L'Etiopia, culla dell'umanità - Parte Seconda

Ha termine il nostro viaggio in un Paese antico ed emozionante

Il resoconto di viaggio è il prosieguo della Prima Parte, dallo stesso titolo, già pubblicata su questo stesso sito.KONSO - TURMI (13 agosto 2000)
Il viaggio avviene tutto sommato in modo tranquillo, nonostante la perdita di parte del bagaglio per strada (poi recuperato).
Una sosta lungo la strada ci permette di pranzare e incontrarci con tre giovani Hamer (armati di fucile) che ci raccontano degli scontri intertribali (con morti tra Galeb e Hamer). Gli facciamo omaggio delle bottiglie di plastica e di qualche biscotto che non capiscono sia da mangiare. Comunicare con loro non è facile perché non parlano amarico e le nostre guide conoscono solo qualche parola della loro lingua. A gesti comunque riusciamo a fargli capire che si tratta di cibo. Dopo averci allietato con qualche risata e la scena buffa di tre uomini che assaporano un biscotto, ci lasciano al nostro viaggio.
Fa molto caldo ormai.
A Turmi (capoluogo del territorio Hamer) ci presentiamo al posto di guardia militare e di polizia per il controllo dei documenti.
Il campo è sulla riva di un fiume. C'è una pompa dell'acqua che viene azionata dai giovani locali in cambio di qualche birr. Riempiti i secchi riusciamo a farci una meritata doccia.
Cena al campo.

TURMI (14 agosto 2000)
A piedi raggiungiamo il villaggio, dove oggi è giorno di mercato.
Turmi è il capoluogo della zona degli Hamer. Quindi qui ne confluiscono parecchi da tutte le direzioni. Inoltre proprio a Turmi distribuiscono gli aiuti alimentari (grano e farina).
Il mercato è povero: qualche capretto, scalogno, aglio, bietole, caffè, bucce di caffè (buna), foglie per fare il tella (una bevanda tipica), paprica, berberè...
C'è un caldo asfissiante. Ci sediamo sotto il portico di uno stabile in disuso al centro della piazza principale. Alcuni bambini si avvicinano a noi; giocare con loro ci permette di passare un po' di tempo e di conoscerne alcuni. Stufi, cerchiamo Alemayehu per farci riportare al campo. Lui e Assefa hanno acquistato un capretto, che viene sistemato nel baule; stasera sarà la nostra cena. Essendo presto abbiamo il tempo di fare il bucato.
Nel pomeriggio ci rechiamo in un villaggio. Come al solito ci assalgono chiedendoci birr. E' veramente sgradevole impostare ogni nostra relazione con loro sul denaro. Quel che cercano è farsi fare foto in cambio di birr. Decido di riporre la macchina fotografica e tutto diventa più facile.
Dietro il pagamento di una piccola somma al capo del villaggio, si propongono per farci assistere ad un piccolo spettacolo. Accettiamo. Finalmente tutto cambia. Non più sottoposti alla ricerca dei soldi gli Hamer diventano sorridenti ed amichevoli. La loro ocra si sparge sui nostri vestiti durante le danze e gli abbracci per i saluti.

TURMI (15 agosto 2000)
Giornata oziosa. Doccia. Ottimo cibo. Poco da fare. Si bighellona tutto il pomeriggio.
In mattinata abbiamo invece avuto un piacevole "incontro" con i Galeb.

TURMI - MURILLE (16 agosto 2000)
6.30 sveglia. 7.00 colazione. 7.30 partenza. Per strada incontriamo gente Tsamai (sono simili agli Hamer, solo un po' più poveri).
A metà giornata arriviamo in riva all'Omo River. Uno spettacolo degno della fama che porta il "Fiume". Le acque scorrono inquiete e limacciose sotto la barca che ci porta dall'altro lato. Visitiamo un villaggio dei Galeb. Il caldo è quasi insopportabile. La zona è secchissima. Basterebbe una pompa per irrigare i campi sabbiosi un tempo coltivati. Si notano le tracce delle divisioni tra un terreno e l'altro: una scacchiera di sabbia nella sabbia. Non cresce nulla. Le capanne sono basse; le donne macinano il grano ricevuto in aiuto. E' deprimente vedere persone in queste condizioni. Avevano campi e bestiame, ora non hanno più nemmeno le sementi. Vivono in uno Stato di cui non sanno nulla, che non gli da nulla e che preferisce bruciare soldi in una micidiale guerra di confine.
Il campo "Russo's Camp" è stupendo. Sorge sulla riva sinistra del fiume Omo sotto maestosi alberi tra i rami dei quali scorrazzano numerose scimmie rumorose. Ci sono le docce e alcuni "intrattenimenti"; si possono ammirare alcuni struzzi e due leoni in gabbia e da una terrazza a picco sul fiume si seguono i movimenti di coccodrilli e babbuini.
In serata arrivano gli altri gruppi di Greenland. Si fa festa.

MURILLE - (TURMI) - JIMKA - MAGO PARK (17 agosto 2000)
La notte è passata male: troppo caldo, troppo casino (ruggiti dei leoni e richiami delle scimmie). Partenza alle 6.30. Ripercorriamo verso sud la strada per Turmi per poi dirigerci verso il parco Mago.
Lungo la strada incrociamo diversi ambienti (savana desertica, savana verde, foresta, montagna) e diverse genti (Tsamai, Galeb, Bunne, Hamer).
Da Jimka la strada sale letteralmente in montagna per poi precipitare nella Rift Valley verso il fiume Neri.
Il campo è in prossimità del fiume in piena. Il rumore fa da sfondo alla foresta che ci circonda. Nostri ospiti sono i babbuini (che ci rubano il cibo) e le solite scimmie.
Il posto è molto bello anche se in questa "fossa" (la vallata) c'è un'afa insopportabile. Per fortuna da una pompa si può prelevare acqua pulita con cui lavarsi.
Per cena pollo (comprato al mercato a Kaifar) e l'uovo che ha fatto sul tetto della macchina durante il viaggio! In serata inizia a piovere.

MAGO - JIMKA (18 agosto 2000)
Ha piovuto tutta la notte in un clima tropicale. Mal di pancia, preoccupazione per la pioggia e caldo ci fanno passare una nottata in bianco. Zenash si lamenta che si sente prudere tutto il corpo, ma è solo una reazione psicologica (gli insetti sono fuori, non in tenda).
La strada che porta al villaggio Mursi è una striscia di fango. La macchina procede molto a fatica e una volta siamo anche rimasti impantanati, siamo stati costretti a scendere e spingere.
Visita all'unico villaggio Mursi (donne con piattelli labiali e alle orecchie) raggiungibile. Anche questo popolo è affabile. Il rapporto tuttavia, almeno all'inizio, è teso farsi dare soldi dai turisti arrivati. Il capo del villaggio, armato con una carabina ben tenuta, è ferito ad una gamba. I tagli non sono molto profondi ma sono infetti. Mi fa capire che vorrebbe essere medicato. Mi adopero subito per pulire la ferita, disinfettarla e cospargerla di polvere antibiotica. D'incanto il rapporto con tutti i membri del gruppo cambia. A gesti iniziamo a "parlarci". Sono particolarmente colpiti dal fatto che Zenash sia Etiope, dalle sue treccine (le ragazze le trovano irresistibili) e dai peli sul mio corpo. Questo ha sempre incuriosito le genti dell'Omo river (anche in Cina avevo sperimentato la stessa esperienza) e mi hanno spesso provocato rossori sulle braccia. Soprattutto i ragazzi (più coraggiosi e impertinenti) trovano spassoso toccarmi le braccia e tirarmi i peli.
Per paura di rimanere bloccati da ulteriori piogge (la strada che esce dal Mago Park è molto ripida) spostiamo il campo a Jimka dove veniamo ospitati in una sorta di parco dei divertimenti. Ci sono casotti per giocare a dama e masticare chat, un'altalena, alcuni animali da guardare (qualche capretta e un paio di scimmie), tra vialetti cintati da siepi ben curate e prati verdi. Finalmente un po' di fresco.
Il panorama è stupendo perché siamo in cima ad una collina. Ci hanno spiegato che qui ci vengono le famiglie per festaggiare un matrimonio o qualche evento particolare.

JIMKA - ARBA MINCH (19 agosto 2000)
Viaggio per Arba Minch con sosta a Konso per pranzo in un bar.
Ad Arba Minch ci fermiamo per la notte al Bekele Molla Hotel (catena governativa). Il paesaggio dalla terrazza del bar è superbo. Arba Minch si trova sul fianco di una collina da cui sorgono 40 fonti d'acqua (Arba significa in amarico quaranta e Minch, sorgenti). Alle pendici della città sono situati due laghi separati da una collina coperta da una rigogliosa foresta. Dalla terrazza del Bekele Molla Hotel si ammira tutto ciò, oltre alle montagne sullo sfondo. Vicino a uno dei due laghi c'è anche un allevamento di coccodrilli da cui vengono prodotte borse e cinture. Se avessimo più tempo potremmo anche fare shopping.
Qui siamo chiaramente tornati alla civiltà occidentale; qui c'è il telefono, la doccia in camera, la luce, etc.
Il mio letto invece è un disastro e ancora una volta passo la notte quasi in bianco.

ARBA MINCH - ADDIS ABEBA (20 agosto 2000)
Alle 4.20 Alemayehu e Assefa vengono a svegliarci.
Zenash infatti deve ancora terminare la preparazione dei documenti per entrare in Italia, quindi abbiamo deciso di anticipare i nostri compagni di viaggio ad Addis Abeba. Ripartiremo poi con loro verso il nord per completare il nostro tour in Etiopia. Nel frattempo i nostri accompagnatori e compagni di viaggio (una coppia di italiani) rientreranno con calma godendosi il viaggio e facendo tappe intermedie.
Ci portano alla fermata del bus per Addis Abeba, torneremo con un mezzo di linea. E' ancora buio. Io ho dormito malissimo e non sto per niente bene. I pullman sono vecchi e scalcagnati. Il nostro è un vecchio Fiat decrepito e sporco. Scegliamo i primi due posti dietro all'autista, forse i più scomodi.
L'autobus parte alle cinque per poi fermarsi pochi chilometri più avanti alla stazione. Dobbiamo scendere tutti e aspettare sino alle 6.40 davanti ai cancelli con una immensa folla di gente. Nel cortile sono disposti in fila in un grosso parcheggio una gran quantità di autobus. Arba Minch infatti è un centro importante del sud pur essendo una città di confine. Qui arriva la strada asfaltata e solo da qui si parte per raggiungere le altri regioni del Paese. Quando aprono i cancelli la gente intorno a noi comincia a muoversi lentamente. Poi uno affretta il passo e gli altri lo seguono. Alla fine tutti corriamo verso i mezzi. Difficile capire quale sia quello giusto. Per fortuna avevamo memorizzato alcuni particolari del bus. Stanchi e affaticati lo raggiugiamo e alle sette finalmente si parte.
Il viaggio è faticossissimo; l'autista tiene il volume della musica al massimo per diffonderla tra la gente per strada: mi scoppia la testa. Inoltre i posti a sedere sono così bassi e stretti che è veramente difficile allungare le gambe e la maggior parte del tempo sono costretto a tenere le ginocchia in bocca. Il caldo del motore poi ci frigge il sedere e pure l'acqua che ci siamo portati è calda come un brodo.
Due fermate intermedie durante il viaggio ci permettono di sopravvivere, oltre a darci modo di ristorarci e di mangiare in un ristorantino locale 'njera con carne e verdure.
Alle cinque finalmente arriviamo alla capitale; prendiamo un taxi e ci fiondiamo in hotel.
In serata, dopo una bella doccia, Zenash chiama il cugino per l'indomani e poi usciamo a fare due passi.
Un paio di yougurt presi in un minimarket costituiscono la nostra ottima cena.

ADDIS ABEBA (21 agosto 2000)
A fatica in mattinata riusciamo a recuperare il passaporto. Subito ci rechiamo all'ambasciata italiana. Per il fatto che ci sono io possiamo entrare subito, solitamente fanno attendere gli stranieri anche una settimana. All'ufficio visti ci richiedono però di far correggere il passaporto con la data di nascita per esteso (c'è solo la data etiope) e di fare alcune visite mediche. Corriamo in ospedale alla ricerca della dott.ssa B., che ci riceve solo dopo una ventina di minuti. Quest'ultima prescrive alcuni esami clinici e ci da appuntamento alle 5 del pomeriggio a casa sua (le abbiamo fatto presente che abbiamo fretta). All'ospedale privato indicatoci fila tutto liscio; torneremo più tardi per ritirare il risultato. Nel frattempo non potendo fare altro ci dedichiamo al corpo: pranziamo a Piassa in un ristorantino carino.
Corriamo all'ufficio passaporti dopo un lungo inutile girovagare per negozi e luoghi conosciuti dal cugino di Zen alla ricerca di qualcuno che sappia convertire le date tra i due calendari.
Alla fine è l'impiegata dell'ufficio passaporti che ci aiuta; domani ci restituiranno il passaporto corretto.
Con i risultati delle analisi recuperati all'ospedale ci rechiamo dalla dottoressa che compila una lettera e ce la consegna (va allegata alla domanda di visto). Qui conosciamo nell'attesa di entrare due ragazze già incontrate all'ambasciata. Roman verrà poi in Italia a Milano e diventerà un nostra amica. Abbiamo ancora il tempo di chiedere all'Hilton il prezzo del volo per Milano per il ritorno di Zen e gli orari dei voli per Bahar Dahr e Lalibela. Infatti Zenash deve ancora presentarsi all'ambasciata per presentare gli ultimi documenti, gli esami e il passaporto. Poi, dopo altri cinque giorni verrà rilasciato il visto. Abbiamo quindi pensato di fermarci un altro giorno ad Addis Abeba per poi raggiugere gli altri in aereo.
Al rientro in albergo invece veniamo a sapere che i nostri compagni di viaggio hanno deciso di rientrare in Italia l'indomani con un volo Alitalia per timore di essere stati infettati dalla malaria (si dimostrerà invece una semplice febbre alta dovuta allo stress). Quindi abbiamo auto e autista (il cuoco Assefa si ferma qui perché al nord saremo sempre ospiti di alberghi e ristoranti) tutti per noi. Partiremo dopo aver sbrigato tutte le pratiche.

ADDIS ABEBA (22 agosto 2000) (la terribile burocrazia etiope)
Alemayehu ci scorta all'ufficio passaporti dopo un'ottima colazione all'inglese. Dopo due ore (120 minuti) di attesa protestiamo. Abbiamo fretta e nulla si muove, il passaporto non è pronto. Inizia un pellegrinaggio tra le stanze di funzionari e dirigenti. Otteniamo una prima correzione del passaporto ma ci accorgiamo che non è completa (hanno corretto la data etiopica senza convertirla... inutile per noi). Torniamo all'"attacco" ma ci dicono che dobbiamo tornare l'indomani. Impossibile per noi! Un primo incontro con un funzionario, dopo lunghe insistenze ci dà una corsia privilegiata... per raggiungere un ulteriore ufficio. Qui ci firmano un foglietto prestampato e ci mandano in un altro ufficio. La dirigente, seduta dietro alla sua enorme scrivania vuota nella enorme stanza vuota, legge il documento avuto prima e lo firma sul retro (sembra che sia qui a far solo questo!); poi ci spedisce di nuovo all'ufficio al pian terreno dove era iniziata la trafila. Nel frattempo Zenash ha già avuto due crisi di nervi, ha pianto e gridato; io ho dovuto discutere con dirigenti etiopi che parlano inglese ma hanno fatto finta di non sentirmi e il cugino Taddese s'è fatto le scale su e giù per una ventina di volte di corsa.

TISISAT - BAHAR DAHR (23 agosto 2000)
Partenza mattutina, prima dell'alba. Il viaggio è lungo e dobbiamo recuperare il tempo perso ad Addis Abeba.
Il fatto di essere in tre in un auto per sei certo ci dà delle comodità che sino a pochi giorni fa erano impensabili. Riesco infatti a dormire dietro comodo e sdraiato (meno male che gli altri hanno rinunciato al viaggio!)
Pranzo in macchina sotto la pioggia.
Nel primo pomeriggio ammmiriamo le poderose cascate del Nilo Azzurro. E' incredibile la potenza di quelle acque marroni che dopo essersi schiantate sul fondo della valle si alzano come una sottile nebbiolina che bagna tutto l'ambiente circostante incontrastata. Nella tarda mattinata aggiungiamo il bel Hotel Ghion in riva al Lago Tana.
In questo enorme specchio d'acqua si getta il Piccolo Nilo; da esso nasce il Nilo Azzurro. Tra le sue acque emergono numerose isole che sono state colonizzate dai religiosi copti che ne hanno fatto dei mirabili monasteri.
Un ragazzo con la sua barca a motore ci scorta nella visita delle chiese principali. Purtroppo piove. Tuttavia la giornata passa tranquilla e rilassata sulle acque marroni del lago, quelle stesse acque che in pochi giorni andranno forse a toccare la nostra Italia, quelle stesse acque che trasportano il limo che ha dato tanto fertilità ai terreni del deserto egiziano.

BAHAR DAHR - LALIBELA (24 agosto 2000)
Viaggio lungo tra le stupende montagne e vallate della Rift Valley etiopica. In serata abbiamo il tempo di scambiare quattro parole scherzose con i simpatici ragazzi del posto e di sopportare i tempi biblici del ristorante. Piatto principale degli ultimi giorni è stata la pasta al sugo. Ottima senonché gli etiopi sono convinti che vada servita con enormi quantità di aglio tritato dentro. Questo mi ha dato qualche problema di acidità di stomaco. Da quando chiediamo espressamente di non mettere aglio (e di scolare la pasta in anticipo) abbiamo pranzato con ottime pastasciutte.

LALIBELA (25 agosto 2000)
Sveglia alle 5.00 per assistere alle cerimonie religiose che si tengono in onore di San Gabriele.
Usciamo nel buio e sempre nelle tenebre raggiungiamo la chiesa, le nostre torce elettriche ci illuminano il sentiero. Si scorgono appena i Shamma bianchi dei fedeli che si recano al tempio. Il clima è mistico. Tutti i convenuti sono immersi nelle preghiere e non si accorgono nemmeno di noi. Zenash partecipa un minimo alle cerimonie.
Alle 7.00 siamo nuovamente tra le rocce fatte scavare dal mitico Re Lalibela per la creazione di queste stupende chiese monolitiche. E' impressionante il lavoro che è stato svolto in questi luoghi. La roccia delle montagne è stata intagliata in profondità in modo stupefacente; gli edifici infatti sono stati "scavati" sotto il filo del terreno cosicché non si stagliano verso l'alto ma sotto terra in enormi pozzi. Le chiese sono poi collegate tra loro tramite cunicoli che si dipanono sotto terra in un intreccio misterioso di corridoi, grotte e cunicoli (un paradiso per giocatori di D&D!). Inoltre è sconcertante la ricchezza dei particolari e la numerosità delle simbologie scolpite nella roccia. Alcune chiese sono pure affrescate.
La visita dell'ottava meraviglia del mondo occupa tutta la giornata.

LALIBELA - KOMBOLCHA (26 agosto 2000)
Partenza alle 8.00. Torniamo alla China Highway. Si chiama così perché fu costruita dai cinesi durante la dittatura di Menghistu. Lungo la strada incontriamo numerosi camion con rimorchio (17 ne conta Zen) carichi di soldati che tornano dal fronte; speriamo non sia solo per le feste ma per rimanerci! La guerra che da anni sconvolge Eritrea ed Etiopia e ha fatto un numero enorme di vittime, come tutti i conflitti armati tra stati non ha alcun senso. E' chiaro che il fazzoletto di terra conteso non può essere il motivo di una guerra tanto sanguinosa e copre invece problemi di libertà e democrazia. Alemayehu sostiene che ci sono problemi anche sul confine Somalo. Che sia uno spostamento di truppa verso un fronte più caldo?
In serata giungiamo a Kombolcha, un incrocio tra due vie importanti di comunicazione. L'Hotel Tekle è sorprendentemente bello e pulito. Si mangia bene, le camere sono provviste di armadi e nel largo e arieggiato bagno non manca il bidet!

KOMBOLCHA - ADDIS ABEBA (27 agosto 2000)
Si ritorna ad Addis Abeba. Il viaggio è finito. Che tristezza... Si torna in Italia.LA STORIA
L'Etiopia è stata probabilmente la culla dell'umanità. Ramidus, lo scheletro di un australopiteco, è stato scoperto proprio nei pressi qui. Questo ominide è ritenuto l'anello di congiunzione tra la scimmia e l'uomo.
Già la scoperta dell'Australopithecus afarensis Lucy nel 1974 (di circa 80mila generazioni più giovane) aveva dato prova finalmente delle teorie darwiniane. Vent'anni più tardi, nel 1992 un paleontologo giapponese, Gen Suwa, nei pressi di Addis Abeba nella valle del fiume Awash scoperse resti di un ominide. Due anni di scavi portarono alla luce una ventina di resti di Australopithecus ramidus preistorici vissuti 4 milioni e mezzo di anni fa.
Le prime tracce storiche risalgono invece a 5000 anni fa. L'Etiopia era crocevia di migrazioni di animali e uomini fra area mediterranea, Africa Nera e penisola arabica. Qui si incontrarono e scontrarono, commerciarono e si mischiarono popolazioni cuscitiche, camitiche e semitiche per millenni.
I greci antichi parlano delle terre d'Etiopia nei loro libri classici.
Geroglifici egizi testimoniano di relazioni commerciali con questa zona. Qui gli egizi trovavano spezie, incensi, resine e mirra.
Gli Habash (provenienti probabilmente dalla penisola arabica), conquistarono probabilmente questa zona del mondo e nominarono un loro principe, il primo "re dei re", il Negus Neghesti.
Nel nord dell'Etiopia nella regione conosciuta in seguito come Trigray, ai confini con l'altopiano protetta alle spalle da montagne invalicabili e, verso la costa, da precipizi impressionanti, emerse il primo potente regno della storia d'Africa.
La tradizione etiope fa discendere la stirpe reale dei negus dall'amore tra la regina di Saba e il mitico re d'Israele Salomone. Hailè Selassié stesso, ultimo negus etiopico, sarebbe stato il duecentoventicinquesimo discendente diretto di Menelik, leggendario figlio di Saba e Salomone.
Corano, Vecchio Testamento e Nuovo Testamento parlano della visita della regina di Saba alla corte di Salomone. E' probabile quindi che non si tratti di pura leggenda ma che ci sia un fondo di cronaca.Come personaggi storici i capostipiti sarebbero vissuti tra il 1000 e il 950 a.C.
Secondo la tradizione Saba curiosa di vedere il ricco regno a nord di cui si favoleggiava a corte, organizzò un viaggio. Venne accolta trionfalmente da Salomone che se ne innamorò. Tornata ad Axum Saba ebbe il figlio Menelik. Quest'ultimo si recò adulto da Salomone. Il padre gli fece conoscere i rappresentanti delle dodici tribù di Israele e gli anziani di Israele. Menelik aveva però un sogno: fondare ad Axum una seconda "Sion". Con un gesto spettacolare trafugò l'Arca dell'Alleanza (la cassa che conservava le Tavole dei Dieci Comandamenti. Il trasferimento dell'Arca è all'origine della tradizione della Chiesa copta. La leggenda di Saba e Salomone ha conferito inoltre legittimità divina alla dinastia millenaria dei negus.
Giuliano, ambasciatore dell'imperatore bizantino Giustiniano, fu testimone stupefatto della grandezza del regno di Axum. In Etiopia ancora oggi vige il calendario giuliano. La potenza di Axum, agli inizi del VI secolo d.C., era immensa. Da secoli il regno axumita dominava le rotte mercantili fra l'Africa e l'Oriente, rivaleggiando con la Persia. Adulis (antico porto nei pressi dell'attuale Massawa) divenne un passaggio obbligato per le carovane d'avorio, di incenso e di mirra.
L'apogeo del regno axumita fu toccato durante gli anni di Re Ezana, il primo sovrano cristiano: espanse i confini in tutte le direzioni. Re Kaleb, uno dei successori si spinse anche oltre. Con la scusa di difendere le popolazioni cristiane della penisola arabica dominò per quasi mezzo secolo (dal 525 al 572) nella regione corrispondente all'attuale Yemen. Una controffensiva persiana mise fine allo strapotere axumita e diede luogo alla sua lenta decadenza.
L'impero si spaccò in principati autonomi. Nel VII secolo eserciti musulmani occuparono l'Egitto e si spinsero in tutto il Medio Oriente. I rapporti fra Islam e Axum non furono cattivi. 615 musulmani perseguitati in Arabia si rifugiarono in Etiopia; persino una delle future mogli di Maometto fu accolta in Etiopia. Il profeta dell'Islam ne fu riconoscente chiedendo ai suoi fedeli di lasciare in pace gli abissini.
Nonostante ciò alla fine del VII secolo i califfi arabi reagirono alle scorribande delle navi dei principi axumiti a Jeddah (il porto della Mecca) attaccando la costa dell'Etiopia. I principi etiopi si ritirarono nelle loro inaccessibili montagne. Axum fu abbandonata e cadde in rovina.
Nel frattempo un altro mitico Re si affacciava al mondo edificando un'intera città tra le montagne: Lalibela. L'ottava meraviglia del mondo, che porta il suo nome, nacque dal villaggio di Roha e fu scavata nella roccia nell'idea di creare una copia di Gerusalemme.
Fu uno dei principi dell'altopiano che comprese come l'unione dei popoli basata sulla passata grandezza di Axum potesse essere la chiave di volta per riportare stabilità e ricchezza nella regione. Yekuno Amlak (il suo nome significa "che egli sia Re") strinse un solido patto con Tekle Haymanot, il santo più celebre della tradizione copta. Yekuno concesse terre e monasteri alla Chiesa e ordinò la scrittura del libro della "Gloria dei Re", la saga nazionale etiopica. Il nuovo re costruì uno stato feudale. Era il 1270, i "salomonidi" avevano ripreso il potere e per oltre 700 anni lo mantennero. Sino al 1974 con una sola eccezione il negus fu sempre un sovrano amhara (l'etnia dominante sull'altopiano centrale).
Il più celebre tra i re dei re fu Zara Yacob. Tra il 1413 e il 1468 riconquistò territori strappandoli ai mussulmani e si spinse sino nel Sidamo. Costituì un potere centralizzato arginando il potere dei ras locali. Riorganizzò l'amministrazione dello stato, impose tasse, diede grandezza alle sontuose feste cristiane e dettò il Feta Negast ("la legge dei re"), le norme della tradizione imperiale destinate a essere applicate fino al 1930. Zara riuscì ad allacciare i rapporti con l'occidente, mandando nel 1439 teologi al concilio di Firenze e ad aprire a Roma una chiesa copta (S. Stefano dei Mori).
L'equilibrio della tensione fra cristiani dell'altopiano e mussulmani dei bassopiani fu frantumato da una devastante "guerra dei trent'anni". Il sultano Ahmed Ibn Ibrahim, signore di Harar si rifiutò di pagare il tributo annuale ai negus abissini. Mosse un esercito di somali e dancali dotati per la prima volta di armi da fuoco fornite dai turchi seminando il terrore per dieci tra gli etiopi. Solo nel Tigray gli etiopi resistettero all'avanzata musulmana.
Nel 1535 Ahmed attaccò Axum e in breve tempo si spinse sino alle sponde del lago Tana. Nello stesso periodo altre potenze (Turchia e Portogallo) si avvicinavano. Il negus Lebna Dangal si decise a chiedere aiuto al Portogallo, ma non fece in tempo a vedere l'arrivo dei soccorsi. I 400 uomini spediti da Lisbona al comando di Cristoforo De Gama arrivarono quando sul debole trono dei negus sedeva Galawdewos (conosciuto in Occidente come re Claudio). La spedizione finì con una carneficina. Persino De Gama fu catturato e impiccato. Nei pressi del Lago Tana, tuttavia, lo scudiero del Capo portoghese, Pedro Leon, uccise per caso Ahmed e l'esercito invasore (composto per lo più da nomadi), senza guida si disperse allo sbando e fu sconfitto definitivamente nel 1559.
Gli altopiani etiopici furono attaccati anche da sud dal popolo cuscitico degli Oromo. Essi erano pastori guerrieri con una forte organizzazione. Riuscirono a scalare i contrafforti dell'altipiano e si spinsero nello Shoa e fino al Tigray. Si mischiarono alle popolazioni delle montagne. Nel frattempo la chiesa di Roma pretese l'adesione al cattolicesimo dei cristiani d'Etiopia e riuscì a convincere il negus a convertirsi. La rivolta della potente Chiesa copta fu imponente e il negus fu costretto ad abdicare. I gesuiti furono espulsi dall'Etiopia e le loro missioni.
Nel 1632 Fasilladas decise di tentare nuovamente l'unificazione del paese. Il centro dello stato divenne Gondar. La città divenne stupenda, furono edificati castelli, monasteri e le sponde del Lago Tana divennero un ricco emporio commerciale. Tutta la regione divenne capitale religiosa e culturale per l'intero altipiano. Per Gondar fu un secolo di splendore. Poi i ras locali della periferia dell'impero si ribellarono nuovamente. Congiure e complotti insanguinarono la corte e lo scontro fra clero e gerarchia imperiale si fece palese.
A metà del Settecento cominciò un oscuro periodo della storia etiopica: la Zamana Mesafint, l'era dei principi. Nella guerra di tutti contro tutti e in assenza di un potere centrale ne approfittarono le potenze straniere. I francesi si allearono con i ras del Tigray, gli inglesi puntarono le loro carte sugli amhara, la Chiesa romana inviò il vescovo Guglielmo Massaja nel Sud con il compito di evangelizzare i popoli di quella zona.
Un uomo di umili origini rivoluzionò l'Etiopia. Kassa Haylù, abile soldato alla corte del ras Alì, fu nominato ufficiale e riuscì poi a sposare la figlia del suo principe. Nel 1853 spodestò ras Alì, lo sconfisse in battaglia, si alleò con un altro ras e marciò contro il re del Tigray. Il 7 febbraio 1855, padrone di mezza Etiopia, si fece incoronare "re dei re". Scelse per se un nome profetico; Tewodros II. In seguito conquistò la Shoa. Trascinò alla corte il figlio del re sconfitto, destinato a divenire il futuro Menelik II, il negus che sconfisse gli italiani ad Adwa. Tewodros abolisce la schiavitù e la poligamia, cerca di arginare la corruzione a corte, costruisce le prime strade, riforma il sistema di tassazione, combatte i feudatari ribelli, vuole un esercito moderno e di professione. E' il primo "monarca moderno" dell'Etiopia, ma il suo destino è segnato. Contro di lui si alza la ribellione delle forze conservatrici; il clero, i nobili, i ras locali. La repressione è spietata. Chiede aiuto all'Inghilterra per creare un industria civile e bellica ma la regina nemmeno gli risponde. Tewodros, offeso, s'infuria e imprigiona tutti gli europei. Londra cerca di abbindolare il negus con regali inutili e costosi ma questi, infuriato, fa arrestare anche tutti i membri della missione. La Gran Bretagna mette in piedi allora la più poderosa spedizione militare che ci fosse mai stata. I ras si ribellano e l'impero cade a pezzi. Il ventenne Menelik II, nominato successore, scappa e fa insorgere lui stesso la Shoa contro il negus. Lo scontro contro gli inglesi è impari. Nella battaglia finale muoiono 800 fedeli al negus contro 2 soli europei. I britannici lasciarono le terre ai ras e tornarono in Europa.
Nell'ennesimo vuoto di potere con l'aiuto delle armi inglesi il negus del Tigray prende il potere e si fa incoronare ad Axum Yohannes IV, unico sovrano tigrino a sedere sul trono. Il nuovo re dei re si trovò a fronteggiare le mire espansionistiche dell'Egitto e dei sudanesi, ma cadde in battaglia.
Menelik prende il potere. Si fa incoronare a Entoto. Fa costruire Addis Abeba, apre scuole, ospedali, banche, uffici postali. Fa importare le prime automobili e le prime biciclette. Avvia la costruzione della ferrovia. Allarga i confini e fronteggia le mire colonialiste europee.
Ma questa è storia nota che si trova in tutti i nostri libri di testo. In breve... L'Etiopia sconfisse l'Italia e poi gli europei ad Adwa e a Dogali.
Menelik si ammala gravemente nel 1906. Rimane paralizzato e nel 1909 perde la parola. Nel 1913 muore.
Yasu lo succede ma avendo simpatie islamiche viene ferocemente osteggiato dalla chiesa copta. Nel 1916 viene scomunicato e deposto da una congiura di palazzo.
Dopo un periodo di reggenza di un consiglio di nobili viene incoronato Tafari Makonnen. Ha grandi ambizioni. E' un uomo moderno, colto e istruito (conosce le lingue). Modernizza l'Etiopia e cerca appoggi tra le potenze europee conscio del fatto che l'Etiopia è circondata da colonie. Ottiene un seggio a Ginevra (nonostante la ferma opposizione di Italia e Gran Bretagna). Viaggia all'estero. Nel 1930 ha campo libero dopo aver sconfitto le congiure di palazzo e si fa incoronare re dei re. Il suo nuovo nome è Hailé Selassiè. Fa compiere un grande balzo all'Etiopia. Vara la prima Costituzione, crea il primo Parlamento.
Mussolini scatena la guerra. L'Italia con un poderoso sforzo bellico (vengono impiegate anche enormi quantità di armi chimiche) conquista l'Etiopia. Hailé Selassiè scappa. Durante l'occupazione italiana vengono costruiti strade, ospedali, scuole, anche se la repressione è spietata.
La guerriglia e gli inglesi sconfiggono gli italiani che già perdono la guerra al fianco di Hitler.
Torna Hailé Selassiè. Si apre la questione dell'Eritrea. Viene concessa una nuova Costituzione (partiti vietati no elezioni). Colpo di stato fallito nel '63. Rivolte studentesche represse nel sangue nel '69. Scioperi e rivolte nel '74 fanno scattare un nuovo colpo di stato. Il Derg (il comitato) governa per poco tempo, spazzato via da uno dei suoi componenti (Menghistu Hailé Mariam). Dittatura sanguinaria e spietata. Regolamenti di conti. Stato di terrore. Alleanza con il Patto di Varsavia e Cina. Nel 1987 L'Etiopia diventa Repubblica Democratica (ma è una farsa). Fame e carestie negli anni novanta. Rivolte nel Tigray. Guerra contro i partigiani tigrini. Nel 1991 gli eritrei sconfiggono definitivamente l'esercito etiopico. Menghistu scappa.
Governo provvisorio. Alla guida Meles Zenawi (aveva già partecipato alla rivolta contro Sellasiè). Nel 1995 cambia la Costituzione e diviene primo ministro. E ancora lì...
Meles Zenawi promuove la guerra contro l'Eritrea (probabilmente per coprire problemi interni).
E' di pochi mesi fa la notizia di nuove rivolte studentesche per la richiesta di democrazia represse nel sangue (80 morti e 200 feriti, parrebbe). Su pressione delle diplomazie straniere viene stipulata una tregua.

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Un commento in “L’Etiopia, culla dell’umanità – Parte Seconda
  1. Avatar commento
    rasta
    13/07/2008 14:18

    RastafarI lives in Itiopia, promise land. IandI

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