Il mio viaggio in Amazzonia

Un’esperienza umana di valore inestimabile nel profondo della foresta

Sono arrivato di notte a Lima, in aereo, passando per Amsterdam, con il volo più economico che ho trovato. L’aeroporto è un po’ fuori dalla città e appena scesi si è assaliti da folle di taxisti e procacciatori di affari, che cercano di conquistare qualche cliente, magnificando le qualità del tale albergo ed altro… Mi rendo conto che di spenna-turisti ce ne sono molti, le truffe sono numerose e preferisco passare la notte in aeroporto, poiché devo ripartire nella prima mattinata per Cuzco.
Alcuni mi propongono pacchetti turistici tutto compreso, voli aerei per l’Amazzonia, a prezzi folli (o comunque molto sopra le mie possibilità economiche).
Andare in Amazzonia ed incontrare le comunità indigene, ammirare la incredibile varietà vegetale ed animale, è sempre stato il mio sogno ed è una delle cose che mi hanno spinto a venire in Sudamerica. Ho intenzione di stare tre mesi e visitare Perù, Bolivia ed Ecuador… ma ho pochi soldi con me e non ho intenzione di muovermi come un normale turista.
Il piccolo aereo che mi porta a Cuzco sorvola la catena delle Ande, mostrando prima montagne riarse, senza alberi (siamo al termine della stagione secca), poi stupende cordigliere innevate, alte più di 6000 metri, che svettano sopra le nuvole. Ho scelto di arrivare a Cuzco in aereo, perché un amico mi aspetta e poi la guida che ho letto prima di partire sconsigliava il percorso Lima-Cuzco via terra, perché si sarebbe attraversato una zona pericolosa per la guerriglia di Sendero e fenomeni di banditismo che prendono di mira i turisti.
Il pilota dell’ aereo, dopo alcuni tentativi falliti di atterrare nel piccolo aeroporto di Cuzco, circondato da alte montagne, finalmente riesce, con una ardita picchiata, qualche sobbalzo ed una brusca frenata, ad atterrare suscitando un sentito applauso tra i passeggeri.
Cuzco è l’antica capitale del regno incaico, ricchissima di testimonianze archeologiche. Vi si possono trovare templi e costruzioni ciclopiche che lasciano senza fiato per la perfezione e la grandezza delle pietre usate (provenienti da altri luoghi, trasportate e levigate, innalzate con precisione millimetrica da un popolo che non aveva strumenti di ferro e la ruota!
Oggi Cuzco è una cittadina assediata dai turisti; è ancora presente molto della cultura tradizionale andina, ma purtroppo si sta occidentalizzando sempre di più… dovunque spuntano minidiscoteche, pub, pizzerie, e forse anche Mac Donalds.
Ma nei mercatini ancora si trovano persone del luogo che vendono le loro produzioni, che cucinano carne, mais, vendono chicha (bevanda simile alla birra, ma pericolosa per lo stomaco occidentale), maglioni e bambini che vendono fette di torta o lustrano le scarpe o si offrono per qualche foto con il lama o come guida per la città.
A Cuzco si trova facilmente da dormire e da mangiare a poco prezzo; l’offerta è molto varia! Basta evitare gli alberghi per turisti, optando per l’ospitalità familiare o hostal economici.
Frequentare i piccoli ristoranti dove vanno le persone del luogo (un piatto di minestra, riso e carne, più bevanda circa 2000-3000 lire).
La famiglia che ci ospitava era molto cordiale e si offrì di portarmi dalla curandera della zona, quando mi arrivò l’immancabile crisi di diarrea (avevo assaggiato la chicha appena arrivato).
Dopo una limpia fatta con un uovo e la prescrizione di alcune erbe amare, in pochi giorni mi sono ripreso. Ma ci sono casi di diarrea che continuano anche per un mese!
Bisogna assolutamente, arrivando in aereo a Cuzco, che è molto alto (3500 m.), rimanere a riposo alcuni giorni e curare l’alimentazione per dare il tempo al corpo di ambientarsi. Io ovviamente mi ero fatto prendere dall’entusiasmo delle novità e mi ero subito lanciato in arrampicate tremende sul Huayna Picchu (la montagna ripidissima davanti alle rovine di Macchu Picchu).
Ospite nella stessa casa a Cuzco, c’era anche una giovane pittrice di Lima, molto simpatica, che ci incoraggiò ad andare verso l’Amazzonia, dandoci consigli e assicurandoci che era possibile, secondo lei, arrivarci con mezzi di fortuna senza spendere troppo. Dopo aver valutato con lei da quale parte poteva convenire entrare in Amazzonia, senza permessi, senza aereo, senza accompagnatori, senza agenzie, evitando le zone turistiche, decidiamo di provare l’ingresso dal vicino passo di Paucartambo (che ci interessava visitare anche perché in quella zona vive la popolazione dei Q’uero, una popolazione che non si è mai arresa agli spagnoli, che ha preferito ritirarsi su alte montagne e mantenere rigidamente le loro tradizioni e conoscenze.
Sono un popolo straordinario,che vive a 5000 metri di altezza in luoghi sperduti sulle Ande, quasi sempre immersi tra le nebbie (almeno in quel periodo) e vicini al confine delle nevi perenni!
Arrivati a Paucartambo con un pullman, che si inerpica a fatica su strade sassose, strette e ripidissime (con paurosi burroni e splendido panorama sulla valle e le montagne intorno a Cuzco), troviamo subito ospitalità nell’unico ostello del villaggio (una camerata con vari letti singoli, usati dai locali e che guardavano con stupore e diffidenza quei due strani gringos con ponchos e cappello di lana a punta).
Faceva molto freddo, perché il passo di Paucartambo è circa a 4500 metri e l’aria calda proveniente dall’Amazzonia si scontra con quella fredda delle Ande, formando una fitta nebbia che spesso oscura il sole,facendo battere i denti. L’erba quasi non riesce a crescere, resistono solo strani cactus lanosi e bassi, e qualche misteriosa pianticella con rami contorti e rossastri.
La nostra voglia di conoscere i Q’uero ci fa cercare una guida che possa trasportare bagagli e viveri con i cavalli e farci anche da traduttore. Dopo una breve ricerca ci dicono che forse c’è un vecchio disponibile e che non chiederebbe nemmeno troppo per questo lavoro: persona molto disponibile, ci racconta che nel passato aveva accompagnato qualche straniero dai Q’uero, ma poi aveva smesso perché la zona era infestata dalla guerriglia di Sendero Luminoso (e che solo da qualche anno era tornata nuovamente tranquilla); ci racconta che all’inizio Sendero aveva molto seguito tra la popolazione, ma poi hanno incominciato ad uccidere troppa gente, anche contadini del posto, e la militarizzazione, le rappresaglie governative avevano spinto ad avere continuamente paura delle spie; così anche il favore popolare si era perso e i guerriglieri, sconfitti si sono dispersi.
Ma a sconsigliarci questa avventura d’alta quota non fu tanto il discorso della vecchia guida, ma due giovani antropologi che stavano scendendo proprio dai villaggi dei Q’uero; non furono tanto le loro parole a dissuaderci, ma i loro volti paonazzi e stanchi (erano vestiti da Himalaya, ma ugualmente mezzo congelati…), si capiva che avevano camminato molto ed erano molto provati. Ci dissero che sì, potevamo anche andare, ma saremmo stati poco tempo, avremmo dovuto superare il problema della lingua, della diffidenza e alla fine non saremmo riusciti a conoscere veramente la loro cultura, finendo solamente per infastidire un popolo molto orgoglioso del suo isolamento. Avevano perfettamente ragione e così ci accontentammo di vedere ed ammirare alcuni rappresentanti di quel popolo (che erano a Paucartambo di passaggio, forse per vendere alcuni loro prodotti). I Q’uero hanno gli sciamani più potenti di tutto il Perù e riescono a vivere a 5000 metri di altezza, coltivando patate, fave e quinua, oja e allevando lama e cui (porcellini d’India). Erano incredibilmente vestiti con un corto poncho, pantaloni al ginocchio e sandali! Alcuni anzi erano scalzi e non sembravano sofferenti per il freddo!
Il mio amico inoltre non si sentiva benissimo a quell’altezza e pensare di salire ancora, camminare per giorni in mezzo alla nebbia con uno zaino in spalla, con il cuore che batte a mille ed i polmoni che fanno fatica a trovare ossigeno, dando continuamente la sensazione di soffocare… era troppo per lui!
Così il giorno dopo ci facciamo dare un passaggio da una camionetta che si recava fino all’inizio del Parco del Manu, zona protetta tra le più interessanti del Perù; andavano a trovare i guardaparco, che avevano una casetta sul fianco di una montagna, che domina dall’alto il Bacino amazzonico.
La parte alta della foresta,abbarbicata sulle montagne e perennemente coperta di nebbia tiepida, ospita molti animali strani tra cui un tipo di orso che vive solo lì. Ed alberi dalle foglie larghe, che troviamo spesso nei nostri appartamenti, dentro a piccoli vasi. La nostra prima passeggiata da soli nella foresta pluviale, tra piante completamente coperte di muschi e licheni ed orchidee fiorite, di vari colori è stata emozionante, ma di animali non abbiamo visto traccia, tranne qualche rumore in lontananza.
Al nostro ritorno verso la casetta dei due gardiaparco che ci ospitavano, ci siamo messi a parlare e si sono rivelati una miniera di informazioni. Ci hanno dato indicazioni abbastanza precise sulle comunità indigene del parco, su quali di loro avessero ancora un tipo di vita tradizionale, quali potessero accettare degli stranieri senza causare eccessivo disturbo, quali avessero persone che conoscevano lo spagnolo.
Ci dicono che c’è una comunità interessante, piccola, ma con uno sciamano potente, loro amico.
Il giorno successivo, per sdebitarci delle informazioni ricevute e per l’ospitalità amichevole, decidiamo di fermarci ad aiutarli nei loro lavori; stanno portando dei tubi di plastica fino ad una sorgente, abbastanza lontana, sulla montagna, in modo da avere l’acqua corrente nella loro casa. Non avrei mai detto che fosse così faticoso trasportare cose a quella altezza! Credevo di morire! E i due guardiaparco sorridevano stupiti per il nostro impegno e per la nostra resistenza!
La mattina dopo siamo pronti a salire sull’ultima corriera che ci porterà fino ai piedi delle Ande, nel versante Amazzonico.
Lo spettacolo dell’Amazzonia visto dall’alto delle Ande è pauroso ed impressionante! Si scende per strade sempre più tortuose e fangose, con frequenti ruscelli che invadono la strada. Davanti a noi a perdita d’occhio foresta pluviale immersa nella nebbia! Sembrava di sprofondare in un altro mondo, in un’altra dimensione temporale!
Man mano che scendevamo faceva meno freddo, la vegetazione cambiava, a tratti si intravvedeva qualche uccello strano, una piccola scimmia. Al lato della strada le enormi ruspe che avevano il compito di aggiustare la strada periodicamente disastrata. E’ incredibile come un pullman possa fare certe strade… varie volte ho temuto che non potesse più continuare e che non avrebbe più potuto nemmeno fare manovra su una strada così ripida e stretta! Credo che ci voglia una patente speciale per quelle strade!
Siamo arrivati col buio al capolinea dell’autobus, un piccolo villaggetto di baracche di legno proprio ai piedi delle Ande, dove l’Amazzonia si estende ormai su basse colline. Intorno a noi solo fitta vegetazione e baracche fatte con assi di legno distanziate tra loro di qualche centimetro; sembrava un villaggio di frontiera tipo Far West, con animali al pascolo, galline, maiali e qualche somaro. Tutti ci guardano come se fossimo l’unica novità da mesi… Siamo attirati da un piccolo assembramento davanti una capanna: vendono biglietti e appeso davanti la porta un cartello:cinema! Non crediamo ai nostri occhi! Naturalmente lì non c’era la luce elettrica ed il cinema consisteva in un televisore collegato alla batteria di un camion che trasmetteva una cassetta di arti marziali! La baracca-cinema era strapiena di persone che ammiravano quello spettacolo con grande interesse e divertimento. Devo ammettere che non era male, dopotutto… si trattava di Capuera, un'arte marziale brasiliana, ed il film era centrato sulla rivalità tra praticanti la capuera e un gruppo di “cattivi” che praticavano il kung-fu… naturalmente vincevano i capueristi, con grande gioia del pubblico. Ma la cosa più divertente era che la luce del televisore attirava quantità industriali di insetti (dio solo sa quanti ce ne sono in Amazzonia, farfalle ed altro, di tutte le forme e dimensioni… per evitare che lo schermo si coprisse letteralmente, oscurando la visione del film, qualcuno periodicamente si doveva alzare dalla prima fila per allontanare con la mano gli insetti! Era buffissimo vedere guerrieri terribili fare mosse di kung-fu con farfalle che svolazzavano impertinenti sulla loro faccia!
Il giorno dopo, l’alba ci dice che siamo in Amazzonia… ancora non ce ne rendevamo conto veramente: canti stranissimi di uccelli, farfalle enormi e colorate, serpenti corallo, fiori incantevoli e mai visti crescevano intorno alle capanne… e gli alberi dalle forme strane, molti dei quali offrivano frutti misteriosi, alcuni assomigliavano a noci di cocco, altri a enormi carrubi o fagioloni che facevano pendere i rami degli alberi fino a terra. I bambini andavano pazzi per i semi di quella pianta, che sono molto dolci, e poi la canna da zucchero! E le ananas… che buone le ananas fresche! Tutta un’altra cosa rispetto a quelle che conosciamo noi!E lo stesso si può dire per le banane, dei tanti tipi di banane! La baracca che ci ha ospitato era condivisa da altri personaggi caratteristici che lavorano e vivono da quelle parti, strani, ma simpatici… sicuramente avranno molte storie interessanti da raccontare, ma non sembrano molto loquaci.
Ma questa è ancora la parte meno interessante della foresta,quella più abitata,quella che vive grazie al commercio della legna e della frutta, alla ricerca di oro e petrolio e di pietre preziose!
La strada continua ancora nella giungla, seguendo il corso del Rio Madre de Dios, ma non ci sono più corriere o trasporti pubblici… Ora dovremo continuare cercando un passaggio da qualche privato con fuoristrada (e facce da galera poco rassicuranti) o aspettare un camion carico di mercanzie da scambiare con qualche comunità più all’interno che vende legna e frutta.
Per pochi spiccioli ci arrampichiamo sulle sponde di un camion che gentilmente accetta di trasportarci; gettiamo gli zaini all’interno del cassone cercando di non schiacciare le galline, le uova e le altre mercanzie trasportate da donne meticcie di ritorno da qualche mercato. La strada è sempre più accidentata, la foresta sembra volersela mangiare giorno dopo giorno e bamboo spinosi si sporgono pericolosamente, ogni tanto, costringendoci ad acrobazie per schivarli.
Dopo un centinaio di chilometri percorsi in questo modo, attraversando con il camion guadi incredibili, che ancora oggi non credo come sia riuscito a non rovesciarsi, a non rimanere piantato in mezzo alla corrente o trasportato alla deriva… in certi momenti sembrava un carroanfibio!Siamo arrivati (dopo aver superato alcuni blocchi militari) all’ultimo villaggio servito dalla strada, col buio!
Dopo di che la foresta ed il fiume! Loro erano i padroni! Gli alberi erano sempre più grandi e strani.
Sotto una tettoia adibita a ristorante, alcune donne del villaggio stavano col loro pentolone sopra un lungo tavolo, attendendo di servire le persone di passaggio; si poteva scegliere il menu preferito, ci si sedeva davanti al pentolone con l’odore più invitante e, senza nemmeno contrattare (perché i prezzi erano incredibilmente bassi, al punto che quasi mi vergognavo di mangiare un enorme piatto di riso ricoperto di buonissima carne, ed una minestra di verdure per solo duecento lire… ma quello era il prezzo pagato dagli altri e quello mi chiedevano) e se volevi il bis, compreso nel prezzo, te lo davano!
L’atmosfera era rilassata, tipica di persone stanche che hanno lavorato duramente, guadagnando al massimo un dollaro al giorno, ma che ormai hanno perso la fiducia di poter vivere qualcosa di diverso… Il camionista ci raggiunge trafelato, contento di poterci riportare la macchina fotografica che avevamo dimenticato nel suo camion, scendendo al buio… non ce ne eravamo ancora accorti, perché non ci va di fare fotografie a queste persone, che certamente non lo gradirebbero e mi sembrerebbe di far loro una violenza. La macchina fotografica ti identifica come un gringo turista e ti separa dalla gente, dalle loro emozioni e dalla loro simpatia; in tutto il viaggio abbiamo scattato pochissime foto, quando proprio il mio amico non riusciva a farne a meno. Le immagini che l’Amazzonia ci ha regalato sono un ricordo esclusivo per noi… impresse nel cuore indelebilmente.
Parlando con la gente del posto, curiosi del nostro arrivo e delle nostre intenzioni, riusciamo a trovare una persona che cercherà di convincere il giorno dopo una commerciante, proprietaria di una canoa che deve scendere lungo il rio Madre de Dios ed arriva più o meno all’altezza dell’affluente che dovremo risalire per arrivare alla comunità indicataci dai guardaparco… aiutandola a scaricare le sue mercanzie e magari un piccolo contributo, dovrebbe portarci fino a destinazione!
La donna è abbastanza antipatica e taciturna, ma accetta di trasportarci. Dopo aver rotolato su per un ripido sentiero pesantissime botti piene di gasolio od altro combustibile e casse di birra ed altre bevande, fino ad un insediamento di alcune popolazioni meticce, la commerciante si lascia convincere dalla gente del posto a fermarsi un po’a far festa con loro ed in poco tempo sono tutti ubriachi della birra che avevamo trasportato. La donna ed il ragazzo che guidava la canoa sono troppo ubriachi per continuare, non ne vogliono sapere… la situazione ci sembra non troppo tranquilla e non ci va di rimanere lì a lungo, proviamo quindi a buttare dell’acqua sulla testa del timoniere per vedere se si riprende, ma niente… è partito per la tangente e continua a ridere imperterrito! Viene in nostro aiuto un loro conoscente che, con il consenso della donna,ci porterà al posto suo.
Dopo circa un’ora di navigazione, col fiume che si fa sempre più largo ed impetuoso, con alberi sommersi e gorghi da evitare, incontriamo con grande fortuna una canoa della comunità che volevamo visitare. Il ragazzo che ci accompagnava li chiama e questi rispondono, avvicinandosi.
Dopo una rapida presentazione e qualche tentativo di rispondere alle loro domande sul perché volevamo conoscerli, accettano di farci salire sulla loro canoa, con bambini un po’ perplessi, forse intimoriti e donne sorridenti e curiose… erano andati a pescare!
Mi sento molto emozionato per questo incontro e non riesco a smettere di osservarli, colpito dai loro sguardi sereni e fieri, dai loro lineamenti così caratteristici… Le donne credo fossero colpite dal vedere gringos così strani, diversi da quelli che vedevano di tanto in tanto. Nessun turista fai da te era mai passato da quelle parti e nessuno che si dicesse interessato alla loro cultura e spiritualità.
Quello che parla spagnolo ci dice che ci porteranno fino al loro villaggio, poi la comunità si riunirà per decidere se potremo fermarci o se ce ne dovremo andare, il giorno dopo.
Finalmente arriviamo al piccolo porticciolo dove leghiamo la canoa e seguendo uno stretto sentiero, in fila indiana, ci dirigiamo nella foresta, fino a raggiungere una larga spianata circolare dove sorgono alcune capanne. E’ un altro mondo, di una bellezza e semplicità stupefacente! Palafitte sopraelevate, costruite con materiali locali e con una capacità tecnica notevole, frutto di una tradizione millenaria, altro che le catapecchie dei meticci, che ci avevano ospitato finora!
Tutto intorno fiori, piante aromatiche… poco lontano i campi coltivati, strappati alla foresta, con l’aiuto del fuoco.
Fuochi controllati, quel tanto che bastava per le loro coltivazioni; sulla terra cosparsa di cenere piantano subito banani ed altre piante che con gli anni diventeranno alberi e tra questi seminano in ordine sparso, ma con una logica precisa, con la giusta spaziatura, mais, fagioli, pomodori, cotone, manioca, tabacco ed erbe medicinali, tutto insieme ad imitazione della foresta.
Il capo della comunità ed alcuni anziani ci fanno domande e ci squadrano attentamente, poi vanno in un’altra capanna per decidere e fortunatamente ci dicono che possiamo rimanere, a patto che diamo un piccolo contributo alla famiglia dello sciamano che ci ospiterà ed un altro che verrà distribuito alla comunità, per non suscitare gelosie: una cosa giusto simbolica, una richiesta che accettiamo con gioia!
Alcune famiglie ci avrebbero invitato nella loro capanna per parlare ed offrirci alcuni oggetti di artigianato costruiti da loro, collanine, borse… è stato un onore ricevere oggetti così belli e vivi.
Nel villaggio producono tutto quello che serve loro, comprano forse il sale e poco altro. Alcune canoe hanno un motore, che li aiuta a risalire la corrente, anche quando il fiume è grosso e permette loro di visitare comunità lontane più facilmente. Sono comunque acquisti occasionali abbastanza rari.
Vivono coltivando, cacciando e pescando; inoltre raccolgono numerosi frutti e radici selvatiche.
Filano il cotone da loro coltivato ed usando anche altre fibre ottenute da erbe ed alberi, tessono abiti, stuoie, borse, reti, amache e li tingono con colori naturali bellissimi, facendo disegni molto particolari e simbolici.
Tapiri, pappagalli, giaguari e scimmie facevano giornalmente la loro comparsa… alcune volte facendo schiamazzi, altre volte facendosi vedere a pochi metri dal villaggio, altre volte lasciando solo le impronte nella notte.
Il figlio dello sciamano ci faceva da guida nella fitta foresta primaria (che non è mai stata tagliata dall’uomo) tra alberi dalla corteccia spinosa, liane gigantesche, alberi della gomma, alberi con radici che si allargano creando muri alti come una persona che si allontanano dalla pianta decrescendo lentamente in modo sinuoso. Alberi alti anche 60 metri!
Spesso la nostra guida ci indicava le proprietà medicinali delle singole piante… sono certo che le conosceva tutte e che sapeva bene come usarle per curare o per tingere o per nutrirsi, per costruire, per uccidere, per trovare visioni. Si arrampicava come una scimmia su alberi altissimi per raccogliere frutti stranissimi e buoni da farci assaggiare. Passavamo seguendo sentieri quasi invisibili, facendo guadi, evitando le molte spine ,gli insetti ed i serpenti, camminando sopra ad alberi crollati, usandoli come ponte per attraversare grossi torrenti; ci portava nei luoghi frequentati dagli animali, dove andavano a leccare il fango salato e ci divertivamo a seguirne le tracce.
Tornati al villaggio venivamo spesso invitati ad entrare in altre capanne e ci veniva offerta la loro bevanda tradizionale, il masado, fatto con radici di manioca masticata e sputata dalle donne, poi messa a fermentare dentro grossi recipienti di legno con acqua del fiume; diventa un liquido denso e leggermente alcolico, che da un senso di pace ed allegria senza ubriacare.e stranamente non suscita la diarrea in chi la beve! Comunque non potevamo rifiutare la loro gentile offerta senza offenderli!
A loro piace molto parlare con gli ospiti seduti nel piano basso della loro capanna, e intanto che parlano fanno sempre qualcosa, filano il cotone o tessono reti o si occupano dei bambini.
Bellissimi bambini ed anche la figlia dello sciamano era bellissima e molto intelligente, purtroppo però era sordomuta, ma era talmente sveglia ed attenta che non ho capito subito che avesse un problema… credevo che non parlasse lo spagnolo! Ci ha sfidato in giochi di destrezza in cui era abilissima e ci ha insegnato a nutrire la loro mascotte, un picchio enorme e coloratissimo, che avevano adottato sin da piccolo: gli portava vermi cercandoli nella terra o tra alberi morti. L’uccello era sempre sulle nostre spalle e non smetteva mai di seguirci. Alla mattina svegliava tutti con il suo verso stranissimo e potente.
Abbiamo aiutato la comunità nei vari lavori e pescato con loro stendendo le reti in piccoli affluenti dove si vedevano uccelli in caccia; alcuni battevano l’acqua con un bastone, altri stendevano la rete nuotando nel torrente e tirandosela dietro, un’operazione non facile! Poi man mano che la rete si chiudeva i pesci cominciavano ad agitarsi:.alcuni riuscivano a svignarsela tra le nostre gambe, altri saltavano fuori dall’acqua nel tentativo di superare la rete… certi pescioni abbiamo pescato, veramente pazzeschi, mai visto pesci così grandi!
In quella zona pare che di caimani ce ne fossero pochi e anche i pirañas, ci hanno assicurato non erano particolarmente pericolosi;.invece temevano un po’ altri pesci velenosi, e quelli che danno la scossa elettrica. Abbiamo navigato con le loro basse canoe, molto instabili ma veloci e facili da manovrare, schivando rocce affioranti e tronchi sommersi; una volta anche con il buio, perché ci eravamo fermati troppo a pescare! Non so come abbiano fatto, senza nessuna luce artificiale, a raggiungere indenni il villaggio e a riconoscere il punto dove fermarsi… io ero già completamente perso!.Uno davanti con un lungo bastone dava indicazioni al timoniere sul livello dell’acqua e gli ostacoli da evitare! Hanno una conoscenza del posto ed una capacità di sopravvivere alle difficoltà veramente unica, ma anche loro per un attimo si erano preoccupati. Credo abbiano una visione notturna molto migliore della nostra.
Abbiamo avuto anche il privilegio di partecipare a Cerimonie con piante magiche e a cerimonie di guarigione a cui partecipava l’intera comunità. Abbiamo parlato con loro dei problemi della foresta e dei popoli che la abitano… ci hanno accennato alla loro tradizione e storia, ci hanno accolto come fratelli e alla nostra partenza non pochi erano commossi e ci chiedevano quando saremmo tornati!
Per tornare, una volta arrivati alla strada, non c’erano camion, non passava quasi più nessuno! Stava incominciando la stagione delle piogge ed i torrenti erano ingrossati, la strada non era quasi più percorribile!Se ci fossimo fermati ancora qualche giorno, saremmo rimasti bloccati lì per dei mesi!
L’unico camion che vediamo arrivare, dopo giorni di sereno, è guidato da una donna, dice che sì potrebbe darci un passaggio, ma prima deve riempire il camion di mercanzia, deve cercare qualcuno che le venda delle radici di manioca e della legna. Ed è così che mi ritrovo a guidare enormi tronchi galleggianti, per evitare che la corrente li porti lontano, poi in otto persone li solleviamo e li carichiamo nella barca; dopo aver quasi riempito il camion di questi tronchi, dice che dobbiamo andare a raccogliere la manioca (sotto un sole cocente abbiamo disboscato con i machete il campo, poiché la manioca è un alberello… poi scavato le grosse radici superficiali che crescono a raggiera, facendo attenzione per non rovinarle; messe dentro sacchi, pesate e trasportate in spalla fino al camion… I braccianti che lavoravano con noi erano abbastanza divertiti dalla nostra presenza e dalle nostre gambe che a volte barcollavano camminando su quei sentieri nella giungla, fra coltivazioni di coca, con sacchi di 50 chili sulle spalle!
Finalmente il camion può partire ed insieme a noi si affollano una quantità di persone che approfittano del passaggio, ormai raro. Il camion è strapieno! C’è veramente di tutto, dai maiali alle ananas e la maggior parte degli uomini sta sul bordo del camion, seduto sulle alte sponde, ben aggrappato per non cadere nei continui scossoni, dovuti alla strada piena di buche.
Durante il viaggio il camion, troppo carico, ha forato le ruote almeno 6 volte! Ma con grande calma la donna smontava la ruota, aggiustava il foro e metteva un’altra camera d'aria…
Se nel viaggio di andata era piacevole sentire la temperatura che aumentava man mano che si scendeva dalle Ande verso il bacino Amazzonico, al ritorno l’effetto è stato drammaticamente contrario, anche perché siamo arrivati sul passo di notte e mi sembrava facesse un freddo indiavolato! L’ultimo tratto di montagna ci siamo dovuti rintanare nel cassone del camion, tirando il telone sopra di noi e c’era solo il posto per respirare:.muoversi era impossibile!

E’ stata un’esperienza indimenticabile e non ho speso quasi niente.
Poi sono stato sul Lago Titicaca, a Tiahuanaco, sulle isole galleggianti, mi sono arrampicato in cima alla Cotacachi, un vulcano sacro ecuadoriano alto 5000metri, digiunando… sono stato ospitato da una comunità sperduta tra le Ande, ho visitato forse l’unica casa per la salute gestita da indios, in cui convivono pacificamente sciamani e dottori che hanno studiato medicina a Cuba…
Ma quella è un’altra storia…

8 commenti in “Il mio viaggio in Amazzonia
  1. Avatar commento
    falco
    04/06/2012 23:26

    Per quello che ho potuto vedere,muoversi a piedi nella foresta, da soli ...è molto pericoloso e difficile...io avevo il figlio dello sciamano che ci ospitava, che mi faceva da guida, ma si trattava sempre di percorsi non troppo lunghi, diciamo massimo una giornata dall'accampamento, e si trattava comunque di percorsi non facili, con numerosi guadi, camminavamo a volte su tronchi d'albero, che ci permettevano di superare torrenti ed incontravamo serpenti, insetti pericolosi e tracce di giaguari...camminare nella foresta è lento e facilmente si perde l'orientamento, anche gli indigeni usano quasi esclusivamente, nei loro spostamenti, la canoa...ovvero i fiumi sono le loro strade per spostamenti lunghi e occorre sempre una guida esperta. Ma la guida la puoi trovare anche sul posto, se ti sai muovere bene, auguri.

  2. Avatar commento
    Nenes1992
    01/06/2012 15:04

    Ciao, molto piacere di fare la tua conoscenza... il mio nome è Emanuele.. :) Sono rimasto incantato dal tuo racconto e non potevo fare a meno di scriverti qualche riga per chiederti qualche informazione.. Cercavo risposte da tour operator (non quelli soliti) o Magari da chi ha già vissuto un' esperienza simile... sicuramente un pazzo! ;) e spero sinceramente di averti trovato.. Ho 19 anni e non appena laureato vorrei coronare il mio sogno nel cassetto, quello di un viaggio in foresta amazzonica.. non un viaggio di villeggiatura, ma una vera e propria escursione continua all'insegna del provare quello che significa vita allo stato puro.. uscire dalla città e immergermi nella natura.. nient'altro. So che esistono dei "viaggi" se è questo il termine di 20, 30 giorni, con numero di persone limitatissimo (2,3 membri) per non disturbare l'ecosistema, con appostamenti notturni, notti sotto le stelle, studio di tracce, a caccia di animali, ecc... Sono già in possesso di diversi attestati di sopravvivenza, quindi diciamo che me la so cavare a vivere senza "comfort" ... e sono un grande appassionato di fotografia, quindi sarebbe per me una vera e propria esperienza che resta dentro... Ho cercato davvero dovunque e non riesco veramente a trovare quello che cerco.. trovo solo alberghi o ostelli situati nelle zone limitrofe della foresta amazzonica.. io intendo zaino in spalla e trekking selvaggio! :) un'esperienza per cui mi preparo da tempo insomma... Mi chiedevo se avessi vissuto un'esperienza simile anche tu e se potessi darmi qualche consiglio.. o comunque conoscessi qualcuno per una dritta in merito... Grazie infitte spero che risponderai :) Ema.

  3. Avatar commento
    falconelvento
    02/01/2011 19:22

    Naturalmente sapevo parlare un po' spagnolo,(che non è molto difficile da capire, per noi italiani)e nelle comunità che ho visitato c'era quasi sempre qualcuno che sapeva lo spagnolo (in amazzonia non tutti lo parlano , ma ci si aiutava con gli sguardi,i gesti, disegni sulla sabbia

  4. Avatar commento
    zukka93
    28/12/2010 23:35

    ma come facevi a comunicare?sapevate lo spagnolo?..

  5. Avatar commento
    falconelvento
    06/02/2010 19:09

    Rispondo ringraziando per gli apprezzamenti, ma ricordo a tutti che ho fatto il mio viaggio circa 10 anni fa, che sicuramente molte cose sono cambiate da allora e purtroppo è probabile che siano peggiorate...in ogni modo preferirei pensare che a nessuno venga in mente di ripercorrere il mio stesso percorso...è una responsabilità che preferirei non sentirmi sulla coscienza...si tratta di ambienti abbastanza fragili anche culturalmente, che sarebbe meglio approcciare con molto rispetto e moderazione...inoltre sono anche abbastanza complicati e pericolosi da raggiungere...non vorrei aver fatto sembrare tutto troppo facile.

  6. Avatar commento
    Rush
    30/01/2010 14:11

    Ciao Falco presto vorrei partie per l'Amazzonia, e mi farebbe molto piacere poterti chiedere alcune cose. Ti lascio la mia email rush@mclink.it Un saluto Valerio

  7. Avatar commento
    elenamarta
    16/07/2008 12:49

    bellissimo!!ci siamo appena iscritte,volevamo avere,se possibile,più informazioni riguardo a questo viaggio..grazie

  8. Avatar commento
    Giulia Lenci
    15/07/2005 13:04

    Vorrei complimentarmi con Falco per la descrizione del suo viaggio. Molto bella, grazie. Mi piace il tuo modo di scrivere. Giulia

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