Gavdos “finis Europae”

Exploring Gavdos: The Ultimate Edge of Europe

Gavdos “finis Europae” (Estate 2013)
 
Finalmente ce l’abbiamo fatta!
Dopo anni di ricerche, documentazione, tentativi, preparativi ed attesa il sogno di Gavdos si è avverato. Ci si sono aperte le porte dell’ultimo lembo dell’Europa, a 34° 48’ di latitudine Nord: un’isola più vicina a Tobruk in Libia che alla sua capitale ellenica Atene. Un’isola più vicina a un ideale di vita e di mondo da figli dei fiori che ad una società malata come l’Europa di oggi.
L’ultimo gradino prima di Robinson Crusoe?
Forse.
Ma sicuramente il gradino più alto nella ricerca di un modo di vivere libero da divieti e preoccupazioni, da banali certezze e assordante folla, da convenzioni e complessi, da comodità e da vestiti, da pioggia, freddo, inquinamento e da tutta la paccottiglia politicamente corretta che affligge le nostre vite.
Un posto dove si vedono le stelle.
Un posto dove la tua attenzione non è rivolta a dove posteggiare la macchina, ma va alla cura di non danneggiare le uova delle testuggini smuovendo la sabbia coi piedi.
Un posto dove si parla con gli sconosciuti perché gli sconosciuti sono come te stesso ed anche tu ti scopri sconosciuto a te stesso.
L’isola Ogigia della leggenda, dove Ulisse “si giacque” sette anni con la ninfa Calipso.
Ma basta con la poesia d’occasione. Un posto così bisogna guadagnarselo e quanto si poteva fare come organizzazione lo abbiamo fatto. E’ stato laborioso ma lo abbiamo fatto.
 
Data una certa ansia congenita ho temuto fino all’ultimo capitasse qualcosa che mandasse a monte tutto, ma per fortuna ogni cosa è filata liscia. E’ proprio vero che in Grecia in un modo o nell’altro arrivi sempre dove devi arrivare.
Comincio a riferire le fasi dell'organizzazione preventiva che spero possano essere utili per gli altri.
 
Scelta periodo
I traghetti per Gavdos si sono ormai normalizzati rispetto ad anni fa ed in estate ci sono varie corse alla settimana (il sito della compagnia è www.anendyk.gr), anche con trasporto auto, alcune fin da aprile.
Abbiamo scelto la prima metà di luglio per avere acqua più calda, perché nel 2013 non c'era possibilità di ponte sul 2 giugno, e per impegni di lavoro in altri momenti a noi più usuali. Volendo si sarebbe potuto andare anche prima.
 
Volo
Ho cominciato a vedere le offerte fin da ottobre/novembre scorsi; all'epoca c'era EasyJet da Malpensa diretto su Heraklion, abbastanza conveniente. Ho fatto i biglietti in Dicembre: 2 persone A/R con un bagaglio in stiva a 264 €. Non è pochissimo, ma nemmeno tanto. Tanto avremmo risparmiato il volo interno. Mi spiace per Olympic...
Ad inverno inoltrato è poi stato istituito il volo Ryanair diretto su Hania che, a posteriori, dovendo imbarcarci a Paleochora, sarebbe stato più comodo. D’altra parte andarlo a prendere a Orio sarebbe stato più fastidioso.
E comunque all'epoca pensavamo ancora di imbarcarci a Sfakia.
Bisogna infatti specificare che il traghetto per Gavdos parte certi giorni da Paleohora (più vicino a Hania - 90 min), altri da Hora Sfakion (più vicina a Heraklion - 2 h).
Nell’organizzazione abbiamo dovuto tenere conto che al ritorno è stato meglio tenersi qualche giorno di margine in Creta, perché i collegamenti sono precari a causa del vento. Benché fosse possibile prendere il traghetto di ritorno il 12 stesso con il volo in serata da Heraklion, abbiamo preferito rientrare con due giorni di anticipo a Creta (buttali via!...) per avere una seconda possibilità in caso di annullamento del traghetto.
 
Scelta della struttura
L'unico che ci ha risposto fra i 4 contattati e l'unico con cui abbiamo avuto uno scambio di mail ed anche più di una telefonata è stato Theòdoros Consolàs degli Studio Consolas il quale tra l'altro scrive anche un po' di italiano, persona gentilissima che ci ha risolto vari problemi connessi e a cui si deve la buona riuscita del soggiorno. Abbiamo fissato una "room" con fornello e frigo a 40 €, colazione per due persone inclusa. Dato il periodo ed il posto non è pochissimo ma neanche moltissimo. Non ho voluto contrattare. Si è offerto di trovarci anche un albergo a Paleochora per il pernotto iniziale e a Hora Sfakion per quelli finali.
Gli Studio Consolas, come si vede d’altronde sul loro sito, sono fronte spiaggia a Sarkiniko in villette un po' sull'alto. Noi, da inguaribili romantici, le abbiamo scelte per potere fare il bagno al chiaro di luna e tornare direttamente in camera.
 
Veicolo
A Gavdos c’è un unico piccolo rent a car (Maria Bikoghiannaki tel. +30 28230 42458); qualche titolare di strutture affitta giornalmente biciclette e qualche quad, ma in alta stagione (e luglio lo è già) vanno subito esauriti. E comunque noi avremmo avuto bisogno che ce la consegnassero all’aeroporto, cosa impensabile.
Dei cinque o sei rent a car di Creta contattati direttamente quasi tutti hanno vietato di portare un veicolo a Gavdos. Solo uno - affiliato Hertz - scrisse in tono un po' minatorio che lo avrei potuto fare "sotto la mia responsabilità".
Avendo posto il problema al sig. Consolas, ci ha risposto che i noleggiatori non affittano volentieri a chi va a Gavdos perché in passato è successo di persone che si sono portate il veicolo sull'isola, poi vedendo che a causa del vento il traghetto non partiva e per non perdere l'aereo hanno mollato la macchina a Gavdos e sono rientrati con piccole barche passeggeri.
Le cose stanno cambiando, anche perché adesso c'è una nuova nave su quella linea, ma i noleggiatori sono ancora molto restii, anche per il fatto che l'utenza di Gavdos, soprattutto in agosto, è un po' - come dire... - alternativa e quindi non molto affidabile.
Ad ogni modo - come già detto - abbiamo deciso di lasciarci due giorni di margine a fine periodo. L'orario e la data del volo ci avrebbero permesso di stare fino al venerdì, saremmo sbarcati a Sfakia ed avremmo avuto tutto il tempo di arrivare a Heraklion in tempo per il volo. Tuttavia come piano A abbiamo prenotato il traghetto di ritorno il Mercoledì, passando poi due giorni a Sfakia (che non è da buttar via...). Se il traghetto non fosse partito per il mare mosso ed il meltemi saremmo stati due giorni in più a Gavdos ed il piano B sarebbe quello originario.
Se poi il meltemi avesse ancora imperversato... beh avremmo fatto come San Paolo che aspettò a Lasséa che il vento si calmasse!
Con queste precauzioni ed avendo capito che non siamo olandesi cannabissari... il signor Consolas ha trovato un rent a car di Creta che ci ha fatto trovare una Athos all'areoporto con il permesso di portarla a Gavdos. Costo 27 € al giorno, nessuna cauzione. E questo per luglio è buono. Ho scelto la Athos e non il solito Suzuki Jimny per risparmiare.
 
Traghetto
Il traghetto ce lo ha prenotato direttamente il sig. Consolas. Noi ci saremmo dovuti presentare direttamente alla biglietteria del porto di Paleohora e lì trovare i biglietti.
Ha chiesto un acconto con bonifico internazionale di 150 €; il saldo di studio, macchina e traghetto lo abbiamo pagato cash direttamente sul posto.
La mattina, mentre uscivamo di casa, ci ha telefonato per le ultime conferme ed ha concluso dicendoci "...you are leaving to paradise!"
 
Albergo a Paleochora
Aris Hotel, a gestione familare, abbastanza moderno, ma soprattutto a 400 m dal porto di Paleochora, a 35 € la stanza per notte. Avendo prenotato per una notte all'inizio e due notti alla fine, ci ha chiesto un anticipo di 35 € che ho fatto con bonifico internazionale. In realtà come si vedrà, al ritorno siamo sbarcati a Hora Sfakion ed il signor Consolas ci ha prenotato allo Xenia, un po’ più caro, ma anche più bello.
 
In fin dei conti non è stato così complicato. E poi tutta l'attività organizzativa ha occupato un po' di sere di inverno facendoci pensare alla Grecia, la nostra beneamata Grecia, la terra dove il sogno diventa realtà.
Per forza di cose questo diario comincia a Creta per i primi due giorni.
 
Ultima premessa, "venale" e poco fine: 11 giorni a Creta e Gavdos in luglio ci sono costati circa 1200 Euro, meno di 8 giorni a Milos in maggio-giugno. Ciò è dovuto al fatto che abbiamo preso un solo volo MPX - Heraklion ed al fatto che una Hyundai Athos costa meno di un Suzuky Jimny.
Ma veniamo ai fatti.
 
2 Luglio - primo giorno
Partenza e viaggio tutto bene, arrivo in orario a Heraklion. Un'osservazione per quel che vale: in quel momento ai terminal dell'aeroporto c'erano 5 aerei: uno italiano, uno inglese, uno norvegese e due russi. Questa crescente presenza russa troverà conferma nei giorni successivi. Menù scritti in russo, visitatori russi (che fate bionde le slave...!), in certi bar compare la vodka. Buon per i Greci, sembrano preferire i Russi ai Tedeschi, che sono ormai veramente pochi.
Riaccendendo i cellulari le solite comunicazioni Tim. A proposito: telefonare in Italia costa colla mia tariffa 39 cent al minuto. Mi sembra buono.
All'uscita ci aspetta con cartello in mano l'inviato di COSMOS che ci porta alla loro area. Attenzione: le uscite "Arrivi" sono due, se non trovate il vostro uomo in una, passate all'altra.
Consegna macchina, firma contratto, pagamento cash, il bollino sulla targa c'è (ci ha segnalato la presenza di questo benedetto bollo ed ha anche detto qualche parola in merito, ma non ho capito cosa rappresenti; pare sia la certificazione della revisione periodica), no cauzione, raccomandazione di riconsegnare la macchina con la stessa benzina (c'è un quarto di serbatoio, alla fine glielo lascerò con metà. Vabbè…)
La macchina è una Athos. Va bene, anche se vedo che ha delle ruotine proprio piccole; comunque c'è anche la copertura assicurativa sulle gomme (sai com'è, dovendo andare a Gavdos...)
Torniamo a noi. I distributori sulla superstrada per Hania sono aperti tutta la notte. Noi comunque facciamo benzina al primo. Il nostro problema, che poi sarà superato dagli eventi, è che dovendo fare quasi 300 km e dovendoci imbarcare la mattina dopo probabilmente prima dell'apertura per un'isola dove non ci sono distributori, ci siamo portati due taniche pieghevoli di emergenza per complessivi 16 litri. Potendo però fare un rabbocco verso le 10 e mezza dopo Hania, prima di addentrarci nelle montagne verso Paleochora, non avremo bisogno di utilizzarle.
Cammina cammina arriviamo al bivio prima di Retimno che è già buio. Nella notte cretese ci inoltriamo nelle montagne per 70 km. Paesini deserti e sempre più rari. Incrociamo nel buio una decina di auto in tutto. Ma la gioia e l'emozione di essere di nuovo in Grecia passa sopra a tutto. Ogni tanto gli odori di bosco, di vento, di origano e l'aria fresca della notte ellenica entrano dal finestrino e ci danno l'energia di stare svegli. Come Dio vuole, verso la mezza arriviamo a Paleochora che ci appare come la terra promessa col suo viale alberato e la via centrale chiusa al traffico e piena di taverne piuttosto gremite nonostante l'ora tarda.
Grazie alla mappa che mi ero stampato in precedenza troviamo abbastanza facilmente l'hotel Aris, davanti al quale c'è un vecchietto che ci aspetta bevendo ouzo. Ci dà la chiave e se ne va, dicendo che sistemiamo la burocrazia l'indomani.
Preso possesso della spartana cameretta siamo un po' ululanti per la fame... e torniamo in paese (abbastanza animato ma in modo tollerabile: per dire, abbiamo posteggiato proprio accanto al molo), dove per fortuna troviamo ancora un'ottima taverna che ci da due ghiropita e due Mythos più un pagotà ed un metaxa per 12,40 euro. Tolta la fame ce ne andiamo a dormire verso le due. Puntiamo ben tre sveglie sulle 06:10. Vogliamo esser sicuri di non perdere il traghetto. Non sappiamo quello che ci aspetta...
 
3 Luglio - secondo giorno
Ci svegliamo di buon'ora, regoliamo con l'hotel ed usciamo. Sulle rocce vicino all'albergo ci sono strane sculture naif in pietra. Un metafisico cuore ci accoglie nella luce dell'alba.
Arriviamo all'agenzia ANENDIK vicino al molo che è ancora chiusa. Facciamo colazione con yogurt e miele in un bar appena aperto, dove una cameriera ci serve sigà sigà. Verso le otto arriva un battello che chiaramente non può essere il nostro perché è solo passeggeri. Fa il cabotaggio da Sfakia. Finalmente l'agenzia apre e... sorpresa! L'addetta ci avverte con il candore che solo un'addetta ai tragetti greci può avere, che due giorni prima gli orari sono stati cambiati, che il mercoledì il traghetto per Gavdos parte al mattino da Sfakia ed alla sera da Paleochora. Costernazione: 12 ore da far passare e levataccia inutile! Doppia costernazione: ci sarebbe convenuto prenderlo da Sfakia! Tripla costernazione: per partire da Paleochora si poteva volare su Hania con Ryanair, pagare meno ed arrivare in giornata! Inutile costernarsi; questa è la Grecia. Telefonata a Mr. Consolas, che conferma, ci dice che la nostra prenotazione è stata automaticamente spostata per la sera, che nella notte (orario previsto le 00:30) "somebody" verrà ad aspettarci al porto di Karave. Evviva.
Torniamo perciò in albergo, dove comunque la stanza era pagata fino alle 10:00, spieghiamo la situazione al gentilissimo sig. Liatakis, che non fa una piega, ci dice che con Gavdos è normale, ci fa tornare in camera a cambiarci e si offre di tenerci i bagagli fino alla sera. Scherzando sulle nostre valige ci dice “troppi bagagli per Gavdos”. In effetti vedremo che basterebbero due costumi da bagno e spesso nemmeno quelli.
Riorganizzando la giornata decidiamo innanzitutto di tornare a Elafonissi; scegliamo la strada più breve (che in Grecia non sempre è la migliore...) per Kundura, Aghios Teodoros, Sklavopula, Papadiana, che sulla carta Anavasi è segnata come passabile... e così è fino a Sklavopula dove arriva l'asfalto.
Poi diventa micidiale: sterrata e sempre più ripida. Nel punto in cui si affaccia sulla piana di Elafonissi-Kedrodasos, con vista spettacolare, comincio seriamente a preoccuparmi; in un punto la Athos tocca sotto, dopo un po' mi fermo a sistemare un po' di pietroni per rendere percorribile un fosso di erosione, mi manca il Suzuuuuuky!, comunque arriviamo in fondo, praticamente sulla strada che conduce a Kedrodasos in mezzo alle serre. Mia moglie è però irriducibile su Elafonissi dove due anni fa ha lasciato il cuore...
E' abbastanza presto per gli standard greci - circa le 11 - ed in effetti c'è poca gente in un mercoledì di luglio rispetto ad una domenica di fine maggio di due anni fa; c'è però un gruppo di russe di cui una con perizoma lucido nero e... reggiseno di paillettes (sic).
Oltrepassiamo a guado la laguna (occhio che la mattina l'acqua è un bel 30 cm più alta che alla sera). Andiamo a piazzarci da soli nella penultima lunetta sabbiosa verso il promontorio. Zona nude-beach.
Una roccia a forma di foca emergente dall’acqua ci fa compagnia.
Abbiamo la sorpresa di vedere per la prima volta un giglio delle sabbie ancora in fiore.
Deve essere stato un tipo tardivo, oppure anche in Grecia quest'anno la primavera è arrivata tardi. Ma tant'è.
Verso le due decidiamo di spostarci trascorrendo le ore più calde nell'aria condizionata della macchina; ma non mi fido di rifare in salita la strada per Sklavopula. Decidiamo perciò di fare il giro lungo, per Krisocallitissa, Stomio, Vathi, Elos, Strovles, Sarakina, Tsaliana.
Ci mettiamo comunque quasi due ore e vediamo un entroterra cretese impensato. Ad Elos troviamo boschi, perfino castagneti, noci, lecci, ruscelli con acqua, sorgenti, un vero paesaggio di mezza montagna.
Addirittura a Sarakina troviamo i resti di un mulino... ad acqua.
Senza scossoni essendo sempre sull'asfalto, ritorniamo sulla costa.
Percorriamo tutta la litoranea fino alla spiaggia di Krios, ma andiamo oltre in cerca di una spiaggia segnalata da Cretanbeaches al di la' di Capo Krios.
La strada diventa sterrata, ripida, ma con qualche sforzo la Athos ce la fa. Prendiamo un rischio perché, attraversando uno stazzo di capre, un mucchietto di fieno sparso sulla strada cela delle rocce sporgenti; la Athos è bassa ma se la cava con una raschiatina al fondo senza conseguenze...
Costeggiamo una bella chiesetta e, nel punto in cui si scollina, vediamo i tipici monticelli di segnavia ed i resti di un cartello che segnalano il sentiero E4.
Lasciamo la macchina, scendiamo di lì ed in un quarto d'ora, andando piano perché comunque avevamo lasciato le scarpe "serie" in albergo, arriviamo in un posto stupendo denominato Wien beach forse perché prediletto dagli Austriaci, dove nelle varie lunette di sabbia ci siamo solo noi.
La magia del posto è accresciuta dal fatto che nella seconda lunetta ci sono un paio di colonne riverse da duemila anni, appartenute ad un antico tempio di Artemide.
Noi comunque giungiamo alla terza ed ultima falcatura sabbiosa dove all'ombra di un tamerice attendiamo la sera. Nelle successive due ore nessuno viene a turbare la nostra solitudine. Poco più in alto passano 2 persone sul sentiero E4 e notiamo che i camminatori su quell'itinerario erano più frequenti nel maggio di due anni fa quando eravamo a Kedrodasos (che in linea d'aria è a pochi km), probabilmente perché gli escursionisti rifuggono dalla canicola della piena estate.
Torniamo non troppo tardi a Paleochora, facendo un tenero incontro con un gregge di pecore che brucano un tamerice (il che ti spiega perché in certe zone la Grecia è semidesertificata...). Vogliamo ritirare i biglietti prima che l'agenzia chiuda.
Biglietti passeggeri presi. Quelli auto si fanno sul traghetto. Gelato e bibita sul lungomare. Rientro in albergo. Gentilmente ci fanno usare le loro toilettes per rinfrescarci e cambiarci: di notte in mare aperto su un traghetto può fare anche parecchio fresco...
Poi torniamo in centro, ceniamo allo stesso ghiropita di ieri sera, ma con qualcosa di più sostanzioso. Infine alle 21:00 siamo sul molo.
Raccomandazione utile: questo ferry per Gavdos NON parte dal porto nuovo in cima al promontorio - per lo meno non in estate quando il mare è calmo - ma dal porto vecchio all'altezza del paese sul versante est dell'istmo, dove finisce il lungomare. Invece con mare mosso questo vecchio moletto senza diga foranea mi sembra un po' esposto, perlomeno a scirocco.
Il mitico Daskalogiannis è in ritardo. Arriva alle 21:30, attacca con una manovra del tipo di quelle descritte da EraOra in altra parte del forum, anzi, questo non ormeggia e non stabilizza nemmeno; cala sul molo il portello di prua (che ha iniziato ad aprire 100 m prima) e basta.
Molto istruttive le operazioni di carico. I pedoni salgono autonomamente; in quel momento ci sono cinque o sei persone fra cui due saccopelisti, lei coi capelli rasta, lui con una barbetta un po' no global che guardano maluccio noi turisti imborghesiti che vanno a Gavdos in macchina... Evabbè, trent'anni fa lo facevo anch'io il campeggio libero!
Poi salgono dei pickup con merci (acqua minerale, birra, cassette di pesche, casse di birra, cemento, sanitari da bagno...) che a bordo un muletto scarica; i pickup scendono. Infine fanno frettolosamente cenno di salire a noi tre macchine di turisti (due di italiani, una di danesi); pressato dal gesto rapido del marinaio parto di scatto, ma un secondo marinaio urla un perentorio SIGA', SIGA' che mi fa istantaneamente rallentare. Finalmente siamo a bordo, facciamo il biglietto (N.B. 14 € a persona, 37 € una macchina di classe 1). Alle 21:40 si salpa e si fa rotta verso l'ultimo lembo di Europa.
Il limpido buio della notte ci inghiotte, le luci di Paleochora si allontanano, appaiono e si vedono poi man mano più fioche quelle di Soughia, di Aghia Roumeli, di Loutro e Sfakia e più ad est forse Plakias e, lontane lontane nella notte, quelle di Aghia Galini e di Matala.
Sul ponte superiore le luci sono spente ed abbiamo un primo assaggio delle stellate clamorose che ci aspetteranno a Gavdos. L'assenza di inquinamento luminoso e l'aria tersa saranno una delle cose che più ricorderemo di questa vacanza. E per tutta la prima ora sul traghetto ce ne stiamo abbracciati in silenzio a guardare la via lattea e le costellazioni. Chissà perché mi torna in mente una vecchissima canzone - forse di Rabagliati - che mi faceva sentire mia nonna su dischi a 78 giri in vetro, che faceva "...Io e te soli soli nella notte... chi lo sa che tante stelle non ci porteran fortuna..."
Verso le undici tutti dormono. Verso mezzanotte si cominciano a vedere - come misteriosi segnali di indiani nel buio della prateria - le prime luci di Gavdos, alcune tremolanti, forse alimentate da generatori, forse falò sulla spiaggia. Qualcuno con una forte lampada scruta il buio delle onde per vedere qualche cetaceo, ma infruttuosamente.
Infine alle 01:10 attracchiamo a Karave. Il molo è popolato di alcuni gestori di strutture con mezzi vari, che vanno dal minibus Mercedes anni 70 al motocarro sgangherato, venuti ad accogliere i turisti.
C'è anche la Polizia, che controlla con discrezione chi sbarca. Incredibilmente la taverna ed il minimarket sul porto sono aperti. Scopriremo dopo che, tre giorni alla settimana, questo è l'unico collegamento e questo è l’ unico momento in cui il porto è frequentato, dato che la nave pernotta qui (si fa per dire) e riparte alle 04:00.
Altri tre giorni alla settimana arriva alle 22:30, pernotta qui e riparte alle 07:30 del mattino dopo. In sostanza credo facciano così perché di notte ed all'alba il mare è comunque più calmo e perciò diminuisce il rischio di annullare le corse. Infatti il porto - per quanto rimodernato nel 2007 e dotato di cospicua diga foranea - è investito in pieno dallo scirocco, ad anche col libeccio non se la deve passare bene.
Riconosciamo il pulmino con scritto Consolas, e l'autista ci dice di seguirlo. Dopo neanche 10 minuti siamo agli studio. Doccia e nanna entro le 02:00.
 
4 luglio - terzo giorno
Ci svegliamo con comodo e ci rendiamo conto che la struttura sembrataci la notte precedente un po' tanto lontana dal mare è in realtà all'estremità superiore della duna sabbiosa che circonda la baia di Sarakiniko, è rivolta verso il sorgere del sole, e con un sentierino apposito nella sabbia (sarebbe anche dotato di luci che però non funzionano: utile la mia pila!...) si scende in "four minutes to the sea" come ci disse la notte precedente colui che ci accolse.
I Gavdostudios di Consolas sono di due tipi, i nostri sono posizionati nel livello superiore (i meno costosi) e sembrano essere delle strutture preesistenti. Alcuni dicono fossero le ex casette di una colonia penale che Metaxas fece costruire negli anni ‘30 per mandare al confino i dissidenti. In ogni caso sono stati spartanamente rimodernati nel 2008 come attesta una data impressa nel cemento
Muri in cemento armato trattato a calce, ma dotati di impianto elettrico sotto traccia, bagnetto (niente box doccia né tenda...) con piccolo dislivello fra i pavimenti di piastrelle moderne, in modo che l'acqua non coli nella camera. C'è l'acqua calda e la... tiepida. E' inutile ed antiecologico sprecarla facendola scorrere per averla fresca, tanto è sempre tiepida. Piuttosto mettetene una brocca in frigo. Dotazione di parete attrezzata con fornello, frigo con celletta (non chiude bene e sta quasi sempre acceso con conseguente crostone di ghiaccio). Dotazione minimale di bicchieri posate e pentole (che non useremo mai). Fornelletto a gas aggiuntivo per la moka (mia moglie quest'anno ci ha rinunciato). Non useremo mai nemmeno quello perché nel prezzo è compresa la prima colazione da consumarsi nell'adiacente taverna. Zanzariere alle finestre. Fa caldo, ed in assenza di condizionatore si deve dormire coi vetri aperti. Si dorme ottimamente, se non che verrò svegliato nei giorni seguenti verso l'alba da... un somaro che accoglie con sonori ragli chi gli porta il mangime del mattino. Ma mi riaddormento senza problemi. Nel corso della notte è mancata la luce e non è ancora tornata, il che succederà anche qualche giorno dopo, ma ci dicono che l'erogazione è piuttosto irregolare; tanto non importa, che sarà mai non farsi la barba per un giorno!
Davanti agli studio è stato costruito un pergolato sotto cui passeremo l'ora postbalneare pre-cena visitati fra l'altro da una cicala che abbandona momentaneamente i circostanti ginepri, e da vari gattini.
Nei livelli inferiori ed all'ingresso ci sono delle strutture più moderne (ho visto altre date del 2002 e 2005 impresse nel cemento).
Il giardino, ancora in corso di sistemazione, ha comunque bei fiori ad ameni vialetti. Al livello più basso della struttura dove nella cinta di immancabile rete elettrosaldata si apre un cancelletto che porta in spiaggia, c'è ancora la sabbia vergine.
Come da istruzioni ricevute usciamo, attraversiamo la strada e troviamo la taverna annessa dove c'è un servizio a buffet con un po' di tutto (pane, bifette, brioches, miele sfuso, marmellate confezionate, uova sode, frutta, spremuta, the, latte, ecc.).
La struttura è gestita da due signore greche, un aiutante anche greco, un ragazzo filippino, a nome Carlos, ed un ragazzo - credo bulgaro, a nome Vassili - che ha settato il computer a disposizione degli ospiti con tastiera in cirillico... voglio vedervi a digitare www.libero.it in caratteri cirillici!.
Colazione in terrazza.
La gestrice si offre di farci due panini imbottiti e darci 3 litri di minerale bella fresca da portare in spiaggia al prezzo di 4 euro. Questi per 6 giorni saranno i nostri pranzi.
E siamo pronti per partire alla scoperta.
In realtà siamo ancora stanchi per le peripezie del viaggio e decidiamo di passare tutta la giornata nella spiaggia più ovvia, quella di Sarakiniko, che è sotto casa, semivuota, enorme, con qualche taverna affacciata sulla sabbia.
La rivedremo anche in altre condizioni di luce ed è in effetti molto bella anche se è la più a portata di mano dei turisti.
Sotto i ginepri cominciamo a capire che ci sono le tendine dei campeggiatori liberi, comunque riusciamo a ricavarci un nostro spazio.
Il fondale della baia è sabbioso; si tocca anche a grande distanza dalla riva. Nuoto alla mattina ed al pomeriggio intorno ed al di là dei promontori a destra ed a sinistra. A destra sono piuttosto belli.
Passiamo una giornata di assoluto relax.
Alla sera facciamo una puntata a vedere il tramonto al faro. Arriviamo appena in tempo per vedere l’heliovasilema laggiù verso ponente.
L’aria è tersa per il maestrale. Tutto lo skyline di Creta si dipana da Elafonissi verso est finché l’ombra della sera che avanza da oriente cancella dall’orizzonte la terra di Minosse…
Piccola spesa al minimarket annesso ad una taverna di Sarakiniko e poi cena da Manolis, psarotaverna citata e consigliata in un forum della “concorrenza”…
In effetti il baffuto proprietario - che ha fatto una teatrale comparsa da nume tutelare dopo le 22:00 tanto per farsi vedere - è uno dei pochi residenti stabili di Gavdos ed uno dei due dotati di peschereccio. La moglie, che di solito sta a Creta, lo raggiunge quando la taverna è aperta.
Il pesce è proprio fresco, ci sono degli scorfani enormi che sembrano dipinti tanto sono rossi, ma i prezzi non sono più quelli del tipo “…un’aragosta a 15 euro”.
Si sceglie il pesce nella teca refrigerata. Noi prendiamo (oltre a due antipasti - vouriki e fava - e 1 litro di retsina) due grosse triglie e due pesci “tipici cretesi” di cui mi sfugge il nome, cucinati peraltro magistralmente alla brace e paghiamo 44 Euro. E’ la prima sera e vogliamo festeggiare…
 
5 luglio - quarto giorno
Ci svegliamo di buon’ora e dopo la solita colazione decidiamo di andare ad Aghios Yoannis, la spiaggia più nota.
La strada finisce vicino a due taverne, una delle quali - “Sofia”- ha anche studio e stanze.
L’altra - Theofilos Libikon - la proveremo giorni dopo. L’ultimo è un Kafenio che mette anche a disposizione dei saccopelisti una rudimentale doccia.
Essendo le 8:45 notiamo con una certa sorpresa una diecina di macchine nel posteggio. Scopriremo poi che sono le macchine di alcuni che si sono stanziati in tenda sulle spiagge successive.
Si scende un viottolo, si oltrepassa il letto secco di un torrente e si risale dalla parte opposta. Ci si trova quasi subito sulla sabbia dell’enorme duna di Aghios Yoannis. Il sentiero è ottimamente segnalato con paline, segnavia, cartelli esplicativi della riserva naturale, delle sue specificità e dei rischi che corre. Seguono raccomandazioni varie per preservare l’ambiente.
Due su tutte: i ginepri - alcuni dei quali hanno anche 150 anni - sono ovviamente un’attrattiva per l’ombra. Bisognerebbe mettersi solamente sotto quelli in piano (cosa che non succede!), perché se la sabbia è in pendio, a causa del calpestio viene smossa, frana a valle e le radici restano scoperte. E la pianta dopo un po’ muore. L’unica alternativa sarebbe recintare tutto e riempire di divieti come hanno fatto ad Elafonissi, ma non sarebbe più il posto lontano dalla civiltà che è adesso.
Altro rischio: il rinnovamento naturale è buono, la disseminazione anche, però i virgulti di ginepro appena nati rischiano di venire calpestati, bisogna quindi muoversi sugli itinerari segnati. E attenzione: in certi punti più esposti qualcuno ha segnalato le piantine con dei cerchi di pietre. Cerchiamo di fare in modo che anche i nostri figli e nipoti possano godersi quest’isola come noi la vediamo adesso.
La spiaggia è molto bella. A quest’ora sembra che ci sia poca gente. Ci divertiamo anche noi ad arrampicarci su un enorme tronco secco che sembra essere diventato il simbolo di questa spiaggia.
Poi man mano che la giornata avanza tanti escono dalle tendine nascoste nella vegetazione, per lo più in costume adamitico.
Dopo un po’ c’è un bel movimento.
Noteremo poi che, essendo questa la più facilmente raggiungibile (20 minuti di sentiero) è quella preferita da persone anche di una certa età o da famiglie con bambini. Inoltre se non si ha voglia di farsi da mangiare si va alle taverne e poi si torna alla tenda con la pila o alla luce della luna in 15 minuti. Sotto i ginepri o nel mare ci si può anche scambiare delle affettività…
Alla spiaggia successiva (Lavrakas, ne parleremo) l’età media è molto più bassa.
Nelle mie due nuotate esploro i fondali, ma qui non mi sembrano eccezionali.
Verso le 18:00 ce ne veniamo via.
Stasera andiamo a mangiare nel “capoluogo”… si fa per dire.
Inerpicandoci per le dolci pendici dell’isola, su una strada costeggiata da pini e ginepri, saliamo a Kastri che sorge sui 300 metri s.l.m. in mezzo a pascoli e campi.
E questa è una caratteristica dell’isola: le capre non la fanno da padrone. Ce ne sono naturalmente, e anche pecore, ma mentre nelle Cicladi le capre sono libere ed i coltivi sono recintati, qui le pecore e le capre sono al chiuso e si notano campi coltivati (grano e altri cereali), orti, qualche pianta da frutta, rari oliveti e vigne, e tante, tante conifere.
Ci sono pochi oleandri, che nelle Cicladi ed anche a Creta sono le uniche cose che le capre non mangiano e perciò alla fine prevalgono.
Kastri è un piccolo grumo di case dove sorgono la chiesa, la scuola elementare, una caserma dei vigili del fuoco (molto presenti sull’isola, fanno la ronda anche di notte giustamente), il monumento ai caduti (incredibile il numero di caduti nelle due guerre mondiali) e la taverna Steki Gogo’s. Municipio e stazione di Polizia invece sono a Karave.
Steki Gogos vuol dire “Il posto di Giorgina”. E in effetti Giorgina, il marito e la figlia ci accolgono con semplicità e amicizia. E’ proprio la tipica taverna greca di una volta, il luogo di ritrovo di giovani e vecchi, con qualche tavolo occupato anche da turisti. Una cucina semplice e familiare. Un cliente ha chiesto un’insalata verde, lei ha oltrepassato una piccola recinzione che separa i tavolini dall’orto ed è tornata con un bel cespo di lattuga.
Gattini vari movimentano l’ambiente. Prezzi bassi: una cena da togliersi la fame in due con abbondanti mythos per reidratarsi dopo 8 ore in spiaggia, il tutto a 23 euro.
Nel buio della notte torniamo al nostro lettuccio.
 
6 luglio - quinto giorno
Stamattina ci svegliamo presto, alle 8 abbiamo già finito la colazione, mandiamo una mail al sig. Consolas per ribadire la richiesta di precedenti telefonate volte ad assicurarci che le prenotazioni sul traghetto del ritorno ci siano: gli chiediamo anche di trovarci un albergo per le ultime due notti a Sfakià, visto che sbarcheremo lì. L’indomani ci confermerà tutto con efficienza che ci tranquillizza.
Il mare d'altronde continua ad essere passabilmente tranquillo. A colazione c’è un gruppo di greci che è venuto a Gavdos per fare pesca subacquea.
Conosciamo un gruppo di signore toscane che passano addirittura alcune settimane nell’isola ogni anno.
La meta di oggi è Lavrakas: è un gruppo di spiagge al di là di Aghios Yoannis.
Chiariamo subito che quello che si legge in rete sulle via d’accesso è superato. Si lascia la macchina al posteggio di Aghios Yoannis, si fa inizialmente lo stesso itinerario, si attraversa tutta la spiaggia. All’estremità opposta si vede chiaramente il sentiero che si inerpica sul promontorio su cui sorge la cappelletta omonima. Forse è anche vero che si potrebbe passare a guado (con mare calmo, perché l’acqua non è poi così bassa e ci sono scogli) ma è meglio farsi la salita sul bel sentiero tracciato recentemente. Un tempo era stata messa una recinzione per impedire che la gente si avventurasse su di lì e franasse in mare. I residui della rete non sono stati rimossi.
Passiamo davanti ad una signora che fa colazione davanti alla sua tendina in fondo alla spiaggia, la abbiamo già vista e salutata ieri, la salutiamo oggi, la rivedremo domani. Siamo diventati amici…
Al di là del promontorio si discende e si cominciano a costeggiare piccolissime lunette di sabbia, che purtroppo mi sembrano in erosione. Poi la costa si allarga in una spiaggia dove qualcuno si è costruito una casetta di pietre a secco intorno ad un ginepro e, dopo un ulteriore promontorio, si apre la prima grande, immensa spiaggia di Lavrakas. La percorriamo quasi tutta, troviamo un ginepro di nostro gradimento.
Salgo sulla duna per fare delle foto dall’alto e mi accorgo che sulla cresta ci sono due o tre tendine nascoste. Dopo un po’ (manca poco alle 10, il tempo di cammino dalla macchina è circa 1 ora) da due di esse esce un gruppetto di ragazze greche come mamma le ha fatte che si stanzia sotto un altro albero.
Faccio le mie foto e le riprese con circospezione e inquadrando mai le tende. Non vorrei che pensassero “… ecco il solito italiano che fa le foto di nascosto alle donne nude…”
Verso l’ora di pranzo compare un tizio di un’altra tenda che scende a “lavare” le stoviglie con la sabbia ed a sciacquarle in mare.
I fondali qui sono molto belli e variati, faccio le mie solite nuotate e tornando da quella del mattino trovo una stella marina e - dopo averla fotografata - la ributto in mare. Una particolarità che rende questa spiaggia ideale per fare campeggio libero è che ci sono ben due pozzi di acqua dolce e potabile, freschissima. Nell’ora più calda mia moglie - stile samaritana al pozzo - mi getterà delle belle secchiate addosso. Nell’ora della pennica ci viene a trovare un visitatore… un gattino che pietisce qualche avanzo, ma ci siamo sbafati tutto.
Siamo affascinati dalle formazioni rocciose. Tra l’altro, nuotando verso ovest sono arrivato al promontorio davanti alla isoletta di Ghaiduronissi dove c’è uno scoglio a forma di orso.
Quando si fa ora di ripartire approfitto che mentre vado al pozzo a rifornirmi d’acqua c’è una delle ragazze che fa la stessa cosa e le chiedo dove passa il sentiero per andare a Pyrgos, la nostra meta dell’indomani. Mi spiega che si può seguire tutta la linea di costa sul “path” segnalato, oppure si può risalire un “river” (che mi sembra una parola grossa per un letto quasi disseccato…) e tagliare per dune. E’ più “short”.
Mia moglie commenta che le informazioni sono andato a chiederle proprio alla tipa più giovane e carina della spiaggia…
In effetti non c’era molta scelta. Quelle, cinque erano. La squinzia, se capita capita!
Vabbè. Sulla via del ritorno faccio ancora qualche foto affascinato dalla limpidezza dell’acqua e… dalla casetta dei miei sogni.
Alla sera decidiamo di fare un salto al porto che è deserto, senza yacht, con pochissime barchette e due pescherecci, per poi di andare a mangiare a Korfos, sulla costa est. Il posto non è un gran che. Funge da punto di partenza del sentiero per Tripiti, il cui imbocco è insolitamente ben segnalato per gli standard greci. C’è una spiaggia ghiaiosa dove hanno piantato qualche tamerice. C’è però una graziosa taverna quasi sull’arenile. Il proprietario parla solo greco e ci fa andare in cucina a scegliere cosa mangiare. Il capretto è un “must”. Mia moglie va sulle verdure ripiene e suvlaki. Io mi gusto anche una specie di minestrone. Retsina in abbondanza. Raki e melone offerti. 24 Euro. Ci sta. Tanto a Gavdos chi ti fa l’etilometro…?
Torniamo a casa e siamo in vena di romanticherie, perciò scendiamo al buio per il sentierino che ci porta in spiaggia (devo mandare a mente i punti di riferimento, sennò ti saluto a ritrovarlo al ritorno…) e ci andiamo a distendere sulla sabbia ancora calda. Sopra di noi le stelle. Intorno a noi il buio. Davanti a noi il mare. Scusate, ma ho citato una delle colonne sonore dei nostri vent’anni…
“oh mare nero, mare nero, mare ne... tu eri chiara e trasparente come me…”.
Mia moglie mi ha perdonato il colloquio con la squinzia naturista…
Poi ho dovuto mantenere una promessa fatta a mia figlia.
Premessa: a volte mi invento delle favole della buona notte per i bambini ed una sera qualche tempo fa ho raccontato della ninfa Anfitride che nuotava nelle acque limpide della Grecia ed un giorno Poseidone la vide e volle prenderla in moglie. Sorse perciò dalle acque, la caricò sul suo carro tirato dai delfini - quei delfini che a Gavdos dovrebbero essere numerosi, ma purtroppo non abbiamo mai visti - e la portò in una bellissima grotta sottomarina - e di quelle ne ho trovate parecchie - dove le rocce piene di diamanti luccicavano alla luce della luna resa azzurra dall’acqua. Anche la sabbia era fatta di polvere di diamanti ed Anfitride abbracciando Poseidone se ne cosparse la pelle come se fosse cipria. Poi, presa dalla voglia di nuotare, si tuffò in mare ed il luccicore si sparse intorno a lei e rimase in sospensione nel mare. E così ancora oggi, se uno di notte muove le braccia e le gambe nell’acqua, può vedere il bagliore riverberare intorno a se. Mia figlia una sera addormentandosi mi chiese di fare il bagno di notte per vedere lo scintillio.
Erano più di vent’anni che non vedevo le nottiluche.
Non ci speravo nemmeno. Ma incredibilmente, mentre nuotavo, la cipria di Anfitride si è manifestata come un alone luminoso intorno a me. Promessa mantenuta.
 
7 luglio - sesto giorno
Oggi è Domenica e decidiamo di andare a Pyrgos. Il caldo è leggermente aumentato e lasciamo la macchina al solito posteggio prima di Aghios Yoannis alle 8:45. Attraversando quest’ultima sembra quasi deserta, ma è l’ora antelucana per gli standard greci. Anche alla successiva Lavrakas non si vede anima viva in giro.
Seguendo le indicazioni della ragazza di ieri abbandoniamo il sentiero costiero, risaliamo la duna e procediamo un po’ a “naso”.
Mi improvviso “fido Kammamuri”, scendiamo nel letto di un ruscello, lo attraversiamo e camminiamo sulla duna al di là ed in mezzo alla solita vegetazione.
Il mare occhieggia in lontananza. Ad un certo punto la sabbia ancora fresca invita a riposarsi un po’. Poi all’improvviso dopo un ginepro appare una spiaggia veramente bella. Scendiamo, ci stanziamo sotto un ampio arbusto ed io vado in esplorazione verso l’estremità nord dove scopro altre distese di sabbia, fondali dall’aria invitante e ritrovo il sentiero costiero. Nel frattempo mia moglie colloquia con un’altra campeggiatrice con un gran tatuaggio su un braccio che se ne sta lì sola soletta nella sua tenda e la informa che quella non è Pyrgos, ma l’ultima spiaggia di Lavrakas. Fornisce gentilmente indicazioni dettagliate per proseguire.
Riprendiamo quindi gli zaini e continuiamo lungo la costa seguendo i segnavia. Attenzione: arrivati ad un certo punto all’ altezza di un piccolo promontorio e di una baracchetta di sassi il sentiero incomincia a salire con uno zig zag. Noi lo abbiamo fatto e ne è valsa la pena perché compaiono le due spiagge di Pyrgos viste dall’alto. Però da lassù non si scende. Pare che una volta ci fosse un sentiero, ma è crollato durante una mareggiata. Infatti anche qui le spiagge sono in arretramento. Bisogna perciò tornare indietro all’inizio della salita, calarsi fra gli scogli e passare a saltelloni sulle rocce. Non è pericoloso se il mare è calmo, basta fare un po’ di attenzione.
Arriviamo così alla prima delle due spiagge che offre un po’di ombra in una specie di grotta per lo meno fin verso le 4 del pomeriggio. Poi il sole non picchia più tanto. Tempo totale senza tener conto delle digressioni: 1ora e mezza dalla macchina.
Saremo soli quasi tutto il giorno. Nella seconda spiaggia c’è una coppia di toscani che però se ne va verso le 15 perché là non c’è ombra. Nella baia è ormeggiata una barca di pescatori che cercano polipi.
In effetti questi sono fra i fondali più belli e ricchi di ittiofauna; faccio le mie nuotate più lunghe della vacanza, incontro perfino un altro sub e vedo anche un paio di murene. Deve essere una zona particolarmente amata da tali suggestivi animali, perché in occasione di una mareggiata forte di qualche giorno prima un’ondata ha buttato in un avvallamento della spiaggia alcuni pesci fra cui una murena che hanno finito lì i loro giorni… La pozza d’acqua è caldissima ed è un piacere starci a mollo dentro. Al pomeriggio nuoto verso ovest per arrivare ad affacciarmi alla mitica baia di Potamos, ma il mare è piuttosto mosso. Desisto per non correre rischi.
Non restiamo oltre le 17 perché ci aspetta la lunga strada del ritorno. Facciamo la costa ed il tempo è poco di più.
Per la sera siamo incuriositi dalla taverna Theofilos Lybicon vicino al posteggio di Aghios Yoannis, ma, a parte la bella posizione in vista del tramonto, non è consigliabile. Cibo omologato, birre tedesche, grassi di frittura dozzinali, proprio per turisti privi di fantasia. Patatine, affettati del commercio(?), pazienza…! In compenso si paga abbastanza poco. 19 euro.
Evidentemente i free-campers di Aghios Yoannis non amano la Grecia profonda e va loro bene anche il mangiare “global”.
 
8 Luglio - settimo giorno
Nel nostro “crescendo” di spiagge oggi abbiamo programmato di andare a Tripiti, il punto più meridionale dell’isola, della Grecia e dell'Europa. Al di là c’è solo il mare ed a qualche centinaio di km la Libia, più precisamente la Cirenaica e Tobruk.
Piccola nota storica: in epoca imperiale i Romani, che la sapevano lunga, e ben si rendevano conto che Creta fosse “altra” dal resto della Grecia, costituirono la provincia di Cirenaica et Creta, con capoluogo Cirene. Viene quindi da pensare che la parte più attiva dell’isola fosse la costa sud.
Gavdos stessa era una stazione di posta militare sulla rotta dell’oriente, e vi era un insediamento romano affiorante un po’ prima di Sarakiniko, ove oggi hanno costruito un piccolo e grazioso anfiteatro per spettacoli estivi.
Anche sul resto della costa sud di Creta e nell’isola di Gaiduronissi (vicino a Krissi) vi erano ville romane, e nella spiaggia vicino a Krio Nero, di cui ho parlato nella parte cretese di questo resoconto, c’era in epoca romana un tempio di Artemide. San Paolo, condotto a Roma da Tarso, sostò a Lassea, vicino a Kali Limnes; insomma, almeno in epoca romana la parte più attiva di Creta era quella a sud e Gavdos ne beneficiava, anche se pare spropositato il numero di abitanti (8000!) che qualcuno assegna alla cittadina ivi esistente.
Ad ogni modo ci è stato detto dalla “guardiana del faro” che la costa africana non si vede nemmeno nei limpidi giorni d’inverno: inutile scrutare l’orizzonte.
A Tripiti si può arrivare in due modi: il primo e più ovvio è il sentiero costruito dalla amministrazione del nomos di Hania che parte da Korfos e in 1 ora e mezza, superando al massimo un centinaio di metri di dislivello, conduce alla meta.
Noi però nei giorni precedenti avevamo notato nella zona di Kastri le frecce stradali (incredibilmente abbondanti) indicanti la strada per Vatsiana, recare anche l’indicazione Tripiti.
In effetti sulla cartina è segnata una carrareccia che si avvicina abbastanza al capo.
Ci siamo quindi diretti a Vatsiana attraversando l’altipiano dell’isola su una bella strada che ad un certo punto fa una curva a gomito a picco sul mare priva di parapetto. Affacciandomi per fare una foto noto un rottame giù per il precipizio ed un altro lungo la strada (credo sia la metà anteriore di un vecchio pullmino volkswagen (un “bulli”) forse portato sull’isola tanti anni fa dai figli dei fiori.
In lontananza si vede un mulino a vento in disuso.
Vicino alla strada qualche geometra pazzo ha colpito ancora costruendo un castelletto celeste con quattro torri. Proseguendo arriviamo a Vatsiana, località in cui vivono 2 famiglie; c’è una bella chiesetta bianca ed il museo dell’isola, che purtroppo è chiuso. Non c’è anima viva a cui chiedere se non una vecchina che sa veramente solo il greco e non siamo in grado di capire cose ci dice. Ci informeranno poi da Consolas che si visita su prenotazione e se vogliamo ci portano, solo che quando verremo a saperlo sarà già il giorno della partenza. Peccato. Ma bisogna sempre lasciarsi qualcosa per la prossima volta .
Prima di Vatsiana c’è la freccia Tripiti che indica uno sterrato verso sud-est.
Attenzione. Per i primi tre km è abbastanza percorribile, ci sono un paio di tornanti che però non arrivano fino sul ciglio dello strapiombo: si va in leggera discesa dai 300m di Vatsiana fino approssimativamente alla quota 200 attraversando piccoli coltivi di cerali, pascoli di capre e boschetti di pini.
Ad un certo punto però la strada si fa più ripida e sconnessa e con una macchina normale può diventare difficile risalire. Diciamo che siamo andati fino all’estremo limite possibile, poi - quando già mi ero reso conto che era meglio desistere con la Athos - abbiamo notato una fila di pietre allineata di traverso alla strada ed una plastica blu che attirava in qualche modo l’attenzione. Ho poi capito che era una sorta di “avviso” di non ritorno. Allora ho pensato di integrarla con una scritta di sassi nel margine destro della strada. Continuando a piedi, dopo poco, si giunge ad un bivio - a destra freccia per Tripiti, a sinistra freccia per Lakoudi - e noi abbiamo ovviamente preso per Tripiti.
Lakoudi deve essere una baia con piccola spiaggia sulla costa est, dove forse si scende con un sentierino che secondo la cartina supera il dislivello di 80 m fra il punto dove arriva la strada ed il mare.
E’ l’unico posto dove non siamo andati. Se ci fossimo trattenuti un giorno di più l’avremmo sicuramente documentata. Ci penserà qualcun altro… di CSS.
Dopo una ventina di minuti ed un ultimo tornante in cui appare in lontananza la spiaggia di Tripiti si arriva in una località abbandonata dove le casette sono crollate. Dal termine della strada tenersi a destra dei ruderi puntando decisi ad un grosso albero che sembra essere a picco sul vuoto. Sotto di esso c’è un bel tavolo con panche ove si può fare una piacevole sosta, soprattutto quando si risale. Di lì si vede il sentierino che scende e che, dopo pochi metri, si ricongiunge col sentiero principale da Korfos. C’è abbondanza di segnaletica ancorchè scolorita. Si continua la discesa in un suggestivo vallone in mezzo ad alberi che al pomeriggio col sole più basso forniranno una confortevole ombra. Il fondo del vallone da lì fino al mare era evidentemente coltivato. Restano evidenti tracce di antichi terrazzamenti liberati dai sassi (in Liguria le chiamerebbero “fasce”) ora invasi dall’origano (ci facciamo la nostra solita piccola raccolta) da piccoli pini e da erbacce. Quando si arriva in piano si sente che ci siamo quasi. Dopo una svolta l’orizzonte si apre e si giunge ben presto allo stagno disseccato di Tripiti. Si può attraversare e notiamo che sotto una crosticina di terra e sale secchi c’è ancora un po’ di fanghiglia umida e scivolosa.
Arriviamo sul ciglio della duna e la spiaggia ci si apre davanti nella sua coreografica bellezza, con alla destra il triplice arco del capo ed alla sinistra una fantasia di scogli ed anfratti che chiude la baia verso est. Siamo soli, ci mettiamo sotto il ginepro più prossimo al mare e restiamo in ammirazione. E’ una gran bella spiaggia come scenario, come ombra, come percorso di avvicinamento. Troverò anche dei bellissimi fondali. Se proprio si vuole essere sofistici la parte di sabbia fine è minoritaria rispetto ai ciottoli, che man mano si procede verso il capo diventano più grossi e rendono un po’ difficoltosa l’entrata in mare.
Ma tanto ci siamo solo noi e ci prendiamo il punto migliore. Nel corso della giornata arriveranno solo due ragazze italiane ed un gruppo di 4 ragazzi greci.
Non saliamo alla sedia gigante che c’è sul promontorio perché ci sembra un po’ “scontato”. Viceversa nuoto a lungo, anche più della mia solita ora perché passo e ripasso sotto gli archi naturali dove il fondale è profondissimo ma la limpidezza è tale che si vede la base dell’abisso e si ha l’impressione di volare sul vuoto. Grandissima varietà di pesci e proseguendo - anche se il mare lì è molto mosso - oltrepasso un faraglione e trovo una serie di grotte che si addentrano profondamente nella scogliera.
Col passare degli anni e sapendo che una moglie e due bambini ti aspettano si diventa più prudenti. Perciò non entro, anche perché lo spazio fra l’acqua e la roccia è poco più di mezzo metro, basta che calcoli male l’arrivo dell’onda e batto una craniata… Vabbè, mi piace credere che così non ho disturbalo la foca monaca che là dentro stava allattando il suo piccolo.
Proseguendo alti venti minuti verso nord si arriva in una fantastica minispiaggia candida, alla base della scogliera. Un posto incontaminato, forse di quelli dove le ultime tartarughe marine depongono le uova. Mi trattengo solo il minimo necessario a riscaldarmi ed affronto le onde per tornare.
Comunque ci hanno detto una sera in una taverna che a Gavdos le foche ci sono veramente e vengono anche le tartarughe a deporre le uova, persino a Sarakiniko, che è la spiaggia più antropizzata. Noi purtroppo non le abbiamo viste.
Anche durante la nuotata del pomeriggio, verso est, doppio il promontorio e mi ritrovo in uno scenario affascinante - la zona di Kamereles - con scogliere, grotte con doppia entrata, un'altra spiaggetta, ed arrivo fino a capo Ponda. Fantastico.
Poco dopo le 17 risaliamo ed impieghiamo un’ora a tornare alla macchina.
Le luci come al solito si prestano maggiormente a fare fotografie e con la luce bassa risalta ancora di più la limpidezza di quest’acqua. Qui il mare è di un azzurro più chiaro che nell’Egeo dove le tonalità sono piuttosto sul cobalto o perfino sul violaceo
Tornando a casa facciamo una sterrata nuova che passa sopra Korfos e verso Karave. Passiamo casualmente vicino alla centrale elettrica dell’isola. In parte è a pannelli fotovoltaici (per il giorno) ed in parte c’è un generatore diesel (per la notte). Curiosamente la centrale è costruita vicino ad un altro vecchio mulino a vento, quasi a testimoniare l’evoluzione delle sorgenti di energia.
Per cena decidiamo di fare il bis da Gogos a Kastri anche perché così siamo già sulla strada per tornare al faro.
In effetti dopo l’ottima cenetta a prezzo modico arriviamo alle dieci passate al faro, ove è tutto buio. C’è solo una piccola luce nella zona del Kafenio. La ragazza che lo gestisce sta chiaramente chiudendo, ma molto gentilmente riaccende la luce, ci dà due Fix, ci riapre il faro, riaccende le luci del museo.
E’ una simpatica francese che ha avuto un bimbo da un abitante di Ambelos, vive qui tutto l’anno, d’inverno si occupa della campagna “…vous savez, il-y-a toujour quelque chose à faire avec les animaux…” e d’estate gestisce il kafenio vicino al faro.
Il faro, costruito da una compagnia francese nell’800 era in rovina (pare lo abbiano fatto saltare i Tedeschi prima di ritirarsi nel ’44), ma è stato restaurato a cura di un illuminato (è il caso di dirlo!) ricco cretese, e nei locali annessi c’è una bellissima raccolta di decine di stampe acquerellate raffiguranti fari di Grecia.
Si sale fino alla lanterna, dove ci sono ancora gli specchi, e si esce sul balcone circolare che fa il giro intono alla torre.
Tornati giù ci fermiamo a parlare con la ragazza e le diciamo che più che altro siamo venuti per vedere le stelle nel buio più totale, allora lei spegne le luci e ci accompagna su una grande terrazza a picco sul mare che effettivamente è il posto adatto per chiacchierare e meditare bevendosi una birra. La stellata è meravigliosa.
Grazie per averci dedicato quasi un’ora del suo tempo (anche se a Gavdos il tempo non deve essere un problema…).
Il bello è che mentre partivamo noi stava arrivando un altro gruppetto di Italiani. Avrà ricominciato la trafila… Tanto varrebbe tenere aperto più a lungo.
E così, stanchi, ma felici siamo andati a letto.
 
9 luglio - ottavo giorno
Oggi si chiude in bellezza questa settimana nell’isola che, come ho già detto, sarebbe la mitica Ogigia, l’isola dove Ulisse visse beatamente sette anni con la ninfa Calipso facendoci anche un figlio, alla faccia di Penelope che lo aspettava a Itaca…
Io in questi anni di ricerche, documentazione, organizzazione del viaggio, mi immaginavo come scenario degli amori di quei due la spiaggia di Potamos.
Partiamo neanche tanto presto, ripassiamo accanto al faro e seguiamo la strada fino ad Ampelos, borgata di case semi-abbandonate, dove vive una famiglia di agricoltori. Pur ammirando il panorama verso Creta e Gavdopula non ci sfugge che il posto è raggiunto dall’energia elettrica ed è stata costruita una vasca di raccolta per l’acqua da irrigazione. Infatti per fare onore al nome - ambelos significa vigna - ce n’è una rigorosamente cintata per difenderla dalle capre. Oltrepassando la cascina si percorre il primo pezzo della carrareccia che scende a Eveli, località abbandonata dove inizia il sentiero per Potamos.
Si oltrepassa un cancello da capre, ma poco dopo, quando la discesa si fa ripida, bisogna abbandonare la macchina (a circa 300 m di quota) perché è un tracciato veramente impegnativo. Anche un Jimny stenterebbe. Ci vuole un fuoristrada “serio”, tipo Landrover, o un Toyota, perché la strada è ripidissima, sconnessa, con grosse pietre ed erosioni, inoltre ci sono 5 tornanti piuttosto stretti.
Si vedono tracce di pneumatici di grossa taglia. Non è una strada da ruotine.
Ad ogni modo scendendo si comincia a vedere Potamos in lontananza. Arrivati ad Eveli (200 m s.l.m.) si è fatto un terzo del percorso, in circa 20 minuti. Attenzione: a valle di Eveli si vedono dei bei campi di grano contornati da ginepri e la carrareccia conduce lì. NON bisogna andare il quella direzione, perché poi c’è lo strapiombo. E’ quello il motivo per cui pochi riescono a scendere. Poco dopo la casetta inizia un sentiero a sinistra piuttosto ben evidenziato. Non ci sono cartelli, ma una doppia fila di pietre ed un cancelletto aperto attirano l’attenzione. Il sentiero è molto ben fatto, in lunghi tratti ci sono delle ringhiere di legno e gradini. Inoltre ci si tiene molto sulla sinistra per evitare i dirupi pericolosi. Ad un certo punto c’è una diramazione a sinistra che scende a Vri, splendida insenatura naturale. Peraltro è facilmente raggiungibile via mare da Potamos nuotando una quarantina di minuti.
Scendendo ci si avvicina alle grandi mezzelune dorate della nostra meta, ma lo sguardo è attirato a destra dagli imponenti fenomeni erosivi che contornano quasi interamente la baia. Tenete presente che questa è l’unica via di accesso. Arrivando dalla zona di Pyrgos-Lavrakas ci si può affacciare, ma non si riesce assolutamente a scendere.
E finalmente ci siamo. E’ deserta. Fra le piante sulla duna scopriremo poi due tendine.
Dopo un po’ l'abitatrice di una di esse dà un tocco mitologico al tutto perché viene a stendersi in riva al mare, presso la risacca, coricandosi senza telo per sentire la sabbia contro la sua pelle piuttosto abbronzata coi piedi lambiti dalla spuma del mare. Diciamo che Calipso uno se la può immaginare così...
Anche lei ha il suo Ulisse che arriva dopo un po’ non su una triremi, ma su… un gommone a motore. Era andato a fare provviste al porto.
Io sono più un tipo da Penelope e lo ribadisco a mia moglie… Poi vado a farmi un giro fin in cima alla duna ed al letto secco del “potamos” che da nome alla spiaggia. Poi faccio le mie solite nuotate da cui torno con un bel nautilus che tengo il tempo di fare una foto. In quella del pomeriggio arrivo fino in vista di Vri, ma non prendo terra perché è già tardi e le onde stanno diventando impegnative.
Quando si risale per fortuna il pendio del sentiero è già in ombra. Ad Eveli un bel tavolo ombreggiato con panche ci fa rifiatare ed in un’ora siamo alla macchina mentre Potamos si allontana laggiù in basso dietro di noi, così come dietro di noi è questa vacanza così fortemente voluta e che non ha tradito le attese.
Alla sera andiamo a fare la nostra ultima cena gavdota alla taverna accanto a Manolis, quella con minimarket annesso. Normale, graziosa, con prezzi accettabili.
Andiamo a letto presto, dopo aver fatto il grosso dei bagagli. Domani levataccia.
 
10 luglio - nono giorno
Sveglia alle 6 e 10; mentre chiudiamo le nostre cose ci godiamo una splendida alba. Quando usciamo per andare a prendere il sacchetto da viaggio offerto da Consolas anche le capre stanno facendo colazione. Salutiamo lo staff degli studio che è già affaccendato e ci rechiamo al porto con una mezz’ora di anticipo. Non c’è nessuno. Anche l’equipaggio dorme forse. Dopo un quarto d’ora tutto si anima, arrivano macchine (più che all’andata), pulmini, passeggeri, compaiono i marinai e velocissimamente vengono compiute le operazioni di imbarco. Poi tutto si rallenta perché chi, come noi, non ha i biglietti di andata e ritorno (pochi per fortuna), deve fornire i dati ad un marinaio simpatico, ma veramente sigà sigà. Maneggia il computer con un dito solo come in certe barzellette… Ha qualche problema con le lettere latine e su come rendere la lettera ci “dolce” che in greco non c’è.
Finalmente si parte.
Dopo una ventina di minuti, mentre il Lefka Hori che veglia su Creta ci viene lentamente incontro, mi volto indietro ed ho un ultima visione di questo luogo che per me era onirico. Adesso posso dire che quest’ isola, non è un sogno: esiste veramente.
Addio Gavdos. Possano i miei figli vederti un giorno bella come ti ho vista io in questa limpida estate del 2013!

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