, Bestami Alkan avrebbero assistito alle emersioni del mostro. Com'è facile da intuire le autorità della capitale sono scettiche e non appoggiano l'iniziativa di ricerche sul fenomeno. Un altro deputato locale però ha raccolto le leggende locali e ha trovato che le iscrizioni cuneiformi della città di Van, risalente al regno di Urartu sorto intorno all' 850 a.C., facevano riferimento al mostro. Secondo una leggenda locale vigila sul Sacro Graal che sarebbe custodito in una delle grotte sommerse. Ma che bella leggenda, mi piace! E poi le statue che lo ritraggono sono buffe e tenere, sembra Denver! Noi comunque non l'abbiamo avvistato.
Noto che il litorale è ancora naturalmente intatto. Davvero bello. Il dolmus si ferma in un punto in cui c'è solo un bar con pergolato e un punto di imbarco. Le acque del lago sono davvero straordinariamente azzurrine e calme. Tutt'intorno le vette delle montagne fanno da cornice a questa bella mattinata d'agosto. Siamo quasi soli e l'imbarcadero ci informa che il battello parte quando è pieno. Aspettando qualche minuto dal bar arriva qualche turista, ma siamo solo in dieci. Temendo di aspettare ore decidiamo di pagare doppio per comprare la corsa. Si può fare. Sono tutti turchi tranne noi, altri due italiani e un ragazzo tedesco. All'ultimo arrivano in macchina una decina di persone e siamo proprio il numero giusto per partire, così paghiamo la corsa una volta, 5 lire a testa e possiamo partire. Vorrei non essere italiana quando l'altra coppia mi fa discorsi sul fatto che siamo arrivati primi e siamo i padroni del battello, perciò potremmo rivendere a prezzo alto i biglietti ai nuovi arrivati, così da viaggiare gratis. Vorrei buttarlo nel lago, ma faccio finta di perdermi in chiacchiere con il ragazzo tedesco e non gli dò retta, pazzesca la brutta mentalità italiana.
Partiamo e i 3 chilometri che ci separano da quest'isoletta deliziosa passano in 15 minuti. Sull'isola brulla di terra marroncino chiaro si erge fiera la Chiesa della Santa Croce, meraviglioso esempio di architettura armena. Una chiesa millenaria, che nel 2007 è stata restaurata e si mostra in tutto il suo elegante splendore. Ora è aperta come museo perchè il governo di Ankara ha negato l’uso dell’edificio come chiesa e si rifiuta di porre una croce sulla cupola, com’era nell’originale. Non sono mancate le polemiche e la data di inaugurazione era stata spostata quattro volte con le autorità religiose armene che non hanno assistito alla cerimonia. Polemiche a parte, la chiesa rossa nelle acque azzurrine è davvero splendida. Era stata costruita tra il 915 ed il 921 d.C. per volere del re armeno Gagik I perchè aveva scelto di risiedere lì. Ha fatto erigere un grande palazzo con vie, giardini e frutteti, la Chiesa della Santa croce e un monastero. Durante il genocidio armeno è andato tutto distrutto tranne la chiesa.
Visto che sono sempre affascinata dalle leggende, vi racconto questa. Circa duemila anni fa in una mattina di primavera, un pastore arrivato sull'isola si era innamorato a prima vista della bellissima Tamara. Anche la ragazza da subito ricambiò il sentimento. I giovani innamorati si incontravano la sera per non farsi sorprendere del padre della ragazza, sacerdote dell'isola. Lei lasciava una candela sugli scogli e il pastore seguendo la luce a nuoto raggiungeva l'isola. Il padre quando li scoprì rinchiuse la figlia e in una notte tempestosa e tolse la candela che si trovava tra gli scogli. Il giovane che si tuffò nel lago sfidando le intemperie, e senza luci di riferimento, morì affogato. Le sue ultime parole furono: Ah Tamara! Per la leggenda Akdamar è la versione turca di questa esclamazione.
Ma torno alla mia visita. L'isola è molto piccola, ma deliziosa e le acque del lago invitano a tuffarsi. Tra di noi c'è chi fa il bagno. Le acque sono particolari perchè contengono molto sodio e sale. Sono adatte per lavare il bucato senza detersivo. Solo una specie di pesci riesce a sopravvivere a queste caratteristiche. Sono pesci che somigliano alle aringhe e son considerati particolarmente buoni. A causa dei primi problemi intestinali regalatimi dall'aranciata, non faccio il bagno. Fortuna che sull'isola c'è un piccolo bar e soprattutto un bagno.
Sono arrivata fin qui, il lago è invitante e mi spiace rinuciare ad un tuffo. Gli altri ragazzi dicono che appena fuori dall'acqua si ha la strana sensazione di avere dell'olio sulla pelle.
Visitiamo la chiesa assolata, che sulle pareti esterne è elegantemente scolpita con episodi biblici dell'Antico e Nuovo Testamento. Adamo ed Eva, Abramo in procinto di sacrificare Isacco, Davide e Golia, Giona e la balena con la testa di cane ed altri. Il tetto della chiesa è a punta. Entriamo all'interno per ammirare le pareti affrescate.
Ci sono le lapidi di un cimitero armeno, uno dei pochi rimasti. Camminiamo ammirando le lapidi tra l'erba gialla e l'azzurro del lago.
Risaliamo sul battello per tornare sulla sponda. Mi sorprendo quando un uomo con la compagna velata, mi guarda e quando lei si gira mi fa l'occhiolino. Ma come? Tanta osservanza per la moglie e lui che fa? l'occhiolino?! Par condicio, è...
Rientriamo con il battello e ci fermiamo a bere un cay con il ragazzo tedesco che è fidanzato con una ragazza turca, che vive in Germania da 16 anni. Sono molto simpatici e mi offrono l'occasione per rispolverare il mio tedesco. Dobbiamo aspettare che sul bus arrivi abbastanza gente per partire. La ragazza turca lo trova assurdo e prova ad insistere, ma senza ottenere risultati. Per me il lago è così piacevole che trattenermi un'oretta non mi dispiace. Arrivano altre persone e riusciamo a partire e a tornare abbastanza velocemente a Van. Salutiamo la coppia germano-turca e proseguiamo la nostra esplorazione.
Prendiamo un bus per arrivare all'antica cittadella di Van formata da una fortezza costruita su una rocca. Tremila anni fa, quando Van era chiamata Tushpa il suo castello era grandioso e dominava la città da uno sperone. Un re, Serdur II, scolpì sulla roccia in modo indelebile le parole “Io ho incendiato le città, io ho posseduto la terra, ho scacciato uomini e donne…” Il suo regno risale a otto secoli prima di Cristo. Siamo sempre in un libro di storia all'aria aperta, le sue pagine sono le verdi vallate su cui qui pascolano gli animali, le montagne tutt'intorno e lo specchio d'acqua che qui è davvero di un delizioso azzurro.
Con un altro bus si percorrono 5 km di periferia squallida e si arriva vicini alla riva del lago. Si sale da vicino a una moschea dove attiriamo subito l'attenzione. Le donne gesticolano e sembrano apprezzarci. Dei bambini ci seguono ripetendo in continuazione "this way, this way" e indicandoci sentierini inesistenti per questa altura rocciosa e terrosa. Sopra le nostre teste un cavo nero su cui vengono gettate carrucole. I bambini ci fanno segno di stare attenti. Qui, sulla rupe, ci sono il resti della fortezza e dell'antica Van. Risalenti addirittura a 3.000 anni fa sono le iscrizioni cuneiformi incise nella pietra e risalenti al regno di Urartu. I ruderi dell’antica Van si trovano accanto alla cittadella che fu eretta sopra le rovine di Tushpa, risalente al nono secolo a.C.e che fu la capitale armena del regno di Urartu.
Incontriamo solo due ragazzi tedeschi che salgono scacciando i bambini. Dalla rupe si vede tutt'intorno. L'area sottostante è un prato che conserva solo qualche minimo ricordo del passato, che è li come fosse mutilato, distrutto. Da qui in alto si vede il lago e sulla costa non ci sono insediamenti umani, solo il prato che arriva fino alle acque azzurrine. Ora verso lo specchio d'acqua lacuste la foschia sfuma un pò l'orizzonte. Il sole sta quasi per tramontare e i toni dei colori sono più caldi. Tutt'intorno le montagne abbracciano questo paesaggio. Verso le montagne si sviluppa il paese. La sottile bellezza decadente di questo luogo è un pò malinconica. Sembra che questi sassi antichi siano qui in questo angolo dimenticato e un pò trascurato. I bambini sono sempre qui che non ci mollano. Ci chiedono i nomi, ridono dei miei occhiali grandissimi. Ad Ale mettono anche un pò di timore. Con dispiacere dico che per la prima volta i bambini ci chiedono una mancia. Mi spiace, ma da bacchettona dico che è diseducativo. Mi chiedo quando il primo turista ha pensato di girare buttando monete ai bambini e rovinando il mondo. Dicono che non gli diamo i soldi ci buttano giù dalla rupe. Inizio a stare poco bene, e la mia bontà per i bambini è fuggita da un pezzo. Non molliamo soldi. Abbiamo solo pennarelli e caramelle, ma loro vogliono i soldi e allora nulla. Riscendiamo mentre ancora corrono per precederci e dirci incessantemente "This way, this way". Alla moschea ritroviamo gli adulti che ci offrono dei biscottini. Solita cortesia curda.
Ci rimettiamo dove il dolmus ci ha scaricato nell'attesa che ripassi. L'ennesima gentilezza è il ragazzo del bar vicino che si alza e va a prendere due sedie in più. Ci sediamo con lui e chiacchieriamo delle solite cose. Ecco che torna il dolmus, torniamo in centro.
Nel percorrere le vie che portano all'albergo l'aranciata assassina torna all'attacco, oh, no! Entro di corsa nel primo esercizio che vedo, è un internet point, bene. Maledico il mondo quando vedo la rampa di scale che dovo farmi per arrivare, ecco, speriamo di arrivare! Non faccio in tempo ad aprire la porta che già sono alla toilette, che figura. Accendiamo un attimo il pc, paghiamo e torniamo in hotel. Come al solito non porto mai medicine in valigia e passo una notte infernale, in compagnia del noto male del viaggiatore.
13 agosto 2010
Fortuna stamattina Ale mi salva con brodo di carote caldo che mi risolve la situazione e mi disseta, mi berrei un fiume ora, ma posso solo concedermi questo brodo caldo. Che gentili in hotel, mi han bollito le carote e son venuti a vedere come stavo, ma data la cortesia di queste parti non avevo dubbi. Quando mi rimetto un pò in forze cerco di rinvigorirmi con una bella doccia fresca.
Sono arrivata fin qui, volevo salire sul vulcano Nemrut, volevo andare a Hosap e Cavustepe, volevo fare il giro del lago... noo, sono proprio ko. Decidiamo di stare per le vie del paese. Che sia una città di frontiera lo vedo subito girando per le strade. Una volta sarà stata anche la ‘perla dell’est’, ma ora si vedono solo i ricordi di un passato più fiorente. Ha un'aria ferma, polverosa e un pò caotica con macchine che non rispettano il rosso e creano un grande caos ai semafori. Anche se c'è il vigile in mezzo, poverino sembra che parli da solo, visto che ogni veicolo va dove gli pare. Sento la sirena dell'ambulanza, per un attimo mi illudo che gli altri si facciano da parte per lasciar passare, ma che, schiacciano l'acceleratore per passare per primi!
Qualche segno kitch lo rappresenta la statua enorme del gatto di Van, non proprio di buon gusto. Il gatto è bianco, con coda colorata e macchie di colore sulla fronte, un occhio verde e uno blu. Mi avevano detto che per vederne uno, essendo una razza pregiata, bisogna avere molta fortuna. Infatti cerchiamo per le strade ma non riusciamo a scorgerne nemmeno un solo esemplare. In compenso è ritratto da moltissime parti, anche sui piattini del cay.
Di particolare questo gatto ha sicuramente il fatto di essere amante dell'acqua e un abile pescatore. D'estate, a causa del forte caldo, perde la pelliccia e diventa un gatto a pelo corto. D'inverno, per proteggersi dal freddo rigido, il pelo si infoltisce. Grazie all'isolamento della zona e al clima, ha assunto caratteristiche particolari: una corporatura muscolosa ma estremamente agile.
Sempre per viaggiare come piace a me tra le leggende, il governo turco dichiarò che la razza dei gatti di Van bianchi fosse protetta a seguito di una leggenda popolare, secondo la quale Ataturk si sarebbe reincarnato in un gatto a pelo semilungo bianco. Sempre Ataturk, che è esposto in qualsiasi luogo pubblico della Turchia e dà il nome ai ponti e alle dighe. Quello che volle togliere il velo, della nascita della repubblica turca, quello che cambiò anche la bandiera, sì, sempre lui che ora se vedesse il suo popolo coperto si rivolterebbe nella tomba.
Ma le leggende sul gatto di Van non sono finite. Secondo un'altra credenza popolare alla fine del diluvio universale Noè ebbe difficoltà nel mantenere la calma dei suoi animali, nel momento in cui l'arca si avvicinava alle pendici del monte Ararat, appena riemerso. Fu allora che due gatti bianchi riuscirono a sfuggire, lanciandosi in acqua e nuotando raggiungendo la terra emersa. Quando i gatti lasciarono le montagne per unirsi agli uomini Allah li benedisse toccandoli sulla testa, per fare in modo che aiutassero gli uomini a cacciare i topi. Secondo la leggenda dove Allah lì toccò lasciò, in rosso, le impronte della sua mano.
Un'altra leggenda ancora vuole che Allah, passando da queste parti, vide un gatto tutto bianco dentro l'acqua. Credendo che il micio stesse affogando, lo prese per la testa e la coda e lo trasse in salvo. Vedendo altri gatti bianchi tuffarsi nel lago e nuotare, comprese che il gatto salvato non era mai stato in difficoltà, ma lì dove era stato toccato, aveva il pelo rosso. Perciò venne chiamato anche "gatto di Allah".
Lascio le leggende e torno al mio giretto. Anche oggi la città è un pò fantasma. Il ramazan ha fatto si che la maggior parte dei negozi alimentari e praticamente tutti i bar siano chiusi. Le quattro vie centrali sono il fulcro del paese con il loro susseguirsi di agenzie, negozi, bar e internet point. Poco più in là viuzze anche sterrate o piastrellate dove ancora si svolgono vecchi lavori artigianali. Sacchi di lana di pecora, che sembra appena tosata. Minuscole bottegucce di ogni cosa.
Per le strade la maggior parte delle persone sono di sesso maschile e non incontriamo quasi mai turisti. Ci infiliamo sotto l'ombra del bazar. Molto grande e un pò labirintico. Ci perdiamo per le mercanzie, neppure vagamente turistiche. Scarpe a non finire. Poi si passa alla via dell'intimo, poi le lenzuola e i copriletti kitch da far paura, come mi divertono, lontanissimi dal nostro gusto estetico. Arriva la via dell'abbigliamento, molti i cappottini, i foulard e le gonne lunghe. Molti foulard sono imitazioni di marche italiane e i copriletti sono Versace e Dolce Gabbana. Me la spasso un mondo tra queste cianfrusaglie. Finiamo per comprare i bicchierini da cay e i piattini. Nella zona dei tappeti finisco per comprare un tappetino che mi piace un sacco. Stordita come sono non mi ero neppure accorta che l'abbiamo comprato dai religiosi musulmani. Devo metterlo per forza in direzione di La Mecca? Scherzo.
Torniamo a girovagare per le vie cittadine. Troviamo un infedele che ci vende del formaggio locale e yogurt con miele, delizia per il palato. Proviamo anche a mangiare un pezzo di favo con miele. Non l'avevo mai provato, si scoglie in bocca che è una meraviglia e la cera diventa una cicca. Perchè non l'ho mai visto dalle mie parti? E' ottimo!
Per le strade qualche bambino gira con la bilancia e i fazzoletti da vendere. Quasi stanno sulle loro e nemmeno ci chiamano.
Nei parchi cittadini dove servono il cay non fanno servizio e le persone stanno insieme sulle panchine senza bere nulla. A dire il vero, gli uomini, visto che di donne se ne vedono poche, son sempre coperte e insieme al marito. Per le vie gruppi di sgabelli dove gli uomini oziano e fan passare il tempo. Anche i bar sono pieni ai tavoli, ma non si serve nulla. Proviamo ma ci dicono che non posso fare servizio nemmeno a noi. Provo a spiegare che essendo Cristiana non faccio nessun ramazam, ma la risposta è un segno netto di una mano che taglia un collo.
Chiamiamo a casa per dare nostre notizie dai confini anatolici orientali. Le nostre famiglie ci immagino quasi al fronte e li rassicuriamo con bei racconti su quel vediamo e soprattutto sulla sensazione di pace. Si perchè anche qui nella città di Van, nel caos di persone e macchine della città, tutto è così tranquillo. Parchi con panchine per rilassarsi, profili di moschee, minareti e montagne tutt'intorno. Qui la vita in questo pomeriggo estivo sembra serena. Un ragazzo curdo attacca bottone e dopo un pò ci propone una visita nel suo negozio di tappeti. Ci andiamo anche se sappiamo che non siamo interessati all'acquisto. Ma la cortesia in questo paese è ancora una volta un valore sacro. Nessun problema, due chiacchiere e ci si saluta. Ogni volta mi spiace però. Nessuno insiste, qui, basta dire che non si è interessati.
In questo pomeriggio troviamo il tempo, per la prima volta, di entrare in un supermercato. Sapevo che era il luogo per cercare il camelia cay per Bea. Avevo cercato invano, ma ora eccolo qui! Prendiamo un pò d'acqua e un pò di pane, sempre ottimo in Turchia e soffice soffice.
Vediamo al tramonto la città che cambia colore e diventa di una morbidezza quasi tangibile. Cerchiamo un ristorante per cenare, hanno appena aperto e sono quasi tutti pieni. Troviamo posto tra i tavolini di un vicolo. Guardo i piatti disponibili e scelgo agnello con patate, insalata di pomodori, zuppa di lenticchie. Li avremo al canto del muezzin come tutti. All'ultimo portano l'acqua. Nessuno tocca cibo o bevande. Lo spezzare del ramazan diventa una festa e quasi un rito. I bicchieri d'acqua sono pieni, i piatti ora sono tutti lì conditi e pronti, si sistemano i tovaglioli e le fette di pane. Il silenzio è totale primo che l'altoparlante diffonda la sua voce sulla città. Solo allora all'improvviso tutti iniziano ad ingozzarsi di cibo e sorsi d'acqua per terminare con cay e sigarette. Divertente e senza senso per me.
Una passeggiata e l'ennesimo ottimo cay che gustiamo nei parchetti cittadini ora pieni di camerieri e vassoi di te, bicchierini e ragazzi.
Poi a nanna che domani si riparte di nuovo, oggi è la terza e ultima notte a Van! come sempre un pò me ne dispiace... e il gatto, poi? Nulla, solo la statua.
Ci aspettano tante altre meraviglie di questo entusiasmante viaggio.
La cronaca, sempre sulle pagine virtuali di Cisonostato!