Cape Cod 14/4 - 18/4/2006
Boston 18/4 - 24/4/2006
Eccomi a raccontare l’ennesimo viaggio da zio Sam, lungo la penisola di Cape Cod dove sono rimasto 4 notti e rimanendo a Boston per il resto della vacanza, città che già conosco per precedenti soggiorni.
Infatti la mia ragazza vive e lavora a Boston da un paio di anni e da buon pendolare amoroso l’oceano e’ diventato un ostacolo superabile, le linee aeree Lufthansa-United Airlines-Air Dolomiti (scalo Munich o Frankfurt) vettori affidabili, i controlli doganali formalita’ di routine.
Certo non ci ho fatto una gran figura con una ragazza di Varese (anche lei in trasferta d’amore) conosciuta in coda ai controlli di entrata in USA allorché spiegavo con disinvoltura l’iter eppoi il poliziotto al momento del mio turno mi rispediva all’indietro perché mancava il numero civico nell’indirizzo dichiarato per il mio soggiorno, vabbé…La nostra vacanza prevedeva un breve soggiorno nella penisola di Cape Cod, lontana un paio di ore di auto da Boston: la penisola con 500 km di litorale vergine e selvaggio e’ la destinazione naturale dei bostoniani, in primis d’estate.
Abbiamo soggiornato a Falmouth nel resort Beachside Village (45 surf Drive): ottima struttura sulla strada antistante la spiaggia, con vista sull’oceano su due pareti, estremamente confortevole con tanto di camino accendibile con interruttore!
Il panorama offerto dalla costa è singolare per un europeo: gli spazi dell’oceano e le grandi spiagge bianche intervallato da dune sono ben integrate con il paesaggio urbano formato da case di legno con porticati e ampi giardini verdi.
Di primavera le strade sono ben poco affollate mentre ci dicono che d’estate la zona diventa ben più turistica: difficile fare il bagno anche in agosto comunque da ste parti.
Cape Cod (capo merluzzo) si e’ arricchita nel tempo grazie alla pesca delle balene (il cui grasso alimentava le lanterne fino all’avvento dell'energia elettrica) e fa ora del turismo l’economia dominante, pur mantenendo qualche scorcio sui porti dei pescatori.
Ottime le colazioni da Betsy’s Diner (457 Main Street - Falmouth) con i Muffin blueberry (grilled please) e divina la cena al Captain Kidd (77 Water Street Woods Hole) che offre sia pesce che carne (meglio accomodarsi in veranda vista porto); che fatica ragazzi bersi una birra a tavola (solo i locali con licenza possono offrire alcolici, e solo a maggiorenni previa verifica documento valido e riconoscibile, e sono abbastanza rari per il costo della licenza).
Wood Hole e’ un piccolo porto non lontano da Falmouth dove si respira un’aria più genuina, ma il centro è piccolo davvero.
Imponenti le residenze dei Kennedy a Hyannis: enormi (seconde) case sulle spiagge deserte così da respirare opulenza presidenziale…Visitato il JFK Memorial da quelle parti (mah).
Mangiamo bene da Heavenly (194 Main Street Route 28 West Yarmouth) dove assaporiamo una bella atmosfera greca con foto e poster dell’Egeo (i proprietari sono greci).
Una giornata la trascorriamo a Provincetown, all’estremita’ della penisola: atmosfera effettivamente speciale per la presenza di coppie gay, di artisti, sexy shops (stores sorry). Sarà stata la giornata uggiosa ma l’atmosfera era un po’ squallidina; la giornata prende significato con il tour offerto da Dolphin Fleet “whale watch” che ci consente di stare al largo con una imbarcazione turistica per circa 5 ore (vestirsi bene!) e fare parecchi avvistamenti di balene (almeno una trentina) grazie alla confidenza dei mammiferi con l’uomo oramai: la balene anche in tre emergono dall’acqua accompagnandosi alla nave, talvolta nuotando anche sotto lo scafo, mostrando i getti e le code… Un’esperienza veramente indimenticabile e ben organizzata grazie alla speaker che indicava la direzione della balena (in mancanza di avvistamenti garantita una nuova uscita): solo difficile fotografarle in maniera.
Cape Cod è anche tristemente famosa per i ripetuti fenomeni di moria delle balene che si arenano sulle spiagge a decine per cause dibattute (perdita orientamento causa fenomeni climatici)…
Il giorno successivo prendiamo il battello per recarci a Martha’s Vineyard, una delle due isole antistanti la penisola (l’altra e’ Nantucket, nome pellirossa), affollata da miliardari (nella gelateria di V. Haven trovi la foto del gelataio con Bill Clinton!).
Confermabile il suggerimento della Routard: meglio noleggiare un’auto che trasporla in nave (costa la metà); meglio ancora sfruttare i bus locali anche se le linee non sono facilmente leggibili (meglio trovare qualcuno di gentile disposto a spiegarle).
Bella l’atmosfera respirata a Edgartown nonostante l’aria “ampollosa alla Ralph Lauren”: paesaggio dominato dal lighthouse tra banchine, spiagge, pontili ed eleganti base di legno bianche.
Imponenti le falesie rosse di Gay Head all’altra estremità, con grandi spiagge ed enormi dune (ricordano Sabaudia) dove non lontano si e’ schiantato il piccolo aereo di John John Kennedy (Ei fu…).
Proprio qui capitiamo in mezzo ad un evento di particolare folklore americano dove assistiamo a veri e propri team attorno a carrette con ruote da biciclette che vengono caricate su una rampa e fatte gareggiare a due a due tra ali di folla esultanti e gaudenti (sempre più mah…).
Purtroppo il tempo non e’ stato clemente e siamo costretti a evitare Nantucket che ci sarebbe piaciuto visitare e fare così ritorno in quel di Boston.
Tornati a Boston prendiamo possesso della nostra camera nel quartiere di Brookline (17-19 Littel Road). Trattasi del B & B Coolidge Corner Guest House (www.coolidgecornerguesthouse.com) che ci ha fatto dei prezzi onesti (ca 75 $ la notte con 1 colazione a camera): le camere erano pulite nonostante un po’ vecchiotte; eppoi il gestore (un ing del MIT in pensione, tale Gin) era uno spasso; il bagno non era in camera vabbè…
Mentre la mia ragazza lavorava mi sono rigirato la città: è sorprendente per me veronese con quanta facilità gli americani ti parlano e cerchino la conversazione; quando sanno che sei italiano vanno in brodo di giuggiole: qualcuno studia pure l’italiano, tantissimi sono stati in Europa venendo solo in Italia, tutti amano la cucina ed i vini italiani… Il bello che qualcuno ti parla di piatti italiani e tu non li conosci perché trattasi di piatti solo pubblicizzati come italiani (la salciccia italiana con le patate che roba è?).
Un pomeriggio mentre ero nel parco di Boston (chiamato Boston Common) antistante la Mass. State House mentre mi leggevo una lapide di nordisti caduti nella guerra di secessione faccio amicizia con Bruce, un 45enne simpatico e loquace che non ha alcun problema a dirsi gay (ecco perché ci teneva capissi dove abitasse)…
Quello che traspare e’ l’integrazione e la tolleranza (per lo meno da turista) nel constatare tante coppie miste, locali gay, una certa scioltezza anche nel vestire… Take it easy insomma!
L’itinerario turistico di Boston si percorre lungo il Freedom Trail che e’ una linea rossa lunga 6 km lungo i siti dell’indipendenza americana e non solo: Boston e’ la culla della cultura e della storia americana in quanto prima città fondata, dove c’e’ la prima metropolitana, il primo parco degli Stati Uniti, la prima università, la prima chiesa etc etc (insomma se e’ la prima città ogni sua cosa viene per prima, bella scoperta).
L’itinerario parte dalla Massachussets State House (sale presidenziali di marmo pregiato e volte luminose) per arrivare ai siti più noti (e turistici) come il Faneuil Hall e Quincy Market: tutto quello che potete desiderare e sognare in materia di gadget (per il primo) e alimenti take away (il secondo)…
Impressionante il contrasto tra la Old State House (sede dell’assemblea dei coloni nel 18 sec.) ed i grattacieli tutt’intorno.
Boston si contende con San Francisco la palma della città più europea.
Girare la città di Boston, gli spazi universitari, i parchi ed il lungo Charles River, è veramente piacevole; la metropolitana dal logo a T (chiamata Tii) ha solo 4 linee ma riesce bene a servire la città; la linea verde e’ parzialmente di superficie e si dirama a est in 4 capolinea.
Sono tornato al 50° piano della Prudential Tower per bere qualcosa ed il paesaggio e’ veramente emozionante: qua il 50 piano e’ un’eccezione, mica come a Time Square di NY… Consiglio di salire per bere qualcosa all’orario del tramonto (quindi organizzandosi per tempo per la coda di 30 minuti) anziché pagare gli 11$ dello skywalk (cioè salita solo per ammirare il panorama).
C’e’ una una formula interessante e conveniente: cioè un prezzo fisso (sui 30$ mi pare) per lo skywalk e la visita dell’acquario (molto apprezzato) e del Museo delle scienze, valido per 3 giorni (una carte musée in miniatura insomma).
Ho convinto (non senza difficoltà) gli amici che ci hanno raggiunto a Boston da NY a fare il Boston Duck Tours (26 $ a cranio): trattasi di un giro turistico della città a bordo dei veicoli anfibi con cui gli americani sbarcavano sulle piagge del pacifico ed in Normandia durante la seconda guerra mondiale (ora dipinti con colorazioni più “turistiche”); tali veicoli consentono quindi poi di navigare lungo il fiume ammirando la città come da un battello. L’autista spesso è un buffone e la formula vuole che i partecipanti riproducano il verso dell’anatra (duck appunto) a comando. Come andare in gondola a Venezia per un americano: non si può non fare!
Molto interessanti sia il MIT museum (che soddisfazione pagare da studente nonostante la classe ’65) sia il Museum of Science (una specie di Cité des sciences di Parigi, più interattivo, con tanto di cinema tridimensionale e cinema sferico con schermo a 180°).
Bella vacanza, per rivedere la mia amata, in una Boston oramai collaudata ma sempre piacevole.
Di cui apprezzo sempre più il livello di civiltà , oltre a quello organizzativo più facile da riscontrare, ben maggiore di quello che troviamo nelle città italiane ed europee.Quando mi chiedono come si mangia negli Stati Uniti guardandomi con commiserazione come sapendo la risposta rispondo così: negli USA scegli cosa mangiare e come; ci sono tutte le gastronomie del mondo, puoi sperimentare sapori esotici, formule diverse, e con un servizio sempre efficiente veloce e cortese per effetto del meccanismo della mancia (sei tu che paghi il loro stipendio)... L’unico disagio è abituarsi a non dare per scontato la birra o il vino a tavola in quanto sono pochi i ristoranti con la licenza di fornire alcolici.
Tra i locali di Harvard Square di Cambridge (dove lavora la mia girlfriend) raccomando:
- Border Cafe (32 Churrch street) per la cucina messicana
- The Bombay Club (57 JFK St.) per la cucina indiana (a buffet)
- Spice Thai Cusine (24 Holyoke St.) per la cucina thailandese (favolosa!)
- Fire + Ice(50 Church St.): questo locale è da urlo! Funziona così: a buffet (prezzo fisso 15 $) ti scegli la carne cruda che più ti piace (pesce, vitello, maiale, tutto quello che vuoi, e le relative verdure), vai ad un banco di fronte ad un grill enorme un ragazzo ti serve facendoti cuocere la carne con la cottura che vuoi tu… E così a volontà! Con la possibilità insomma di farti tu il piatto di carne come ti aggrada…
Da consigliare anche:
- Fajitas and Ritas (25 West Street): cucina messicana ed un’ottima atmosfera
- No Name Restaurant (zona porto, 15 ½ Pier Four, un po’ un casino trovarlo) per il seafood; da mangiare l’aragosta!
- La Famiglia Giorgio’s al numero civico 250 di Newbury Street (la via più carina, dove sono state girate le puntate di Ally McBeal): non certo per mangiare italiana, it’s obvious!Lo shopping: quando vado in USA mi rovino… Parto con una valigia e torno con due!
Ci sono “mall” come Filene’s Basement, DSW (per le scarpe), T.J. Maxx, Macy’s dove compri benissimo Tommy Hilfiger, Calvin Klein, Lee, Nike e altro a prezzi veramente stracciati per come siamo abituati in Italia! Insomma comprare un paio di jeans di marca, o una camicia o maglia di griffe a 10/20 $ non e’ assolutamente difficile…
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un viaggio di cazzo