Benvenuto in Iran

Benvenuto in Iran: Sottotitolo non trovato

Sono esattamente le 03.16 locali quando il monitor del 737 posto quasi sulla mia testa indica che il velivolo è appena entrato nello spazio aereo iraniano. A bordo tutto tace: qualcuno russa; qualcuno legge; qualcuno guarda fuori nel buio, sperando forse di riconoscere a quale città o villaggio appartengono le vaghe luci sottostanti. Io penso, invece. Penso che tra poco meno di mezz’ora arriverò a Tehran, atterrerò in Iran, il paese canaglia e pullulante di terroristi e gente ultraconservatrice che mi vieterà di indossare magliette con scritte americane e di portare i miei bermuda colorati, facendomi patire il caldo. Penso alla musica occidentale che ho lasciato nel mio lettore, ai siti Internet cui non potrò accedere e alle tv che non potrò guardare. Penso a Francesca, costretta a bardarsi con un velo che non le permetterà di mostrare collo e nuca. Penso a ciò che ho letto nei vari forum e nei diari di viaggio scovati in rete: gente aperta e socievole; inviti a cena a destra e a manca; enorme senso di sicurezza e di viaggio tranquilli; accoglienza alle stelle e Internet garantito. Sarà ciò vero? Le voci di coloro che mi dicevano “Ma sei pazzo, vai in Iran? Ma lì ti rapiscono!” o “Un posto più tranquillo per le vacanze no?” ritornano. E se avessero ragione? Mah!
La mia vicina di posto mi chiede in ottimo italiano se sono in viaggio per lavoro o vacanze: “Vacanze” - rispondo. “Visiterò la parte centrale dell’Iran in due settimane”. Mi sorride: “Vedrà che le piacerà. Benvenuto in Iran”. Ed è la prima a rivolgermi questo caloroso saluto. Non faccio neanche in tempo a ringraziare che le luci si accendono, l’aereo inizia a perdere quota, le hostess destano gli ultimi dormienti, qualcuno approfitta della toilette e quando il comandante avvisa che mancano dieci minuti all’atterraggio, all’unisono tutte le donne presenti alzano il foulard che hanno avvolto al collo e lo mettono sulla testa. L’unica eccezione è Francesca: “Ce l’ho nel bagaglio sopra”, si giustifica. Si mette la kefiah che Alberto porta al collo, giusto per non essere l’unica senza.
Il velivolo scende, compie un’ampia virata sulla sinistra, si allinea e con decisione tocca il suolo iraniano alle 03.57, venti minuti in più rispetto all’orario previsto. Siamo in Iran: vediamo cosa succede.

21 Agosto

Siamo partiti in quattro da Orio nel primo pomeriggio di ieri con il volo Pegasus per Istanbul e siamo sempre il solito gruppetto ossia io, Roberto, Francesca e Alberto. Anche quest’anno ci siamo concessi il nostro terzo viaggio con la I. Li definiamo così perché gli altri due viaggi fatti insieme ci hanno portato in Israele e in India, oggi è l’Iran e domani... forse un altro stato il cui nome inizia per la I (Indonesia? Islanda? Irlanda?)!
La sosta di quasi cinque ore è passata velocemente nel piccolo ma trafficato aeroporto di Sabiha Gokçen e ora, con circa venti minuti di ritardo sull’orario previsto, siamo arrivati in piena notte a Tehran.
Il primo atto è quello del visto: lo abbiamo fatto al consolato iraniano di Milano e tra il presentarlo e la timbratura passano quindici minuti. Ci fiondiamo al recupero bagagli ritirando tutto (per fortuna) e poi usciamo, sperando di incontrare l’autista che abbiamo richiesto all’agenzia.
Ci viene incontro un giovanotto che ci saluta, ci da’ il benvenuto ma non si aspettava quattro persone quindi la sua auto non è adatta per trasportar tutti. Momenti di panico: io ho avvisato che eravamo in quattro! Comunque il giovane chiama subito un collaboratore e ci chiede di aspettare. Nel frattempo, saliamo al primo piano dell’aeroporto e cambiamo qualcosa di soldi, pochi visto il cambio sfavorevole ma giusti per non essere a mani vuote. Lì vicino, compriamo per 8$ anche una sim, buona però per l’android di Alberto ma non per il vecchio cellulare che mi sono portato: la tecnologia avanza anche qui.
Finalmente, dopo quasi quarantacinque minuti, arriva l’altra auto e partiamo alla volta del nostro albergo in Tehran. A velocità quasi folle su una strada già trafficata e nel chiarore dell’alba imminente giungiamo all’Hotel Khayyam, sito in Amir Kabi e nei pressi di Iman Khomeini Square: l’albergo è chiuso ma suonando ci viene aperto un cancello su un piccolo cortile. I due receptionist, molto gentilmente e vedendo le nostre facce stanche e stravolte, ci fanno il check-in alle 06.30 del mattino, concedendoci subito le camere: l’atto enorme di gentilezza ci fa soprassedere sull’assegnazione al 3° piano senza ascensore e al fatto che l’hotel è un cantiere a cielo aperto.
Riposiamo fin quasi le 10 poi, dopo una rigenerante doccia, mentre attendiamo il nostro autista, io e Alberto raggiungiamo Ferdosi street e cambiamo i nostri Euro a tasso più favorevole ossia 1€=40.000 Rial. Cambiamo 150€ e ci troviamo con paccate di soldi che spero di imparare a usare e distinguere col tempo.
Arrivato l’autista con una Toyota Delica color verde alle 11.30, si mette subito a nostra disposizione e così le visite possono iniziare. Il tour prevede una visita al Golestan Palace, poi una sosta al Bazaar, da qui all’ex-ambasciata Usa, quindi alla Cattedrale Sarkis e infine alla Torre Azadi. L'autista ci dice di chiamarsi Azad (Libero) e ci porta in breve tempo al Golestan Palace: gli fissiamo appuntamento per le 16 nel medesimo punto.
Il Palazzo Golestan è in realtà un complesso di costruzioni all’interno di un recinto: considerato uno dei più antichi gruppi di edifici a Tehran, fu costruito dalla dinastia Qajar.
All’ingresso facciamo la prima scoperta: gli stranieri pagano una tariffa, gli iraniani un’altra. Per la visita dei sei palazzi si pagano 50.000 Rial a persona (1,25€) per ogni edificio quindi sono 300.000 Rial in tutto per ognuno di noi (pari a circa 7.50€).
Entriamo a visitare il grande giardino con piscine e aree verdi dove intorno si ergono i palazzi ricchi di ornamenti risalenti al 19° secolo e in cui trovano sede piccoli musei o interessanti esposizioni: c’è la spettacolare terrazza conosciuta come Takht-e Marmar (Trono di marmo), ornata da dipinti, sculture di marmo, piastrelle, stucchi, specchi, smalti, sculture di legno e finestre a reticolo oltre che dal trono eretto al centro, fatto di marmo giallo; c’è il Khalvat-e-Karim Khani (Angolo del Khan Karim), anch’esso con una terrazza e un altro piccolo trono di marmo; c’è anche la Negar Khaneh (Galleria), dove sono esposte alcune opere di pittori iraniani prima e dopo l’era Qajar; e si visita pure la Talar Berelian (Sala dello Splendore), chiamata così perché è addobbata da un brillante specchio opera di artigiani iraniani.
Non tralasciamo la Talar-e Zoroof, in cui sono esposte tutte le porcellane dedicate ai re Qajar dai sovrani europei, e la Talar-e Adj (Sala dell’Avorio), un'ampia sala da pranzo decorata con i doni presentati al re Nasser-ol-Din Shah dai monarchi europei dell’epoca.
La Talar-e Aineh (Sala degli Specchi) è la sala più famosa del Palazzo, grazie alla straordinaria presenza e disposizione degli specchi ed è vicina alla Talar-e Salam (Sala dei Ricevimenti): designata per tenere ricevimenti speciali alla presenza del re, è dotata di specchi squisitamente lavorati, di un soffitto e di pareti decorate con formature di gesso e di pavimenti rivestiti a mosaico.
Nel vasto spazio si erge lo Shams-ol-Emareh (Edificio del Sole), che consideriamo una delle più belle strutture del Palazzo Golestan: dispone di due torri identiche e all’esterno trionfano archi, piastrelle dai colori intrecciati e finestre ornate. Proprio al lato si vede l’Emarat Badgir (Palazzo delle torri del vento) ma ci riserviamo di capirne il funzionamento quando saremo a Yazd.
Visitato così il complesso, ne usciamo e, proprio di fronte l’ingresso, si trova l’enorme e caotico bazaar di Teheran. Tenendo presente che oggi è Giovedì (pari al nostro Sabato) e il bazaar chiude prima, le strade sono trafficatissime: c’è un vociare di persone, l’ora della preghiera è imminente e la fame spinge alla ricerca di un posto di ristoro.
Mangiamo in un take away della piazza Sabzeh Meydan un enorme panino ripieno di carne (quello che noi chiameremmo in Italia un kebab) al prezzo di 50.000 Rial (1,25€) e poi facciamo un giro per il bazaar, che trabocca di merce di tutti i tipi, dalle spezie all’oggettistica della casa fino all’argenteria e ai giocattoli.
La gente ci guarda e ci ferma, chiedendoci soprattutto di dove siamo, e ci augura un buon viaggio: inizia così il contatto con lo splendido popolo iraniano.
Alle 16 ci facciamo trovare all’appuntamento e l’autista, già in attesa, parte per le trafficate strade giungendo dopo mezz’ora alla sede dell’ex Ambasciata U.S.A., che ora ospita il Museo dello Spionaggio. L’edificio è circondato da un muro perimetrale pieno di murales molto belli: la zona è soleggiata e desertica, non si vede alcun soldato e siamo liberi di fare tutte le foto del caso senza che nessuno ci dica alcunché.
Da lì partiamo per la Cattedrale Sarkis, una delle chiese Apostoliche Armene sorte in città, che però troviamo in chiusura: facciamo giusto una foto per ammirare la struttura poi l’autista gira per la Torre Azadi, uno dei simboli di Tehran.
Poco prima dell’aeroporto Mehradabad sorge questa alta torre: costruita nel 1971 in occasione delle cerimonie organizzate dall'ultimo Shah Mohammad Reza Pahlavi per festeggiare il 2500º anniversario della fondazione dell'Impero achemenide da parte di Ciro il Grande, è composta tutta di marmo bianco proveniente dalla regione di Isfahan.
Posta al centro di un grosso emiciclo, la raggiungiamo tramite un sottopassaggio in cui c’è una serie di negozi d’artigianato, trovandoci in breve al cospetto di quest’arco trionfale alto 45 m. e composto di un grosso corpo centrale con quattro piedi allargati intorno alla cui base ci sono diverse fontane. Nel suo sotterraneo si trovano delle sale espositive con pezzi antichi provenienti da rovine e moschee del paese.
Le foto con la torre in sfondo si sprecano e il bel sole caldo illumina il panorama facendosi finalmente rendere conto che siamo in vacanza e che siamo in Iran.
Azad ci riaccompagna in albergo e ci da’ appuntamento alle 20.30 per portarci al ristorante: gli abbiamo chiesto, infatti, di voler andare al Khayyam Restaurant, non lontano dal bazaar, considerato dalla LP come uno dei migliori ristoranti di Tehran.
Più tardi, puntuale, dopo un breve giro ci lascia davanti ad esso, dove concordiamo di vederci due ore dopo. Noi entriamo nel locale e apprezziamo l’ambiente decorato, i divani su cui ceniamo e l’atmosfera molto persiana. Il cibo è buonissimo e ci viene servito il classico kebab, che qui si presenta come una striscia di pezzetti di carne serviti da riso, verdure e salse. Concludiamo con un ottimo tè accompagnato da pasticcini e paghiamo per la gradita e lauta cena sugli 11€.
Tornati in albergo, è l’ora di un ben meritato riposo.

22 Agosto

Colazione a base di marmellata di carote, pane, uova e caffè e poi, alle 9.30, si parte alla volta di Esfahan.
L’intento è di procedere fino a Qom, visitare la città e poi da lì arrivare a Esfahan ma, dopo una rapida consultazione tra di noi, decidiamo di saltare la visita di Qom causa caos che potremmo trovare per le celebrazioni del Venerdì e di sostare a Kashan ma solo ai Bagh-e Fin (Giardini di Fin), che sono quasi vicini all’uscita dell’autostrada.
E’ appunto Venerdì e per le strade di Tehran sembra esserci meno traffico: è solo una pura illusione perché appena imbocchiamo l’autostrada, file d’auto sono incanalate per raggiungere il Mausoleo dell’Imam Khomeini, posto poco fuori città.
Ancora in costruzione, si tratta di una struttura moderna e un pochino priva di fascino ma che gli iraniani assalgono per rendere omaggio al leader della Rivoluzione Islamica e per fare i classici picnic che amano tanto sui prati adiacenti.
Ci passiamo davanti velocemente e poi proseguiamo verso sud, attraversando prima campi coltivati e radi boschi poi, dopo l’aeroporto internazionale, il paesaggio diventa desertico.
Azad, molto gentilmente, ci fa ascoltare un CD di Andrea Bocelli e “Roma nun fa la stupida stasera” con “Champagne” e altre canzoni fanno da colonna sonora a questo nostro primo viaggio.
Facciamo solo una breve sosta in uno delle tante aree service e arriviamo dopo tre ore ai Bagh-e Fin in Kashan ma sfortunatamente li troviamo chiusi, sebbene la LP dica che dovrebbero essere aperti: la delusione è forte e questo modificherà di sicuro il programma al rientro ma non ci scoraggiamo anzi, approfittando di un buon ristorante nelle vicinanze, ci concediamo un bel piatto di verdure e del pane caldo.
La nostra sorpresa è che l’autista ci offre il pranzo: siamo imbarazzatissimi e senza parole. Insisto per pagare la nostra quota ma, poiché nella precedente sosta gli abbiamo pagato l’acqua, il tè e la focaccia che aveva preso, ha ritenuto dover contraccambiare la cortesia.
Riprendiamo il viaggio, giungendo a Isfahan poco dopo le 17 e Azad ci lascia davanti al Setareh Hotel in Hafez street, a pochi minuti dalla Piazza dell’Imam: lui ritorna a Tehran mentre noi domani incontreremo il nostro nuovo e ultimo autista.
Preso possesso delle camere e constatato che l’albergo è veramente bello e funzionale, noi tre (Roby resta a riposare in camera) facciamo un primo giro ricognitivo per la piazza e per il bazaar.
In serata andiamo a cena da Bastani, dietro la Moschea dell’Imam: in uno scintillio di luci, decori argentei, fontane zampillanti e tappeti colorati mangiamo dei buonissimi piatti di kebab, di verdure, di deliziose salse e del buon yoghurt, pagando in tutto sui 9€.
Il giro in piazza si rivela una meravigliosa sorpresa: è Venerdì e tanta gente siede sulle panchine o fa picnic nei prati. Tutti ci salutano, ci invitano a prendere il tè o della frutta secca, ci fermano per chiedere di dove siamo e addirittura vogliono fotografarci!
Siamo sorpresi e affascinati e tutti i preconcetti sul popolo iraniano si stanno sfaldando davanti ai sorrisi dei bambini e alla generosità degli adulti.

23 Agosto

A colazione conosciamo il nostro nuovo autista, colui che ci accompagnerà per tutto il resto del viaggio: si chiama Alì, un giovane moretto dagli occhi neri che parla poche parole d'inglese e ascolta musica euro-persiana. Gli diamo appuntamento alle 17 del pomeriggio perché oggi è il giorno che dedichiamo alla visita della Piazza dell’Imam o Piazza Naqsh-e Jah?n (ossia "L'immagine del mondo"), luogo di notevole importanza storica e culturale che nel 1979 è stata inserito nell'elenco dei Patrimoni dell'Umanità dell'UNESCO.
Giunti nella piazza, alla luce del bel sole la ammiriamo in tutta la sua imponenza e vastità. La piazza, che è una delle più grandi del mondo, è circondata da importanti palazzi storici di epoca safavide come la Moschea Imam o dello Shah (sul lato sud della piazza), l’Ali Qapu Palace (sul lato ovest), la moschea Sheikh Lotf Allah (sul lato orientale) e dal Grande Bazaar in cui si può entrare dal lato nord. In più, ci sono decine di negozi situati nel perimetro interno e nelle gallerie poste dietro le facciate sui quattro lati.
La nitida luce mattutina mette in risalto le bellissime maioliche che ricoprono i portali delle due moschee e dell’ingresso al bazaar mentre i giochi d’acqua delle fontane fanno risaltare la silhouette un po’ acciaccata dell’aristocratico palazzo.
Per le visite, seguiamo il percorso più ovvio, iniziando dal nostro lato d'ingresso (quello a est) e davanti alla Moschea Sheikh Lotfollah o Moschea delle Donne ci mettiamo ad ammirare il bellissimo portale d'accesso, riccamente decorato di mosaici colorati con pannelli ad arabeschi floreali in giallo, bianco e blu su sfondo blu scuro che poggiano su dadi di marmo.
Il biglietto costa 100.000 Rial (2,50€), ed entriamo nella moschea seguendo due corridoi che portano nella camera della cupola, dove si trova il mihrab sulla parete opposta: notiamo che dal graduale buio riemergiamo in una stanza inondata di luce riflessa.  Questa luce illumina i medaglioni iscritti a motivi floreali decorati sulla sottocupola, le bellissime piastrelle oro e blu delle pareti e le iscrizioni bianche di frasi del Corano. Faccio notare che sotto la cupola c’è la figura di un pavone la cui coda è un gioco di luce visibile stando sotto l’ingresso alla camera: andando verso il mirhab, la coda scompare.
Apprezzata la bellezza dell’interno, usciamo per cercare di ammirare la cupola alta 19 m., ornata con un arabesco a motivo floreale in bianco, blu e nero su uno sfondo giallo che, a causa della posizione sfalsata rispetto al perimetro, è ben visibile solo allontanandosi dalla moschea.
La nostra seconda visita la facciamo alla Moschea dell’Imam anche conosciuta come Moschea dello Shah, Moschea Reale o Moschea del Venerdì di Abbasi: costruita durante il periodo Safavide, è un ottimo esempio di architettura e arte islamica ed è registrata anch'essa come Patrimonio dell’Umanità dell'UNESCO.
Notiamo subito che il suo splendore è dovuto principalmente alla bellezza delle sue tessere dai mosaici di sette colori e alle iscrizioni calligrafiche. Come la precedente moschea, la posizione asimmetrica è dovuta al fatto che il portale è orientato verso la piazza mentre tutto l’edificio lo è in direzione della Mecca.
Il portale che fronteggiamo misura 27 m. di altezza ed è coronato da due minareti alti 42 m.: entriamo nella porta principale e paghiamo il biglietto di 100.000 Rial (2,50€).
Accediamo subito al cortile principale, circondato da quattro iwan (i portali, dei quali il più grande è quello che indica la direzione della Mecca), e quello di fronte a noi, che misura 33 m. di altezza, è di sicuro il più bello: dietro questo iwan c’è uno spazio coperto che funge da sala di preghiera con la cupola più grande della città, alta 52 m. Alcuni visitatori battono i piedi su una pietra nera per verificare le proprietà acustiche che vi si trovano e come tutti ci aggiriamo per le varie sale ammirando le bellissime decorazioni.
Molto gentilmente, due mullah (o tali) ci offrono delle caramelle, ci chiedono da dove veniamo e ci invitano a visitare la moschea senza alcun problema anzi, se vogliamo chiedere qualcosa, sono a nostra disposizione.
La visita si protrae in breve e, usciti, completiamo il periplo del lato sud e ci rifugiamo nelle vie interne del bazar, poiché il caldo inizia a farsi sentire. Arriviamo quindi davanti all’ingresso dell’Ali Qapu Palace, il cui biglietto costa 150.000 Rial (3,75€): appena entrati c’è una scala che conduce ai sei piani superiori di questo palazzo, costruito per intrattenere i visitatori nobili e gli ambasciatori stranieri. A tal motivo lo Shah Abbas I arricchì di pitture murali i piani e le stanze così si possono ammirare motivi floreali, di animali e di uccelli, sebbene l'incuria in cui è stato tenuto per secoli sia ancora visibile. L’ampia seppur disastrata terrazza permette la totale visione su tutta la piazza e le ultime due sale che visitiamo, quella dei banchetti e quella della musica, sono di sicuro le più belle della struttura.
Scendiamo ben soddisfatti e puntiamo l’attenzione ora alla prossima meta, lo Chetel Sotun, situato al di fuori del perimetro della piazza ma a pochi minuti di cammino da essa: ci arriviamo attraversando un fresco giardino che porta all’ingresso sulla Ostandari  street. Qui il biglietto costa 100.000 Rial (2,50€) e, appena entrati, siamo al cospetto dell’affascinante padiglione posto nel mezzo di un parco alla fine di una lunga piscina.
Costruito dallo Shah Abbas II, anche questo palazzo aveva la finalità di intrattenere e abbellire i ricevimenti reali. Il suo nome, appunto "Quaranta Colonne", è ispirato dalle venti sottili colonne di legno sostenenti il padiglione che, con il riflesso nelle acque della sottostante vasca, diventano quaranta.
Ci aggiriamo prima nella zona antistante ammirando i pannelli del sottotetto e poi entriamo all’interno, dove sono contenuti molti affreschi e dipinti che raffigurano scene storiche di ricevimenti antichi o battaglie gloriose. E, durante la visita, siamo fermati in continuazione da persone che ci chiedono da dove veniamo e che vogliono farsi una foto con noi, neanche fossimo divi del cinema!
E’ ora di pranzo e vorremmo addentrarci nel bazar per trovare una sala da tè citata nella LP ma, sarà la stanchezza o la labirintica disposizione che, pur seguendo il tragitto consigliato dalla guida, riusciamo ad arrivare alla Moschea del Venerdì ma non riusciamo a trovare la sala da tè! Ritorniamo indietro e ci accomodiamo in una specie di fast food in cui siamo gli unici stranieri, dove ordiniamo e assaggiamo una sorta di piadina con carne molto saporita.
Per digerire il buon pranzo, andiamo di nuovo verso la Moschea del Venerdì tramite il percorso indicato nella LP ma, dato che abbiamo appuntamento con l’autista, ci ripromettiamo di visitarla il mattino seguente e torniamo indietro per essere alle 17 puntuali in albergo.
Davanti una ben tenuta FAW (marca d’auto cinese sconosciuta in Italia) Alì ci aspetta già: gli dico che desideriamo visitare i ponti e lui mette in moto l’auto partendo subito per il giro.
Il primo che visitiamo è il ponte Khajou, costruito tra il 1642 e il 1667: lungo circa 110 m e largo poco più di 20 m., ha da un lato un alto muro di contenimento che raccoglie l'acqua (in modo da formare un bacino che serve per l’irrigazione) mentre sull’altro lato ci sono i gradini dai quali l'acqua si riversa. Nella sezione inferiore del ponte c'è una serie di archi, dove la gente prende il fresco ora che il fiume è totalmente in secca.
Ripartiti, l’imponente traffico ci fa arrivare al Si-o-seh Pol quasi in un’ora sebbene il tragitto sia di appena pochi chilometri e troviamo tantissima gente che lo percorre: Si-o-Seh significa 33 in farsi e il ponte si chiama così in quanto è composto di trentatré archi e, come l’altro, funge anche da diga.
Siamo costantemente fermati e salutati da tantissima gente e ad alcuni ragazzini impartisco una piccola lezione d'inglese, naufragata in un mare di risate e lazzi.
Ritorniamo in albergo, riposiamo qualche oretta e poi, per cena, ci concediamo le coccole di Bastani e la consueta passeggiata in piazza, condita sempre dalla gentilezza e dall’ospitalità degli iraniani.

24 Agosto

Dopo una ricca colazione, siamo pronti con Alì per un’escursione fuori porta: visiteremo la Moschea del Venerdì (che abbiamo saltato ieri); poi andremo al Monar Jonbar, detto anche Mausoleo dei minareti oscillanti; da qui all’Atashgah e infine alla Cattedrale di Vank, per ammirare la chiesa armena.
Alì imbocca una serie di strade trafficate e ci lascia nel sottopassaggio stradale sito sotto la piazza: tramite una scala mobile ci troviamo nell’ampio spiazzo ancora in costruzione tra la Moschea del Venerdì e il Bazaar. Un po’ di perdita di orientamento ci fa scambiare il Minareto e la Cupola della Moschea Alì per quella del Venerdì ma, compreso l’errore, ritorniamo indietro nel bazaar e sbuchiamo davanti all'ingresso corretto.
Visitare l’interno costa 100.000 Rial (2,50€), che paghiamo prontamente: la Moschea è probabilmente l'espressione architettonica più importante della dominazione selgiuchide (IX - X sec.) ed ha una pianta con quattro iwan, la sala di preghiera con cupola affiancata da due minareti e la sala settentrionale adornata con un’altra cupola, entrambe che si stagliano nettamente sul profilo cittadino costituendo un elemento panoramico inconfondibile. Il cortile è decorato con piastrelle smaltate che formano disegni floreali e geometrici in diverse tonalità di blu, in bianco e in giallo e molti versetti coranici si leggono per tutto il perimetro murale.
Dopo l’interessante visita ritorniamo da Alì e partiamo per i Monar Jonbar, dove giungiamo dopo un tragitto di una ventina di minuti. Infatti, i due minareti sono situati nella periferia della città e sono stati costruiti nel 14° secolo per coprire la tomba di un santo eremita: la caratteristica attrattiva però è che se uno dei minareti è scosso, l'altro oscilla contemporaneamente.
Il biglietto costa 100.000 Rial (2,50€) e all’interno del piccolo giardino si trova la tomba con i minareti in mattoni, alti 17 metri e con 4 m. di circonferenza, che danno la fama al santuario, essendo il monumento architettonicamente insignificante. Purtroppo però le torri non oscillano più poiché le travi di legno del sistema di scuotimento sono gravemente danneggiate e ne possiamo vedere gli effetti da un filmato trasmesso all’interno della tomba: se non fosse che è di strada all’Atashgah, sarebbe anche una visita da saltare!
Cinque minuti di auto ci separano appunta dal luogo di culto noto come Atashgah (o 'Piazza del fuoco'), che è situato sulla cima di una collina, a circa 210 metri sopra la pianura circostante.
Pagato l’ingresso di 50.000 Rial (1,25€), ci arrampichiamo fino alla vetta come moderni climbers, sudando nella letterale scalata sulle rocce non essendoci un percorso chiaro: giunti in alto, troviamo che la vista sulla pianura di Isfahan è indimenticabile.
Comunque, una parte del complesso è composta dai resti di una cittadella di circa una ventina di edifici mentre un po’ isolati ci sono i resti di una torre-edificio nota come Burj-i Gurban o Torre del Sacrificio e sembra che fosse una torre d'osservazione militare con una fiamma che veniva accesa per avvertire l’avvicinarsi di un nemico.
Scattate le foto del caso, ritorniamo quasi ruzzolando in basso e partiamo per il quartiere Jolfa alla volta della Cattedrale di Vank, dove arriviamo in breve tempo.
Alì ci lascia davanti all'ingresso della Cattedrale e paghiamo il biglietto di 150.000 Rial (3,75€) per accedere a un ampio cortile dove sorge il campanile, la Cattedrale vera e propria e il complesso composto di un museo e da una libreria.
La Chiesa, il cui nome originale è Cattedrale di San Salvatore d'Isfahan, fu costruita nel 17° secolo dalla numerosa comunità cristiana della città e l'architettura dell’edificio è unica al mondo perché è una commistione tra l'arte safavide e lo stile gotico delle chiese cristiane. L'edificio ha una cupola simile a quella degli edifici islamici e anche l'interno, ben arredato, mostra un misto di stili islamico e cristiano.
Il grande campanile domina il cortile e sovrasta le tombe di cristiani ortodossi e protestanti sepolti lungo la parete che precede l'entrata alla chiesa, e l’interno lo troviamo tutto dipinto da scene di martirio e rappresentazioni bibliche. Alzando lo sguardo, ammiriamo la sotto cupola in stile persiano in blu e oro.
Usciamo e visitiamo il Museo della cultura armena di fronte la cattedrale che espone libri scritti a mano (tra cui il primo libro stampato in Iran), una varietà di oggetti come costumi safavidi, arazzi, dipinti europei riportati da mercanti armeni, ricami, e altri reperti etnologici legati alla cultura e alla religione armena.
Tutte queste visite ci han portato un certo appetito e ci rechiamo al Khan Gostar Restaurant, sito nelle vicinanze: un simpatico signore indiano ci invita ad assaggiare il buffet composto di moltissime insalate, taboulè e pasta fredda che paghiamo sui 6€, comprese le bevande.
Decidiamo, dopo il pranzo, di perderci per un po’ di visite nel Bazaar, non senza aver prima preso contatto tramite Alì con una palestra consigliata da una coppia d'italiani incontrata qualche giorno prima e in cui avevano assistito allo Zurkaneh, la lotta mistica iraniana: la telefonata ci conferma un appuntamento per le 21.
Dopo un giro di shopping e un breve riposo, puntuali partiamo per la palestra e alle 21 siamo seduti in una sala nel cui centro si apre una sorta di pedana infossata, circondata dagli attrezzi utilizzati per gli esercizi. Sulle pareti foto in bianco e nero molto ingiallite mostrano una serie di uomini che si esercitano in questa sorta di attività ginnica mista a momenti spirituali. Lo Zurkaneh utilizza alcuni strumenti strani come i mils, che sono roteati sopra la testa e dietro le spalle e che sembrano enormi birilli del bowling, e poi i kabbada, delle catene di metallo munite di dischi e usate anticamente per allenarsi a tirare con l’arco. Aiutati nel ritmo da un signore che lo scandisce con musica di tamburi e campane e lo accompagna con versi a quanto pare mistici e storici, nel tempo di poco più di un’ora assistiamo agli esercizi dei sette uomini presenti che roteano mazze e pesi all’unisono, fanno flessioni e piroette su loro stessi a mo’ di dervisci e terminano il tutto con una posa fotografica di gruppo che immortaliamo prontamente. Il musichiere, molto gentilmente, ci indica un cartello prima di uscire, dove si chiede di contribuire con 200.000 Rial (5€) per persona al sostentamento della palestra: li diamo volentieri, visto che eravamo gli unici spettatori e si sono esibiti solo per noi.
Ritorniamo verso l'albergo, ceniamo in una sorta di fast food sulla Hafez street dove siamo gli unici turisti e poi passiamo il resto della nostra ultima sera a Isfahan nella piazza, scattando foto ai monumenti illuminati, riprendendo il tutto con la telecamera e intrattenendoci con i giovani che ci fermano per chiacchierare un po’ in inglese o per sapere da dove veniamo.

25 Agosto

Come ormai di consueto alle 9, dopo colazione, ci incontriamo con Alì e ci prepariamo a lasciare Isfahan alla volta di Shiraz. Ci aspettano quasi sulle sei ore di auto spezzate da un paio di soste interessanti che contiamo di fare.
L’autostrada che percorriamo s'immerge subito nel brullo panorama esterno, fatto di aride colline, campi coltivati intervallati da distese di sabbia e roccia, paesi diroccati e “diavoli del deserto”, i piccoli tornado di sabbia che il vento provoca e innalza ogni tanto sui bordi. Abbiamo una musica persiana condita di mix con hit europee come sottofondo e mentre qualcuno di noi approfitta per riposare, il sottoscritto si gode il panorama.
Dopo circa quasi due ore, Alì compie la deviazione che gli ho chiesto di fare e s'inoltra su una strada deserta che porta in breve a Izadkhast, un complesso storico che comprende un castello, un caravanserraglio e un ponte del periodo safavide. Ci fermiamo all’ombra del caravanserraglio e, nel frattempo che Alì ci prepara uno spuntino con tè, caffè e piccoli dolcetti, noi ammiriamo i resti della fortezza, costruita con la sabbia su una singolare roccia: giacché non visiteremo Bam, le rovine si presentano nel complesso come un buon sostituto.
Dopo il ristoro e le immancabili foto, diamo uno sguardo al caravanserraglio, in rovina anche lui. Non è una struttura nuova per noi, avendone visitati alcuni in un precedente viaggio in Turchia, ma comunque la breve visita è interessante, sebbene il luogo non sia nelle migliori condizioni.
Ripartiamo e ritorniamo sull’autostrada immergendoci nel panorama fino alla successiva sosta, che avviene a pochi chilometri da Pasargade, nostra prossima tappa: all’inizio della strada per le rovine c’è un buon ristorante che, per circa 6€, ci rifocilla con un ottimo kebab e della verdura fresca.
Per aiutare la digestione, raggiungiamo le vicinissime rovine, in cui accediamo con l’auto pagando solo per essa 150.000 Rial (3,75€): ci fermiamo nella prima piazzola e da qui visitiamo la Tomba di Ciro I il Grande, il primo sovrano Achemenide.
La tomba ha una forma piramidale poggiata su una struttura a gradoni e una piccola porta introduce all’interno, nel quale si dice che l’imperatore fu riposto imbalsamato e messo in una bara d´oro assieme a tutti i suoi oggetti funerari.
Il resto delle rovine è composto di un palazzo, da un ponte d’accesso, da una torre di pietra e da una fortezza ora in rovina, tutti posti raggiungibili con l’auto: tra alcune rovine del palazzo e del ponte si trovarono dei rilievi dal grande interesse archeologico. Uno di questi reperti è considerato il più antico dell’Impero persiano trovato finora: è alto tre metri e rappresenta un personaggio con quattro ali.
Terminata l’interessante visita, ritorniamo sull’autostrada e andiamo di filato a Shiraz, dove giungiamo dopo altre due di viaggio: ad accoglierci c'è la Porta del Corano e il caotico traffico delle grandi città iraniane.
Alì ci lascia alla Niayesh Traditional House, situata nel centro storico: il fresco cortile e l’ottima posizione fanno da bilancia alla poca funzionalità delle camere che, seppur belle, si presentano un po’ buie e piene di scalini. Comunque siamo contenti e, dopo un buon riposo, facciamo un giro sullo Zand, la strada principale, e poi ceniamo allo Sharzeh Restaurant, dopo aver un po’ tribolato nel cercarlo: posto interessante; po’ caro; cibo normale ma niente di strepitoso.
Il resto della serata lo trascorriamo sul tetto dell’albergo, che ospita un bar, bevendo tè e fumando la shisha.

26 Agosto

La colazione la facciamo nel delizioso patio dell’hotel, dove conosciamo due simpatici giovani fidanzati di Rho che fanno all'incirca il nostro giro servendosi dei mezzi pubblici.
Dopo la piacevole chiacchierata, partiamo per la visita di Shiraz, considerata la città più romantica e la più colta dell’Iran.
Data la vicinanza, andiamo a visitare il Mausoleo di Shah-e Cheragh (Il Signore della Luce), importante meta di pellegrinaggi per gli sciiti, ma lo troviamo chiuso per i lavori di restauro e la visita è interdetta. Allora entriamo nell’adiacente bazar, già affollato di persone, e passiamo davanti all'ingresso della più interessante delle moschee di Shiraz, la Moschea del Venerdì, trovando anche questa chiusa.
Arriviamo in uno spiazzo dove c’è l’ingresso all’Imamzadeh-ye Ali Ebn-e Hamze ossia la tomba dell’Emiro Alì, uno dei discepoli di Imam Reza, ma per entrare dovremmo depositare la macchina fotografica e la videocamera: visitare un posto senza averne testimonianza fotografica non ci sembra il caso e così lasciamo stare, anche perché Francesca dovrebbe coprirsi con un chador. Dall’esterno, comunque, ammiriamo la bella cupola e l’ampio cortile interno.
Riprendiamo la strada del bazaar e sbuchiamo sulla Lotf Alì Khan Zand, per poi girare a destra e raggiungere i Giardini degli Aranceti o Bagh-e-Narenjastan, un museo aperto al pubblico di proprietà dell'Università di Shiraz che ospita la Qavam House, una tradizionale e storica casa costruita tra il 1879 e il 1886.
Paghiamo il biglietto di 150.000 Rial (3,75€) solo noi uomini (cosa che al momento non comprendiamo) ed entriamo nel bellissimo giardino fiorito e ricco di fontane, piscine e palme da dattero. Dalla parte opposta la Qavam House spicca con la sua l'eleganza e la raffinatezza tipica delle case persiane del 17° secolo.
Foto e video si sprecano in quest'ameno cortile dove non arriva il suono del traffico e i nostri sfondi preferiti sono la terrazza con gli specchi e le tre figure Qajare all’ingresso. Visitiamo anche la bellissima casa, ricca di meravigliosi dipinti e di vetrate colorate che danno un tocco di eleganza all’ambiente.
Compiuta la visita, ripercorriamo a ritroso la strada, entriamo nel Bazaar Vakil e ne usciamo dalla parte opposta, sullo Zand. Da qui ci rechiamo sul Karim Khan Boulevard per cambiare ai changes presenti un po’ di Euro e, dopo quest'operazione, ritorniamo indietro per visitare la Cittadella di Karim Khan o Arg-e Karim Khan, che fu la residenza di Karim Khan, in quale governò l'Iran tra il 1750 e il 1779 e fondò la dinastia Zand.
Costruita nella seconda metà del 1700 a somiglianza di una fortezza quadrata, conta di quattro alte torri circolari di 14 m. in ogni angolo, di mura alte 12 m. e spesse 3 e un'area interna di 4.000 mq.
Alla biglietteria troviamo un cartello “Free” e una guida ci spiega che oggi gli ingressi ai monumenti non si pagano o pagano solo gli uomini: ben felici della notizia (altrimenti avremmo dovuto sborsare 150.000 Rial a persona, ossia 3,75€), entriamo nel cortile ricco di alberi di agrumi ma, aggirandoci, notiamo che le camere sono un po’ spoglie e solo alcune sono state ristrutturate e sono sede di una piccola esposizione di foto antiche e manichini addobbati con abiti d’epoca. Interessante troviamo solo l’Hamman, tutto rimesso a nuovo.
Usciti dalla Cittadella che è ora di pranzo, ci rechiamo di nuovo al vicino Sharzeh Restaurant ma scegliamo solo il menù a buffet così, con pochi Euro, degustiamo ottime insalate di verdure e di pasta.
Intenzionati a visitare la vicinissima Moschea Vakil, la troviamo però chiusa: allora decidiamo di trascorrere le poche ore a nostra disposizione nel Bazaar coperto, facendo shopping e ammirando la mercanzia (soprattutto dolciumi) esposta.
Prima di rientrare in albergo, sostiamo alla Saray-e Mehr, una teahouse molto carina sita nel Bazaar, dove degustiamo un delizioso tè e ammiriamo il bell’interno.
Abbiamo appuntamento con Alì per le 17 in quanto vogliamo visitare le tombe dei poeti Saa’di e Hafez, situate in due giardini decentrati rispetto al centro: il nostro autista (che è originario di Shiraz) è già in attesa e, dopo aver lasciato in camera i nostri acquisti, lo raggiungiamo per compiere le due visite.
Attraverso il traffico cittadino, Alì ci conduce al Mausoleo di Sa'adi, un grande della letteratura persiana nato qui agli inizi del 1200, i cui versi inneggiano all'abbattimento delle barriere fra nazioni e sono incisi sulle pareti della sala d'ingresso della sede dell'O.N.U. a New York.
Accediamo anche qui gratis nel tranquillo giardino situato in una valle ai piedi di una collina (risparmiando 150.000 Rial, ossia 3,75€), ma notiamo che il monumento funerario è un esempio piuttosto bruttino di architettura moderna. Entrati nell’interno, questo si presenta tutto rivestito di marmo colorato sulle cui pareti sono impressi versi delle sue poesie. La tomba è un sarcofago di marmo su cui pende un bellissimo lampadario persiano.
Ritorniamo all’auto e Alì riparte per accompagnarci al Mausoleo di Hafez, la cui tomba si erge anch’essa in un piccolo curato giardino: l’ingresso è di 150.000 Rial (3,75€) ma, come gli altri, oggi è gratis.
Hafez è un altro grande poeta della letteratura persiana e i suoi versi sono tuttora studiati nelle scuole e utilizzati come citazioni: nacque a Shiraz agli inizi del 1300 e morì qui alla fine del secolo, lasciando una vasta opera letteraria dal carattere fortemente mistico che ha sempre affascinato l’animo dei persiani. Molte poesie però parlano anche di vino, usignoli e corti.
Il giardino che circonda il mausoleo è arricchito da numerose fontane e lo troviamo molto piacevole da visitare: la lapide di marmo, su cui è inciso un lungo verso tratto da un'opera del poeta, è posta sotto un padiglione ottagonale sostenuto da otto colonne di pietra e sormontato da una cupola. Attorno, in preghiera e baciando la tomba come se fosse quella di un santo, tantissimi iraniani rendono onore all’insigne letterato.
Concluso questo giro, rientriamo in albergo e decidiamo, dopo un po’ di riposo, di cenare al fresco del bel patio e di riposare sui comodi divani.
Più tardi, raggiungiamo di nuovo il tetto e ci godiamo l’aria fresca e il cielo stellato.

27 Agosto

La sostanziosa colazione ci prepara ad affrontare un altro giorno di visite e alle 9 siamo già pronti per la partenza: iersera abbiamo pianificato la visita con Alì alle rovine di Persepoli e alla necropoli di Naqhs-e Rostam, situate l’una vicina all’altra ma entrambe a 60 km dalla città.
Anche questa giornata è calda e splendida e il van percorre in meno di un’ora la distanza, lasciandoci davanti alla biglietteria del sito: siamo finalmente a Persepoli, posto bellissimo che abbiamo letto nei nostri libri di storia e visto nei film al cinema.
Pagato il biglietto di 150.000 Rial (3,75€), ci incamminiamo verso le rovine e poco lontano si estende l’enorme piattaforma su cui era costruita l’antica capitale dell’Impero persiano: saliamo i gradini d’accesso e davanti a noi si parano le meravigliose rovine.
Estasiati e molto coinvolti seguiamo il tragitto che ci indica una guida scaricata da Internet ma, anche qui, la gente ci ferma, ci fa tante domande e vuole fotografarci: ci sentiamo più protagonisti delle rovine storiche che abbiamo alle spalle!
Comunque, con questi piacevoli intervalli, visitiamo il sito iniziando dalla Porta delle Nazioni, attraverso la quale si entrava nella città. Questa porta è ornata da sculture giganti raffiguranti dei tori con la testa umana, d´influenza artistica assira, oltre che dalle iscrizioni fatte dai primi turisti del XIX secolo.
Superata la Porta, proseguiamo lungo il percorso che conduce al Museo, costeggiato dalle mura e da statue decorative raffiguranti cavalli e altri animali.
Ci fermiamo prima davanti a ciò che resta della Porta Incompiuta, poi davanti alle basi della Sala delle Cento Colonne (anche chiamata “Salone del Trono”), che aveva cento colonne alte 20 m. e sulla cui porta a nord appare il Re dei Re Dario I, sproporzionatamente grande rispetto agli altri personaggi della rappresentazione.
La spianata successiva, enorme, è tutto ciò che rimane della Sala del Tesoro Imperiale e dietro, sul Monte della Misericordia situato alle spalle, si possono ammirare le tombe dei sovrani di Persepoli ossia Dario I, Artaserse II, Artaserse III e Dario III.
Il Museo che intendiamo visitare purtroppo è in ristrutturazione quindi seguiamo il percorso coperto che lambisce il Palazzo del Consiglio e ammiriamo la processione scultorea sulla parete composta di soldati e vassalli dell’Impero che, in prima occhiata, sembrano tutti uguali ma, invece, tenendo presente che all’origine erano anche dipinti, sono gli uni diversi dagli altri. La guida ci dice che in ogni scena si ripete lo stesso messaggio ma i personaggi e i gruppi cambiano e sono separati dall´albero della vita. Inoltre, in questi rilievi sono riflesse tutte le particolarità e differenze tra le diverse regioni che costituivano l´impero.
Così facendo, giungiamo alla scalinata nord da cui si accede all’Apadana, la sala di ricevimento di Dario I che poteva ospitare più di diecimila persone.
L´Apadana si alza, infatti, su una piattaforma quadrata alla quale si può arrivare attraverso due scale. In ogni angolo c´è una grande torre di pianta quadrata e i portici sono orientati a Ovest, Est e Nord, sostenuti da dodici colonne distribuite in una fila.
Sopportiamo il tremendo caldo pur di ammirare i resti di questa impressionante sala che misurava 60x60 m. ed era alta 19 m. Leggiamo anche che il tetto era sostenuto da trentasei colonne e fatto con travi di legno di cedro e ogni colonna rappresentava l´unità imperiale degli Achemenidi: la base, d´influenza egiziana, era decorata con il fiore di loto e un papiro.
Alle spalle dell’Apadana troviamo i resti del Palazzo di Serse, dove ci sono i rilievi che rappresentano Dario I e Serse insieme; di fronte c’è invece ciò che rimane del Palazzo di Artaserse. Tutto ciò che è visibile, infatti, è successivo all’incendio che Alessandro Magno appiccò dopo aver saccheggiato la città durante la conquista dell’Impero persiano.
Ci ritroviamo davanti al Museo di nuovo quindi comprendiamo che la visita è stata compiuta e possiamo così tornare al van, lasciando con una punta di rammarico questo bellissimo posto impregnato di storia.
Alì ci sta aspettando con pazienza e, non appena siamo pronti, partiamo alla volta della vicina necropoli, che raggiungiamo in una decina di minuti.
Il biglietto di 100.000 Rial (2,50€) ci permette di entrare in un ampio spazio situato sotto alcune alte pareti rocciose dove si aprono gli ingressi alle tombe achemenidi di Dario I, Serse, Artaserse e Dario II più una incompiuta.
Sebbene saccheggiate e distrutte dalle intemperie, le tombe conservano una serie di rilievi raffiguranti alcuni re in situazioni storiche o che ne esaltavano le virtù. Gli archeologi sono interessati anche al modo di costruzione poiché si tratta di roccia scavata a forma di croce nel cui centro si apre una piccola porta per l’accesso all’interno. L’unica costruzione presente è la Ka’ba di Zoroastro, un vecchio tempio zoroastriano di epoca sasanide.
Prima di rientrare a Shiraz ci fermiamo in un ristorante dei dintorni per il pranzo a buffet, poi riprendiamo la strada del ritorno, fermandoci davanti all'ingresso della nostra ultima visita, che sono i Giardini di Eram (Bagh-e Eram), situati nella zona periferica. Dobbiamo attendere un po’ perché i giardini son chiusi ma poi, puntuali, i cancelli sono aperti ed entriamo, dopo aver pagato il biglietto di 150.000 Rial (3,75€), ad ammirare l’ampio e fresco spazio ricco di piante, fiori, vasche e piscine che si estende intorno al Kakh-e Eram, un palazzo dalla facciata piena di dipinti floreali.
La passeggiata è davvero piacevole in quest'ameno luogo e ce la godiamo fino in fondo, approfittando del fresco e degli spruzzi d’acqua che schizzano dalle fontane e dalle cascatelle.
Ci facciamo lasciare da Alì in centro per un ultimo giro nel bazaar, fissandogli appuntamento per la sera, poi ci perdiamo per i vicoli e le strade, da cui ne usciamo a pomeriggio inoltrato.
Ritorniamo in albergo per preparare le valigie e per un meritato riposo poi, alle 20,30, ci rincontriamo con Alì per andar a cena da Shah Abbas, un ristorante molto rinomato nei pressi dei Giardini di Eram: il locale è molto carino e lo stufato di agnello è tra i migliori assaggiati.
L’ultimo giro nei giardini adiacenti all’Arg di Khan Karim e poi a nanna, che ci aspetta un nuovo spostamento.

28 Agosto

Dopo la colazione partiamo per le 9 e la nostra prossima destinazione è Yadz.
Ripercorriamo la strada in direzione Isfahan ma prima di Abadeh, svoltiamo a destra inoltrandoci in un territorio desertico, che personalmente trovo affascinante.
Proseguiamo imperterriti per tutta la mattinata ammirando il paesaggio e ascoltando in sottofondo musica persiana fino a fermarci a metà strada, precisamente ad Abarqu, sia per compiere alcune visite sia per il pranzo.
Sostiamo davanti ad una ghiacciaia, la tipica locale struttura a forma conica utilizzata per la conservazione del ghiaccio e dell’acqua fresca. Poco dopo siamo seduti al ristorante Gholestan per un ottimo pranzo a base di riso e kebab (ormai è diventata una costante).
Passiamo dopo velocemente per il centro città, riuscendo a vedere la moschea Nizamiyeh sormontata da due minareti risalente al 1325 e la moschea del Venerdì dalla cupola argentata, e raggiungiamo la periferia per visitare il Cipresso di Zoroastro, un Cupressus sempervirens protetto dalla Heritage Cultural Organization of Iran come monumento naturale nazionale. Quest'albero è, infatti, una grande attrazione turistica in quanto, con l’altezza di 25 metri e la circonferenza di 18 m., si stima essere vecchio più di 4000 anni ed è considerata la più antica forma vivente in Asia.
Venerato da molti zoroastriani come sacro, c’è l’usanza di attaccare nastri con nodo a cravatta sui suoi rami ed esprimere un desiderio e quando quest'ultimo è soddisfatto, si torna a sciogliere il nastro. Inoltre il cipresso è ricco di simbolismo poiché è un simbolo di vita per la sua età e il folklore locale sostiene che l'albero sia stato piantato da Zarathustra (Zoroastro) in persona.
Ripartiamo alla volta di Yazd e attraversiamo, seguendo una fila di camion e di macchine, le montagne a cavallo tra le due province, viaggiando su una moderna ma curvilinea strada nazionale che passa fra aride pendici e oasi verdeggianti.
Yazd si presenta silenziosa e sonnacchiosa con le sue strade vuote e i suoi negozi chiusi: il caldo pomeriggio tiene passanti e commercianti al fresco nelle loro case.
Alì ci lascia al Mehr Traditional Hotel, una bella casa tradizionale restaurata nei minimi dettagli: abbiamo una camera ampia a disposizione anticipata da un salottino con divani, tavoli e tappeti.
Dopo la sistemazione, usciamo per approfittare delle ultime ore di sole e raggiungiamo con una breve passeggiata il complesso storico di Amir Chaqmaq, costruito nel 14° secolo e che include una moschea, un Tekyeh (edificio adibito a culto islamico sciita), una piazza e tre cisterne per l'acqua. Uno dei più antichi bazar, l'Haji Qanbar Bazaar, si trova al piano terra.
Compriamo qualche dolcino negli unici negozi aperti e ci ritiriamo in albergo, per uscirne verso le 20 alla ricerca del Malek o-Tojjar, il ristorante che abbiamo scelto per la cena: seguendo le indicazioni sulla LP, entriamo in un bel patio fresco adorno di piante, uccelli e tappeti ma la cena, seppure ottima, ci viene a costare qualcosa in più rispetto alle precedenti.
Trascorriamo poi la serata nel patio del nostro albergo ascoltando musica dal vivo e sorseggiando del buon tè.

29 Agosto

Oggi ci attende una mattinata con Alì e un giro nei punti più lontani della città per poi trascorrere il pomeriggio nella visita del centro storico.
La prima tappa è all’Aterkadesh o Tempio del Fuoco, che la LP da’ chiuso (essendo Venerdì) ma che invece troviamo aperto: paghiamo il biglietto di 50.000 Rial (1,25€) ed entriamo in uno degli edifici appartenenti alla Comunità zoroastriana, i cui adepti vengono in pellegrinaggio anche da zone lontane. Presso l'altare del tempio, costruito su una piattaforma rialzata, il fuoco brucia da più di 1500 anni in un punto in cui la luce del sole cocente non può raggiungerlo e intorno a quest'altare ci sono diverse sale, dove i fedeli possono pregare.
Sempre seguendo il tema dello zoroastrismo raggiungiamo in auto le Torri del Silenzio (o anche Dakhmeh), situate sulla cima di due colline poco fuori città. L’accesso all’area costa 50.000 Rial (1,25€) e ci permette di visitare il piccolo villaggio ai piedi delle due colline (composto di ciò che resta di un santuario, una cisterna e alcune case) e le due torri sulla cima. Le informazioni che possediamo ci dicono che quando c’era un funerale, il corteo partiva da Yazd e arrivava alle falde della collina, dove aveva luogo la cerimonia funebre alla presenza dei familiari del defunto. Dopo di che i sacerdoti s'incaricavano di portare il cadavere in cima e di deporlo sul lastricato interno della torre affinché se ne cibassero gli avvoltoi. I sacerdoti tornavano dopo qualche giorno, raccoglievano le ossa e le gettavano nel pozzo circolare al centro della torre. Oggi però si preferisce la sepoltura nei cimiteri alle falde delle colline.
Visitata una delle torri poste in cima, ritorniamo al van e Alì percorre la città fino alla nostra successiva ultima tappa, che sono i Giardini di Dawlad Abad, considerati tra i più famosi giardini iraniani: l’ingresso costa 100.000 Rial (2,50€) e si accede a un bel posto, ex sede del Khan (il governatore provinciale), che include una serie di palazzi e una Torre d’areazione o BadGir alta 33 m. Abbiamo così la possibilità di vedere come sono composte e come funzionano queste torri, che sono una costante nel panorama di Yadz e che sono utilizzate ancora: l’aria catturata nella cima è convogliata in un canale buio che la raffredda. Arriva quindi in una camera sottostante in cui è situata una vasca colma d’acqua che, rinfrescata dall’aria, scorre per il resto della casa rendendo l’ambiente piacevole.
E’ quasi mezzogiorno quando Alì ci riaccompagna all'albergo, ma incappiamo in una manifestazione contro Israele: siamo curiosi e vediamo sfilare prima i mullah, poi i militari e infine le donne coperte, aspettandoci epiteti e sguardi in cagnesco. Invece la gente ci saluta, ci fotografa e ci guarda sorridendo.
Riprendiamo la strada del centro storico e ci fermiamo ad ammirare la bellissima cupola della tomba di Sayyed Qazi, situata di fronte alla Moschea del Venerdì, bell'esempio di stile Azari di architettura persiana. Ammiriamo di quest’ultima l’alto ingresso decorato con piastrelle blu, la cupola a doppio guscio e molto proporzionata ma soprattutto la coppia di minareti, i più alti in Iran: la giornata di festività non ci permette la visita all’interno, così proseguiamo inoltrandoci nel centro storico. Essendo quest’ultimo un labirinto, per trovare le principali attrazioni basta che seguiamo le indicazioni poste in vari angoli.
Passeggiando per il dedalo di strade e vicoletti, ammiriamo le costruzioni in adobe (un impasto di argilla, paglia e fango che dona un particolare colore rossastro), i badgir che svettano alti sulle case e le porte dai due batacchi, uno per l’uomo e l’altro per la donna.
Facciamo sosta all’Adolmaali Traditional Restaurant per un fresco e veloce pranzo, poi raggiungiamo il Santuario di Davazadeh Imam o Santuario dei Dodici Imam che però è chiuso: ammiriamo solo la cupola, simile a quella della opposta Prigione di Alessandro. Per accedervi il biglietto costa 100.000 Rial (2,50€) ma la LP non ce la indica come un posto interessante da visitare così spendiamo i nostri soldi in un bel giro di tè nel Fahadan Museum Hotel e Restaurant, il cui ingresso è proprio di fronte.
Un cordialissimo cameriere ci invita a entrare in questa casa padronale ristrutturata e trasformata in hotel, ristorante e sala da tè e ci fa visitare i due cortili interni (uno per gli ospiti e uno per la famiglia), le stanze con i mobili e le suppellettili antiche, le cucine, le cantine e termina il giro portandoci a vedere un qanat, i canali d’acqua sotterranei di cui è famosa Yazd.
Contentissimi e soddisfatti dalla visita, dal buon tè e dai pasticcini, dopo il riposo e il rifugio dal cocente sole, andiamo a visitare la Lari’s House o Khan-e Lari, costruita nel 19° sec. e uno dei più antichi edifici e meglio conservate case di epoca Qajar a Yazd.
L'ingresso costa 100.000 Rial (2,50€) ma c’è nessuno in biglietteria a vendercelo così noi entriamo per la visita, soprattutto del suo cortile che contiene una grande piscina su cui si trova un enorme trono di legno. Usciamo e nessuno continua a essere presente e la visita ci viene quindi gratis. Ritorniamo sui nostri passi e pian piano rientriamo in albergo per un riposo e per prepararci alla serata.
Scegliamo per cenare il Silk Road Hotel e non ce ne pentiamo: il cibo ottimo; l’atmosfera globetrotter e il ritrovare la coppia di fidanzati conosciuti a Isfahan rendono la serata molto piacevole.

30 Agosto

Si riparte di nuovo, questa volta con destinazione Kashan. Lungo la strada facciamo una sosta a Na’in per la visita della Moschea del Venerdì, una delle più antiche dell’Iran (X sec.), risalente all'epoca buyide.
Il biglietto costa 50.000 Rial (1,25€) e il cortile dove accediamo è composto di una serie di colonne, ognuna adornata con un modello unico e intricato di muratura, e da sale dislocate sui lati. Al centro, una scala discendente porta a due livelli sottostanti: nel primo, accessibile tramite una porta, c’è un'enorme camera di preghiera, bella fresca rispetto all’esterno; il secondo livello più in basso è quello dove c’è una piccola cisterna, alimentata una volta da un qanat.
Ritornati in superficie, andiamo nella sala di preghiera più grande dove c’è il menbar o pulpito, tutto in legno intarsiato e decorato con disegni geometrici organici: secondo l'iscrizione posta sul lato sinistro è stato creato circa 700 anni fa. Apprezziamo anche i magnifici stucchi sopra la nicchia e la meravigliosa muratura intorno al cortile.
Fuori la Moschea Alì ci ha preparato un delizioso rinfresco con tè, caffè e pasticcini e un signore ci intrattiene allegramente cercando di destare l’interesse per una serie di tappeti presenti in un negozio vicino.
Ripartiamo poco dopo e, con un viaggio bello lungo che si inoltra nelle montagne aride, raggiungiamo Abyaneh, un piccolo villaggio tra i monti iscritto dall'UNESCO come uno dei quattro borghi storici dell'Iran.
Per accedervi paghiamo un biglietto unico di 50.000 Rial (1,25€) e, prima di visitare il villaggio, ci fermiamo nel ristorante ai piedi della collina per un buon ristoro e per il pranzo.
Raggiungiamo dopo il parcheggio in alto e ci inoltriamo pigramente per le vie, notando l'architettura unica delle sue abitazioni: le case sono disposte come gradini della collina, in modo che i tetti di alcune sono i cortili del vicino; i materiali tradizionali utilizzati sono legno, paglia e argilla e le mura sono costruite con mattoni di fango rosso. Porte e finestre sono decorate e sugli usci donne con veli a fiori accolgono i visitatori con larghi sorrisi.
La Moschea del Venerdì, nel centro del paese e come tutte le altre moschee, è chiusa. La cisterna, l’aria fresca, le vie silenziose e i bambini che giocano con i vecchietti che li guardano o parlano tra loro, ci coinvolge fortemente: bello anche il panorama sulle montagne e sulla verde valle, alimentato dal ruscello che, incanalato, scende tra le case.
Un gruppo di donne dai veli colorati aspetta che il pane sia pronto e chiacchiera allegramente fuori dal forno. Noi, invece, partiamo e riscendiamo lungo la valle fino a raggiungere la nazionale che va dritta a Kashan: due ore di auto e siamo finalmente all’Ehsan House, una bella casa tradizionale sita proprio al centro della città.          L’esigenza di cambiare qualcosa di soldi ci spinge a compiere un breve giro nel bazaar, che troviamo piccolo ma molto carino con un bellissimo caravanserraglio all’interno, e poi, sulla via del ritorno, compriamo un bel po’ di dolci da mangiare dopo cena.
Infatti, riposati e rilassati, all’ora di cena restiamo nell’hotel, godendoci il fresco delle fontane, il buon tè e i deliziosi pasticcini comprati nel pomeriggio.

31 Agosto

Con nostro rammarico notiamo che la vacanza sta volgendo al termine e che stasera dormiremo per l’ultima volta in un albergo iraniano.
Nell’attesa, ci organizziamo per le ultime visite da fare a Kashan e a Qom, prima di ritornare a Tehran.
Diamo appuntamento ad Alì per mezzogiorno poi, a piedi, ci rechiamo subito alla Moschea di Agha Bozorg, posta proprio alla fine della strada di fronte l’Ehsan House, per ammirare il design simmetrico che la caratterizza e per vedere sia i quattro badgir posti ai lati sia la porta di legno dell’ingresso, in cui sono infissi tanti chiodi quanti sono i versetti del Corano.
Dieci minuti di cammino ci separano dalle case storiche, una delle attrazioni di Kashan, e ci fermiamo alla prima che troviamo sulla Alavi street, la Taj House.
L’ingresso costa 100.000 Rial (2,50 €) e visitiamo una delle più complete, sebbene piccola, delle tipiche case storiche del posto. Gli arredi sono d’epoca e la casa è testimone di come si viveva una volta nelle abitazioni, provviste tutte di due cortili: uno per gli ospiti, posto di solito vicino l’ingresso; uno per la famiglia, dove le faccende di casa erano quotidianamente svolte e dove si accoglievano i parenti e amici più stretti.
La seconda casa che scegliamo è molto più maestosa e famosa ed è la Casa Abbasi: solo che, dopo aver pagato il biglietto di 100.000 Rial (2,50€), scopriamo che è in piena ristrutturazione quindi non è arredata e alcune parti sono interdette alla visita.
Rimaniamo un po’ delusi ma comunque giriamo per l’ampia struttura che si presenta come una grande casa storica tradizionale costruita nel tardo 18° sec. I suoi sei cortili si adattano alle esigenze di diverse famiglie e in una delle camere troviamo un soffitto realizzato con pezzi di specchio, oltre che bellissime vetrate colorate che danno giochi di luce sulle pareti e sui pavimenti. Pare che la casa contenga anche dei passaggi segreti, costruiti per la fuga in tempi d'invasioni e di emergenze. Completano il tutto le fontane e le vasche utilizzate per rinfrescare gli enormi ambienti.
Purtroppo ci rendiamo conto che visitare tutte le case è impossibile a causa del poco tempo a disposizione e rientriamo giusto per trovare Alì già pronto e per partire alla volta dei Giardini di Fin, situati poco fuori Kashan.
Avendoli trovati chiusi il secondo giorno di viaggio, per ammirarli ora siamo stati costretti a rinunciare alla visita di altre case tradizionali, ma non si possono evitare questi giardini perché sono un sito riconosciuto Patrimonio dell’UNESCO e tra i più antichi oggi esistenti in Iran.
Data la giornata calda, paghiamo ben volentieri il biglietto di 150.000 Rial (3,75€) ed entriamo in un ampio spazio ricco di alti alberi, piscine, vasche e giochi d’acqua alimentati da una sorgente ubicata sulla collina appena dietro il giardino. Creati per deliziare i sovrani dell’epoca Safavide (siamo intorno al 1600 d.C.), contengono una serie di bagni, tra cui il Kashan's Fin Bath, dove fu assassinato un famoso ministro dell’epoca Qajara.
Godiamo del bel fresco e delle simpatie dei turisti iraniani, che sempre ci fermano e ci chiedono di dove siamo e cosa stiamo visitando, e poi usciamo per partire alla volta di Qom, la città santa che dista circa un’oretta di viaggio.
Arriviamo e Alì ci lascia ai piedi della scalinata che conduce agli ingressi nord del Santuario di Fatima Ma’sume, il secondo luogo sacro per gli sciiti dopo Mashad: per accedere, gli uomini entrano da una parte e le donne dall’altra e devono essere coperte dal chador. A Francesca è consegnato uno a fiori, che odora di fresco bucato e che la copre interamente. Ricongiunti, entriamo prima in un cortile abbastanza anonimo poi, usciti, entriamo in quello più avanti, ammirando il portale d’ingresso con i due alti minareti e, dai vetri di una porta, la grandissima sala di preghiera interna, l’unico spazio interdetto ai non musulmani.  Facciamo tranquillamente delle foto e riprendiamo con la videocamera senza che qualcuno ci dica nulla, poi usciamo definitivamente dal Santuario e ci rechiamo in un ristorante nelle vicinanze per un pranzo molto ritardato (sono quasi le 15), che troviamo eccellente.
Trascorsa un’oretta, raggiungiamo Alì che ci aspetta e ripartiamo per Tehran, ripercorrendo a ritroso la strada fatta all’incirca dodici giorni fa e arriviamo, abbastanza stanchi, di nuovo al Khayyam Hotel. Riposo e doccia e alle 21 prendiamo la comoda e veloce metropolitana per andar di nuovo al Khayyam Restaurant, dove ceniamo per l’ultima volta.

1 Settembre

Sappiamo che è una giornata molto particolare, non solo perché è l’ultima, ma perché è anche la più impegnativa.
Dopo la colazione Alì ci accompagna al Niavaran Palace, situato a nord di Tehran: affrontato il traffico perennemente caotico, ci impieghiamo più di un’ora per giungervi ma, con nostra somma sorpresa (e anche quella di altri turisti), il Palazzo è chiuso e quindi non è visitabile.
Ritorniamo di nuovo verso il centro e ci facciamo lasciare da Alì nelle vicinanze del Bazaar, al fine di poter compiere gli ultimi acquisti e di poter gironzolare liberamente per l’enorme mercato coperto.
Infatti, lungo la Parzdah-e Khordad, una fiumana terribile di persone vocifera e cammina tra i negozi, entrando e uscendo da essi, fermandosi in campanelli di donne che chiacchierano, uomini che discutono, bambini che giocano e persone che pregano noncuranti della baraonda che li circonda.
Il giro nel Bazaar ci porta a scoprire alcuni bellissimi caravanserragli e ad ammirare la porta d’accesso della Moschea dell’Imam Khomeini, una delle più grandi e più affollate in Tehran. Ovviamente facciamo anche acquisti a prezzi modici (utilizzando talvolta l’arte del contratto) di ninnoli, sete, frutta secca e dolci e giriamo tra negozi d’oro, di tappeti, di frutta e verdure e di biancheria, fra cui tante magliette con stampe americane. Andiamo via dalla bolgia per il pranzo, scoprendo sulla vicina Khayyam street un ristorante, lo Shabhaye Glubandak, proprio di fronte la Sepah Bank, pieno di bazaari: siamo gli unici turisti e il menù non è neanche in inglese. Il posto è molto caratteristico e gli avventori ci aiutano nella scelta dall’incomprensibile menù (per fortuna poi un giovane iraniano abitante a Bolzano ce lo traduce e ci permette di capire cosa poter mangiare) e ci intratteniamo qui con dell’ottimo kebab fino a uscirne nel primo pomeriggio.
Fatto un ultimo giro al Bazaar, ci dividiamo: io e Roby torniamo in albergo; Francesca e Alberto vanno a riposare allo Shahr Park.
Quando in prima serata siamo riuniti nella hall, ceniamo con dei rustici comprati al Bazaar e attendiamo Alì, che arriva puntuale alle 22: carichiamo i bagagli, ringraziamo i gentili receptionisti per averci fatto bivaccare nella hall e partiamo per l’aeroporto, dove giungiamo dopo uno strano giro e quasi due ore.
Alì ci saluta: lui prosegue per Shiraz. Lo ringraziamo per l’aiuto e per la pazienza, per la compagnia e per il lavoro che ha svolto per noi. Mi regala il suo CD di musica euro-iraniana che abbiamo ascoltato durante gli spostamenti: mi dice che poi se la scaricherà da Internet! Tutto il mondo è paese.
La notte che ci aspetta ora è dura.

2 Settembre

Sono le 04.35 locali quando il B737 della Pegasus lascia il territorio iraniano e a bordo è uguale come all’andata: tutto tace; gli altri passeggeri dormono; il mio vicino russa; buona parte delle donne s’è scoperta il capo appena messo piede nell’aereo e al di sotto i soliti paesi illuminati costellano la rotta. Io invece penso. Penso di aver lasciato un paese meraviglioso, un popolo cordialissimo, un’accoglienza straordinaria e data col cuore. Ho sentito molto la voglia di riscatto che gli iraniani hanno nei confronti di un mondo che li vede come gente ostile e conservatrice, con i giovani che desiderano conoscere e confrontarsi e gli anziani curiosissimi di sapere le nostre impressioni su tutto. Per non parlare dell’arte e della cultura: musei e monumenti di varie epoche; città antiche preservate e architetture avveniristiche dei nostri tempi. Certo, non è tutto oro quel che luccica ma l’Iran, con queste aperture all’esterno, potrà diventare davvero un gioiello nel mondo del turismo e mostrare senza remore le sue bellezze storiche e la sua immensa ospitalità.
Merci Iran.

Organizzazione del viaggio

Volo

Poche compagnie di bandiera europee volano in Iran e sono l'Alitalia, la Lufthansa, l'Austrian Airlines, l'Aeroflot, la Turkish Airlines e la Azerbaijan Airlines, oltre all'Iran Air che collega Tehran con Roma e Milano: i prezzi variano in base alla stagione ma nella nostra ricerca per Agosto abbiamo notato che non scendevano mai al di sotto dei 450€. La salvezza è venuta dalla Pegasus Airlines, la low cost turca che collega alcuni aeroporti italiani con Istanbul-Sabiha Gokçen e quest'ultima con Tehran: a Gennaio abbiamo prenotato il volo Bergamo-Tehran pagandolo 280€, compresi 30 kg di bagaglio in stiva. L'unico neo sono le oltre cinque ore di sosta sia all'andata che al ritorno tra i due voli.

Tour

L'Iran è un paese dove si può organizzare un viaggio appoggiandosi ai tour operator italiani o iraniani oppure prendendo contatto con gli alberghi (una lista la dispone Tripadvisor oltre che quelli citati dalla LP) tramite mail o fax e prenotare direttamente.
Dopo che sono state stabilite le date del viaggio (20/8 – 2/9 quindi 14 giorni e 12 notti), ho fatto una ricerca in Internet, leggendo molti diari di viaggi, chiedendo in alcuni forum e ottenendo alla fine i nomi di una serie di agenzie iraniane da contattare: dopo aver ricevuto delle esaurienti risposte da tutte, l'attenzione si è rivolta alla Key to Persia Agency nella persona di M.me Shima.
Costei mi ha fornito l'elenco di hotel con cui lavora e i relativi prezzi ed io gli ho chiesto di prenotare, nelle date che gli fornivo, gli alberghi che avevo scelto: l'importo totale per due camere doppie è stato di 1088€ (compreso il 10% di commissione per l'agenzia) ossia di 272€ a persona. Il totale lo pago metà con un bonifico a un prestanome tedesco, l'altra direttamente in Euro all'Hotel Khayyam. M.me Shima mi fa anche la cortesia di spedirmi il voucher della prima notte per la richiesta del visto.
La ricerca del van è stata più elaborata, causa continui cambi di prezzo, ma alla fine ho preso contatto con Mr. Mehdi Gharib di Let's Travel to Iran il quale mi ha proposto un van con autista per 130$ a giorno: la spesa totale è stata di 1560$ (pari a circa 288€ a persona), che pago tassativamente in dollari direttamente a Tehran. Il van ci prenderà e ci lascerà in aeroporto.
C’è da aggiungere che in Iran è molto semplice spostarsi in bus e in aereo mentre le ferrovie coprono solo alcuni tratti e sono in via di espansione.
I biglietti per gli autobus sono molto economici e quelli adatti per i turisti sono denominati VIP: portano quasi dappertutto e possono essere acquistati anche sul posto rivolgendosi direttamente alle stazioni bus oppure alle agenzie di viaggio locali o ai desk degli alberghi.
Per gli aerei, oltre all’Iran Air, volano a prezzi da low cost la Mahan Air e la Aseman Airlines, i cui biglietti sono acquistabili dai rispettivi siti o tramite agenzie locali.

Visto

La richiesta del visto, data la possibilità di andare a Milano in breve tempo, la facciamo a Luglio, come suggeritoci anche dalle agenzie.
Forniti di due fotografie, dei passaporti, dell’assicurazione medica, del modulo scaricato dal sito del consolato, del voucher o mail dell’albergo scelto per la prima notte e del bancomat per pagare, ci siamo recati al consolato iraniano di Milano, dove presentiamo il tutto, lasciamo le impronte (tutte e dieci le dita!), paghiamo 50€ il visto e 10€ la spedizione dei passaporti a casa: una settimana dopo ci ritornano con il visto stampato.
Per l’assicurazione medica ci siamo rivolti on line a Columbus Direct pagandola 44€.
E’ possibile richiedere il visto direttamente all’arrivo in aeroporto o alle frontiere con la medesima procedura e lo stesso prezzo solo che non è scontato l’esito positivo: si può essere anche respinti. Inoltre, le procedure possono essere lunghe e la validità è solo per quattordici giorni.

Costi

Ricapitolando: 272€ gli alberghi più 288€ il van fa 560€, cui va aggiunto il biglietto aereo di 280€, il visto di 55€ e l’assicurazione di 44€ per un totale di 939€. Direi che siamo pronti per partire.

Moneta

La moneta è il Rial e il cambio è all’incirca di 40.000 Rial=1€ ma molti prezzi e la gente si esprimono in Toman, che equivale al medesimo importo meno uno zero ossia 4.000 Toman=1€ quindi quando si contratta o si domanda il prezzo o lo si legge esposto, chiedere se è in Toman o in Rial.
Le banconote sono tutte riferite al Rial e vanno dai 1.000 (un po’ rare) fino ai 500.000 Rial, (circa 12€): se cambiate 100€, saranno poco meno di 5.000.000 di Rial.

Costo della vita

In Iran il costo della vita è molto inferiore: per i pranzi o le cene non si sono spesi più di 10€ a testa; la benzina costa 1.000 Rial (0,25€) al litro e, tra gli ingressi ai monumenti, gli acquisti di regalini, di cibarie, di mance e varie, ho speso in tutto 350€. Posso dire che è stata una delle vacanze più economiche che abbia fatto.
Consigli per gli acquisti: scatole di squisiti dolci; foulard e pashmine di seta; i tappeti; la frutta secca, disponibile in sacchetti o in confezioni carinissime ottime anche come regalo; specchietti da borsa e portafogli colorati nonché oggettistica per la casa e d’arredo in design persiano (arabesque e floreale).

Abbigliamento

Come si sa, l’Iran ha la cattiva nomea di essere un paese teocratico quindi la cultura, le leggi e il modo di vivere sono espressione dell’Islam. Ma gli iraniani sono sciiti, cioè seguono i dettami del Corano secondo i precetti di Alì, genero di Maometto, la cui visione dell’Islam è più moderata rispetto a quella sunnita. Insomma, non per farne una diatriba teologica, in Iran c’è molta più libertà e parità che rispetto ad altri paesi islamici, sunniti in primis.
Le donne hanno l’obbligo del velo, ma non del chador: deve essere portato sulla testa e coprire i capelli ma soprattutto la nuca e il collo. Devono indossare una sorta di camicione che copre le forme, preferibilmente nero, ma sono accettati tutti i colori: nelle città più grandi i magazzini offrono vetrine piene di questi vestiti. Sotto il camicione, libertà di indossare pantaloni colorati, jeans o leggins.
Idem per le scarpe e gli accessori: anche tacchi e zeppe sono ben accetti se non addirittura i sandali aperti. Le donne iraniane amano molto il trucco e sanno far risaltare molto bene i loro bellissimi occhi. E molte di loro sono “naso rifatte”, come abbiamo noi battezzato le tantissime che sono ricorse alla chirurgia estetica.
Anche gli uomini però devono seguire qualche regola, sebbene molto meno limitativa: vietati tassativamente bermuda e pantaloncini; al massimo pantaloni di sotto del ginocchio (alla “pescatore” o i famosi pinocchietti). E niente canotte ma camice, magliette e polo al massimo a mezze maniche.
Per l’estate consiglio abiti di cotone o lino, possibilmente con la coulisse per chi si sposta: sono più comodi da utilizzare.

Consigli

Per primo accettare la grande ospitalità degli iraniani: non vedono l’ora di sapere da qual paese si viene. La prima domanda è sempre “Hello, where are your from?” accompagnata da un enorme sorriso. I bambini sono una gioia: ti gironzolano attorno aspettandosi attenzione. Una sera a Isfahan ho fatto vedere ad alcuni di loro sul mio cellulare i video di Talking Tom Cat: sono impazziti dal ridere! I giovani invece sono curiosissimi, soprattutto quelli della provincia: chiedono informazioni sulla musica, sul calcio, sul volley (in quei giorni l’Italia giocava contro l’Iran ai Mondiali) e sulla possibilità di venire in Italia. Quasi tutti sono istruiti e molti vanno all’Università. Le più curiose però sono le persone anziane: timidamente salutano e poi, dopo le solite domande, chiedono se il paese piace, se il cibo è buono, se ci stiamo divertendo e se ritorneremo. Perfino un mullah ci ha fermato nel bazaar di Isfahan per ringraziarci di visitare l’Iran. E pensare che noi i turisti li guardiamo quasi con fastidio!
Poi c’è chi invita a cena, chi offre il té, chi il dolce o la frutta secca: qualsiasi cosa abbiano a portata di mano e posso offrire, la danno immediatamente.
In questi contatti personali capita che nell’approccio gli uomini si rivolgano agli uomini e le donne alle donne: è una loro consuetudine.
E sfatiamo un luogo comune spesso male interpretato dagli occidentali: se un uomo non saluta con una stretta di mano una donna, non è assolutamente un gesto di superiorità e maleducazione ma una grandissima forma di rispetto e cortesia.
Capita, infatti, che molti uomini, nel salutare, diano la mano ai presenti tranne che alle donne. Per la loro cultura, toccare una donna che non sia della propria famiglia è una totale mancanza di rispetto e di educazione. Per questo non lo fanno. C'è anche capitato l’inverso: donne che ci hanno totalmente ignorato parlando solo con Francesca. Come se noi tre uomini non esistessimo.
Resto sempre del parere che solo leggendo, viaggiando e colloquiando possiamo conoscere le diversità senza il preconcetto.

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