Dopo la memorabile vacanza dello scorso maggio, con la crociera nell’Egeo lungo le coste della Grecia e della Turchia a bordo del clipper “Aegean”, Mario e i suoi amici hanno deciso di organizzare per agosto un’esperienza analoga: questa volta lo scenario è quello della costa e delle Isole Dalmate, per otto giorni di navigazione sullo splendido motoveliero “Naranca”, in un’alternanza di mare meraviglioso e visite di città e paesi ricchi di valori ambientali, artistici e storici.
Itinerario
Venerdì 22 agosto 2003
Giornata d’avvicinamento. Partenza da Pordenone alle 13,15 con comoda corriera da 55 posti; verso le 15 arriviamo a Pese/Pesek ove sale il resto della compagnia, i triestini. Il viaggio verso Fiume è abbastanza rapido e arriviamo alle 17,30. Ritirati i biglietti all’ufficio Jadrolinija, c’imbarchiamo sul traghetto e prendiamo possesso delle cabine, dopodiché tutti scendono per una rapida visita del centro di Fiume/Rijeka.
Alle 19,30 imbarco e alle 20, con puntualità marinara, si parte; dai ponti tutti assistono alla partenza guardando il bel panorama con le vicine isole del Quarnaro e la città di Fiume che sparisce. Quando ci ritiriamo nella sala da pranzo è difficile trovare posto, molti ci hanno preceduto. La notte trascorre piacevolmente nelle comode cabine.
Sabato 23 agosto
Arriviamo a Spalato alle 6, dovremo tirare tardi fino circa le 11. Affidiamo le nostre sacche al portabagagli che ce le riconsegnerà al bordo del nostro motoveliero Naranca. Trascorriamo l’attesa facendo una prima sommaria visita di Spalato/Split. Visitiamo il mercato: l’ambiente è attraente e variopinto con gran movimento risultando quindi divertente, molti comprano della frutta, le bancarelle dei formaggi sono però ancora chiuse; proseguiamo verso la parte storica giungendo nel “peristilio”, ombelico di Spalato, da dove il gruppo si disperde per vie, piazze e caffè.
Ci ritroviamo alla banchina alle 9,30 per trasbordare i bagagli sul Naranca, ove vengono assegnate le cabine, espletati gli adempimenti burocratici e ci è presentato l’equipaggio: Leo Naranca, armatore cioè paròn, Franco (capitano), Nicola (factotum e cioè cambusiere, contabile, cameriere, mozzo), Felice (macchinista ma all’occorrenza, quando si tratta di grigliate, anche cuoco). Il cuoco effettivo rimarrà sempre un po’ nascosto, i cuochi su questa barche hanno tutti quest’abitudine.
Le cabine sono comode, ognuna con due letti non a castello e con proprio bagno.
Poco prima di mezzogiorno partiamo per giungere verso le 13,30, dopo aver consumato il primo pasto in navigazione, ad Almissa/Omis, a sud di Spalato sulla costa dalmata. Abbiamo circa due ore e mezza a disposizione che impieghiamo per visitare le foci della Cetina risalendole con una barca da trenta posti. L’estuario è tranquillo, non di gran larghezza, meno spettacolare ma più dolce di quello maestoso della Krka; il tratto che visitiamo sembra quasi attraversi lo spartiacque del Velebit; il panorama come già detto è dolce e sembra strano che non sia riuscito a temperare il carattere dei feroci pirati almissani.
Rientriamo e con breve percorso a piedi ritorniamo al Naranca: spiace non aver più tempo per cogliere appieno i caratteri architettonici del piccolo centro con due chiese antiche.
Prima d’imbarcarci facciamo un rapido tuffo in mare dalla riva, risalendo dopo la nuotata direttamente sul nostro motoveliero. Il viaggio prosegue per Makarska, più a sud sulla costa, giungendo verso le sei, appena in tempo per una breve visita; il paese offre poche cose accanto al monastero, la vecchia chiesa con relativo campanile ed un museo, ma data l’ora tutto è chiuso. Può essere piacevole e distensivo intrattenersi con qualche frate francescano, qualcuno di loro parla italiano; con loro si può ragionare dei costumi e delle situazioni attuali e ricevere qualche notizia storica, per esempio il racconto che Makarska è stata occupata a lungo dai Turchi e che sotto la loro dominazione è stato costruito il vecchio campanile, quindi i Turchi sono arrivati sino al mare! Consumiamo sul Naranca la prima cena a bordo; troviamo il sistema full-board da noi scelto molto comodo, poi due passi e a nanna.
Domenica 24 agosto
La nave salpa di buon’ora. Costeggiando per un buon tratto giunge all’altezza di Sucuraj, all’estremità sud/est dell’isola di Lesina/Hvar, da dove poi fila fra l’isola a nord e la penisola di Sabbioncello/Peljesac a sud; si aggira quest’ultima al capo di Loviste e si prosegue per Rac’isc’e con bel porticciolo sul cui molo molti fanno il bagno nella bell’acqua pulita.
La sosta è puramente tecnica, il capitano Frane/Franco deve solo sbarcare la gran tinozza che troneggiava in coperta, che null’altro è se non un tino per le vendemmie dei suoi parenti. Si riparte per fermarsi poco dopo nella bella baia dietro le isole di Mali e Veliko Kneza immediatamente a sud/est di Rac’isc’e ben prima di giungere a Curzola/Korc’ula; una baia ampia ove tutto è luminoso, dolce e tranquillo anche se vi sono già altre due barche “menalugheri” ma talmente lontane da non dare assolutamente fastidio.
Lungo bagno e lunghe nuotate; prima si raggiunge un pontile e poi dalla parte opposta la lontana isoletta dove si esce per prendere un po’ di sole. Poi sul Naranca si avvia il rito degli aperitivi, rito gradito da tutti e che verrà poi proseguito ogniqualvolta possibile; segue il pranzo e la partenza.
L’armatore Leonardo/Leo ha acconsentito ad attraccare a Curzola/Korc’ula per una visita della città, visita richiesta con insistenza da alcuni partecipanti.
Sbarchiamo ed in gruppo percorriamo la banchina nord passando lungo le mura, di fronte alla loggia ed alla porta di mare, sotto il bastione circolare Barbarigo (seconda metà del ‘400) godendo dello scorcio in cui s’inquadra anche il retrostante snello e perfettamente cilindrico “Torjun” della prima metà del ‘400. Raggiungiamo la porta principale che collegava la città alla terraferma ricavata nella quattrocentesca torre del Rivellino. Entriamo in città con tanta curiosità, sostando immediatamente appena entrati per godere del portale interno seicentesco con l’attigua cappella della Madonna della Neve, nello slargo a nord il cinquecentesco palazzo comunale loggiato al piano terra. Procediamo per la strada principale, in parte gradonata, notando il particolare disegno urbano a “lisca di pesce”. Alla sommità della via c’è il cuore di Curzola: la quattrocentesca cattedrale di San Marco con il bel campanile e con la sua piazza su cui da nord si affacciano la chiesetta di Nostra Signora, il cinquecentesco palazzo Gabriellis e la testata del palazzo Arneri; di lato a San Marco, alla destra il palazzo episcopale con ampliamento ottocentesco su preesistenze quattrocentesche ed a sinistra, proprio attaccata, la chiesa di San Rocco ed un po’ discosta la chiesetta di San Pietro. Per l’ora, la cattedrale è chiusa ma si può sbirciare all’interno dalla porta vetrata: possiamo così apprezzare l’atmosfera di raccoglimento indotta dalla chiesa con le sue tre navate, un po’ buie; sopra i filari di colonne con ricchi capitelli un muro traforato da un finto matroneo, in fondo alla navata principale l’altare con il ciborio pure traforato, elemento tipico di moltissime chiese dalmate; anche chi ha già visitato Curzola ha piacere di ritornarvi tant’è bella. Uno sguardo alla facciata che qualcuno nota aver dei richiami con delle chiese pugliesi; tutti possono così apprezzare la validità della tesi sulla civiltà adriatica che contrasta un po’ quella ufficiale che vorrebbe tutta la Dalmazia di esclusiva influenza veneziana; sì, adriatica! Di quell’adriatico che vede in molte costruzioni di entrambe le sponde una comune matrice italica-romana. Un “salto” alla cosiddetta casa di Marco Polo, ma ci esentiamo dal salire sulla torre e procediamo verso la riva sud per completare la visita del perimetro urbano.
Non è tardi ma Naranca ci aspetta per portarci ad Orebic’. Non siamo neppure attraccati al nuovo porto che un nugolo di ragazzini fra i dieci ed i quattordici anni, saranno almeno cinquanta, assalta la barca, sale sui ponti, anche sopra il tetto della cabina di comando, iniziando una serie ripetuta di tuffi che poi vengono ripresi con nuovo passaggio sulla barca, sembrano impazziti. Nulla valgono i richiami soprattutto di Leo che riesce ad agguantarne uno minacciando una sculacciata sacrosanta, il carosello però continua a lungo, sembra un’invasione di scimmie.
Dal porto, con una camminata di trequarti d’ora verso nord sulle prime falde del monte, si raggiunge il convento francescano. Dal convento si ha una bella vista verso Curzola città (sembra che i ragusei proprio da qui controllassero i movimenti della flotta veneziana nel porto di Curzola, posto proprio di fronte); attraversato il chiostro entriamo nel museo dove c’è un’esposizione mista di sacro e di profano: tantissimi modellini di velieri, interessanti per capire come si svolgevano i traffici nell’Ottocento, moltissimi ex-voto, anche questi importanti per capire lo spirito della marineria dell’epoca e i pericoli a cui era esposta. Un ex-voto ritengo settecentesco è il ringraziamento di un “padron di barca” per essere scampato ai turchi che con le fuste avevano assalito il suo veliero, rappresentazione fatta in modo elementare ma molto significativo.
La lunga giornata si conclude con la cena a bordo, prima della nanna due passi sull’affollata riva per mangiare un gelato. In piena notte si viene risvegliati da un cicaleccio e dal rumore di tuffi, è un gruppo simile a quello che nel pomeriggio aveva dato l’arrembaggio alla Naranca ma solo al femminile, sono esclusivamente ragazzine che alle tre di notte cantano, parlano ad alta voce, si tuffano; viene da pensare che ben strani sono i costumi degli abitanti di Orebic’.
Lunedì 25 agosto
Naranca salpa di buon’ora, il mare è buono, tutti sono in coperta per seguire con occhi avidi il panorama offerto da Sabbioncello/Peljesac; passiamo dinanzi alla baia di Zuljana ed accanto al faro di Lirica, isolato sulla sua piccolissima isola.
Verso le dieci siamo a Prapratna, sbarchiamo con il "tender" sette /otto persone alla volta. Il percorso a piedi di circa 3 km. fino a Stagno/Ston in agosto è un po’ pesante, il sole picchia, l’aria è calda e mancano le ciliegie – in primavera ce ne sono tantissime – sostituite parzialmente dai fichi. A Stagno/ Ston ci rechiamo subito da Sorgo per prenotare le ostriche e poi affrontiamo il panoramico giro delle mura cittadine; le mura fanno parte del complesso difensivo costruito nel Tre-Quattrocento per difendere le due cittadine di Stagno/Ston e Stagno piccolo / Mali Ston dai Turchi e impedire loro di entrare nella penisola di Sabbioncello attraverso l’istmo che qui è strettissimo. Al rientro si viene premiati dai ricchi piatti di ostriche locali, annaffiate dal buon vino pur’esso locale: bravo Sorgo! Rientro in auto in tempo per il pranzo in barca.
Piccola sosta con bagno nella baia di Lopud sull’isola omonima o Isola di Mezzo. Naranca butta l’ancora abbastanza al largo per rimanere tranquilli. Lasciata l’Isola di Mezzo/Lopud e superata Calamotta/Koloc’ep, arriviamo alle sei del pomeriggio a Gravosa/Gruz’, il porto di Ragusa/Dubrovnik; dopo la mezz’ora necessaria per riassettarci, sbarchiamo, ci dotiamo di biglietti (l’acquisto crea un po’ di caos) e con l’autobus giungiamo alla porta Pile. Sulla porta, ingresso principale alla città, San Biagio il protettore, a sinistra l’imponente bastione Minceta, a destra il bastione Bokar, alle spalle ed un po’ discosto il forte di San Lorenzo. Pare che le mura costituiscano l’unica cinta di città del tutto completa conservatasi fino ai giorni nostri: la costruzione fu iniziata nel ‘200 e successivamente ci furono varie aggiunte e rinforzi anche con il contributo di Michelozzo e Giorgio Orsini o Dalmata o da Sebenico, artista a cui tanto deve la scultura (Duomo di Spalato, Duomo di Traù), l’architettura (il bellissimo ed originale San Giacomo di Sebenico) e l’urbanistica (la città di Pago) della Dalmazia e della sponda adriatica occidentale (Ancona).
Entrati all’interno della cinta per prima cosa notiamo la fontana grande di Onofrio, della prima metà del ‘400, ridotta nell’altezza a seguito del tremendo terremoto della seconda metà del ‘600, che assieme alla fontana piccola dall’altro capo del Stradun o Piaca, serviva d’acqua la città; di fronte alla fontana, la chiesetta del San Salvatore, del ‘500, salvatasi indenne dal terremoto, in facciata presenta degli elegantissimi fregi che potrebbero essere ispirati a quelli romani di Spalato.
Ora il gruppo, già un po’ stanco per la giornata, tentenna sul da farsi; alcuni percorrono lo Stradun fin dinanzi al Palazzo dei Rettori ed al porto vecchio difeso da diga, qualcuno si siede con piacere nei caffè animatissimi che numerosi si affacciano sullo Stradun, altri “go to laze”. Lo Stradun è fiancheggiato da due ali di case con caratteristiche simili, tutte costruite dopo il tremendo e rovinoso terremoto del 1665. Il tempo passa velocemente e giungono presto le otto, ora in cui ci si ritrova al ristorante Moby Dick da Nicola, in Prijeko, che assicura cibi di ottima qualità.
Ora s’è fatto tardi, due passi fino alla porta Pile, bus fino a Gravosa/Gruz’, poi tutti a nanna sperando nell’indomani: purtroppo le previsioni dicono che sarà brutto .
Martedì 26 agosto
Ci svegliamo con la pioggia; fattici coraggio e considerata la disponibilità del capitano Frane, alle nove si salpa per la programmata escursione a Ragusa Vecchia/Cavtat dove arriviamo con il bel tempo (audaces fortuna juvat); per la visita viene concessa un’ora che è sufficiente date le dimensioni del grazioso paesino posto su un istmo con una baia davanti ed una alle spalle. Bella la chiesetta dotata ai due lati del portale dei due “occhi” ovali con cartigli alla moda dalmata sei-settecentesca, interessante il piccolo convento francescano in cui è conservata una bella pala dorata.
Pranzo a bordo. Rientro a Ragusa e dedichiamo il pomeriggio alla visita delle città; i partecipanti si raccolgono in gruppi con “gambe e desideri” omogenei. Tutti si ritrovano in alcuni punti strategici, mura della città, percorse almeno in parte, chiostro e museo francescano, qualcuno dice che esso ricorda i chiostri ispano-moreschi, chiostro, museo e chiesa dei Domenicani; in quest’ultima, sotto l'arco trionfale gotico è conservata la Crocifissione di Paolo Veneziano, l’artista che seppe sganciare la pittura adriatica dai moduli bizantini. Entrambi i conventi hanno dei musei con esposizione anche di oreficeria sacra o formante ex-voto. Tutti alla fine purtroppo e con rammarico rilevano che se non fosse per la stanchezza avrebbero visitato molte più cose, come sempre: alla prossima volta! Ma tutti sono concordi nel ritenere Ragusa bellissima! Cena sulla Naranca e poi tutti a dormire.
Mercoledì 27 agosto
Raggiunta l’isola di Meleda (Mliet) ci fermiamo nella bella e poco frequentata baia di Prozura per il tradizionale bagno di mare e per il pranzo ma, ahimè! diversamente dal solito nella baia ci sono dei galleggianti: una scarpa, una bottiglia di plastica (causa il cattivo tempo di ieri), quindi Naranca deve riprendere il mare; peccato perché la baia è molto graziosa ed è difesa dagli isolotti di Borovac e Planjak.
Proseguiamo la navigazione fino alla punta Badanj, gettiamo l’ancora e finalmente in acqua a nuotare fino a riva, l’acqua è profonda e di un blu intenso. Assolto il rito dell’aperitivo si pranza. Nel pomeriggio si giunge a Polac’e, sempre sull’isola di Meleda; per la presenza alle banchine di vari natanti e di un piccolo traghetto, abbiamo dei problemi per l’attracco (cosa frequente a Polac’e), ma dopo una certa attesa la banchina si rende libera. Acquistiamo il biglietto cumulativo: ingresso al parco, pulmino per il lago, battello per l’isola con il convento. Dopo breve attesa che ha consentito una visita dei resti romani, tutti in pulmino salvo qualcuno che inforca la bicicletta presa a nolo, però la salita è stroncante; ci ritroviamo tutti sul veliko jezero, all’approdo del battello che ci porta in breve all’isoletta; abbiamo a disposizione poco tempo, una mezzoretta, ma tutti arrivano a fare un giretto per l’isola ed a visitare la bella chiesa, a pianta centrale, e l’annesso convento benedettino sorto nell’isola all’inizio del 1200 ma con tanti rifacimenti successivi. Ritorno sempre con battello, ma giunti all’attracco un gruppetto decide di recarsi al piccolo lago / malo jezero da dove poi torneranno con la bicicletta presa nolo al lago e riconsegnata a Polac’e. Aperitivo e cena in barca e successiva passeggiata serale lungo il mare.
Giovedì 28 agosto
Da Meleda/Mliet puntiamo sull’isola di Lagosta/Lastovo, dove sostiamo al porticciolo. Non ci sono altre imbarcazioni, il porto è tranquillo e l’acqua è pulitissima, limpida ed invitante ma la cultura aspetta sul monte dove si trova il paesino che dà nome all’isola; il piccolo complesso con chiesa parrocchiale, loggia, piccola cappella sottostante è interessante, la facciata della chiesa matrice dell’isola è a tre timpani, quello centrale più grande, la composizione architettonica è piuttosto insolita e per queste parti del tutto originale.
Dal porticciolo alla baia di Malo Lago all’estremità ovest dell’isola, in fondo alla baia è situato il piccolissimo abitato di Pasadur. Lagosta è distante dalla costa e dalle altre isole maggiori ed è rimasta a lungo base della marina jugoslava, quindi con divieto d’attracco, pertanto poco conosciuta e posta fuori dai circuiti turistici: ciò fa sì che nella baia ci sia estrema tranquillità ed anche pulizia, tutti elementi che invitano anche i riluttanti a fare il bagno nell’acqua calda e piacevole.
Dopo pranzo si parte per Vela Luka, la cittadina più vicina dell’isola di Curzola che purtroppo in sè non offre nulla di particolare; alle sue spalle il paesino di Slano, raggiungibile in taxi, con bella Chiesa e loggia. Il gruppo desidera fare il bagno ed allora dal porto Toni con la una barchetta ci porta all’isola di Osjak che chiude il porto di Vela Luka dove si fa il bagno: chi sulla sponda sud, chi sulla sponda nord, a piacere rimanendo lì fino ad ora di cena.
Venerdì 29 agosto
Salpiamo alla volta di Lesina / Hvar, sostando prima per un bagno all’isola di Jerolim, la prima delle Isole Infernali / Paklenski Otoci, poi attracco al porto della città, sosta concessa un’ora fino alle 11,30. La sosta a Lesina è troppo breve per gustare le città, sedersi ad un caffè, salire al forte spagnolo, girare per le calli, scattare qualche fotografia, però è sufficiente per chi non la conosce per nulla per rendersi sommariamente conto di cosa sia questa perla in fondo alla sua baia e per chi già la conosce per riprendere contatto con una città amica. Alle 11,30 puntualmente vengono mollati gli ormeggi; si pranzerà in navigazione nonostante il mare mosso, per fortuna Naranca è un ottima imbarcazione e nessuno risente del moto ondoso.
Il capitano assicura che raggiunta la Porta di Spalato / Splitska Vrata fra Solta e Brazzà il mare diverrà tranquillo e così è. Superata la Porta ci aspetta la sicura baia o meglio il fiordo di Milna. Sulla barca ci aspetta una splendida cena, il cuoco ha cercato di superare se stesso e ci ammannisce un risotto di pesce: sembra che abbia fatto miracoli, molti bissano e poi si scatena un applauso prolungato, al che il cuoco si affaccia dalla cucina sorridente e beato.
Sabato 30 agosto
Di buon mattino viene coperto il breve tratto di mare (circa 10 miglia) fra l’isola di Brazzà e Spalato/Split, ove si attracca alle 7,30; tutti fanno colazione ed alle 8,30 puntualmente come concordato arriva il bus dell’ATLAS, con Tatjana, brava e simpatica guida che parla italiano. Breve sosta all’Hotel Marjan per l’assegnazione delle camere e poi via alla fortezza di Clissa / Klis; la fortezza si trova su uno sperone di roccia che domina il vallo nella catena montuosa del Velebit proprio alle spalle di Spalato e fu costruita dai Veneziani per difendere la città dall’invasione islamica; il forte resistette a lungo agli invasori che nella prima metà del ‘500 riuscirono a conquistarlo, sia pur per breve tempo visto che ben presto venne riconquistato dai Veneziani.
Si dice che le popolazioni di Clissa giungessero in loco provenendo dall’interno, dall’attuale Bosnia, in fuga dall’avanzata turca, per questo i locali si chiamano anche haiduk; alcuni poi - gli uscocchi - per l’incalzare del turco abbandonarono Clissa trasferendosi via mare a Segna, sotto Fiume/Rijeka. I due termini haiduk e uskok avrebbero quindi lo stesso significato: transfuga.
La fortezza, oltre ad offrire un ampio panorama su Spalato, sul golfo dei castelli e sulla zona dell’antica Salona, merita una visita: è un complesso munito con torrioni, casematte, polveriere, abitazione del Provveditore e chiesa, quest’ultima recentemente restaurata, a pianta centrale può ricordare, per l’impianto, una moschea simile a quelle diffusesi da Costantinopoli.
Da Clissa a Salona, o meglio dal territorio già occupato dalla romana e poi cristiana Salona, città sorta lungo il fiume Jadro (attualmente esistente) con sbocco sul protetto “golfo dei castelli”, di romano imperiale rimane in sito ben poco (alcuni resti preziosi sono stati portati al museo archeologico di Spalato): qualche tratto di mura, resti sommari del teatro e dell’anfiteatro, una porta ed un ponte. Noi visitiamo i resti di una basilica paleocristiana con molti sepolcri, poi la casa già abitazione del curatore dei luoghi, il complesso basilicale già entro le mura. Sono le poche scarne rovine di quanto fu una grande città (circa 60.000 – 70.000 abitanti) tanto amata dall’imperatore Diocleziano (morto nei primi anni del 300 d.C.), solamente vestigia del periodo cristiano precedente l’arrivo totalmente devastante di Slavi ed Avari nel 600 d.C.
Facciamo una breve deviazione lungo il golfo dei castelli, ma quello che era un sito idilliaco è divenuto un disordinato ammasso di modesti fabbricati disarmonici che precludono la vista al mare ed a quanto resta dei castelli; si potrebbe forse visitare il Castel Vitturi / Kastel Luksic’ scendendo però a piedi, ma non c’è più tempo e rientriamo in albergo ove il gruppo si divide: chi va a pranzo nei ristoranti sul bordo della vicina Marina, chi va a riposare in stanza.
Dopo la sosta ripartiamo sul tardi dall’albergo e ci dirigiamo alla porta di mare del palazzo di Diocleziano. Prima di entrare nei sotterranei diamo un’occhiata alla facciata del palazzo che conserva ancora quasi intatta la torre sud/est ed in cui si può ancora leggere il portico, con quasi tutti i fornici chiusi, posto all’altezza del piano abitato, che serviva per la passeggiata coperta di Diocleziano. Entriamo negli scantinati e la prima immediata impressione è di grandiosità; questi ambienti sono stati realizzati esclusivamente per sorreggere mura e pavimenti del piano residenziale superiore, al momento quasi totalmente distrutto ed occupato da casupole; gli scantinati conservano una planimetria identica a quella del piano soprastante, sembra quasi strano che la loro funzione sia stata solamente quella statica. Ci aggiriamo nei vari vani, spazi imponenti per le pilastrate in mattoni e per le volte e le cupole in laterizio e tufo: nella pianta si possono leggere i perimetri delle sale principali: del trono, dei vestiboli per le camere da letto, il triclinio; sembra quasi impossibile che la costruzione realizzata millesettecento anni fa molto rapidamente, in non più di dieci anni, sia di una tal perfezione anche nel sotterraneo.
Usciamo nel peristilio, il cuore del palazzo aperto ai visitatori, ai servi, ai militari, delimitato dai colonnati trabeati ed ora cuore della Spalato storica; su esso si affaccia San Doimo / Duje, già mausoleo di Diocleziano nel cui interno a pianta centrale si possono ammirare i due elegantissimi ordini di colonne corinzie, con le loro trabeazioni elegantemente scolpite che danno all’ambiente una raffinata eleganza ed uno slancio particolare, che si può dire classico, verso l’alto; facile immaginare come dovesse essere favoloso lo spazio quando la cupola che lo racchiude, conservatasi integra nella struttura, era decorata da ricchi mosaici dorati; a sinistra dell’altare principale una cappella con l’arca di Sant’Anastasia e una formella di gran potenza ed eleganza scultorea, la flagellazione di Cristo del maestro Giorgio il Dalmata alias da Sebenico od ancora Giorgio Orsini vissuto in pieno Quattrocento che operò sulle due sponde dell’Adriatico.
Di fronte al Duomo ci aspetta il battistero, già tempio romano dedicato a Giove, adorno di fregi di grande eleganza. Ritornati nel Peristilio ci soffermiamo ad ammirare quello che resta della facciata del palazzo, un frontone architravato ai lati con al centro un fornice chiuso da un arco: è un’espressione architettonica del tutto particolare, nuova per i tempi , forse con qualche riscontro nel vicino oriente, che milleduecento anni dopo verrà ripresa da L.B. Alberti nel suo Sant’Andrea di Mantova, dal Serlio nelle sue serliane e da altri famosi architetti. Salite le rampe entriamo nel vestibolo, di pianta circolare ricoperta da cupola, conservatasi quasi integra salvo la calotta centrale, originariamente ricoperta da mosaici dorati; passato il vestibolo procediamo fra casupole che hanno preso il posto della magnifica residenza imperiale, nella porzione sud-est sono in atto scavi e restauri non tutti ben condotti, stridono infatti quelli dei pilastri della passeggiata a mare. Lungo il cardo raggiungiamo la Porta Aurea.
Costeggiando i palazzi sorti sulle mura, raggiungiamo la Piazza del Popolo / Narodni Trg / Pjaca dove la guida illustra i monumenti più importanti: la Porta di Ferro delle mura dioclezianee, con la soprastante cinquecentesca torre dell’orologio; il palazzetto duecentesco all’angolo sud-est con il bassorilievo di Sant’Antonio; a nord il palazzo municipale con la sua loggia quattrocentesca, poi ampliato in epoche successive. Verso le 18 molti di noi sono stanchi e si rientra in albergo previa sosta per uno spuntino al ristorante Varos, nell’omonimo rione, ambiente simpatico e caratteristico, poi a nanna: l’indomani avremo un lungo viaggio.
Domenica 31 agosto
Giornata di rientro. Affrontiamo il ritorno con il comodo pullman all’andata. Tutti temono la lunghezza del viaggio ma il tempo trascorrerà piacevolmente per i bellissimi paesaggi che ci verranno offerti; la durata di viaggio è di circa otto ore oltre i tempi delle brevi soste e di quella per il pranzo a Segna (8,15 partenza da Spalato; 13,00/14,20 pranzo a Segna, circonvallazione di Fiume presa a Buccari; 16,10 Pasjak, confine Sloveno; 17,00 Pesek - confine Italiano;18,45 arrivo a Pordenone).
Partiamo sabatoper una crociera in croaziacon l'atriatica sulla nace Dalmacja.