Alla scoperta delle Sibille

Profetesse, enigmatiche, invasate, leggendarie…

Sibilla è un titolo generico che i greci ed i romani davano a certe donne invasate di spirito profetico, ispirate dalle divinità (in genere Dioniso o Apollo) e che si esprimevano con parole evasive, di ardua interpretazione o tendenti a confondere l’interlocutore; da qui l’uso del termine “sibillino”.
Le Sibille erano capaci di formulare predizioni che il senato ed i cittadini romani ritenevano indispensabili.
Tutto ciò che ne viene tramandato ha carattere leggendario.
Si usa dire che fossero in numero di dieci.
Le più note erano la Sibilla Eritrea, la Frigia, la Troiana, la Samia, la Delfica, la Libica, la Cumana, la Tiburtina, e la Caldea.
Gli oracoli delle sibille erano quasi sempre raccolti in forma scritta. Questi libri –chiamati “sibillini” –venivano conservati come un tesoro sacro da tramandare ai posteri. Si tratta di un uso che gli esseri umani hanno replicato con costanza nei secoli pur mutando a volte di credenze religiose.
Nel Campidoglio romano si custodiva la raccolta forse più importante fra tutte e ve l’aveva depositata il re Tarquinio Prisco; si trattava, dunque, di oracoli etruschi.
La custodia di questo testo sacro, tenuto segretissimo, era affidata ad un collegio di sacerdoti, i “duumviri sacris faciundis”, che nel V sec. A.C. erano stati portati a quindici.
Ai Quindecemviri spettava anche il compito di leggere ed interpretare tali predizioni, ad eccezione di quelle della Sibilla Cumana, per motivi che non è dato sapere.
Un immane incendio del Campidoglio nell’83 a.C. distrusse tutti i libri contenenti le profezie sibilline.
Il senato istituì immediatamente una commissione speciale con l’incarico di provvedere alla ricostruzione dei testi partendo di nuovo dalle fonti: Cuma, Eretria, Samo, Tria ecc.
Non si sa quanto la nuova redazione abbia voluto o potuto riprodurre esattamente quella antica; fatto sta che dei libri di origine etrusca non se n’è saputo più nulla.
La più remota iconografia delle Sibille appare su monete greche in argento e bronzo del IV e III sec. a.C. ove le profetesse sono solitamente raffigurate con il capo velato.
La più nota a Roma, la Cumana, è stata identificata nella cosiddetta Base di Augusto a Sorrento (Museo Correale), in alcune pitture murali pompeiane ed in monete di età repubblicana e imperiale.
Frequenti sono le loro rappresentazioni nel Medioevo e nel Rinascimento, dove vengono spesso poste accanto ai profeti mentre leggono o tengono in mano i libri sibillini.
Gli esempi più interessanti sono offerti da un dipinto dell’XI sec nella Chiesa di S.Angelo in Formis a Capua (dove compare la Sibilla Persica tra le schiere di profeti) e da un bassorilievo del XIII sec. nel Duomo di Sessa Aurunca e da sculture di Giovanni Pisano per il pulpito del Duomo di Pisa e di S.Andrea a Pistoia.
Nel Quattrocento le si trovano in affreschi dell’Angelico (Crocifissione – Convento S.Marco a Firenze), del Ghirlandaio (volta della Cappella Sassetti – Chiesa di Santa Trinità a Firenze).
Famose nel Cinquecento le Sibille dipinte da Michelangelo (Cappella Sistina – Musei Vaticani a Roma) e da Raffaello (affresco – Chiesa di S.Maria della Pace a Roma).

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