Il parco nazionale di Hortobagy, a circa 200 km ad est di Budapest è uno dei parchi più rinomati di Ungheria. Entrata a far parte del patrimonio dell’umanità a partire dal 1999 è di fatto un esempio tipico di Puszta ungherese, ovvero una prateria erbosa di origine glaciale che, grazie anche al fatto che non ha mai conosciuto grandi insediamenti, si è conservata quasi intatta nei secoli.
Benché la prateria fosse estremamente fertile, la combinazione di clima estremo e la scarsa difendibilità del territorio da incursioni dei bellicosi popoli dell’est, ha fatto sì che la zona fosse occupata da sempre da ben pochi insediamenti umani cosa che ha favorito la diffusione di diverse specie animali.
I pastori che hanno popolato la zona nel corso dei secoli, essenzialmente nomadi, non hanno mai avuto un grande impatto nell’habitat degli animali selvatici e grazie anche a questo, la prateria è ora un luogo di estremo interesse per gli appassionati di natura e fotografia.
Dato che il sottoscritto fa parte di entrambe le categorie, il mio interesse nel confronto del luogo non poteva che essere molto alto.
Con la caduta del muro di Berlino, e il conseguente dissolvimento del blocco sovietico, le autorità ungheresi, che avevano sempre trascurato le potenzialità turistiche del Parco, hanno cominciato a manifestare un sempre maggior interesse nello sfruttamento delle risorse naturali del luogo, pur nel rispetto assoluto della fauna selvatica.
Ne è nato un progetto di realizzazione di diversi capanni di osservazione soprattutto ornitologica che vanno via via suscitando sempre maggior interesse nei confronti degli appassionati.
I capanni sono stati creati nell’ottica della fotografia naturalistica e rispondono quindi adeguatamente alle esigenze dei fotografi e birdwatchers.
Sono venuto a conoscenza del progetto nel 2008 ed ho incaricato un caro amico di Budapest di cercare di avere il maggior numero di informazioni su queste strutture.
Grazie a lui ho potuto contattare la società che ha l’incarico di gestire questo tipo di infrastrutture,e tramite il loro sito internet ho potuto dunque richiedere informazioni e procedere alla prima prenotazione, nel dicembre del 2010.Giovedì 18 dicembre 2010
Dopo aver prenotato uno dei 3 capanni adibiti all’osservazione dell’aquila codabianca, partiamo il mattino presto da casa. Per noi è sufficiente arrivare prima di sera a Balmazujvaros, cittadina nel cuore del parco nazionale Hortobagy. Ci separano dalla nostra meta 922 chilometri che percorreremo in un tempo tutto sommato piuttosto breve, visto che ben 895 chilometri sono di autostrada e solo 27 sono di strada normale. In poco più di un’ora siamo al confine sloveno di Fernetti/Sezana. Da qui, dopo l’acquisto della vignetta per l’autostrada (15 Euro per una settimana) proseguiremo verso Ljubljana/Maribor. Attraversiamo dunque tutta la Slovenia e, superato Maribor, il confine per l’Ungheria viene presto raggiunto, dopo una sosta pranzo.
Anche in Ungheria l’autostrada viene pagata con una vignetta. Il sistema è però molto più avanzato di quello sloveno o austriaco: la vignetta si paga alle stazioni di servizio comunicando il numero di targa, che viene trasmesso elettronicamente alle autorità. Un sistema di telecamere rileva ogni tanto tutte le targhe delle auto in transito, incrociando i dati con le comunicazioni di pagamento. Dunque è impossibile sfuggire! E’ possibile pagare la vignetta già nelle ultime due stazioni di servizio slovene prima del confine ed il costo per 4 giorni è irrisorio, meno di 5 Euro.
Per chi non è mai stato in Ungheria, va detto che è molto importante rispettare i limiti di velocità (nella circonvallazione di Budapest, per esempio, è di 80 km/h, anche se non si esce dall’autostrada): le sanzioni sono piuttosto pesanti, quindi conviene prestare molta attenzione.
Arriviamo a Balmazujvaros verso le 5 di sera, dopo circa 11 ore di viaggio, pausa pranzo e piccole soste comprese.
Alloggiamo all’hotel Balmaz che è praticamente l’unica struttura alberghiera del piccolo Paese. E’ un hotel di buon livello, che si trova proprio davanti alla stazione ferroviaria. Una doppia costa circa 75 Euro in questa stagione, con piccole variazioni in più o in meno a seconda della stagione.
Esiste solo un altro piccolo hotel con solo 6 camere in Paese, più economico, ma, stando alle informazioni che mi vengono date dai locali, è sempre piuttosto difficile trovare posto, perché molto gettonato dagli Ungheresi. L’hotel Balmaz ha comunque un buon ristorante e ne approfittiamo fin dalla prima sera per sperimentare alcune delle specialità ungheresi: la prima sera si parte con il goulash, uno dei simboli culinari dell’intero Paese.
Venerdì 19 dicembre.
Secondo le istruzioni ricevute via mail dai responsabili, il giorno dopo ci facciamo trovare pronti alle 5.45 del mattino. Il freddo è intenso, siamo a –8 gradi ma la neve non è molta per la stagione, non più di 5 centimetri. Il guardiaparco è puntualissimo e, dopo aver caricato l’attrezzatura fotografica e aver raccolto un altro fotografo, usciamo dal paese percorrendo una strada ghiacciata che punta ad est, verso i confini rumeno e ucraino. Ci troviamo ad appena 80 chilometri dalla Romania e circa 150 dall’Ucraina.
Dopo 20 minuti di strada, imbocchiamo una stradina secondaria non asfaltata e ci fermiamo nei pressi di quello che sembra essere un allevamento di maiali. Non c’è anima viva, il buio è totale. Ci incamminiamo per l’ultimo tratto di strada, che va percorso a piedi. La guardia ci spiega che di solito se non c’è molta neve si arriva fino al capanno in fuoristrada, ma questa volta bisogna fermarsi prima, perché prima della nevicata c’è stata tantissima pioggia e il fondo è fradicio. Ovviamente il capanno si trova nel mezzo della puszta, ben lontano da qualsiasi insediamento umano, vista la estrema timidezza delle aquile. Siamo vestiti di tutto punto, ma il freddo si fa sentire. Per fortuna ci scaldiamo camminando, anche grazie al peso non indifferente dell’attrezzatura, e dopo un quarto d’ora di cammino tra i ghiacci cominciamo quasi a sudare. Per fortuna scorgiamo nell’oscurità la sagoma del capanno, unica macchia scura tra la neve immacolata. Benché il buio sia ancora fitto e la luna sia coperta dalle nuvole, la sagoma si distingue molto bene. Si tratta di un capanno in legno di circa 4 metri per 4, ricavato nello spazio di un vecchio pozzo di raccolta acqua. E’ quasi completamente interrato ed infatti per entrare bisogna piegarsi davanti ad una minuscola porticina e scendere un paio di gradini. L’interno è molto più angusto, sembra quasi che ci siano degli spessori tra le pareti interne ed esterne. Fatto sta che il capanno non può ospitare più di tre persone. Scendiamo in silenzio e prepariamo la nostra attrezzatura, posizionando i cavalletti, alla fioca luce di una piccola torcia, che il guardiaparco ci raccomanda di spegnere al più presto possibile. Dopo aver aperto le due paratie che coprono il vetro del capanno dall’esterno, la guardia si allontana in fretta, lasciandoci da soli ad aspettare l’alba.
Per non spaventare le sospettosissime aquile è indispensabile per gli occupanti del capanno entrare al suo interno quando è ancora buio e bisogna trascorrere tutta la giornata al suo interno, aspettando il buio della sera per uscire. Se non si rispetta questa regola e le aquile si accorgono che ci sono degli umani in giro, il rischio che spariscano dalla zona anche per tre o quattro giorni è molto alto.
Anche per questo la nostra guardia si è allontanata molto in fretta, è assolutamente vitale che lo faccia prima che arrivi la luce del giorno.
La fioca luca del mattino che si sta avvicinando ci permette di osservare l’interno del capanno. A fianco della porticina, già accuratamente sbarrata, c’è una stufetta a gas che per la verità non sembra essere molto efficiente: se fuori siamo a –8°C all’interno del capanno saremo forse a +5°C. Infatti resteremo ben vestiti per tutta la giornata. D’altra parte il capanno è costruito completamente in legno e la dispersione termica è enorme!
La visione esterna è garantita da due vetri speciali, adatti alla fotografia, che permettono di vedere perfettamente all’esterno senza essere visti. I vetri sono circa due metri di lunghezza per 30 centimetri di altezza e sono disposti verso ovest e verso nord in modo che il sole non dia mai fastidio. In realtà a noi non darà mai fastidio comunque perché entrambe le giornate di appostamento saranno segnate dal cattivo tempo!
Il problema principale di questa reclusione forzata sono i bisogni corporali. Consci del fatto che sarebbe stato un problema noi ci siamo guardati bene dal bere e per questo primo giorno riusciremo a resistere senza mai fare pipì! Per le emergenze c’è comunque un piccolo bagno chimico, tipo quelli montati sui camper. Il problema resta però la presenza di una terza persona e la totale mancanza di intimità! In realtà il giorno dopo uno dei responsabili si scuserà perché la presenza del terzo fotografo con me e mia moglie nasce da un errore di comunicazione: non si erano resi conto che la seconda persona con me era una donna, altrimenti non avrebbero ammesso un terzo estraneo e ci avrebbero lasciati soli, come infatti succederà il giorno seguente. Tuttavia noi eravamo preparati all’evenienza e la quasi totale assunzione di liquidi ci permetterà di resistere tutto il giorno!
Le condizioni per l’osservazione sono ideali: non c’è molta neve e questa è una fortuna perché i vetri di osservazione sono quasi a livello del terreno e se ci fosse tanta neve ostruirebbe parzialmente la visuale. Purtroppo non sono però ideali le condizioni di luce: è molto nuvoloso e la luce è davvero poca.
Le prime aquile non tardano a farsi vedere. Attorno al capanno ci sono alcune esche (pesce e qualche carcassa di coniglio) che attirano i rapaci come i fiori attirano le api. La vita è dura lì fuori ed il terreno ghiacciato e innevato significa scarsità di cibo per questi grossi uccelli dal peso anche di 20 chilogrammi. Dunque le esche significano cibo facile a disposizione!
I fiumi circostanti non sono invece ancora totalmente ghiacciati (questi animali si cibano anche di pesce, tanto è vero che il nome completo è aquila di mare codabianca), ma certamente trovare delle prede già pronte è di gran lunga più allettante che doversi tuffare tra le acque gelide dei fiumi!
Le aquile resteranno nei pressi del capanno, ad una distanza che va da 5 ai 100 metri circa per tutto il giorno. Purtroppo la giornata resterà grigia e scura tutto il giorno, ma l’emozione sarà comunque forte. È la prima volta che vediamo questi splendidi animali da vicino e non sono certamente le condizioni di luce a rovinarci la festa!
Sabato 20 dicembre
Il rituale mattutino si ripete: stessa ora, stesso tragitto, ma stavolta siamo solo io e mia moglie. Anche questa giornata si preannuncia brutta e la temperatura stamattina è addirittura più bassa, siamo a -15°C. Entrando nel capanno avvertiamo una sensazione di calore, ma ciò è dovuto solo alla differenza di temperatura: in realtà per tutto il giorno la temperatura interna si aggirerà intorno ai 0°/2° C. le previsioni del tempo per oggi parlano addirittura di nevicate pomeridiane e, se questa non è una buona notizia per quel che riguarda la luce, lo è perlomeno per le possibilità fotografiche. La guardia forestale che ci ha accompagnato ci avverte che quando le aquile sentono l’avvicinarsi delle nevicate sono molto nervose e proprio per questo molto attive e litigiose.
Entriamo dunque nel capanno pieni di speranze e attendiamo che le ombre della notte lascino il posto alla grigia mattinata. Con la prima luce, anche le aquile non tardano a farsi vedere. La guardia aveva ragione, notiamo subito un certo nervosismo, ma soprattutto notiamo che le tre aquile di ieri sono diventate addirittura 6! Sembrano essere tre coppie, anche se quello che ha tutta l’aria di essere un giovane si avvicina a tratti, la settima aquila.
Stamattina abbiamo anche maggiori problemi di condensa (forse per la maggiore differenza di temperatura tra esterno e interno?), fatto sta che anche questo è stato previsto da chi ha preparato il capanno: seguiamo le istruzioni di chi ci ha accompagnato: i vetri si possono staccare leggermente dal telaio, ed inserendo un piccolo pezzetto di carta si crea un minimo spiffero di aria che permette la scomparsa della condensa. Aumenta però il freddo all’interno del capanno!
Ovviamente sono tutte operazioni che bisogna fare con molta lentezza e molto cura, perché le aquile sono dotate di vista acutissima e qualsiasi movimento le spaventerebbe.
Ma gli animali sembrano troppo indaffarati a litigare più che a disputarsi il cibo. Si affrontano in scaramucce continue, volando a bassa quota e infastidendosi a vicenda, cosa che a noi fa molto piacere perché abbiamo modo di seguire le loro evoluzioni. Dietro di loro ci sono sempre i corvi che a volte, con notevole coraggio, punzecchiano le aquile cinque volte più grandi di loro, nel tentativo di sottrarre qualche boccone di cibo. Oggi siamo più fortunati di ieri, perché atterrano spesso anche molto vicino al nostro capanno e riusciamo a fargli qualche primo piano.
La luce però continua ad essere pessima, grigia e uniforme, certamente non adatta a scattare belle foto.
Ovviamente non si vedono solo le aquile. Sia il primo che il secondo giorno si sono presentate davanti a noi anche alcune poiane e tanti altri piccoli uccelli: corvi, cornacchie, gazze, taccole, soprattutto.
Vedere questa gran attività è una grande soddisfazione. Certamente chi non è appassionato potrebbe avere qualche problema a rimanere tutto il giorno nel capanno, ma in realtà a me e mia moglie il tempo sembra passare velocissimo. Lei si è portata dietro anche un libro e nei momenti di maggiore calma (pochi per la verità!) si da alla lettura, aspettando che io la avvisi se succede qualcosa di interessante. Anche lei ha la sua macchina fotografica con un obiettivo leggermente meno potente, ma questo le permette di ritrarre molte scene di insieme.
La giornata non è comunque molto lunga, in quanto alle 16.30 è già piuttosto buio, le aquile se ne vanno e la nostra guardia torna a prenderci. Per sicurezza ci hanno informato che non dobbiamo uscire fino a quando arriva lei, ed infatti aspettiamo di scorgerne la sagoma per uscire all’aperto. Oggi ha portato anche una bombola di gas sulla schiena, per sostituirla con quella esistente. Non essendoci strade fino al capanno tutto viene portato a spalle, quando le condizioni della neve non permettono di arrivare fino a qui, dalle bombole di gas, al cibo usato come esca. Inutile dire che anche il nostro pranzo è stato portato negli zaini.
Ma la sera ci aspetta una cena calda e, durante il tragitto di ritorno già sogno lo stinco di maiale al forno con le patate che ho visto nel menù ieri sera!
Domenica 21 dicembre
Sulla via del ritorno ci fermiamo a Budapest per trascorrere una giornata con i nostri amici. Abbiamo già visitato la città in altre occasioni, per esempio quando siamo venuti al loro matrimonio, ma visto che ci ritroviamo in centro (siamo partiti di buon mattino proprio per sfruttare al massimo la luce) ne approfittiamo per goderci di nuovo una parte della bellissima città.
Ma certamente Budapest non ha molto da spartire con questa immersione nella natura, dunque trascurerò questo aspetto.
La nostra visita al parco nazionale di Hortobagy è stata certamente all’altezza dell’aspettativa: sappiamo molto bene che i capanni sono diversi e diverse sono le specie che si possono osservare a seconda della posizione e della stagione. Ci sono infatti altre specie che mi piacerebbe vedere e fotografare magari in primavera, anche se è molto probabile che torneremo qui nella stessa stagione magari per osservare le aquile in condizioni diverse.
Il solo lato negativo è stato quello delle condizioni atmosferiche avverse che ha creato un certo handicap dal punto di vista fotografico. Avere il sole sarebbe stata tutt’altra cosa, ma da queste parti il sole d’inverno si vede davvero poco.
Dovremo senz’altro tornare anche se certamente la distanza da casa è notevole, ma considerato che si tratta solo di autostrada, non ci pesa più di tanto, visto che si riesce a coprire in una sola giornata. Insomma, la destinazione è ideale per chi è appassionato di natura e vuole magari trovare un posto dove andare per un ponte di tre o quattro giorni.
Dicembre 2011, un anno dopo
Ho ripetuto la stessa esperienza esattamente un anno dopo, per il ponte dell’8 dicembre.
Due giorni che però sono stati completamente diversi: le condizioni climatiche non erano le stesse e chi conosce la natura sa che questa cosa può avere un impatto notevole sul comportamento degli animali: così è stato. Il primo giorno sono stato nello stesso capanno dell’anno precedente: partenza alle 5.45, arrivo questa volta fino alla porta del capanno in fuoristrada, visto che non c’era la neve, e attesa della luce del giorno in totale silenzio, visto che stavolta ero solo. Corvi e gabbiani sono arrivati subito (i gabbiani lo scorso anno non si erano fatti vedere) ma le aquile si sono fatte desiderare. In tutto il giorno è arrivato solo un giovane. La cosa si spiega fondamentalmente con il fatto che, essendo la temperatura molto meno rigida e mancando del tutto la neve e soprattutto il ghiaccio nei fiumi, le aquile trovano maggiori risorse alimentari e di conseguenza la zona antistante il capanno, ricca di cibo, viene spesso ignorata. Non va infatti dimenticato, come già detto, che questi rapaci sono piuttosto timidi e, benché non possano vedere gli umani all’interno del capanno, percepiscono la loro presenza e la loro mano nel tipo di ambiente antistante il capanno. Di conseguenza, fino a che hanno la possibilità di trovare cibo nel loro habitat naturale, che significa per loro anche maggiore sicurezza e meno stress, le visite alla zona antistante ai capanni sono solo occasionali e dettate solo dalla facilità di procurarsi cibo senza sforzi..
Dunque una vera sfortuna che non facesse così freddo! Di conseguenza, il primo giorno ho passato il tempo fotografando i molto più comuni gabbiani e corvi, ma sono riuscito a vedere anche una volpe, seppur lontana, e un magnifico esemplare di airone bianco.
Il secondo giorno è andato decisamente meglio: abbiamo anticipato la partenza alle 5.20 visto che c’era anche una coppia di Inglesi: la nostra guardia ha prima scaricato me in un altro sito (ce ne sono tre e io ho provato questo per la prima volta) per poi portare gli Inglesi nel capanno principale dove sono stato io il giorno precedente.
Il nuovo nascondiglio si è dimostrato più confortevole, con un solo lato vetrato ma con un vetro alto e uno più basso, a livello del pavimento, dove era possibile, volendo, stendersi su un materassino e fotografare dal basso, cosa molto in uso quando si devono fotografare degli uccelli a terra.
Non ho dovuto attendere molto, perché era ancora buio quando, una dopo l’altra, sono arrivate ben 6 poiane. Purtroppo la luce era molto scarsa e quasi impossibile fotografare (la maggioranza degli scatti sono stati fatti a 3200 Asa e oltre).
Tuttavia è stato divertente ed emozionante vederle così tranquille e così da vicino. Purtroppo se ne sono andate alle 8.30, quando la luce cominciava ad essere decente, nonostante la pessima giornata nuvolosa, per lasciar posto ai soliti gabbiani, corvi e stavolta anche gazze e storni e qualche taccola.
Così durante il giorno mi sono divertito ad osservare e fotografare uccelli più comuni: questo non significa che non si possa avere degli ottimi spunti.
Le aquile di mare non si sono ahimè fatte vedere e solo nel tardo pomeriggio (che lo facciano apposta?), quando la luce ricominciava a calare, sono invece tornate a trovarmi le poiane. Questa volta addirittura 8 e per giunta litigiose!
Troppo tardi per fotografarle bene, ma mai troppo tardi per godersi lo spettacolo di questi animali comunque splendidi anche se più piccoli in dimensioni rispetto alle aquile.
Al ritorno della guardia con gli Inglesi ho scoperto che è stato per me vantaggioso cambiare capanno: nell’altro si è fatta vedere solo un’aquila per un paio di volte, non molto vicino.
Tutto sommato la prima visita dello scorso anno ha dato migliori risultati della seconda: il gelo e la neve, oltre a rendere l’atmosfera e l’ambiente circostante più gradevole alla vista, costringe le aquile a dipendere di più dalle fonti di cibo che trovano a poca distanza dai capanni: dunque le si vede più spesso. D’altra parte, essendo animali totalmente liberi, sono imprevedibili ed ogni giornata è diversa dalla precedente: Saranno certamente diverse anche le mie prossime giornate ad Hortobagy, ho già deciso che per il mio prossimo viaggio controllerò attentamente le previsioni del tempo: mi muoverò infatti all’ultimo momento, dopo essermi accertato che ci sia la neve, il freddo e soprattutto il sole, le tre condizioni ideali!
Un motivo di più per apprezzare questi tonificanti bagni di natura!