Destinazione Azzorre

Tanti suggerimenti per partire alla scoperta dell’arcipelago dell’Atlantico, dove la Natura trionfa!

Che belle che sono queste isole, perse in mezzo all’Atlantico. Meta dei pochi che le scelgono, immagino, per gli stessi motivi per i quali anche noi le abbiamo scelte. Non se ne sente parlare molto di questo arcipelago. Improbabile vedere “Azzorre” scritto su locandine affisse ai vetri di qualche agenzia di viaggio. Difficile trovare cataloghi o brochures, con lo stesso titolo. La gente non chiede le Azzorre: gli operatori turistici non le propongono. Buon pro per chi, invece, ci va. La curiosità per queste isole è di vecchia data, fatta di articoli letti e custoditi per più anni. E’ stato stimolante organizzare il viaggio, non potendo contare su di una guida turistica aggiornata e disponendo, tutto sommato, di una quantità abbastanza limitata di notizie utili.

Qualche riflessione (a ruota libera) sulle Azzorre
- Se dovessi suggerire a qualcuno un viaggio in questo arcipelago, lo consiglierei senza dubbio a chi fosse alla ricerca di pace e tranquillità. Poi, a chi è innamorato dei delfini e incuriosito dalle balene. Sotto questo aspetto le Azzorre rappresentano un unicum: la facilità di avvistamento dei cetacei è massima. Le proporrei per il fascino degli antichi vulcani, dai connotati così diversi tra loro e così forti. Le raccomanderei a chi è appassionato di botanica, vedendo il tripudio delle ortensie, le fitte foreste, le piante molte delle quali endemiche, le strane felci giganti e i muschi, a volte veri e propri cuscini verdi, tanto è il loro spessore. Le consiglierei anche per i laghi; numerosi, piccoli o grandi, verdi o azzurri: un’incredibile costante paesaggistica. E poi, perché no, suggerirei queste isole per la cucina: carne, pesce, verdure. Si mangia benissimo a prezzi contenuti.

- Quando già all’inizio del mese di marzo iniziai ad inviare diverse e-mail per sondare prezzi e disponibilità delle sistemazioni più gradite, una buona metà delle strutture risposero con un “tutto esaurito”, che mi lasciò un po’ perplesso, considerando il buon anticipo con cui decisi di muovermi. Ne trassi dunque la conclusione che, non essendo destinazione gettonatissima, anche la ricettività non poteva che essere proporzionale alle richieste. In sostanza, pochi alloggi, subito occupati. Quindi, una volta arrivato sul posto, immaginavo che avrei trovato le strutture prenotate, piene o giù di lì. Invece siamo stati se non gli unici, quasi, nelle sistemazioni prescelte. Anche a Faial e Pico, nonostante gli alloggi fossero ottimamente recensiti su Trip Advisor. A Faial su 6-7 camere, solo un’altra è stata impegnata oltre la nostra. A Pico su 4 camere solo 2 occupate. A Sao Miguel siamo stati addirittura soli per tutti e 5 i giorni della nostra permanenza, nonostante Quinta da Freira disponesse di una decina di alloggi.

- Non si nota differenza tra sabato, domenica ed altri giorni. Se sei alle Maldive o in un contesto come dire, di isolamento turistico, ci sta, ma se sei in una realtà urbana e sociale normale, se giri per le strade come gli abitanti stanziali, ti aspetti di notare una certa differenza tra i giorni festivi e i giorni lavorativi normali. Qui non ne abbiamo notata.

- Mi ha colpito la frequenza con cui si incontravano squadre addette alla manutenzione del verde pubblico, anche lungo strade fuorimano ove transita magari un autoveicolo ogni dieci minuti. Ben organizzati, con decespugliatori e attrezzi vari per tenere a bada dai bordi stradali, l’esuberanza della vegetazione.

- S’incontrano spesso lungo le strade, sovente in prossimità di punti panoramici di notevole bellezza, numerose aree attrezzate per pic nic. Con tavoli, panchine, barbecue, acqua corrente e servizi igienici. Tutto perfettamente mantenuto e pulito. Un esempio di civiltà. Ci si aspetta quindi di notare una fruizione frequente di questi spazi, da parte dei turisti e da parte degli abitanti. Nel nostro girovagare nelle tre isole visitate, li avremo visti utilizzati non più di due o tre volte, in quindici giorni. Strano davvero.

- Non c’è grandissima differenza tra una consumazione presa in un locale chiamiamolo modesto, rispetto alla stessa presa in un locale di livello più elevato. Esempio eclatante, a Horta, Il Cafè International e Peter’s Cafè. Si tratta di locali famosissimi, non ho letto articolo sulle Azzorre che non li abbia citati, descrivendone la storia, ciò che sono oggi e ciò che hanno rappresentato in passato. Prendere un tè, un caffè o una birra in questi locali, costa solo poche decine di centesimi in più rispetto qualsiasi altro luogo.

- All’epoca di questo viaggio, non esistevano guide turistiche in lingua italiana dedicate alle Azzorre, se non un’edizione un po’ vecchiotta del Touring. L’arcipelago conta nove isole, belle, non ancora toccate (per fortuna!) dal turismo di massa, ma comunque meta di viaggiatori. Come mai nessuna casa editrice ci ha ancora pensato? Anche la mitica Lonely Planet, regina delle guide turistiche, ha solo riservato loro poche sommarie pagine relegate in fondo alla guida del Portogallo.

Clima
Prevalentemente nuvoloso. A conti fatti, la pioggia effettivamente presa, è stata poca; un po’ più numerose le minacce di acquazzoni, fortunatamente rimaste solo minacce! Vi è stato un solo violento temporale una notte a Sao Miguel, e in un paio di altre occasioni un po’ di pioggia leggera, ad intermittenza. C’è stato un unico giorno con sole dall’alba al tramonto. Normalmente vi era una continua alternanza di nuvole e sereno. Alle Azzorre vi è un detto che recita: Un giorno... quattro stagioni! E’ vero: caldo nel momento in cui esce il sole, decisamente fresco quando arrivano le nuvole. La sera, d’obbligo la felpa.
Come spostarsi
Biglietti aerei acquistati con buon anticipo, cercando naturalmente di intercettare l’offerta più vantaggiosa. Non esistono voli diretti dall’Italia alle Azzorre. E’ necessario fare scalo a Lisbona. Per le tratte Roma – Lisbona – Horta (andata) e Ponta Delgada – Lisbona – Roma (ritorno), siamo ricorsi alla TAP. Il volo interno Pico – San Miguel, con SATA che è l’unica compagnia aerea che collega le isole tra loro. SATA serve anche Lisbona, quindi le combinazioni per arrivare alle Azzorre possono essere molteplici, con più compagnie. A noi è convenuto ricorrere alla TAP per costo e orari. E’ chiaro che tutto può variare dipendentemente dal periodo, dall’aeroporto di partenza e da quanto s’intende spostarsi tra le isole. SATA può anche offrire dei carnet speciali per voli turistici. Per lo spostamento da Faial a Pico, siamo ricorsi naturalmente al comodo traghetto che con diverse partenze giornaliere, le collega in mezz’ora circa. D’obbligo il noleggio dell’automobile: sono presenti sulle isole maggiori le più note compagnie internazionali, (Hertz, AVIS...) ma esistono anche compagnie locali (la più importante è Ilhaverde, con uffici su tutte e 9 le isole dell’arcipelago). Anche in questo caso, ho noleggiato i veicoli dall’Italia, con largo anticipo e con tre compagnie diverse. A Faial, direttamente con Hertz, a Pico con Ilhaverde, attraverso eDreams (broker) e a S. Miguel con Acor Rent, attraverso Rentalcars (altro broker).
Dove alloggiare
Tre isole, tre sistemazioni di tipo diverso. Ci siamo trovati in tutte benissimo.
- A Faial siamo stati alla guest house Banana Manor, situata vicino al centro di Horta, in un palazzo d’epoca ristrutturato, all’interno del quale sono state ricavate 6 – 7 stanze disposte su due piani. La ristrutturazione è recente, le stanze sono quindi nuove, molto semplici, ma assolutamente adatte alle nostre esigenze. I bagni non sono all’interno delle stanze, ve ne sono due per piano. Se vi è disponibilità se ne può comunque chiedere l’utilizzo esclusivo. Gli spazi comuni consistono in un grande salone, in una comoda e luminosa cucina e, all’esterno, un giardino con tanto di bananeto! I proprietari, Claudia tedesca e James statunitense ma di origini azzorriane, sono persone gentilissime.
- A Pico siamo stati ospiti del Miradouro da Papalva. Una villa dalla quale i proprietari, una coppia di californiani trasferitisi da tempo alle Azzorre, hanno ricavato 4 stanze. La villa è situata poco fuori del paese, in alto, con una bella vista sul mare ed un grazioso, curato giardino.
- A Sao Miguel abbiamo soggiornato a Quinta da Freira, una sistemazione a pochi minuti di auto dal centro di Lagoa. Si tratta di una decina di appartamenti ricavati dalla ristrutturazione di piccole casette tipiche, costruite in pietra lavica. L’ambientazione è di tipo rurale, gli appartamenti essenziali e spartani. Un contesto molto semplice ma per noi altrettanto congeniale e gradito.
Quindi, potremmo dire: a Faial sistemazione cittadina, a Pico sistemazione periferica, a Sao Miguel sistemazione rurale. Contesti diversi, accomunati dal fatto che siamo stati sempre benissimo e dal piacere di avere conosciuto i rispettivi proprietari con cui abbiamo anche instaurato un rapporto umano, di simpatia e di intesa, altro elemento nettamente positivo, che ha caratterizzato la perfetta riuscita della nostra vacanza. Voglio per questo salutare idealmente (e magari non solo, semmai leggeranno, traducendolo, questo diario): a Faial, Claudia, con la quale si è immediatamente instaurata un’ottima intesa e James, la prima volta che l’ho visto mi ha stupito per il ricco bottino di pesce catturato, e poi gentilissimo, ha fatto di tutto per farmi assistere alla finale degli europei di calcio, predisponendo per l’occasione un televisore. Un saluto particolare al piccolo e vispo Thiago, assiduo compagno di giochi di mia figlia Chiara per i 4 giorni in cui siamo stati a Faial. A Pico il saggio John, prodigo di consigli e di attenzioni. Tanta la sua cura e pazienza di parlare lentamente in modo che, nonostante il nostro inglese zoppicante, riuscissimo comunque a fare delle belle chiacchierate serali. Ed infine Manuela, a Lagoa, con lei siamo stati molto meno rispetto agli altri ma la sua cortesia e disponibilità ci ha lasciato un gradevolissimo ricordo.

In cucina
Le colazioni le abbiamo sempre consumate presso gli alloggi dove abbiamo soggiornato. I pranzi (spesso, ma non sempre) con uno spuntino volante, mentre le cene ce le siamo sempre concesse al ristorante. Si mangia bene alle Azzorre, e a prezzi tutt’altro che elevati. Vengono sempre servite porzioni abbondanti, carne o pesce che sia, sempre accompagnati da ricchissimi contorni di verdure. La spesa media per una cena per due adulti ed una bambina, vino compreso, si è aggirava intorno ai 40 - 45 €.
Cito i ristoranti particolarmente apprezzati: A’Arvore a Faial, Hocus Pocus e Marisqueira Manuel Maciel a Pico, Melo Abreu a Sao Miguel.
Nei supermercati (pochi, ma ci sono) i prezzi della maggior parte delle merci in vendita, tendono ad essere un po’ più alti rispetto al nostro standard. Teniam conto che ci troviamo in isole in mezzo all’Atlantico e quasi tutto deve essere importato. Fanno naturalmente eccezione prodotti freschi, quali carne e pesce; si trovano a buon mercato, in abbondanza e di ottima qualità. Discorso a parte vale per il tonno in scatola: buono ed economico. Costa meno della metà rispetto a quello in vendita in Italia. Si tratta naturalmente di tonno pescato nel mare delle Azzorre e qui inscatolato.

Itinerario
29/6/2012
Come l’aereo si abbassa, mi allungo verso il finestrino, cercando con impazienza di far mie le prime immagini di queste isole, che sempre tanto mi hanno incuriosito. Sotto di noi, il blu deciso, uniforme del mare calmo e profondo. A lato il bianco delle case di Horta e poi d’improvviso, eccola baia di Porto Pim. Sicuro che è lei, la riconosco, fedele alle fotografie viste. L’aereo vira, largo, in un abbraccio intorno all’isola. Ora sotto tutto è verde, terrazzato, ed il biancore delle case basse è solo qualche punto sparso qua e là. Atterriamo, in poco tempo ritiriamo il nostro bagaglio, sbrighiamo le formalità per il ritiro dell’autovettura a noleggio (una Peugeot 107 nuova) e siamo alle prese con la cartina stradale, per individuare il percorso che ci condurrà alla nostra sistemazione, la Guest House Banana Manor. Ubicata a ridosso della zona centrale di Horta, in un bel palazzetto d’epoca ristrutturato. Ad attenderci Claudia ed il piccolo Thiago che ci accompagnano alla nostra camera al primo piano e ci mostrano gli spazi comuni, la cucina, l’ampio salone e il giardino. Oramai si è fatta sera, per fortuna siamo nella stessa via a pochi passi da uno dei ristoranti di cui ho letto più di una buona recensione. Si chiama A‘Arvore. Il locale è piccolo: siamo i primi clienti di questa sera. Il proprietario è uno strano quanto simpatico tipo che parla solo portoghese, ma tenta in ogni modo, affabilmente, di comunicare con noi, in un misto di portoghese, spagnolo, inglese e italiano. La proposta di questo ristorante, a buffet, consta in una decina di pietanze tra carne, pesce e verdure. Tutto cucinato da sua moglie, dice. E ci crediamo. Sono i sapori della vera cucina casalinga. Ci serviamo ad ogni vassoio, e da ognuno rimaniamo deliziati dalla bontà. Essendo un buffet, è possibile naturalmente bissare. Spendiamo complessivamente 33 €. Con Vino, acqua, dolce e caffè. Uscendo, rimango stupito di come in un posto così, oltre al nostro solo un altro tavolo sia stato occupato. Penso proprio che ritorneremo! La temperatura è scesa abbastanza e siamo stanchi dal viaggio, ma una passeggiatina la vogliamo proprio fare. Non ci dirigiamo sul lungo mare, ma rimaniamo comunque in centro, nelle vie interne. Siamo stupiti di come le strade siano deserte. E’ venerdì sera e sono le 22:00, possibile che non si incontri quasi nessuno?

30/6/2012
Dopo un buon sonno ristoratore, eccoci pronti per uscire: Faial ci aspetta! Cominciamo con una prima passeggiata per Horta. Il cielo è grigio e fa freddino. Eccoci alla famosa marina dove sono attraccate decine e decine di barche a vela e dove vediamo i celebri murales. Tradizione vuole che i naviganti che transitino ad Horta, lascino un segno del loro passaggio, con un disegno, un simbolo, una data, un nome. Il molo è quindi ricoperto di testimonianze di chi è passato di qua. Colori, firme, dipinti e disegni, catturano l’attenzione. Alcuni sono molto semplici, altri piuttosto elaborati. I murales recenti, dai colori più vivi, spiccano vicino a quelli più vecchi, sbiaditi dal sole, dal vento, dalla pioggia. Fa effetto pensare che la maggior parte di coloro che hanno lasciato traccia del loro passaggio hanno attraversato l’Atlantico con imbarcazioni che a vederle... beh, insomma, ci vuole coraggio! Continuiamo la passeggiata, risaliamo sul lungomare: all’altezza di uno slargo con un piccolo giardinetto, vediamo ad angolo un palazzo in stile, color verde pastello. E’ il Cafè International, dopo il Cafè Sport Peter, il locale più famoso di Horta. Poco più avanti notiamo i bastioni della vecchia fortezza portoghese che vigilava sul porto, ora sede di un ristorante. E poi, finalmente il celebre Cafè Sport Peter, il locale più famoso di tutto l’Oceano Atlantico, secondo alcuni. Una vera istituzione, meta obbligata per tutti i marinai e non, che passano di qua. Ci affacciamo. E’ esattamente come nelle foto! Pieno di stemmi, di bandiere e stendardi, forse solo un po’ più piccolo rispetto a come si poteva immaginare. Deciso: questa sera verremo qui a cenare. Continuiamo il nostro giro per Horta, questa volta per le vie interne. Chiese, palazzi, tutto in stile. Spicca per dimensioni, il grande edificio del teatro. Attraversiamo la piazza adiacente alla zona del mercato permanente, qui vi si affaccia la sede dei pompieri ed un giardino dove svettano imponenti tre enormi, frondosi alberi. Prendiamo la nostra auto e in meno di 10 minuti siamo alla spiaggia di Almoxarife. Si tratta di una spiaggia di sabbia nera, vulcanica. Il cielo continua ad essere coperto, c’è poca luce, qui siamo più esposti al vento e fa più freddo. La sensazione è strana: solo ieri stavamo a Roma, con caldo e casino. Ora siamo qui, noi e pochissime altre persone, innanzi al mare. Il cielo grigio, la spiaggia nera, la spuma bianca, sembra di stare in una cartolina in bianco e nero. E laggiù, in fondo, Pico con il suo vulcano, dominante, avvolto dalle nuvole. Ce ne stiamo qui seduti assaporando questo momento, calati in questa magica, rilassante atmosfera. Pranziamo in un piccolo bar vicino alla spiaggia. Spendiamo 10 € per tre toast, un piatto di patate fritte, una birretta e due caffè. Pochi minuti d’auto e siamo al giardino botanico di Faial. Ingresso 2,5 € a testa per gli adulti, gratuito per i bambini. Di recente istituzione, non è molto grande, ci saranno altri quattro o cinque visitatori oltre a noi! Non è che sia un’attrazione imperdibile, ma è stato piacevole passeggiare per i sentieri di questo giardino, dove ogni pianta o fiore qui presente ha a corredo una targhetta che riporta nome e peculiarità. Inoltre, prima di iniziare il percorso, viene proiettato in un’apposita saletta un filmato introduttivo che illustra le caratteristiche principali della flora delle Azzorre. Riprendiamo l’auto per dirigerci a Porto Pim, la baia resa famosa dal racconto di Antonio Tabucchi, situata a ridosso del porto di Horta. Percorriamo a piedi tutta la mezza luna della spiaggia, da un’estremità all’altra. E’ il primo luogo dove notiamo una certa concentrazione di persone, buona parte sono turisti, in prevalenza nordici, lo si desume dal chiarissimo colore della pelle. Numerosi sono anche i bambini del luogo che giocano fuori e dentro l’acqua, nonostante per noi sia, l’idea del bagno in mare, assolutamente proibitiva, data la temperatura. Continuiamo la passeggiata tra le basse case di Porto Pim per poi ritornare sui nostri passi e riprendere l’automobile per fare ritorno a Banana Manor. E prima di sera, avere ancora tempo per conversare un po’ con Claudia e giocare con Thiago! Oggi ne abbiamo viste di cose, ed è soltanto il primo giorno. Ma le distanze sono brevi e ciò che abbiamo fatto e visitato, in tutta rilassatezza e tranquillità, è circoscritto in pochissimi chilometri di raggio. Ritorniamo per cena al centro di Horta, al Peter Cafè. La piccola sala è piena, ci accomodiamo all’unico tavolino libero... una simpatica coincidenza vuole che è esattamente il tavolo ritratto nella foto sulla nostra guida! Bellissimo! Sembra che si siano radunati tutti qui i turisti ad Horta. Apriamo il menù: ci aspettavamo di trovare prezzi commisurati alla fama di questo locale, invece no! Prezzi assolutamente contenuti, con porzioni abbondanti. La qualità del cibo e della cucina è lontana parente di quella di ieri sera, ma non tanto per demerito di Peter, quanto per eccellenza di A’Arvore... Paghiamo 32 € e usciamo comunque soddisfatti! Quattro passi sul lungomare semideserto e poi... perché non prenderci un drink all’International Cafè? Anche in questo caso, nonostante sia un locale storico, un tè seduti al tavolo lo paghi 1 € e un bicchierino di bagaço di Pico (distillato, simile alla grappa) lo paghi sempre 1 €, oltre alla cortesia ed alla simpatia del barista.

1/7/2012
Facciamo colazione presso il nostro alloggio, e lo apprezziamo molto. E’ comodo, economico e ci permette anche di vivere di più momenti e spazi al Banana Manor, dove stiamo davvero bene. Il programma di oggi è di visitare la Caldeira grande, uno dei due vulcani principali di Faial. Proviamo, nonostante i nuvoloni che non promettono nulla di buono. Dopo pochi chilometri, ad un bivio, due grossi cartelli indicano da una parte la strada per la Caldeira grande e dall’altra per un altro antico vulcano e informano che stiamo per entrare nel parco naturale. Già dopo pochi minuti di strada, siamo colpiti dal gran numero di piante di ortensie che accompagnano il percorso. E questo è solo il primo assaggio, della piacevolissima costante di tutte e tre le isole visitate. Il trionfo delle ortensie. Si sale verso i 1000 metri del cratere del vulcano, la strada è buona, sempre asfaltata. Fa piuttosto freddo. In alcuni tratti attraversiamo dei boschi fittissimi di cedri e di erika azoreana. La natura si mostra fiera, incontaminata. All’improvviso la strada si allarga e termina, trasformandosi in un ordinato posteggio, con tanto di spazi delimitati da apposite strisce bianche. Potrà contenere una cinquantina di veicoli. Ce ne sono tre, oltre al nostro. Lasciamo la macchina: pochi metri in salita e raggiungiamo il bordo del cratere. Stupendo. La conca, è vastissima, 2 chilometri di diametro e 300 metri di profondità: un manto verde a chiazze di forme e tinte irregolari, all’interno del catino vediamo da un lato un piccolo cono vulcanico e dall’altro uno specchio d’acqua. Una meraviglia. E’ zona protetta, non si può scendere (sarebbe comunque un’impresa al di là delle nostre possibilità). Quello che sarebbe possibile fare, seguendo l’unico percorso consentito, è percorrere l’intero perimetro del cratere (8 km), sul bordo, per nulla pericoloso, e di pendenza minima. Sarebbe stato un bel trekking, se non fosse per il tempo troppo minaccioso. Iniziamo comunque il sentiero, il panorama è troppo bello per starsene lì fermi, anche sapendo di non portarlo a termine. Camminiamo in fila per diverse centinaia di metri fermandoci spesso a goderci lo stupendo panorama. Sotto di noi l’immenso catino del cratere, dall’altro fianco vediamo parte dell’isola di Faial, in fondo il mare e ancora più in là l’imponenza del vulcano di Pico, per metà avvolto dalle nuvole. Inizia a scendere una leggera pioggerellina, che ci impone il dietro front e ritorno a passo svelto alla nostra automobile. Ci rimettiamo in strada e dopo pochi tornanti la pioggia fortunatamente smette. Arrivati al bivio che indicava i due diversi parchi forestali, imbocchiamo la via per l’altro. Il manto stradale peggiora un po’ ma ciò che ci circonda è uno stupendo esempio della meravigliosa natura che è nelle Azzorre e di ciò che immaginavo e speravo di trovare. Complice la luce del sole che con sempre più insistenza si fa strada tra le nuvole, questa campagna assume un aspetto che ancora più ci colpisce e stupisce. Tratti boschivi, alti alberi dalle chiome verde smeraldo, siepi di ortensie bianche, azzurre, fucsia. Tanta è la loro esuberanza da essere utilizzate anche come limite di demarcazione tra gli appezzamenti di terreno. In queste isole hanno evidentemente trovato l’habitat ideale. Poi, numerose, anche le campanule, le rose selvatiche e altri fiori di cui non saprei riferire il nome, ma di cui ho ammirato la bellezza. E quante mucche al pascolo, libere. Infine, ciliegina sulla torta, per dare un tocco ancor più fiabesco ed idilliaco a tutto questo, abbiamo incrociato più di una volta dei simpatici leprotti che impauriti dal nostro arrivo fuggivano saltellando sul bordo della strada. Ci troviamo in una zona centrale dell’isola, l’attraversiamo dirigendoci verso la costa, lentamente, godendoci semplicemente il panorama e la natura, fino a che questa stradina si ricongiunge con la strada principale, quella che lungo la costa cinge perimetralmente l’isola. Dato che il tempo ora sembra volgere al bello, decidiamo di andare al vulcano Capelhinos, situato all’estremità ovest, ma solo dopo aver fatto una tappa ad Horta per un rapido spuntino. Tutto continua ad essere verdeggiante fino ad un certo punto, quando bruscamente la vegetazione s’interrompe per lasciar posto ad un paesaggio lunare, brullo, sovrastato dal cratere del vulcano. L’impatto è d’effetto, esattamente agli antipodi rispetto la Caldeira Grande ammantata di verde, vista solo poche ore fa. Qui, domina l’austero colore scuro della lava e della polvere vulcanica che a primo acchito dà un senso quasi inquietante, con la bocca del cratere larga, irregolare, squassata su un lato dall’ultima violenta eruzione del 1957. E’ quella che ha generato tutto ciò che vediamo, coprendo di lava ogni cosa, arrivando perfino al primo piano dell’edificio sul quale si erige ancora ora un faro e sommergendo completamente alcuni caseggiati lì nei pressi. Il faro è visitabile, (biglietto di 1 €) ed è possibile salirvi in cima e rimirare dall’alto il vulcano, il mare, la scogliera nera e lo spumeggiare del mare. A poca distanza dal faro, un passaggio porta a qualcosa che non ci aspettavamo proprio di trovare... una sorta di museo sotterraneo, d’architettura avveniristica, sembra l’interno di un enorme disco volante. Vi è una sezione ove con foto e pannelli, viene descritta in modo molto particolareggiato l’eruzione del 1957. In un’altra parte del museo, lo stesso evento viene rappresentato con l’ausilio di materiale interattivo.
Questa sera ritorniamo da A’Arvore, ed ancora la cena perfetta. Oggi, che è domenica, tra le pietanze proposte, troviamo anche il Cozido di Santo Spirito, piatto della tradizione isolana. Anche questa sera usciamo più che soddisfatti, pagando un conto addirittura inferiore all’altro ieri, 31 €, per aver preso un dolce in meno! Anche questa volta mi stupisco del fatto che oltre a noi, solo un altro tavolo fosse occupato.

2/7/2012
Oggi ultimo giorno a Faial, e vogliamo concludere con il giro completo dell’isola. Come sempre il sole va e viene. Si incrociano poche persone, tra turisti e abitanti del luogo. Le case, ben tenute, ordinate, danno però la sensazione di essere disabitate, anche se, si sa, non è così. Fatta eccezione per le immediate vicinanze di Horta, non si notano officine, capannoni, o evidenti costruzioni dedicate ad attività industriali o commerciali. Vediamo ancora, ovunque e numerose le mucche, di diverse razze. Pochi sono gli appezzamenti di terreno coltivati: quasi tutti sono dedicati al pascolo. E di nuovo, ogni tanto, spazi attrezzati per i pic nic, spesso ubicati negli stessi luoghi dei “miradouro”. Sovente lasciamo la strada principale, per scendere nei minuscoli centri abitati affacciati sul mare. Non si possono chiamare nemmeno paesini, spesso si tratta di poche manciate di case. La guida è poco d’aiuto. Ci muoviamo a sensazione. E’ così che giungiamo ad un spiazzo, dove la strada da un lato finisce e abbiamo davanti a noi la spiaggia di Salao. Anche qui siamo i soli. Ci sediamo e guardiamo le lunghe onde dell’oceano, adagiarsi sulla ghiaia scura. Continuiamo il giro dell’isola, assolutamente piacevole ed appagante. Ridoppiamo il bivio per Capelinhos, ma proseguiamo dritto, fino ad arrivare alla zona termale di Varadouro, segnalata con tanto di cartello corredato con simbolo turistico raffigurante le terme. Peccato che l’edificio una volta adibito a centro termale, è chiuso da chissà quanti anni, visto lo stato di abbandono in cui versa... Posteggiamo e proseguiamo a piedi seguendo un’altra indicazione turistica che raffigura dei bagnanti... pensiamo: ci sarà una spiaggia. Ciò che incontriamo in realtà sono alcuni anfratti scogliosi dai quali sono state ricavate zone balneabili. Ossia, sono stati posti specifici, mirati, interventi per rendere in qualche modo fruibili quegli spazi. Esempio, passatoie in legno per facilitare il cammino, posa strategica di qualche masso al fine di creare delle piscine naturali, cabine per spogliarsi e scalette per scendere in acqua. Molto originali! Vedremo questa tipologia di... zona balneabile, abbastanza di sovente alle Azzorre. Pranziamo qui a Varadouro, a base di buon pesce al ristorantino Bela Vista, consigliatoci da Claudia e poi ritorniamo subito ad Horta dove abbiamo in programma di visitare il Museo degli scrimshaw, parola intraducibile, che indica i denti di capodoglio sui cui sono state impresse delle incisioni. Unico al mondo o quasi. Si trova nello stesso edificio in cui è situato Peter’s Cafè, esattamente al piano superiore. E’ lo stesso padre del locale, colui che ha raccolto questi oggetti, fondandone un museo, penso, veramente l’unico nel suo genere. Centinaia di denti di capodogli, lavorati da abilissimi incisori, raffiguranti volti, scene di caccia alla balena, paesaggi. Vi sono anche alcuni manufatti fabbricati con ossa di balena, ed un’enorme osso di mandibola di capodoglio, incredibile testimonianza delle dimensioni a cui potevano giungere questi mastodonti del mare. Con soli 2 € a testa (i bambini non pagano) si può visitare questa raccolta unica, addirittura con l’ausilio di una guida, che in lingua inglese, ne racconta l’avvincente storia. Oggi è lunedì e purtroppo A’Arvore è chiuso: ci facciamo consigliare da Claudia un paio di altri ristoranti in zona. Optiamo per Medhalas: senz’altro onesto, buono, ma a mio parere nulla a che vedere con l’eccellenza di A’Arvore.

3/7/2012
E’ il giorno della partenza: lasciamo l’autovettura nel parcheggio antistante il molo d’imbarco e puntualissimo alle 10:00 parte il traghetto per Madalena. Ci congediamo così da Faial, in una mattina luminosa, che ci permette di ammirare la marina e la città con i suoi edifici biancheggianti sotto il sole. La traversata del braccio di mare che separa le due isole dura mezz’ora. Il costo del biglietto è di 8,5€ per tutti e tre. La linea Transmacor nel periodo estivo effettua 3 o 4 partenze giornaliere in entrambe le tratte. Il porto di Madalena è in pratica un grosso cantiere. Stanno eseguendo lavori di ampliamento. Appena toccato terra, ci dirigiamo voucher alla mano, agli uffici di Ilha Verde, l’agenzia di autonoleggio, dove ritiriamo la nostra vettura: questa volta ci è toccata una Nissan Micra. Prima di dirigerci verso Sao Joao, la località dove abbiamo prenotato la nostra guest house, notiamo la sede di CW Azores, l’agenzia di cui già abbiamo sentito parlare e con cui potremmo decidere di effettuare l’escursione per il whale watching. CW Azores è gestita da italiani. Facciamo subito conoscenza con Patrizia con la quale intavoliamo una simpatica chiacchierata. Ci parla di Pico e di CW Azores. Non abbiamo dubbi nel prenotare subito un’uscita per l’indomani mattina. Si è fatta ora di pranzo, su consiglio di Patrizia, pranziamo allo snack bar Simpatia, a poca distanza da lì. A vederlo non ispira molto, gli interni sono freddi, un po’ da fast food, ma piacevoli sono i semplici tavolini posti fuori, nella piazza, sotto un alto albero. Pranziamo bene spendendo poco, pregustando l’uscita in mare di domani. Ci vuole una buona mezz’ora per arrivare al Miradouro da Papalva. Nel primo tratto di strada notiamo la scarsa presenza di alberi d’alto fusto, numerose piante di ibiscus, ma soprattutto ci colpisce il reticolo dei muretti a secco costruiti con la roccia vulcanica nera, a protezione delle famose vigne di Pico. I vigneti di Pico sono celebri, da questi si ottiene un buon vino bianco, di centenaria tradizione. E questi muretti squadrati, a volte ad andamento irregolare, neri a contrasto con il verde chiaro delle foglie di vite, ne fanno un elemento tipico e caratterizzante di tutta l’isola. In pratica i vigneti la circondano e occupano vaste zone della fascia perimetrale dell’isola in prossimità della costa. Arriviamo al Miradouro da Papalva, ad accoglierci calorosamente c’è John, il proprietario, che ci stava aspettando! E mentre scarichiamo i bagagli dall’auto, ecco il più bel benvenuto che ci si poteva aspettare! Vediamo un gruppo di delfini nuotare a pelo d’acqua, non lontano dalla riva! Comincia bene il nostro soggiorno a Pico! Indugiamo un po’ nel carinissimo giardino della Guest House... a proposito è veramente molto “miradouro”, in quanto appena fuori dal cancello ci sono due piccoli belvedere, con tanto di panchine. Inoltre John mette a disposizione degli ospiti un potente binocolo con cui è possibile dal giardino scrutare il mare, alla ricerca dei cetacei! Pensate, dalla veranda con un pizzico di fortuna, è possibile avvistare balene e delfini! Incredibile! Oramai si è fatto pomeriggio inoltrato, decidiamo comunque di fare una puntatina al vicino paese di Lajes. Anche qui sono in corso degli importanti lavori di ammodernamento del porto, che definirei... piuttosto invasivi. A parte questo, Lajes, come quasi tutti i paesini visitati, non colpisce certo per bellezza. Dei piccoli centri abbiamo apprezzato alcuni scorci, le facciate di alcune chiese, ma nessuno tra quelli visitati, ci ha strappato un’esclamazione del tipo... Ah, che bel paesino! No, mai. Da una delle strade principali, quella più prospicente al mare, si affacciano tra i pochi negozi, locande e affittacamere, un paio di organizzazioni per il Whale Watching, questo in quanto il tratto di mare proprio davanti a Lajes è molto generoso in fatto di avvistamenti. Le escursioni costano anche qualche cosa di meno rispetto a quella già prenotata per domani, ma rimaniamo convinti della scelta fatta. CW Azores ci ha persuaso, se non altro per il fatto che si parla anche italiano, dettaglio non trascurabile. E domani ne avremo la conferma.
Questa sera cena in un piccolo, semplice ristorantino vista mare, poco distante dal nostro alloggio. E’ stato John a consigliarlo. Mangiamo benissimo, squisito il pesce spada e divina la grigliata mista di pesce, che ricorderò per un pezzo. Si chiama Marisqueria Manuel Maciel. Spendiamo 47 € in tre, naturalmente il vino non ce lo facciamo mancare mai, specialmente qui a Pico! Facciamo ritorno al Miradouro da Papalva, oramai è buio, ci sediamo in giardino a conversare con John e a... stupirci dai richiami dalle berte, uccelli un po’ simili agli albatros, ma più piccoli. Beh, insomma nessuno di noi aveva mai udito niente del genere. Sembrano suoni... umani, di buffi buontemponi che si divertono ad urlare: “AAAHUA... AAAAHUA... AAAAHUA…

4/7/2012
Sveglia di buon’ora: alle 08:30 dobbiamo stare agli uffici di CW Azores, dove avremo un briefing, prima di partire, alle 09:00, per l’uscita in mare. Siamo un po’ emozionati, consapevoli dell’occasione che ci aspetta. Puntuale Enrico, biologo marino, tiene un’interessantissima panoramica sul mondo dei cetacei in genere e, in dettaglio, sulle particolarità di questi animali che popolano numerosi le acque delle isole Azzorre. E... meno male che è tutto in italiano! Pronti per la partenza: indossiamo i salvagenti e ci dirigiamo verso il molo dove un grande gommone da 12 posti + equipaggio ci attende. La rotta è verso est, e dopo quasi mezz’ora di navigazione, i motori vengono spenti. Siamo forse a due o tre chilometri dalla costa e vediamo il vulcano di Pico svettare in tutta la sua imponenza. Sgombro da nubi, questa volta svela il suo profilo per intero, stagliandosi nel cielo azzurro. Ora il nostro natante è fermo e spesso sentiamo via radio la voce del misterioso “avvistatore di balene”, un ex cacciatore di balene, che da una torretta posizionata sulla costa, una volta individuati i “soffi” dei cetacei, comunica la posizione ai piloti che immediatamente si dirigono al punto indicato. Oltre la nostra vi sono un altro paio di imbarcazioni, ed è singolare vedere come, dall’immobilità assoluta, tutto ad un tratto, quasi contemporaneamente danno gas ai motori nel momento in cui la voce concitata della vedetta, comunica gli avvistamenti! In tre occasioni riusciamo a giungere in tempo per vedere i capodogli respirare, a pelo d’acqua per qualche minuto, prima di immergersi negli abissi, a caccia. E’ un’emozione, anche se in realtà non si vede molto, infatti dalla superficie dell’acqua increspata, si ha più che altro percezione della stazza di questi mammiferi, dei quali a momenti spunta netta la pinna dorsale, oltre che al famoso... soffio! Poi, se si è fortunati all’atto dell’immersione si può riuscire a cogliere il colpo di coda finale, il vero momento topico, ove la coda dell’animale emerge per intero dall’acqua, dando testimonianza di quelle che sono le reali dimensione del capodoglio. Altro fantastico spettacolo, godibile in tempi e modi completamente diversi sono i delfini. Ne avremo incontrati 5 o 6 gruppi di diverse specie, alcuni numerosissimi. Come non possono emozionare, questi incredibili animali? Sfrecciavano sotto il gommone, emergevano, s’immergevano compiendo piroette come solo loro sanno fare! Dalla staticità dell’osservazione, quasi religiosa dei movimenti lenti dei capodogli, ai salti repentini e giocosi dei delfini! Che meraviglia!
Rientriamo al porto di Madalena soddisfatti e ancora eccitati da tutti quegli avvistamenti. Non possiamo non ritornare! Pranzetto veloce al bar Simpatia e poi via, verso i paesi di pietra nera, ossia Porto Cachorro, Lajido ed Arcos. Chiamarli paesi è una parola grossa, si tratta di manciate di case messe lì, a pochi passi dal mare. Sono così appellati in quanto le case sono quasi tutte costruite con roccia vulcanica scurissima. Porte e finestre in legno, colorate a vive tinte, rosso, o verde o azzurro, creano poi un netto e curioso contrasto. Siamo nella più completa solitudine. Tra queste case non vediamo anima viva. Il sole va e viene, nascondendosi spesso dietro grosse nuvole scure. Anche questa decisa alternanza di luce ci fa vivere questo angolo di Pico in modo assai singolare. Improvvisi e violenti schiaffi di luce fanno verdeggiare le acque prossime alla costa, esaltando i colori, con la roccia nera e la spuma bianca. Anche qui, tra le rocce troviamo spazi resi fruibili per la balneazione grazie a qualche pratico piccolo intervento umano. Proseguiamo fino ad arrivare alla cittadina di Sao Roque dove si trova il museo delle balene. Ingresso 2 € a testa, gratuità per i bambini. Si tratta dello stabilimento ove, fino ad una ventina di anni fa circa, i cetacei una volta catturati, venivano portati per la lavorazione. E’ tutto ben conservato e ben descritto, da come venivano issati dal mare sulla terraferma ai vari processi della lavorazione. Il tutto corredato da fotografie vecchie e recenti. Cruenti immagini a testimonianza di un’epoca, di una vera e propria saga, oramai passata. Dalla strada EN2 tagliamo l’isola da nord verso sud e torniamo al Miradouro da Papalva.
Questa sera seguendo l’ennesimo consiglio di John, ceniamo all’Hocus Pocus, ristorante del resort Aldeida da Fonte. Uno dei ristoranti più validi in assoluto, di tutto il viaggio. Oltre al menù ricco ed alla eccellente qualità dei piatti, il locale è inserito in un contesto che definirei unico. Un giardino indescrivibilmente bello, con fiori, strane piante, alberi secolari e gli alloggi, casette costruite in pietra lavica sono incastonate in assoluta armonia, in un contesto naturalistico incredibile. Perfetto. Con tutta la soddisfazione per il Miradouro da Papalva, questo resort ha veramente un’ambientazione fiabesca. Una bellezza unica che non posso non segnalarla a chi, passando da queste parti desiderasse qualcosa in più.

5/7/2012
Oggi vorremmo tentare un avvicinamento al vulcano di Pico, con l’ambizione di salire fino a dove riusciremo, più vicino possibile alla vetta. John ci ha parlato di quanto è aleatoria la possibilità di trovare bel tempo. A volte si parte con il cielo terso e si arriva con nebbia e nuvoloni. Pico mi sembra come l’Olimpo, nella sua iconografia più classica: la montagna misteriosa, con la vetta sempre celata da fitte nubi. Oggi il tempo non è per nulla buono, ma sperando in un cambiamento, decidiamo di sfidare la sorte. Per prendere tempo, passiamo prima per il piccolo porto di Calhau. Deserto. Qualche barca a secco, nessuno in giro, tutto chiuso. Poi, decidiamo di intraprendere un giro largo, dalla strada interna panoramica che passa vicino ai piccoli laghi che costellano l’interno (ci hanno detto essere un giro molto bello), quindi da est verso ovest, nella speranza che nel frattempo torni sereno. Nel momento in cui lasciamo la costa e ci dirigiamo verso l’interno, salendo di poche centinaia di metri, nebbia o nuvole basse iniziano ad avvolgerci, rendendo la visibilità alquanto precaria. Abbandoniamo la strada principale per una deviazione che indica la zona dei laghi, ma, sarà per la segnaletica che lascia a desiderare, sarà per la scarsa visibilità, che dopo pochi chilometri ci troviamo in una mulattiera, completamente immersi nella nebbia. Non si vede nulla, né avanti, né dietro, né sopra, né sotto... solo la strada con a un lato un muro d’ortensie, dall’altro il fianco ripido della montagna. Naturalmente non c’è anima viva a cui chiedere e la cartina che abbiamo non ci è di nessun aiuto. A questo punto, dietro front, si ritorna fino a riprendere la strada principale. La nebbia aumenta, non si vede nulla, prendiamo comunque la direzione verso il vulcano, nella speranza di un repentino cambiamento di tempo. Vediamo spuntare dalla nebbia gruppi di bovini, a pochi metri dalla strada. Essendo vicini, decidiamo di deviare verso il Lagoa do Capitao. Arriviamo in pochi minuti, unici visitatori, in questa ambientazione... scozzese. Non si vede un gran che, di questo che è il lago più vasto di Pico, ma, prendiamola con filosofia e diciamo che la bruma ci regala comunque sensazioni... inaspettate. Riprendiamo la strada principale, fino ad incrociare il bivio per la salita sul vulcano. Ma sarebbe assurdo (e forse anche un po’ pericoloso) tentare l’ascesa, tanto non si vede nulla. Proseguiamo, quindi a tagliare l’isola, fino a ridiscendere fino a Madalena. Qui ci fermiamo per un po’ per poi ritornare a Sao Joao, dalla costa.
Questa sera, accompagnati da John ed assieme ad una coppia di giovani statunitensi del Connecticut, novelli sposi, ospiti del Miradouro da Papalva, ceniamo al O’ Barbecue, un piccolo ristorante dalle parti di Ribeira Grande.

6/7/2012
Questo pomeriggio avremo la seconda uscita con CW Azores: questa volta dedicata al bagno con i delfini: idea che mi lascia un po’ perplesso, ma per accontentare mia figlia... proviamoci! Nuvole fitte anche oggi. Contavamo di impegnare la mattinata tentando ciò che non era riuscito ieri, ma neanche ci proviamo, dato il tempo. Temiamo addirittura che possa saltare l’uscita in mare... sarebbe un vero peccato. Invece fortunatamente a metà mattinata riceviamo un sms di conferma: meno male! Ci dirigiamo subito a Madalena, e passiamo il tempo che resta passeggiando un po’ per il piccolo centro, comprando t-shirt ricordo e qualche cartolina, e pranziamo poi tranquilli allo snack bar Simpatia. Sotto i rami dell’albero centenario che sta in mezzo alla piazza. Se si guarda l’interno del bar, si può essere ovunque, in un locale anonimo, moderno, come se ne vedono tanti in qualsiasi città italiana. Ma se ci si volta spalle al bar, verso la piazza, allora si è a Madalena, Pico, Azzorre. Semplici tavolini sotto i rami di questo enorme albero, turisti: quasi nessuno, in compenso un via vai di gente del posto, marinai e lavoratori del vicinissimo porto, bianchi, neri, mulatti. Giovani, vecchi, tatuati, che vanno che vengono, che bevono o pranzano, fumando e chiacchierando.
E’ giunta l’ora. Pochi passi e giungiamo, già emozionati alla sede di CW Azores. Anche in questa occasione, un breve briefing che ci illustra come quando scendere dal gommone in acqua e vari accorgimenti e comportamenti da osservare. Ci infiliamo la muta e via... verso questa avventura! Non raggiungiamo lo stesso tratto di mare di due giorni fa: questa volta ci dirigiamo verso nord, verso l’isola di Faial. Non passa molto tempo prima di incrociare il primo gruppo di delfini... la regola è che si entra in acqua due persone per volta. Sul gommone siamo 3 coppie che scenderanno in acqua, è necessario quindi alternarsi, ma l’abbondanza degli avvistamenti è tale per cui, in sostanza, non si attende molto tempo. Resta comunque una pratica laboriosa, in quanto occorre prepararsi, stare sul chi vive fino a quando il capo imbarcazione dà l’OK a scivolare in acqua, affrettarsi poi a dirigersi verso gli animali, che nel frattempo ovviamente si sono spostati... il risultato è quindi abbastanza effimero... Nel nostro caso nella prima discesa in acqua abbiamo visto molto da vicino un delfino, il resto del gruppo ha nuotato piuttosto lontano. Nella seconda discesa, al nostro turno, il caso ha voluto che incappassimo in un piccolo gruppo di delfini bianchi non comuni da incontrare, ci hanno detto, molto più grandi delle stenelle ma anche più diffidenti, infatti li abbiamo visti nuotare lenti e piuttosto a distanza. Abbiamo scorto le sagome più che vedere chiaramente i dettagli. Questa esperienza in sé è stata comunque emozionante, ma sotto l’aspetto visivo, è molto più conveniente osservarli dall’esterno. Non ce la siamo sentita di scendere un’altra volta in mare, anche perché il freddo cominciava a farsi sentire... stando con addosso la muta bagnata e avendo ancora molto tempo da rimanere in mare. Tanto da vedere dal gommone altri gruppi di delfini e 3 capodogli! Che dire!
Rientriamo alla base abbastanza infreddoliti, ma appagati. Ci congediamo con tutto lo staff di CW Azores! Torniamo al Miradouro, accolti dal simpatico John. Una bella doccia calda e poi una bella cenetta a Sao Joao, ritorniamo alla Marisqueira Manuel Maciel, e bissiamo una fantastica cenetta a base di pesce, spendendo in totale 41 €.

7/7/2012
Questa mattina al nostro risveglio: sole! Il cielo appare azzurro e limpido quasi in tutto l’orizzonte: quasi appunto, rimane la coltre che avvolge la sommità di Pico. John ci dice che è probabile che con il passare delle ore le nubi si diradino. Cominciamo allora con un giro largo, raggiungendo la punta est dell’isola ed il faro di Meneiro. Siamo i soli visitatori, giriamo nel cortile intorno al faro e ci sediamo a guardare il mare, con il sole caldo che picchia ed il vento che su questa punta, si fa sentire. Non rimaniamo molto: incoraggiati dal tempo buono, intendiamo attraversare l’isola dall’interno, prendendo la strada dei laghi (quella per cui sbagliammo la strada l’altro ieri) e raggiungere così la via che conduce a quota 1000 metri, il punto più alto raggiungibile in macchina. L’intenzione è, da lì, salire poi a piedi fino a quanto ce la sentiremo. La cima ora spicca nel cielo azzurro e l’ottimismo ci prende, dai che è la volta buona! Da Piedade voltiamo, a salire, verso l’interno. Anche qui dobbiamo fare i conti con un paio di bivi... ambigui, ma questa volta con un po’ di fortuna (e soprattutto con l’aiuto di un pastore, provvidenzialmente incontrato lungo la strada) riusciamo a prendere la giusta via godendoci panorami davvero notevoli. Salendo la vegetazione si fa più rada, scompaiono gradualmente le piante d’alto fusto, lasciando il posto a pascoli e vegetazione più bassa. Frequenti sono le zone dove si scorgono placide le mucche al pascolo. Davvero bella questa strada ove ogni tanto sia a destra che a sinistra si scorgono piccoli laghetti intatti, solitari, a volte vicini, a volte si scorgono in lontananza... non sarebbe male lasciare l’auto e raggiungere a piedi i più lontani, ma abbiamo fretta di tentare l’ascesa a Pico, e temiamo che svanisca questo momento di grazia. Rimane in ogni caso un giro godibilissimo, anche se fatto semplicemente in macchina. Procedendo a velocità molto ridotta, riesce comunque a regalare scorci e momenti stupendi. E intanto vediamo avvicinarsi sempre di più, maestoso, il cono di Pico, perfettamente sgombro da nubi. Arriviamo al termine della strada secondaria, prendiamo l’arteria principale che taglia l’isola e che porta alla diramazione verso la strada per il vulcano. Sembra pazzesco, stanno riformandosi le nuvole... non vogliamo crederci e continuiamo spediti. Arriviamo all’ultimo bivio. Da lì in poi si sale. Ci guardiamo allibiti. La situazione è grottesca, poche centinaia di metri e siamo completamente immersi nelle nuvole. A questo punto decidiamo comunque di continuare, può essere un banco isolato, e poi è l’ultimo giorno, non avremo altre possibilità. Presto ci rendiamo conto che non si tratta per niente di un banco isolato; è... nebbia fonda! Raggiungiamo il rifugio, dove termina la carrozzabile. Vi saranno una decina di macchine, non di più. Parte di esse sono di coloro che hanno intrapreso la scalata quando il tempo era limpido. Questo è l’insediamento più in quota. All’interno ci sono solo i gestori. Cerchiamo di condividere con loro la nostra sorpresa: un’ora fa splendeva il sole... Ci rispondono con un sorriso... ”E’ così, qui da noi il tempo cambia rapidamente”, dicono. Siamo delusi. Ci informano che se lo desideriamo sotto c’è una sala dove possono proiettare un documentario sul vulcano di Pico, su come sarebbe se... si vedesse. Accettiamo mestamente. Il rag. Fantozzi avrebbe fatto lo stesso.
Torniamo a Sao Joao. Nel tardo pomeriggio, torna a farsi vivo il sole. No comment. Ci consoliamo tornando a cena in quello splendido angolo di paradiso che è Aldeia da Fonte, dove questa volta passeggiamo un po’ di più per godere di questa meraviglia con il favore della luce, prima di cenare (ancora divinamente) all’ Hocus Pocus, spendendo 48,50 €.

8/7/2012
Ci svegliamo con comodo, stiamo in giardino con John. Ci accomiatiamo da lui... siamo quasi commossi. Sono bastati pochi giorni per instaurare un profondo feeling con il vecchio, gentile, saggio John. Arriviamo all’aeroporto con buon anticipo e lo troviamo... pressoché deserto! Ogni tanto capita di sentirsi in situazioni surreali. Questo è uno di quei casi. L’aeroporto è nuovo, lucido, pulito. C’è solo una guardia che passeggia annoiata su e giù ed il barista. Guardando il cartellone, scopriamo che oggi sono previsti 3 voli in partenza. Il primo è il nostro. A poco più di un’ora dalla partenza, gradualmente si popola: vediamo arrivare il personale, i passeggeri e tutto quanto prende vita! Check in velocissimo e poi, altra sorpresa, il volo parte con venti minuti di anticipo! Formidabili, queste Azzorre! ;-) Il velivolo è della SATA: un Bombardier Q400 da 80 posti, spazioso e nuovo.
L’aeroporto di Ponta Delgada è più movimentato rispetto a Pico (ci vuole poco...). Ritiriamo la nostra vettura, questa volta una Peugeot 208, e ci dirigiamo verso Lagoa, il paese di riferimento nei pressi del quale si trova la nostra sistemazione: Quinta da Freira. Subito usciti dall’aeroporto ci rendiamo conto che qui è diverso. Entriamo in una superstrada che è né più né meno di come sono quelle nel... continente. Questa arteria serve parte dei centri più importanti di Sao Miguel, il resto delle vie di comunicazione dell’isola sono invece equiparabili a quelle già battute nelle due isole precedenti. Quinta da Freira si trova solo ad un paio di chilometri da Lagoa, ma in un contesto completamente rurale. Sembra di essere in aperta campagna, intorno si vedono solo campi. Facciamo conoscenza con Manuela, simpatica proprietaria e con la sua famiglia. Molto cortesemente Manuela, ci accompagna di persona in auto a Lagoa, consigliandoci percorsi, ristoranti, e attrazioni nei dintorni.
Questa sera ceniamo al ristorante Beira Mar K’fé (48 €), Mangiamo bene, anche se il proprietario è un po’ troppo invadente. Lagoa, come tanti dei piccoli paesi fino ad ora visitati non ha spazi di aggregazione o luoghi dove sia gradevole fare i classici quattro passi serali, per cui ritorniamo quasi subito a Quinta da Freira.

9/7/2012
Oggi a Furnas! Lasciata la superstrada ed addentrandosi un po’ più verso l’interno, incontriamo di nuovo, con molto piacere, gli elementi caratterizzanti del nostro peregrinare per queste isole, e cioè ortensie, pascoli e mucche! Anche qui a Sao Miguel, in certi tratti, sono vere e proprie pareti azzurre, bianche o fucsia. Avvicinandosi a Furnas, i pascoli lasciano il posto a tratti boschivi. Prima di arrivare al paese, ecco l’omonimo lago. La strada lo costeggia per diverse centinaia di metri, prima di dividersi. A sinistra, le indicazioni per le caldeiras, dritto per il centro abitato. Voltiamo, e pochi minuti dopo arriviamo ad un largo piazzale adibito a posteggio. Le macchine non sono più di una decina. Già dalla strada, avvicinandosi, si notano i vistosi pinnacoli di fumo. Dal posteggio, superato un piccolo boschetto di alberi alti, si accede all’area maggiormente interessata al fenomeno geotermico. L’acqua sgorga ribollendo dal sottosuolo, esala densi vapori sulfurei e forma nel terreno argilloso piccole e grandi bolle fangose che ne fanno uno scenario un po’... infernale. In altri punti vi sono buchi che sbuffano vapore senza che si veda acqua nè fango, ma dai quali si sente distinto il gorgoglio sotterraneo. Il terreno è di colore grigio chiaro e spesso si vedono venature giallastre, dovute alla presenza abbondante di zolfo. Se si tocca con le mani il suolo, si sente ovviamente calore, conseguenza del riscaldamento del terreno tutt’intorno. E questo è il fenomeno che, tra l’altro, consente la produzione del celebre cozido di Furnas, piatto tipico del luogo e famoso in tutte le Azzorre. A pochi metri dalle calide pozze fumanti sorgono decine di buche nel terreno, cilindriche, profonde tra un metro e un metro e mezzo, in alcune si vede uscire qualche filo di vapore. In esse vengono inserite delle grandi pignatte di terracotta, riempite di carne e verdure, ermeticamente chiuse, prima di essere completamente ricoperte di terreno. Ci voglio tre-quattro ore per cucinare un buon cozido, e le buche sono utilizzate dai ristoranti di Furnas. Riprendiamo la nostra vettura. Pochi minuti di strada ci separano dal centro abitato. Il paesino rimane in basso, in una specie di anello infossato, circondato da boschi. Bello lo scenario in generale, anche se la parte urbana in sè (come tutti gli altri paesi) dice poco o nulla. Ma ha una grande attrazione, che è andata ben oltre a quanto mi aspettassi. Il parco Terra Nostra (entrata 5 € gli adulti 2,5 i bambini). Veramente qualcosa di stupendo, da lasciare a bocca aperta, tanta è la sua magnificenza! Il trionfo della natura, questa volta non selvaggia, ma curata e governata con sapienza attraverso sentieri, aiuole, ponti, laghetti e corsi d’acqua. Di una bellezza con pochi pari, data la presenza di forme di vita vegetali assolutamente poco viste. Visita stupenda, ben oltre ogni aspettativa, un po’ guastata solo da una fastidiosa pioggerellina intermittente.
Per pranzo, non si può non provare il celebre cozido di Furnas! Lo gustiamo da Tony’s uno dei numerosi ristoranti del luogo, dove viene proposta questa specialità. Esito pienamente soddisfacente: al prezzo di 19 € viene servita una fiamminga stracolma di cozido, metà verdure, metà carne di diverso tipo. Il gusto è effettivamente alquanto singolare, con un retrogusto di affumicato che ne sanziona la particolarità. Al termine dell’apprezzatissimo pasto, ci va di ritornare al parco Terra Nostra: qualche raggio di sole sbuca dalle nuvole, e ce lo vorremmo rivedere con più luce, tanto è bello! E’ un’attrazione da non perdere per chi viene a Sao Miguel. Lungo la strada del ritorno, deviamo all’indicazione del piccolo lago di Congro. Per tutto il percorso, non incontriamo nessuno, se non un gruppo di operai addetti alla manutenzione del verde. La strada si fa di sterrato, ci fermiamo e proseguiamo a piedi in un sentiero in mezzo ad un bosco che più fitto non si può immaginare. Da un lato abbiamo una parete ricoperta di una specie di muschio spesso e soffice tanto che appoggiando il palmo della una mano, questo affonda come in un cuscino. E’ giorno pieno, ma la luce è lieve, vuoi per gli alberi, vuoi per le nubi che sono ritornate ad avere il sopravvento, tanto che qualche goccia riprende già a cadere. Non arriviamo quindi alla fine del sentiero: ed il piccolo lago lo vediamo in lontananza, tra il fitto degli alberi. Sulla via del ritorno a Lagoa, sostiamo al paesino di Vila Franca do Campo. Ha due chiese interessanti, una di esse, la più antica, costruita per intero in nuda pietra lavica nera. Vila Franca è pur famosa per avere a poca distanza dalla propria costa un’isoletta, a mezzaluna, all’interno della quale c’è una baia sabbiosa, riparata, ove piccole imbarcazioni fanno spola per portarvi i bagnanti. Oltre a questa, vi è anche una piccola spiaggia e poco più in là il solito insieme di scogli e piscine artificiali che caratterizzano le località balneari alle Azzorre.
Questa sera proviamo il ristorante O’ Alambique. Non male in assoluto, ma rispetto a tutti gli altri finora provati alle Azzorre, senza dubbio quello che meno ci ha soddisfatto e dove più abbiamo pagato.

10/7/2012
Oggi partenza per Sete Cidades, il luogo d’interesse più fotografato e rappresentativo delle Azzorre. Si tratta di due laghi vulcanici, contigui. La loro particolarità è di avere uno le acque di color verde (Lagoa Verte), l’altro di color azzurro (Lagoa Azul). Sete Cidades è il nome del paesino sulla costa di quest’ultimo. Le nuvole particolarmente compatte ed uniformi, non ci fanno godere al meglio quella che forse è l’attrattiva più famosa di tutte le Azzorre. Nelle giornate di sole, risalta il contrasto cromatico che oggi si intuisce appena. La Vista do Rei, è il punto più panoramico dove si può godere al meglio della vista completa sui due laghi, infatti c’è un discreto via vai di turisti. Scendiamo al paese, piuttosto triste, non c’è una piazza, non c’è un passeggio, non esiste un lungolago... bah! Si tratta di un agglomerato di case bianche, carine, ordinate, con un paio di bar ristoranti. Senza anima. Lungo da strada per Sete Cidades, s’incontra un altro lago, più piccolo, ma molto bello: il lago di Santiago. Le acque sono di un verde intenso, ed il catino che lo ospita, è completamente ricoperto da fitti boschi. Sulla strada del ritorno vediamo un cartello che indica un altro lago, il lagoa do Canario. Ci passiamo. Felci, muschi, fitti alberi, sembra che nessuno sia mai passato di qua. E’ il trionfo della natura, dei laghi e delle foreste che sembrano veramente inviolate, fiabesche. Non c’è nessuno oltre a noi. In auto percorriamo la strada da est verso ovest: vogliamo arrivare alla punta estrema occidentale dell’isola: Ferreira. Qui, alte scogliere nere, s’impongono nel paesaggio. In lontananza, vediamo un faro. Anche qui troviamo un “miradouro” nella parte alta. Si può scendere fino alla scogliera e camminare sui ruvidi ciottoli di lava. Torniamo verso Lagoa, ma prima ci fermiamo ad una fazenda nei pressi di Ponta Delgada, dove si coltivano ananas in serra, secondo un procedimento particolare assai meticoloso, ma che... dà i suoi frutti! Assaggiamo degli ananas strepitosi, veramente eccezionali.
Questa sera decidiamo di provare il ristorante Melo Abreu, si trova direttamente sul porticciolo di Lagoa. Scelta azzeccatissima, tant’è che qui torneremo per le restanti cene che ci separano dalla partenza. Servizio perfetto, massima attenzione e cortesia da parte dei camerieri. Ottimo il pesce, ottimo il rapporto qualità/prezzo. Si affaccia sugli scogli, fronte mare. Peccato che l’atmosfera all’interno del locale e gli arredi siano freddi e un po’ spersonalizzati, ma... tutto non si può avere.

11/7/2012
Oggi, Lagoa do Fogo. Usciti dalla superstrada, si continua sulla carrozzabile e tra mucche e ortensie, si giunge al primo miradouro sul lago: una vista stupenda! Si adagia giù, in basso al cratere, è di forma irregolare, con le acque verdi e trasparenti. Più in fondo, verso l’orizzonte, oltre le curve morbide che disegnano il bordo del cratere, tra le nuvole basse, si intravede l’oceano. Forse tra i tanti laghi visti, questo è quello più scenografico. In alcuni punti gli alberi si spingono fino a riva, in altri è il prato o la sabbia ad arrivare fino a lambire le acque. In prossimità del miradouro, partono sentieri che giungono fino alle sponde del lago, passando per i boschi che ammantano il catino che lo ospita. Sarebbe bello avventurarsi in un trekking tra la foresta, fino a giù, a toccare le invitanti acque. Lascio l’idea a qualche prossimo viaggiatore. Noi proseguiamo, fino a giungere a Caldeira Vielha, luogo abbastanza famoso, anche per via della possibilità del bagno nella pozza di acqua termale, sotto una cascata d’acqua. Tutto assai scenografico. Il sentiero che in cinque minuti di cammino porta a Caldeira Vielha, parte dal lato opposto di una curva a gomito della strada, segnalato da un cartello turistico. Vi sono una dozzina di posti auto sia prima che dopo la stessa curva. La vegetazione è rigogliosa, spettacolare, felci giganti, palme, piante. Circa a metà strada, incontriamo a pochi metri sulla nostra destra una pozza di fango bollente, gorgogliante, del tipo di quelli visti a Furnas. Fortunatamente al nostro arrivo la vasca era quasi priva di bagnanti, siamo riusciti per pochi minuti essere quasi gli unici fruitori. Mi aspettavo acqua tiepida, invece non lo era: più calda era quella che cadeva dalla cascata. O quella del piccolo ruscello che si insinua lento tra i sassi qualche metro più in basso. L’arrivo di un nutrito gruppo di persone vocianti ha rotto l’incantesimo, e allo scrosciare dell’acqua si sono sostituiti gli schiamazzi dei turisti appena arrivati.
Lasciamo questo luogo per Ribeira Grande. Come ogni altro paese visto, non ci entusiasma. Facciamo un giro nel centro, vediamo la cattedrale, il parchetto antistante e poi la spiaggia, più lunga rispetto a tante altre viste fino ad ora, anche questa attrezzata con piscina nelle vicinanze. In auto raggiungiamo Riberinha, in pratica un’appendice urbana di Ribeira Grande: quasi non ci si accorge di dove finisce l’una e dove inizia l’altra. Qui, abbiamo indicazione di un ristorante piuttosto famoso: O’Gato Mia. In effetti è particolare: si discosta da tutti gli altri ristoranti fino ad ora provati. Qui il valore aggiunto è nella fantasia. Propongono oltre ai piatti tradizionali di carne o pesce, divagazioni culinarie a base di salse, spezie, verdure e persino frutta. Un deciso passo in più verso... lo sfizioso ed il raffinato. Da qui, riprendiamo la parte di superstrada che taglia l’isola, per arrivare a Ponta Delgada, il maggiore centro dell’isola di San Miguel e di tutte le Azzorre. Non fa proprio impazzire, la quasi totalità della passeggiata lungo il mare è costeggiata da una trafficata strada, bordata da alti, nuovi palazzi. Ma qualche angolo carino, a cercarlo, si trova. Alcune viuzze dell’interno, ad esempio sono gradevoli, con i selciati scuri e le case bianche ai lati. Interessanti anche le chiese, prima tra tutte la cattedrale, che sorge ovviamente nel pieno centro di Ponta Delgada.

12/7/2012
Ultimo giorno di vacanza: ad inaugurarlo, un sole deciso e splendente, che ci accompagnerà fino al tramonto. Mai accaduto! Oggi abbiamo in programma di visitare la costa nord orientale, fino alla cittadina di Nordeste. Abbandoniamo la superstrada nei pressi di Ribeira Grande, e qui prendiamo l’unica altra via di comunicazione, nelle vicinanze della costa, che collega tutti i minuscoli paesi. Ovviamente facciamo sosta in ogni miradouro che incontriamo: e ciascuno è uno spettacolo, specialmente oggi con il sole splendente, il cielo turchese ed il mare verde scintillante! Tra quelli visti, cito il Miradouro di Santa Iria, e il Salto da Farinhae Pedra dos Estorninus. Imperdibili. Naturalmente, tutti ordinati con panchine tavoli acqua corrente, grill e possibilità di pic-nic. Visitiamo la fazenda “La Gorreana”, dove viene coltivato e prodotto tè. Tutt’intorno all’edificio bianco e basso, campi verdi scintillanti dove vediamo intenti al lavoro quattro o cinque uomini chinati sulle ordinate siepi della pianta del tè. La coltivazione avviene con metodo biologico. All’interno dell’edificio, dove campeggia la scritta in rosso, “Chà Gorreana”, possiamo girare liberamente tra i vari reparti, dove vediamo gli addetti all’opera, alle prese con vecchi, massicci, rumorosi macchinari, attivi da molti, molti, molti lustri! Vediamo il tè steso negli essicatoi, cumuli di foglie frantumate e foglie intere contenute in sacchi di iuta. Passiamo al reparto dove sempre con macchinari a dir poco datati, viene confezionato il tè in bustina. Vediamo gli involucri scendere lentamente da una vecchia macchina, controllati e poi inscatolati a mano da quattro operaie sedute intorno ad un tavolo. E’ stata una visita assai interessante.
Riprendiamo il nostro giro continuando per la strada costiera, passando per assonnati paesini, incrociando pochissimi altri veicoli e godendo piacevoli panorami, fino ad arrivare al Parque Natural da Ribeira do Calderoes. La guida non ne parla assolutamente. Suppongo sia di nuova costituzione. Meravigliosa! Si tratta di una riserva naturale sorta intorno a vecchi mulini ad acqua, magazzini e abitazioni. C’è una cascata naturale, e graziosi sentieri tracciati tra i fiori e le piante, lungo le rive di un ruscello che ad un certo punto forma uno stagno di limpida acqua circondata da alte felci, dove si vedono nuotare tranquille le trote. E’ un luogo veramente idilliaco, che meriterebbe una sosta maggiore. Pranziamo al piccolo bar presente all’interno di questo parco/giardino, seduti ad uno dei pochi tavolini posti in un piccolo terrazzo. Innanzi a noi il ruscello i fiori, e tante farfalle. In un contesto simile, in altri luoghi quanto sarebbe costato un pranzo a base di 3 toast, 2 bicchieri di birra, 2 gelati 1 acqua ed 1 caffè? Qui 11,80 €.
Proseguiamo. Il pomeriggio si fa sempre più caldo ed assolato! Il nordest è veramente la zona più selvaggia e isolata, come dicono. Arriviamo alla cittadina di Nordeste e le sue case e le sue chiese biancheggiano sotto il sole lucente. Una rapida passeggiata al centro di questa ordinata cittadina e poi via, verso l’ultima meta di questo nostro viaggio: il parco naturale che si trova a 15 minuti d’auto da Nordeste, verso l’interno. L’ingresso si presenta con un bel giardino con tante rose, un parco giochi per bambini, servizi igienici e, naturalmente, una vasta area picnic. Anche qui, in perfetta solitudine, godiamo di questi spazi. Da lì partono sentieri ben tracciati che entrano in fitti boschi di altissimi, ritti alberi. Uno spettacolo. La nostra passeggiata dura solo mezz’ora. Ci fermiamo, guardando il sentiero che prosegue nel fitto, e più avanti, in fondo, dove sembrano esserci radure, ponti di legno... sarebbe bellissimo poter proseguire, qui come in altri luoghi. Riprendiamo la strada che ci porta a Quinta da Freira. Questa sera, l’ultima cena al Melo Abreu, a brindare al tramonto, a questa stupenda vacanza in queste sorprendenti isole poco conosciute, intatte e ricchissime.

Ed alla fine di questo diario, voglio ringraziare Elio, viaggiatore conosciuto casualmente sul web, le cui preziose informazioni mi hanno aiutato a concepire questa vacanza.

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