Martedì 17 agosto 2004 - Dal paese di Valcanale al rifugio Alpe Corte
Nessuna difficoltà nel salire. Escursione da considerarsi di tipo turistico.
Mattinata coperta, speriamo in bene, dobbiamo prendere ben tre pullman per arrivare al paese di Ardesio (partiamo da Ponte di Legno) e poi forse un altro, per coprire i sette chilometri che mancheranno per arrivare a Valcanale, punto di vera partenza del nostro trekking.
Il primo pullman ci porta direttamente sul lago d’Iseo a Lovere, qui aspettiamo circa tre ore per prendere il secondo pullman che ci porta a Clusone. Solo mezz’ora di attesa ed il terzo pullman ci porta ad Ardesio. Sono le 14 e siamo più stressati che stanchi. La coincidenza per Valcanale esiste solo nel periodo lavorativo. L’unico mezzo che parte per Valcanale oggi è disponibile alle 18,15.
Con poco entusiasmo iniziamo a risalire lo stradone che porta a Valcanale partendo dal Ponte delle Seghe. Dopo circa un’ora decidiamo di fare l’autostop. Miriana Valeria e Milena vengono caricate per prime, poi, dopo pochi minuti anche Arianna e Patrizio usufruiscono di un comodo passaggio - c’era ancora tanta strada asfaltata da fare!
Finalmente, prende il via il nostro trekking e incominciamo a salire per una comoda e larga mulattiera (sentiero numero 220 - presenza cartello indicatore), tutta definita all’interno di una splendida abetaia. Dopo circa 30 minuti raggiungiamo la radura di Baita Pianscuri (1292). Dopo un’altra mezz’ora usciamo dal bosco, sbucando sul prato dove sorge, poco avanti, il rifugio Alpe Corte (1410). Non manca, prima di arrivare al rifugio, un’ottima e sana bevuta alla famosa sorgente, da tanti citata come acqua ricca di proprietà curative. Sono le 16,45, il rifugio si presenta al colpo d’occhio sempre in ottimo stato, con tanti spettacolari fiori rossi e gialli. Ci viene data una buona cameretta da sei posti con vista sul monte Arera (2512). La doccia non esiste, indi per cui ci laviamo “alla bene meglio” nel lavandino, dietro il rifugio.
Non pernottano tante persone in questo rifugio, tutti preferiscono proseguire direttamente fino al rifugio seguente, il Gemelli. Ci siamo solo noi ed una coppia di ragazzi tedeschi arrivati, mentre stavamo mangiando, in mountant bike da Roncobello, attraverso il Passo Branchino (1821). Si cena sempre con appetito in questi rifugi e dopo un bel grappino, una partita a carte ed una chiacchierata con il gestore del rifugio, andiamo a dormire.
Spesa totale € 144,30
Mercoledì 18 agosto 2004 - Dal rifugio Alpe Corte al rifugio Laghi Gemelli
Nessuna difficoltà nel salire. Fortunatamente non abbiamo incrociato alcun temporale. Tappa facile con buon dislivello in salita.
Durante la colazione inizia a piovere. Non è una bella giornata, le nuvole non promettono niente di buono. Prepariamo gli zaini con cura, quando partiamo non piove più. Inizialmente il sentiero numero 216 si presenta pianeggiante su pascolo sassoso poi, dopo una ventina di minuti inizia a salire, decisamente, fino ad arrivare alla Baita Corte di Mezzo (1669). Il sentiero è ben trafficato, e nonostante la brutta giornata, incontriamo ugualmente diversi escursionisti diretti al rifugio Laghi Gemelli. Percorriamo ora un pianoro, per poi alzarci verso i pendii del Monte delle Galline (2131) ed infine arrivare alla successiva Baita Corte Alta (1885) con addosso le mantelle - si è rimesso a piovere. Altra piccola sosta rigeneratrice (the caldo, barrette di cioccolato e pane) prima di affrontare l’ultima parte della salita, attraverso pascoli e zone di roccette, fino al Passo Laghi Gemelli (1968), insellatura aperta tra il monte Corte (2493) sulla destra e il Passo di Mezzeno (2142) a sinistra. Al passo tira un forte vento, freddo, pungente. Stupendo è il panorama verso il Pizzo Arera (2512), il Farno (2506) e il Pizzo del Becco (2507). In basso, è bellissima la vista sulla sottostante conca occupata dalle acque dei laghi Gemelli. In fondo è ben visibile la diga e il rifugio. Con il sole doveva essere uno spettacolo ancora più bello, peccato!
Dopo le foto di rito incomincia la discesa, tranquilla, per sentiero ben segnalato, diagonalmente verso sinistra. Dopo una mezzora, incrociamo il sentiero che scende dal Passo di Mezzeno, diventando il numero 215. In poco tempo siamo al rifugio Laghi Gemelli (1968). Mettiamo subito le ciabatte e pranziamo. Sul tavolo a fianco troviamo una compagnia di ragazzi/e intenti ad ascoltare musica moderna. Sob! Poco dopo ci assegnano la cameretta, da sei posti, piccolina. Ci sistemiamo e facciamo un’indimenticabile doccia, bella calda e rigeneratrice.
E’ pomeriggio e per occupare il tempo a disposizione, andiamo a visitare la diga, attraverso una splendida “camminata sopradiga” che mi fa ricordare tanto, la “camminata sopradiga” del Venerocolo, sotto l’Adamello, al rifugio Garibaldi. Poi, giochiamo a carte ed infine, su consiglio del gestore del rifugio, andiamo a visitare una particolare chiesina poco dietro il rifugio, molto bella. Sono parecchie le persone presenti in questo rifugio, e a cena, mangiamo (buonissime le lasagne) in compagnia di due ragazze e di un papà con figliolo. Questo papà, dopo cena, intrattiene tutti noi con alcuni indovinelli e qualche gioco di prestigio con le carte. A nanna verso le 22,30.
Spesa totale € 165,00
Giovedì 19 agosto 2004 - Dal rifugio Laghi Gemelli al rifugio Calvi
Percorso abbastanza variabile come contenuti, privo di difficoltà. Esposizione protetta nel tratto che sovrasta il paese di Carona, con sentiero abbastanza largo.
La terza tappa inizia con una bella colazione, tempo variabile, notevole entusiasmo. Il rifugio Laghi Gemelli ci ha fatto un’ottima impressione, complimenti per la cordialità e disponibilità. Partiamo, scendendo subito per il sentiero numero 213, arrivando in breve al vicino lago delle Casere (1816). Poco dopo l’attraversamento di un ponticello in muratura, iniziamo a costeggiare alla sinistra il lago Marcio (1841) fino a raggiungere la diga di sbarramento; superata, si ricomincia ancora a scendere (ma quando è che si sale?), fino ad arrivare ad un caratteristico bivio. A sinistra, si prosegue, scendendo verso il paese di Carona, mentre a destra, il sentiero punta in modo evidente ad una verticale fascia rocciosa. Imbocchiamo questo secondo sentiero, sempre con numero 213 che, con suggestivi passaggi in gallerie (utile la pila) e tratti intagliati nella roccia (esistono protezioni, assenza di difficoltà) a strapiombo sulla vallata e sul paese di Carona, porta alla diga del bellissimo lago di Sardegnana (1735), chiuso tra le vertiginose parete dei Corni di Sardegnana e del Pizzo del Becco (2507).
Attraversiamo la diga, fermandoci al suo termine a fare sosta ricreativa. Dietro la casa dei guardiani della diga, riprende il sentiero che, salendo nel bosco, zigzagando, fa guadagnare circa 200 metri di dislivello. Questo tratto è da ricordare per la quantità notevole di farfalle presenti, veramente tante, mai viste così in abbondanza.
Giunti ad un colletto, il sentiero continua adesso in leggera discesa, lungo mulattiera, fino ad arrivare al Dosso dei Signori e alla Valle dei Frati. Qui incontriamo un gruppo di escursionisti (due papà e tre bimbi intorno ai dieci anni) che stanno facendo lo stesso nostro giro in senso opposto. Abbiamo preso tanto freddo su al Simal - ci raccontano.
Si prosegue, ancora in piano, fino ad uno sbarramento del torrente che crea una splendida limpida pozza - viene quasi voglia di fare un bel bagno - dice Milena. Lo si attraversa iniziando a salire fino alla Baita della Capra (1780). Dalla baita si sale ancora fino ad incontrare la carrozzabile che arriva dal paese di Carona. Tramite questa, si raggiunge la base dell’imponente diga di Fregabolgia. Dalla sommità della diga ci vogliono solo una decina di minuti per arrivare al rifugio Calvi (2015), posto in un magnifico anfiteatro dal quale poter ammirare il Monte Cabianca (2601), il Monte Madonnino (2502), il Monte Grabiasca (2705), il Pizzo Poris (2712), il Diavolino (2810), il Pizzo del Diavolo (2914), il Pizzo di Cigola (2632). Sono le 13,30 e subito pranziamo, entro in rifugio per prendere un boccale di vino e dire al rifugista che siamo arrivati e subito mi accorgo del pienone che sta facendo il ristorante, mamma mia quanta gente!
Verso le quattro ci assegnano la cameretta da otto posti molto carina e spaziosa, mentre la doccia la possiamo fare solo verso le 17. Non sono molto loquaci questi gestori anzi, direi che sono un poco scostanti. Si mangia verso le 19,30, fuori si è alzato un forte vento ed è iniziato a piovere. Dopo cena, con un bel grappino in mano, io e Milena usciamo sotto la tettoia, per ammirare lo spettacolo di luci e bagliori provenienti dalla valle. Speriamo che domani sia migliore, la tappa è abbastanza lunga.
Spesa totale € 198,60
Venerdì 20 agosto 2004 - Dal rifugio Calvi al rifugio Baroni
Fino al Passo di Valsecca tutto tranquillo. Verso il bivacco le informazioni raccolte davano il sentiero in cresta (comunque sentiero comodo) ma noi non abbiamo visto proprio nulla. Per il resto sempre occhio a dove si mettono i piedi. Il nevaio attraversato non ha comportato nessun utilizzo di attrezzatura specializzata (ramponi, piccozza).
Sveglia preoccupata per le condizioni meteorologiche. Anche la TV non parla bene della giornata odierna. Dopo consulto famigliare decidiamo di partire ugualmente - arriviamo al Bivacco Frattini(2250) poi, vediamo il da farsi -. Non piove però fa abbastanza freddo, mettiamo pile fascia e guanti di lana e incominciamo a scendere verso il visibile lago Rotondo.
Siamo stati ben salassati al rifugio, se lo sapevo, invece di fermarmi qua, al Calvi, programmavo per fare tappa al Longo, rifugio citato da tanti come ambiente molto accogliente. Continuiamo spediti, prima costeggiando il lago poi, portandoci sul versante boscoso della valle. Superatolo, abbiamo ora il problema dell’attraversamento su grossi massi, di un torrente ricco di acqua. Arianna pensa bene di “misurare” la temperatura dell’acqua andando a finire, scioccamente, dentro il torrente con uno spiritoso scivolone. Con un’Arianna un po’ “ammaccata” proseguiamo in salita arrivando al fianco di una spettacolare cascata, ci fermiamo a bere un po’ di the caldo, sempre gradito a tutti. Proseguiamo ancora in salita, fino ad arrivare al minuscolo laghetto di Valsecca, poco dopo ci si addentra in un’ affascinante pianoro di ghiaie che si stende tra le pareti del monte Grabiasca (2705) del Pizzo Poris (2712) del Diavolo di Tenda (2916). Si notano alcune fischiettanti marmotte. Verso la parte alta di questa conca troviamo un piccolo nevaio facilmente attraversabile.
Incomincia a piovere proprio quando inizia la salita verso il passo. Il sentiero, ricavato nel minuto ghiaietto è compatto e ci porta, dopo alcune svolte e non poca fatica al passo di Valsecca (2496), importante valico che permette di passare in Val Seriana. Al passo non si vede proprio un tubo; nuvole compatte e veloci in un ambiente invernale, si muovono, scendendo e salendo per le pareti montane, attraversando il passo e coprendo, come nelle giornate padane più tristi di gennaio, praticamente tutto ciò che di bello noi volevamo ammirare. Non ci fermiamo, neanche per una foto, giù spediti, stando attenti a non perdere il sentiero, verso il bivacco Frattini (2250). E intanto continua a piovere! Non vediamo l’ora di arrivare al Bivacco per ripararci e metterci un po’ a posto.
Dopo una mezz’oretta, sentiamo (ma non vediamo) Arianna che ci sussurra qualche cosa, non capiamo cosa; sarà arrivata al bivacco, sarà mica chiuso! Affrettiamo il passo. Finalmente scorgiamo Arianna che ci viene incontro con l’indice diritto davanti alla bocca. Ssssilenzio, c’è uno stambecco davanti al bivacco che sta mangiando, non fate rumore. Arriviamo a pochi metri dall’animale e facciamo una buona nebbiosa foto. L’animale continua il suo pasto, non sembra averci sentiti. Ad un tratto alza la testa, ci guarda, e se ne va.
Il bivacco Aldo Frattini, dal colore arancio fendinebbia è molto piccolo, non proprio pulito, anzi direi tenuto male, sporco. Ci sono nove letti, un tavolo, qualche sgabello, occorrente per far da mangiare e cibo. Decidiamo di aspettare che smetta di piovere, intanto mangiamo qualche cosa e beviamo del the caldo. Siamo sempre immersi nelle nuvole indi per cui il paesaggio è zero! Essere nella nebbia, soli, senza incontrare nessuno per ore, senza vedere nulla, dà un senso di solitudine, di distacco, d’incertezza, di timore.
Dopo circa una mezz’oretta smette di piovere e subito riprendiamo il nostro trekking. Si scende ancora sempre su roccette ed erba, ogni tanto le nuvole si alzano o si abbassano lasciando intravedere per pochi secondi spettacolari cime, grandiose valli, dandoci morale e nuovi importanti stimoli per andare avanti; comunque dobbiamo andare avanti. Arrivati ai pascoli di Tenda, la pendenza si fa meno importante e prosegue fino ad arrivare ad una stretta cengia erbosa che porta sul fondo della valle del Salto. Al di là, il sentiero inizia a salire con moderata pendenza iniziando a coprire i 400 metri di dislivello che mancano per raggiungere il rifugio Baroni al Brunone a 2295 metri.
In rifugio cinque the molto caldi sono ben graditi. Ci accompagnano alla cameretta, bella, con vista sulla valle e sul paese di Fiumenero (per quel che si può vedere). La doccia seguente, quando sei messo “così male”, dopo tante ore di cammino, risulta essere uno spettacolo, rigeneratrice. Milena nonostante il brutto tempo si mette anche a fare il bucato, nel lavatoio, appena fuori il rifugio, che acqua fredda! Mutande, magliette, calze ecc. vengono messi ad asciugare, su consiglio della rifugista all’interno della struttura, vicino alle fonti di calore presenti. Non vediamo l’ora di andare a tavola, abbiamo una fame!
Ad un certo punto veniamo chiamati per osservare un bel gruppo di stambecchi presenti appena dietro il rifugio. Saranno circa una decina. Anche qui, riusciamo ad avvicinarci senza problema, non hanno paura! A tavola siamo in pochi: noi cinque, quattro ragazzi arrivati nel tardo pomeriggio, e i gestori del rifugio. A letto presto, domani ci aspetta la parte più impegnativa di tutto il trekking.
Spesa totale € 175,00
Sabato 21 agosto 2004 - Dal rifugio Baroni al Brunone al rifugio Coca
Nella parte di sentiero esposta ed attrezzata i ragazzi bisogna senz’altro assicurali (imbraco). Per il resto, il sentiero risulta abbastanza agevole, da affrontare sempre con attenzione in alcuni tratti. La parte bassa è veramente lunga.
Ci si alza malvolentieri, verso le 7, fuori per nostra sfortuna non è cambiato nulla. Sempre queste nuvole che rompono le scatole. Mentre facciamo colazione veniamo a conoscenza del fatto che fuori ci sono tre gradi. I quattro ragazzi sono già partiti, due li ritroveremo poi al rifugio Coca.
Per raggiungere il prossimo rifugio si possono percorrere due itinerari: 1) la parte alta, quella piu’ “trafficata”, più tecnica, attraverso il “Simal” a 2714 metri, punto più alto di tutto il sentiero delle Orobie; 2) la parte bassa, più lunga ma meno pericolosa, comunque con un passaggio da fare con una certa attenzione. Dopo consulto familiare con consulenza del rifugista decidiamo di fare la parte bassa. Le motivazioni semplicemente sono: timore di trovare brutto tempo, e poi il freddo, se qui ci sono tre gradi, là sopra cosa troveremo?. Valeria è arrabbiata, non vedeva l’ora di “imbracarsi”. Miriana invece è contenta, stressava per il freddo già fuori dal rifugio. In montagna si impara anche a saper rinunciare, a trovare altre soluzioni.
Partiamo quindi ben riparati, pile guanti e cappellino di lana. La parte iniziale del sentiero è comune poi, dopo pochi minuti un bivio separa i due tracciati: noi prendiamo quello a destra, scendendo in maniera decisa, incontrando diversi torrentelli in ambiente roccioso. Dopo circa un’ora le nuvole finalmente lasciano il posto ad un paesaggio a dir poco spettacolare. Sono ben visibili, sotto, il paese di Fiumenero e tutta la valle, sopra, il rifugio Baroni, opposto a noi il puntino arancione del Bivacco Frattini.
Si continua, sempre in discesa per ancora un’altra oretta, fino ad arrivare nel punto più impegnativo della giornata, attrezzato con catene, un poco esposto. Ragazze in sicurezza, tutto tranquillo. Qualche problemino salta fuori poco più avanti, nell’attraversamento di un impetuoso torrente, che mette alle ragazze un po’ di apprensione. Stress psicofisico? Ora il sentiero riprende a salire. Pranziamo con il sole e un bel cielo ora azzurro, sopra un tappeto erboso, con lo spettacolo della Presolana di fronte e sotto di noi i tetti del paese di Valbondione. E’ ben visibile anche Zizzola, con le sue piste da sci, ora striscie verdi. Girandoci per 180° è ancora visibile il paese di Fiumenero. Ci troviamo praticamente nel punto in cui la montagna viene dal sentiero aggirata.
Riprendiamo il nostro trekking, sempre in costa, su pascolo, con percorso abbastanza monotono. Dopo circa un’oretta e mezza incrociamo il sentiero che arriva dal paese di Valcanale. Avvistiamo spesso in lontananza il rifugio Curò (verrà raggiunto domani), ma del rifugio Coca (1892) neanche l’ombra. Continuiamo un saliscendi abbastanza stressante; non vediamo l’ora di arrivare finchè un ultimo ed impegnativo strappo di un bel 150/200 metri ci porta finalmente nei pressi del sospirato rifugio. Arriviamo e siamo stanchi!
C’è un forte vento ed un bel sole. Notiamo subito che il rifugio è ben frequentato, sarà forse perché domani aprono le cascate? Il gestore del rifugio appare subito molto simpatico e disponibile accompagnandoci subito in camerone - stanotte dormiremo in camerone. Dopo aver sistemato letti e zaini facciamo una straordinaria doccia a gettoni, quando tocca ad Arianna si esaurisce la bombola del gas che scalda l’acqua. La bombola viene prontamente sostituita dallo staff montano. E’ già ora di cena e noi abbiamo una gran fame. Cinque grandi piattoni di pizzoccheri vengono divorati in silenzio, non vi dico il secondo. Dalla sala da pranzo, praticamente a strapiombo sulla valle, osserviamo in diretta allo spettacolare tramonto del sole sulla Presolana (2550), immobile davanti a noi, avvolta per brevi tratti da candidi batuffoli di nuvole.
Dopo partita a carte ed immancabile grappino andiamo a dormire abbastanza presto. Crolliamo subito tutti quanti. Milena e Valeria col russare ci danno dentro non poco, ma la cosa simpatica è che gli altri occupanti della camerata, sottovoce, attribuiscono la responsabilità del “rumore vibrato” a Patrizio!
Spesa totale € 160,70
Domenica 22 agosto 2004 - Dal rifugio Coca al rifugio Curò
Fino al pianoro “sponda Arsena” direi di stare sempre attenti, spesso il sentiero è stretto ed esposto. Inoltre esistono tratti ripidi attrezzati e non. Se piove prestare particolare attenzione!
Bellissima giornata con un sole splendente. Il vento di ieri ha fatto un buon lavoro di pulizia. Dopo colazione, ci affrettiamo nei preparativi per la partenza; si vuole raggiungere per tempo i pressi del bacino del Barbellino, e quindi assistere allo straordinario spettacolo naturale dell’apertura della diga del Barbellino, che dà origine alle famose Cascate del Serio, le più alte d’Italia. Dal gestore del rifugio, veniamo a sapere che purtroppo da questo lato della valle lo spettacolo non si riesce a vederlo bene - è sull’altro versante che si può ammirarlo per intero.
Partiamo e in breve si raggiunge la bella conca erbosa appena sopra il rifugio. A un certo punto (attenzione alle segnalazioni), si prende a destra, guadagnando quota con moderata pendenza. Una ventina di minuti di salita, per poi ritrovarsi a superare, alcune vallette secondarie. Si prosegue fino a raggiungere l’aereo Passo del Corno (2220), spettacolare balcone su tutta la conca del Barbellino. Siamo a metà del nostro percorso. Prestare attenzione d’ora in poi al sentiero, che scende leggermente su pendii a volte molto ripidi, fino ad arrivare alla base di un canale di sfasciumi, da fare in salita, attrezzato con alcune catene che permettono di superare il passaggio, in sicurezza, ed arrivare in un piccolo pianoro (sponda Arsena-2325) dove notiamo la presenza di persone che stanno osservando attentamente, quello che succede in valle. Ci avviciniamo incuriositi e capiamo subito come mai tanta attenzione: ci troviamo sopra le cascate. Notiamo un’apertura nella montagna, dalla quale fuoriesce tanta acqua, che riempie un laghetto e poi dà origine allo spettacolare salto.
Facciamo sosta per una decina di minuti e poi proseguiamo a mezza costa verso la Val Morta. Tramite una serie di strette e a volte ripide serpentine, perdiamo velocemente quota raggiungendo il fondovalle in circa tre quarti d’ora. Ora, una ripida mulattiera, permette di salire all’imponente diga del Barbellino. L’ENEL in queste giornate di apertura cascate organizza delle visite guidate all’interno della diga. Non perdiamo l’occasione e anche noi, con casco appropriato in testa, ci aggreghiamo al primo gruppo disponibile. Al termine del giro, in pochi minuti, arriviamo al vicino rifugio Curò (1915), praticamente preso d’assalto da un sacco di gente, escursionisti e non. La camera assegnataci e molto accogliente, da sei posti. Prima di cena Miriana e Valeria giocano insieme ad altri escursionisti a carte - pepatencia -. Il rifugio nel frattempo si è svuotato. Rimaniamo a mangiare in una quindicina. Le due grappe vengono consumate fuori, sotto tantissime stelle. Domani raggiungeremo l’ultimo rifugio del nostro trekking.
Spesa totale € 163,50
Lunedì 23 agosto 2004 - Dal rifugio Curò al rifugio Tagliaferri
Non ci sono tratti particolarmente esposti. Prestare attenzione alla segnaletica. In cresta ricordarsi di girare a sinistra.
Anche oggi, bellissimo inizio di giornata con assenza di nuvole. Dopo abbondante colazione, partiamo, prendendo subito il sentiero 308, in piano, costeggiando il lago del Barbellino (1862). Quando incrociamo il sentiero contrassegnato dal numero 321, iniziamo a salire sulla destra, in maniera decisa, lungo la Val Cerviera, fino ad arrivare in uno splendido pianoro. Qui un paio di simpatiche marmotte ci osservano con attenzione. Proseguiamo a sinistra in salita, fino ad arrivare alla piana del Cornello. La giornata è limpidissima e da questo punto riusciamo anche a notare, parecchio lontano, il puntino arancione del bivacco Frattini, sotto il passo di Valsecca.
Poco più avanti, bisogna abbandonare la via normale di salita, a sinistra, che porta al pizzo Recastello (2886), per inerpicarci sulla destra su sentiero sassoso. Si punta ora, verso la cresta della montagna che divide la Val Cerviera dall’alta valle del torrente Bondione. La salita è abbastanza in piedi, impegnativa. Qui lo spettacolo è grandioso. In cresta prendere a sinistra (noi siamo andati a destra perdendo una mezz’oretta). Le segnalazioni tradizionali, ora, si accompagnano ad ometti e bolli colorati. Senza perdere quota si attraversa la valle, raggiungendo il passo di Bondione (2680) in circa mezzora. Qui ci fermiamo a sbranare i panini preparati al Calvi. Dal passo di Bondione, dopo riposino, si scende su sentiero stretto e ripido oltre che ghiaioso, prima verso destra e poi decisamente a sinistra, sotto il versante est del monte Gleno (2882). Tenere d’occhio i bolli indicatori.
Dopo alcuni tratti, da superare con attenzione (piccole frane), arriviamo ad incontrare il sentiero 410 che sale dalla valle del Gleno. Guardando verso valle è possibile osservare la martoriata diga del Gleno, da noi visitata sei anni fa, con le ragazze ben più piccole (Miriana viaggiava in spalla). Un ultimo strappo finale ci porta a raggiungere il passo di Belviso (2518). Da questo belvedere (spettacolare il sottostante omonimo lago), sfruttando il versante valtellinese, si perviene in circa altri 45 minuti al rifugio Tagliaferri, al passo di Venano (2328). Prima arrivano Arianna, Valeria e Miriana, poi dopo 15 minuti Milena e Patrizio, i quali vengono simpaticamente presi in giro, per la loro lentezza nel camminare, anche da un gruppo di 5/6 ragazzi presenti in rifugio.
Siamo stanchi, con molto appetito e subito facciamo abbondante merenda, a base di the e fette di torta. Dopo la doccia, riusciamo a riprenderci quasi totalmente. Siamo tutti contenti di essere arrivati fino all’ultimo rifugio. A pranzo si mangia molto bene e come premio trekking, pensiamo bene di regalarci qualche bicchierino in più di sgnappa. Tutte veramente ok, fatte dal Cesco, il gestore del rifugio. Per le ragazze domani megapizza.
Spesa totale € 191,40
Martedì 24 agosto 2004 - Dal rifugio Tagliaferri al paese di Aprica
Sveglia, come solito intorno alle 7,15. Oggi abbiamo da affrontare solo tratti in discesa. Dopo colazione abbondante e saluti, si parte per l’ultimo tratto del nostro trekking, che prevede l’arrivo all’Aprica, pizza, un pullman fino a Edolo ed infine un altro pullman fino a Ponte di legno.
La giornata non è bella come ieri. Si scende verso il lago di Belviso stando attenti a mantenere, al primo bivio, il sentiero di destra. E’ un rifugio da rivisitare ci raccontiamo, senz’altro in compagnia. Il tempo si mette male. La pioggia ci sorprende nelle vicinanze di una malga. Chiediamo riparo ai pastori presenti che, con gentilezza, ci invitano in casa. Stanno facendo colazione e uno di loro, siccome deve scendere a Teglio, ci offre un passaggio in auto. Quale manna dal cielo. Praticamente, ci porta fino all’Aprica, dopo aver sostato un attimo al rifugio Cristina. All’una, abbiamo le gambe sotto il tavolo di una pizzeria. L’appuntamento è per le due, alla fermata pullman, per Edolo. Il secondo pullman ci fa aspettare più di mezzora, ed in quella mezzora scende giù dal cielo mezzo diluvio, accompagnato da forte vento. L’arrivo a casa è gradito da tutti, siamo tutti stanchi ma contenti, consapevoli che un’esperienza del genere, rimarrà per sempre, dentro ognuno di noi.
Costo totale dell'escursione € 1198,50 per cinque persone.