Magia di Angkor, gioiello della Cambogia - 1. La guida

Un’immersione totale in uno dei luoghi più straordinari del sud-est asiatico, ma non solo!

Si fa presto a dire Angkor. Se ne leggono una quantità di definizioni, “il gioiello più prezioso del sud-est asiatico”, “il tempio immerso nella giungla”, “il complesso templare più esteso del mondo”… e via di seguito.
Ma prima di programmare un viaggio, quanto in realtà ne sappiamo? Di certo oggi, con la risorsa di Internet, molto di più di quanto se ne sapesse 10-15 anni fa. Basta aprire la guida del Touring Club Italiano “Vietnam e Angkor” edizione 1998 per leggere (testuale): “Un viaggio rischioso. Gli eventi suddetti [riferito alla feroce dittatura degli anni 70-80] servono a spiegare i problemi che possono sorgere durante un viaggio in Cambogia. Negli ultimi anni si sono avuti colpi di stato, assassini e rapine occasionali nelle campagne… Conviene evitare del tutto di viaggiare via terra… spesso Khmer Rossi e banditi assaltano gli automezzi… è necessario ricordarsi che ad Angkor vi sono ancora zone minate…”. Dodici anni fa, non un secolo!
Dicevo che oggi Internet e la manualistica di viaggio ci portano in casa un’enormità di foto e filmati, ma è pur vero che, finché non si decide un approfondimento in vista del viaggio, le nostre idee non sono poi così chiare: le immagini prevalenti con le quali identifichiamo Angkor sono infatti la “skyline” di Angkor Wat che si specchia nel lago, i “testoni” sorridenti del Bayon, le architetture del Ta Prohm avviluppate nell’abbraccio mortale di colossali radici e poco altro.
A introduzione di questo nostro resoconto di viaggio in Cambogia (limitato, ahimè, alla sola capitale Phnom Penh e - appunto - ad Angkor), mi sembra quindi opportuno dare una sintetica connotazione storico-geografico-architettonica dello sterminato sito.
Seguirà il nostro itinerario di visita, con la descrizione dei singoli monumenti, che sarà il più possibile succinta: non vogliamo essere pedanti, preferendo rimandare il lettore a una documentazione cartacea e virtuale perfino sovrabbondante ma soprattutto, in questa sede, a una selezione delle immagini scattate di cui il testo vuole solo essere il supporto.
Con il termine generico di Angkor è definito il sito, situato nella piana alluvionale che si estende tra il grande lago Tonle Sap a sud e rilievi montuosi a nord, che fra il IX ed il XV secolo fu il dominio dell'Impero Khmer e ne ospitò le successive capitali. È situato sette chilometri a nord di Siem Reap, fino a una ventina di anni fa una cittadina sonnolenta con qualche struttura ricettiva e oggi in continua espansione per la crescita del flusso turistico seguito all’aumentata sicurezza della zona e all’impareggiabile bellezza dei luoghi. Angkor fa parte del Patrimonio dell'Umanità dell'UNESCO.
Convenzionalmente, l’Impero Khmer ha inizio con l’ascesa al trono nell'889 di Yasovarman I che trasferì la capitale da Hariharalaya (l'odierna Roluos) ad Angkor, che fece adornare di imponenti santuari, creandovi il tempio di stato. A secoli di splendore ebbe seguito la decadenza, che culminò in una serie di saccheggi ad opera dei Tailandesi del Regno Ayutthaya nel 1431: è la data che segna la fine dell'Impero Khmer, con l’abbandono della vecchia capitale e il trasferimento a sud dei reali e della popolazione nell'area dell’attuale capitale Phnom Penh.
La regione di Angkor rimase dimenticata e nascosta dalla fitta giungla fino a fine Ottocento, quando fu riscoperta da archeologi francesi. Fra il 1907 ed il 1970 fu attuata un’intensa opera di restauro per iniziativa dell’EFEO (École française d'Extrême-Orient).
I lavori, sospesi per la guerra civile che insanguinò la Cambogia fino al 1993, furono ripresi da esperti francesi, giapponesi e dell'UNESCO. Gradualmente, Angkor diventò meta di viaggio via via più ambita, sicura e di facile accesso: se è però vero che con i proventi del turismo straniero aumentano le risorse per i restauri, il rovescio della medaglia consiste nell’affollamento - in certi periodi veramente insostenibile - e i conseguenti problemi di conservazione di un’area diventata preda di un business cresciuto troppo in fretta. Ci auguriamo che gli amici cambogiani trovino il giusto equilibrio, per il bene di uno dei luoghi più straordinari del pianeta.ANGKOR: GENERALITÀ
Situato a sette chilometri di Siem Reap, il sito di Angkor si estende su circa 400 kmq. L’area annovera una quantità di templi la cui costruzione si è susseguita dal IX al XV secolo in numero che è stimato, a seconda delle fonti, in 72, 287, 400 o “alcune centinaia”: la discrepanza è dovuta ai differenti criteri di catalogazione che tengono o meno in conto i monumenti ben conservati o in rovina o ancora sepolti, accessibili o no in sicurezza, centrali o periferici, ecc.
Oltre al “cuore”, costituito da quella sorta di scatola cinese che è Angkor Thom e il vicino Angkor Wat, i templi sono stati convenzionalmente classificati in Piccolo Circuito e Grande Circuito, distanti da Siem Reap rispettivamente 15 e 34 chilometri.
Capitoli a sé costituiscono il Gruppo Roluos (13km da Siem Reap) e il Banteay Srei (25km dalla città), a sua volta distante 5km dal Kbal Spean, il “fiume dai mille lingam”.
In questa relazione di viaggio, come è del resto consono a un sito che si chiama “Ci sono stato”, ci limiteremo a quelli realmente visitati nei quattro giorni della nostra permanenza: il minimo, secondo noi, da dedicare a una realtà talmente estesa, eterogenea e affascinante.

Riteniamo utile aprire la trattazione con un sintetico glossario dei termini e delle raffigurazioni nelle quali ci si imbatte nel corso della visita:
TRIMURTI: è la “trinità” della religione indù, composta da BRAHMA creatore di tutte le cose, VISHNU il conservatore e protettore del mondo, SHIVA dio della distruzione ma anche della rinascita.
DEVA: angeli o esseri celesti che si contrappongono agli Asura.
ASURA: demoni malvagi che si contrappongono ai Deva.
NAGA: serpente dalle molte teste (di solito cinque o sette), di norma associato all’acqua e alla fertilità; architettonicamente, ha spesso funzione di lunga balaustra.
GARUDA: creatura mitologica con corpo umano e testa di uccello, è la cavalcatura di Vishnu e nemico mortale dei Naga.
APSARA: danzatrice celeste che intrattiene gli dei con movenze sensuali, ma anche premio dei re e degli eroi morti valorosamente.
DEVATA: divinità femminile.
DVARAPALA: guardiano protettore di natura umana o demoniaca, posto di solito nei templi a fianco di porte o passaggi munito di mazza o lancia.
LINGAM: raffigurazione stilizzata dell’organo maschile ed essenza di Shiva. E’ naturalmente simbolo di fertilità.
RAVANA: demone dalle molte teste e dalle molte braccia.
WAT: genericamente, tempio.
GOPURA: ingresso di un edificio. Ogni recinto di un tempio aveva di norma un gopura ad ognuno dei quattro punti cardinali.
TEMPIO-MONTAGNA: è lo schema che caratterizza diversi templi di Angkor, la trasposizione architettonica del Monte Meru, dimora degli Dei nella mitologia induista. Questa corrisponde al santuario centrale, con intorno recinti concentrici a simboleggiare le montagne circostanti e più esternamente un fossato che rappresenta l'oceano.

Domenica 24 gennaio 2010

Arrivati a Siem Reap intorno alle 14, concordiamo con guida e autista di dedicare ai vari templi di Angkor i prossimi tre giorni pieni e di occupare il resto del pomeriggio odierno con l’escursione al lago di Tonle Sap e ai villaggi galleggianti che su di esso si affacciano.
Il TONLE SAP è il lago più esteso del Sud-est asiatico e può essere definito come una sorta di “grande madre nutrice” della Cambogia. Alimentato da numerosi immissari, è tributario del Mekong, anche se in misura legata alla stagionalità: infatti nella stagione secca che va più o meno da ottobre a giugno, la sua superficie oscilla fra 2500 e i 3000 kmq su una profondità di un paio di metri, mentre nel periodo monsonico aumenta fino a raggiungere i 20.000 kmq e una profondità di 14 metri. Nelle sue aree costiere è praticata l'agricoltura (soprattutto riso), favorita dai terreni resi fertili dalle periodiche inondazioni; anche come difesa da queste, i villaggi sono costruiti su alte palafitte o addirittura su case galleggianti, una situazione che favorisce la pesca, altra grande risorsa degli abitanti sia per il consumo del pesce fresco che per una fiorente industria conserviera.
Un’escursione classica da Siem Reap è quella che ha per meta uno dei vari villaggi. Nel nostro caso, lasciata la città, percorriamo la statale n. 6 in direzione est, che lasciamo all’altezza di Dom Dek per raggiungere dopo complessivi 35 km l’attracco dei battelli di Chong Khneas: da qui, un paio d’ore di navigazione fra andata e ritorno ci compenetra nella vivace realtà di KOMPONG KHLEANG. Il villaggio è il più grande fra quelli permanenti che si affacciano sul lago, contando quasi 20.000 abitanti distribuiti fra le palafitte e le abitazioni galleggianti: è una comunità prevalentemente vietnamita, che peraltro vive in armonia con i gruppi cambogiani un tempo nemici, dedita principalmente alla pesca ma anche a una piccola produzione di ceramiche realizzate con attrezzature e tecniche primordiali.

Lunedì 25 gennaio 2010

* ANGKOR THOM
Con il significato in lingua khmer di “Grande Città”, è la definizione usata per il sito dell'ultima capitale dell'Impero Khmer, fondata nel tardo dodicesimo secolo dal re Jayavarman VII. E’ un quadrilatero esteso su circa 9 kmq ed è in realtà un enorme “contenitore” di diversi monumenti, sia dell’epoca del sovrano sia di precedenti e successivi. Le mura in laterite, alte 8 metri e circondate da un fossato largo 100 metri, si sviluppano su un perimetro di tre chilometri. Ad ognuno dei punti cardinali corrisponde un’entrata (gopura), ciascuna costituita da una torre alta 23 metri, anche se i varchi veri e propri ne misurano 3,5 per 7. I visi sulle sommità delle torri (aggiunti successivamente) somigliano a quelli del Bayon (vedi oltre). L’entrata meridionale è oggi la più frequentata, essendo per i turisti l'ingresso principale al sito.
I templi principali che fanno parte di Angkor Thom sono:
** BAYON
È l'ultimo tempio di stato edificato ad Angkor e l'unico ad essere stato costruito espressamente come luogo di culto buddista. È un tempio-montagna, una foresta di 54 volti giganteschi dal sorriso misterioso su 3 piani e 43 metri di altezza, rimasto per lungo tempo un enigma. Fu edificato nel XII secolo sotto il regno di Jayavarman VII e molti studiosi sostengono che i visi siano, almeno in parte, rappresentazioni del re stesso; secondo altri, potrebbero raffigurare Avalokitesvara, nel Buddhismo Mahayana il bodhisattva della grande compassione. Al primo piano si trova un pantheon dedicato a divinità Khmer, mentre quello superiore è consacrato a Buddha. Straordinarie sono le gallerie dei bassorilievi, estesi su 1200 metri di lunghezza e che rappresentano più di 11.000 personaggi in minuziose scene di lotte, guerre, battaglie navali tra i Khmer e i Cham, processioni, ma anche di vita quotidiana. Ma ciò che rende irrinunciabile il Bayon consiste nel soffermarsi senza fretta di fronte agli enigmatici “testoni”, dall’espressione sempre cangiante a seconda delle angolazioni e del mutare di luci e ombre nel corso della giornata.
** LA TERRAZZA DEL RE LEBBROSO
E' uno dei numerosi misteri di Angkor. Questa terrazza sopraelevata deve il suo nome ad una piccola statua asessuata (quella “in situ” è una copia, mentre l’originale è nel Museo di Phnom Penh) che si suppone raffiguri il re Yasovarman che sarebbe morto di lebbra. Un’altra spiegazione è che la statua rappresenti Yama, il dio dei morti, e che la terrazza sia stata in realtà un crematorio reale. Sui muri di sostegno della terrazza, si ammirano una serie di bassorilievi in ottimo stato di conservazione e di grande incisività, che rappresentano Apsaras, Garuda, elefanti, pesci e giganti dalle molte braccia.
** LA TERRAZZA DEGLI ELEFANTI
Costruito agli inizi del XIII secolo, questo camminamento sopraelevato attiguo al precedente raggiunge i 350 metri di lunghezza e fu destinato a molteplici scopi: probabilmente in origine fu per il sovrano e la sua corte un punto di osservazione privilegiato sulla sottostante immensa piazza in occasione delle sfilate del proprio esercito e per fare discorsi alla popolazione; ma si può altresì supporre che la piazza stessa fosse usata anche per manifestazioni religiose, cerimonie e spettacoli ai quali il re medesimo assisteva dal punto più alto.
La terrazza prende il nome dalla parata di elefanti che decora i muri di base, sui quali si distinguono anche Garuda e leoni che simboleggiano la potenza del sovrano.

* IL GRUPPO ROLUOS
Situato a 13 chilometri da Siem Reap, questo gruppo fu edificato fra l’877 e l’889 e segna il passaggio, nell’architettura Khmer della Cambogia, all’utilizzo di materiali duri (di volta in volta arenaria, laterite o mattoni), laddove in precedenza i templi erano stati costruiti essenzialmente in legno e altri materiali leggeri poco resistenti nel tempo.
** PREAH KO
Il tempio fu fatto costruire dal re Indravarman I che lo volle dedicare ai propri antenati e consta di sei torri in mattoni in due file di tre ciascuna, che si ergono sullo stesso basamento in arenaria. Al complesso introducono tre brevi scalinate sormontate da leoni guardiani di fronte alle porte delle tre torri anteriori. La torre centrale, che è la più alta, è interamente ricoperta di rilievi del dio Shiva.
** BAKONG
Fortemente scenografico, è il primo e più imponente esempio di tempio-montagna prima di Angkor Wat: databile all’881, è esteso su un’area di 900x700 metri e composto di tre recinti concentrici separati da due fossati. Il recinto più interno contiene la piramide centrale e otto torri di mattoni, due per ciascun lato della piramide: questa ha circa 60 metri di lato alla base e si innalza su cinque livelli, sulla cui sommità si trova una slanciata torre nello stile di Angkor Wat (vedi più avanti).
Assolutamente irrinunciabile (nonostante la ripidezza dei gradini) è la salita fino alla terrazza più alta: qui si hanno prospettive spettacolari sull’intero complesso del Bakong, fra grosse statue in pietra di elefanti agli angoli dei vari livelli e di leoni guardiani di fianco alle scalinate.

* ANGKOR WAT
Angkor Wat (o Angkor Vat) è il più celebre e maestoso tempio di Angkor, emblema della Cambogia (la sua silhouette è riprodotta nella bandiera nazionale) e addirittura quello che nell’iconografia identifica Angkor “tout-court”.
Tutto ciò favorisce un affollamento spesso insostenibile, visto che inevitabilmente vi si riversano tutti, sia coloro che diluiscono la visita di Angkor su più giorni sia i turisti da “catena di montaggio” che vi dedicano una sola, massacrante giornata.
E’ la più esemplificativa realizzazione del modello di Tempio-montagna. Si tratta di un tempio indù dedicato al dio Vishnu, la cui costruzione risale all'inizio del secolo XII durante il regno di Suryavarman II protraendosi per 37 anni. Il suo nome significa in khmer "la pagoda della città". La torre principale del tempio centrale rappresenta il Monte Meru (o Kailash), il centro dell'universo per indù e buddisti e domina su quattro torri d’angolo più basse che simboleggiano montagne circostanti.
Le misure sono impressionanti. Il muro più esterno, il cui perimetro è di 1025 metri per 802 su un’altezza di 4,5 metri, è circondato da un fossato e delimita un'area di circa 820.000 metri quadrati, in origine occupata, oltre al tempio vero e proprio, anche dalla città e dal palazzo reale: quasi tutto distrutto per la fragilità dei materiali impiegati.
L’accesso allo sterminato complesso avviene tramite un ampio ponte lungo 350 metri che scavalca il fossato, delimitato da due file di statue di demoni che sostengono un naga.
Il tempio vero e proprio si eleva su di un terrazzamento rialzato ed è composto da tre gallerie che salgono verso la torre centrale; si ritiene che le gallerie siano dedicate rispettivamente al re, a Brahma e alla Luna, e a Vishnu.
I muri interni contengono una serie di bassorilievi che costituiscono quanto di più straordinario esista al mondo nel genere. Senza scendere in una descrizione che richiederebbe pagine e pagine, diremo che le scene sono ispirate principalmente ai cicli del Ramayana e dal Mahabharata. Partendo dall'angolo a nord-ovest in senso antiorario, vediamo scene di battaglie, scene storiche, una processione di Suryavarman II, i 37 paradisi e i 32 inferni della mitologia indù. Nella galleria a est si svolge una delle scene più celebrate, la grande creazione del mare di latte, con 92 Asure e 88 Deva che usano il serpente Vasuki per produrre il mare sotto la direzione di Vishnu. La galleria a nord mostra la vittoria di Krishna su Banasura (il più potente degli Asura, dotato di mille braccia) e una battaglia tra dei induisti e Asure. I padiglioni agli angoli nord-ovest e sud-ovest contengono scene in scala ridotta del Ramayana e della vita di Krishna.
Il tempio è sempre stato considerato invulnerabile, tanto è vero che durante la guerra iniziata nel 1970 gli abitanti di Siem Reap si rifugiavano spesso al suo interno.

* COLLINA DI PHNOM BAKHENG
Anch’esso strutturato come tempio-montagna e dedicato al culto di Shiva, il tempio fu eretto sotto il regno di Yasovarman I (889-910 d.C.). Il complesso, la cui base è un quadrato di 76 metri di lato, fu realizzato come piramide su sette livelli collegati da vertiginose rampe di scale; in origine agli angoli delle successive terrazze erano situate un centinaio di piccole torri, purtroppo oggi quasi tutte crollate.
La sua posizione sulla sommità di una collina lo rende una delle mete più indicate per ammirare il tramonto, ma anche una delle panoramiche più spettacolari su Angkor Wat che dista in linea d’aria circa un chilometro e mezzo. Lo si raggiunge con una passeggiata nel bosco che impegna una ventina di minuti, un po’ meno in discesa.

Martedì 26 gennaio 2010

Del Grande Circuito, noto anche come gruppo di Nord-Est, visitiamo:

* PREAH KHAN TEMPLE (Tempio della Spada Sacra)
E’ uno dei complessi più estesi di Angkor, occupando una superficie di 50 ettari, costruito sul luogo (e a celebrazione) della vittoria di Jayavarman VII sugli invasori Cham avvenuta nel 1181. Strutturato in una serie di gallerie rettangolari concentriche e caratterizzato dalla mescolanza tra il santuario buddista centrale con edifici e templi induisti satelliti - segno del clima di tolleranza instaurato dal sovrano - Preah Khan non fu solo un luogo di culto, ma anche culturale e amministrativo, quindi una vera e propria città reale: secondo un'iscrizione vi risiedevano circa centomila persone, tra cui funzionari, servitori, mille danzatori e mille insegnanti.
Per raggiunere il santuario centrale che costituisce il cuore del tempio, si percorre una fila di gallerie con porte che diventano via via sempre più basse, che obbligano a curvarsi in segno di rispetto per la divinità. Nei muri delle gallerie e dell'interno del santuario centrale sono tuttora ben visibili numerosissimi fori, ognuno dei quali conteneva in origine un pezzo d’oro o un diamante: probabilmente questo inestimabile tesoro fu sottratto e rivenduto dai Khmer rossi. L’intero complesso è disseminato di splendide sculture raffiguranti soggetti analoghi ai rilievi di Angkor Wat, vale a dire scene del Ramayana e dal Mahabharata, il mito della creazione del mare di latte, scene di battaglie, raffigurazioni della Trimurti e di altre divinità. Un po’ come il vicino Ta Phrom (vedi oltre), secoli di abbandono hanno immerso il tempio in una fitta vegetazione: ciò rende difficoltoso il progressivo restauro ma accresce il fascino di un sito già straordinario.

* NEAK PEAN
A breve distanza dal precedente, è un piccolo tempio molto particolare, raggiunto con un bel vialetto alberato. Costruito nel XII secolo sotto il regno di Jayavarman VII, consiste in uno stagno di 70 metri di lato delimitato da una gradinata con al centro un isolotto su cui sorge il santuario circondato alla base da un Naga. Si tratterebbe di un luogo di culto per i malati sorto per i presunti poteri curativi delle acque, ritenendo che il sito fosse punto di incontro dei quattro elementi (terra, aria, fuoco e acqua). Al centro dei muri esterni del recinto si aprono quattro cappellette ciascuna ospitante un altarino con Buddha, cui il tempio è consacrato, che prospettano su altrettanti laghetti minori, asciutti nell’attuale stagione secca.

* TA SOM
E’ un piccolo tempio funerario buddista dedicato da Jayavarman VII alla memoria del padre e dei Re antenati, strutturato come unica torre su un solo livello, circondata da mura in cui si aprono quattro ingressi (gopura) sormontati da facce analoghe a quelle del Bayon. Poco restaurato, offre peraltro parecchi spunti di interesse anche nelle parti in rovina sparse sul terreno, come belle decorazioni di serpenti e Garuda, oltre che le eleganti colonnine alle finestre in cui spesso si mettono in posa i bimbi con i loro smaglianti sorrisi. Uno dei gopura avviluppato nelle radici di un colossale ficus che incornicia il timpano decorato con un rilievo di Apsaras sedute è uno dei soggetti più fotogenici dell’intero complesso di Angkor.

* PRE RUP
E’ un altro tempio-montagna, dedicato a Shiva nel 962 dal re Khmer Rajendravarman. Un doppio muro perimetrale circonda il cuore del tempio, costituito da una piramide a base quadrata con il lato di 50 metri, che va stringendosi per dodici metri su tre livelli fino alla piattaforma sommitale di 35 metri di lato: su di essa sorgono cinque torri, una a ciascun angolo del quadrato e la più alta al centro.
Analogamente al già descritto Bakong, vale la pena la piccola fatica di risalire i ripidi gradini (qui talmente stretti da dovervi posare il piede lateralmente) per godere scorci suggestivi dall’alto sulle torri e su numerose statue in pietra di leoni guardiani, tanto meglio se all’alba o al tramonto quando la tonalità rossiccia dei mattoni e dell’arenaria si fa particolarmente intensa; al di sopra della foresta circostante si scorge in direzione ovest la punta della torre centrale di Angkor Wat.

Del Piccolo Circuito, definito anche come gruppo orientale, visitiamo:

* PRASAT KRAVAN
Dedicato al dio Vishnu, questo monumento (il cui significato è “tempio del cardamomo”) è stato costruito nel 921 da dignitari di corte in un momento di transizione del regno. Piccolo, squadrato e molto semplice, consta di cinque torri che sorgono su un unico basamento, di cui la centrale più alta si sviluppa su cinque terrazze via via decrescenti.
La torre centrale e quella nord sono decorate all’interno con bassorilievi che raffigurano Vishnu e la sua sposa Lakshmi ricavati scolpendo le mura in mattoni, una tecnica impiegata nei templi Cham, ma che qui vede un esempio unico nell’architettura Khmer.

* TA PROHM
E’ senza dubbio uno dei templi più emozionanti del sito di Angkor, il nostro preferito insieme con il Bayon e il Banteay Srei.
A differenza della più parte dei templi angkoriani, il Ta Prohm non è stato liberato dalla giungla che lo avviluppava se non per lo stretto necessario ai fini dell’accesso in sicurezza dei visitatori e il suo fascino consiste proprio nell’essere stato lasciato, per precisa scelta dei restauratori dell’EFEO (École française d'Extrême-Orient), nelle condizioni in cui fu scoperto. In pochi luoghi al mondo si può ammirare un esempio più potente della natura che con il passare dei secoli si reimpossessa, soffocandolo in un abbraccio mortale, del lavoro dell’Uomo, per quanto imponente come in questo caso: le colossali radici che sembrano voler stritolare gli edifici che - a seconda dei casi - si sono arresi sgretolandosi o resistono a costo di deformarsi sfidando le leggi della statica, non finiscono di ammaliare il visitatore.
Il rovescio della medaglia sta nell’affollamento del sito, ma è la sorte che, con la crescente facilità delle comunicazioni, accomuna le tante bellezze del nostro pianeta, da Venezia al Grand Canyon, dalla Muraglia Cinese a Machu Picchu e così via.
Ta Prohm, costruito nello stile Bayon (come si evince dai “faccioni” che sormontano i quattro ingressi) è uno dei tanti templi fatti erigere da Jayavarman VII nel suo ambizioso progetto di costruire molti monumenti dedicati alla celebrazione della famiglia reale.
Situato circa un chilometro a est di Angkor Thom, ricalca lo schema dei cinque recinti rettangolari concentrici: quello esterno ha un perimetro di 1000x650 metri, mentre gli interni molto più raccolti verso il centro del complesso, cioè il Santuario dedicato al Buddha, sono in realtà gallerie. Fra i molti edifici, i più importanti sono i cosiddetti templi satellite, le biblioteche, la Sala delle Danzatrici e la Casa del Fuoco: tali denominazioni non vanno però intese nel senso letterario e la loro reale destinazione può essere solo ipotizzata da decorazioni o iscrizioni sbiadite. Ma non ha in fondo molta importanza, visto che l’incanto del Ta Prohm consiste nell’aggirarsi nei suoi labirinti di pietra e vegetazione in una successione infinita di particolari architettonici, scorci, giochi di luce e ombra sempre nuovi: e magari, con un po’ di pazienza, si può scoprire qualche angolo lasciato libero dalle comitive chiassose in cui sostare e lasciarsi sopraffare dalla magia che trasuda dal luogo.

* TA KEO
Costruito tra il 968 e 1001 sotto il regno di Jayavarman V, questo tempio-montagna consacrato a Shiva è il primo di Angkor costruito completamente in arenaria. Sono quasi assenti decorazioni esterne - i relativi lavori furono interrotti per un fulmine ritenuto di cattivo presagio o per la morte del sovrano che diede luogo a lotte per la successione - il che conferisce un aspetto particolarmente tozzo al complesso. Due massicce terrazze sovrapposte sostengono una piramide a base quadrata, che a sua volta ha sugli angoli quattro torri-santuario aperte sui punti cardinali e una centrale più alta: questa raggiunge i 45 metri sul livello del terreno, il che fa del Ta Keo uno dei più alti templi del sito di Angkor.

* THOMMANON e CHAO SAY TEVODA
Abbiamo potuto dedicare solo pochi minuti a questi due templi, simili e molto vicini l’uno all’altro.
Il Thommanon, tempio piccolo e ben conservato, è reputato importante dagli archeologici in quanto, costruito poco prima di Angkor Wat, incarnò i canoni dell’architettura khmer al punto di essere fonte di ispirazione per il ben più celebrato “fratello maggiore”.
Il Chao Say Tevoda, ubicato sul lato opposto della strada, è in peggior stato di conservazione e sono in corso lavori di restauro a cura di maestranze cinesi.

Mercoledì 27 gennaio 2010

* KBAL SPEAN (Fiume dei mille lingam)
Questo singolare sito è assimilato all’area di Angkor per i suoi significati simbolici legati al mito della fertilità; situato alle pendici delle colline Kulen, 30 km a nord-nord-est dal gruppo principale dei monumenti di Angkor, deve il suo nome a un blocco di arenaria nera nel quale il fiume Kbal Spean ha scavato nel corso dei secoli un ponte naturale nel tratto che lo porta a congiungersi con il Siem Reap.
Il luogo è raggiunto con una passeggiata di due chilometri su un sentiero con qualche modesto saliscendi, che penetra nella giungla caratterizzata da grossi massi levigati dalle forme bizzarre, radici affioranti e grossi intrichi di alberi che ricordano il Ta Prohm.
Su un tratto di circa 200 metri del letto del fiume che va dal ponte naturale a una pittoresca cascata, sono state scavate fra il XII e il XIII secolo una serie di sculture, tra le quali abbondano i lingam, simboli fallici del dio Shiva, in forma di protuberanze più o meno pronunciate: dal che, il suo nome sanscrito di Sahasralinga (Fiume dei Mille Linga). Il simbolismo del luogo consiste nella fertilizzazione delle risaie attraverso l'acqua del fiume, tanto che abbondano raffigurazioni di yoni (nell’Induismo l’organo sessuale femminile), perlopiù in forma stilizzata di una "piscina" quadrata contenente dei lingam. Fra le altre rappresentazioni scolpite nel blocco di arenaria, si distinguono alcuni Vishnu appoggiati su un fianco, Brahma dalle quattro facce appoggiato su un loto, Hanuman (la scimmia di Dio), Shiva e la sua sposa Uma che cavalcano il toro sacro Nandin.

* BANTEAY SREI
Definito da qualcuno “il Louvre dell’impero Khmer”, questo tempio del X secolo, magnificamente conservato, è fra i più affascinanti dell’area di Angkor.
Consacrato a Shiva nel 967, è un raro esempio di tempio khmer non costruito per volere di un re, ma su iniziativa di Yajnyavahara, consigliere del re Rajendravarman, grande studioso e filantropo a favore dei bisognosi. Solo in seguito il sovrano lo consacrò al culto di Shiva.
Il complesso fu riscoperto nel 1914 e la sua straordinaria bellezza ne fece per anni oggetto di saccheggi: un’infinità di opere d'arte finirono sul mercato nero ad opera dei viaggiatori europei, fra cui anche il famoso scrittore francese André Malraux.
Banteay Srei ospita capolavori di scultura in pietra arenaria di una minuzia sorprendente ed è anche definita "cittadella delle donne" o, più propriamente, “della bellezza” proprio in riferimento alla raffinatezza della decorazione. Sculture, rilievi e fregi riempiono fittamente ogni spazio dei vari edifici del tempio fornendo in certi casi un formidabile esempio di “horror vacui”, raffigurando una splendida varietà di animali, guerrieri, divinità, figure religiose, Apsaras, Garuda, motivi floreali, creature favolose, scene della mitologia indù e di leggende popolari. L’arenaria impiegata è di una particolarissima colorazione rosa, ancora più vivida nelle prime ore del mattino o nel tardo pomeriggio.
Come già per Ta Phrom, le nozioni sulla struttura architettonica del sito - che consta di tre recinti concentrici su un’area di poco più che 100x100 metri - passano in secondo piano rispetto al piacere di aggirarsi lentamente fra i monumenti lasciandosi “ipnotizzare” da una sequenza di merletti di pietra che non ha uguali al mondo.
Un degnissimo finale per concludere il nostro soggiorno ad Angkor!Essendo nella fase finale di un viaggio alquanto intenso, abbiamo voluto trattarci piuttosto bene, alloggiando quattro notti all’Hotel Majestic: camere molto grandi, locali comuni con splendidi arredi in legno di tek, colazione abbondante e assortita. Non traggano in inganno i prezzi riportati sul relativo sito: abbiamo speso molto meno, essendo l’alloggio all’interno di un pacchetto di servizi personalizzati per 19 giorni in Viet Nam e Cambogia acquistati on line da Asiatica Travel, un operatore di Ha Noi dimostratosi eccellente sotto ogni aspetto.Risolta, come accennato, la pausa di metà giornata con uno spuntino, di norma a base di frutta, per le quattro cene ci siamo indirizzati a tre diversi ristoranti, spendendo per un piatto principale, una bevanda (vino o birra) e un dessert, una media di una decina di euro a testa. Tutti e tre sono raccomandabili, per qualità e gradevolezza dell’ambiente, e sono: Indochine (due volte), Viroth’s e Kou Len. Nel terzo si cena a buffet per 15 dollari, comprensivi di uno spettacolo di danze Apsara, magari un po’ turistico ma piacevole, insomma… non stiamo a fare troppo gli snob o i “grandi fighi” del tipo io-faccio-solo-viaggi-avventurosi-e-scomodi: quando a “spartanità”, a sessant’anni suonati abbiamo già dato abbondantemente…
(Clicca QUI per il relativo video “Cambogia: la danza delle Apsara”).Al termine di quindici giorni in Viet Nam, ci siamo trasferiti in Cambogia per via acquatica utilizzando il servizio di battelli che in circa quattro ore lungo uno dei tanti rami del Mekong congiungono due volte al giorno Chau Doc in Viet Nam alla capitale cambogiana Phnom Penh, alla quale abbiamo dedicato un pomeriggio per le visite essenziali. Sì, sì, non dite niente, lo sappiamo che è poco, ma in Cambogia la priorità era Angkor: vorrà dire che torneremo!
L’indomani, per mezzo di un pullmino con autista, con partenza alle sette ci siamo trasferiti a Siem Reap, dove siamo arrivati intorno alle 14.
I due trasferimenti descritti ricalcano il modello dello “slow travel” che, dove possibile, ci piace sposare: infatti, sia il tratto di navigazione che quello stradale - intervallato da qualche sosta - se da una parte hanno occupato complessivamente una decina di ore, dall’altra ci hanno offerto un quadro della quotidianità del sud-est asiatico fuori dai grandi centri e una serie di contatti umani che costituiscono un indubbio arricchimento per chi viaggia in questa parte di mondo.
A Siem Reap ci ha “preso in consegna” Kosal (come molte guide, ha il piccolo vezzo di farsi chiamare con un nome occidentale, in questo caso Antonio), un simpatico venticinquenne che parla un discreto italiano, “paraculo” al punto giusto.
Gli spostamenti nei quattro giorni dedicati all’area di Angkor sono avvenuti su pullmino con autista. L’alternativa sta nei tuc-tuc, reperibili dovunque e con i cui conducenti si può contrattare ogni tipo di servizio anche per più giorni, ed è in realtà la soluzione, anche se più lenta, più intonata al luogo; essendo però noi un gruppo di sei, abbiamo preferito il pullmino, che ci ha consentito di restare uniti anziché sdoppiarci su due tuc-tuc.
Di norma, la giornata tipo cominciava alle 8 protraendosi lungo i vari luoghi di visita fino intorno alle 17-18. L’originario progetto (soprattutto mio) di fare tutta una tirata senza soste è stato ben presto accantonato: le ore centrali della giornata sono parecchio calde, cosicché uno stacco di un’ora e mezza o due in uno dei tanti chioschetti di ristoro (spesso in belle ambientazioni nel verde o in riva al fiume) per una macedonia o un frullato di frutta e magari una breve “schienata” su un’amaca è diventato una piacevole consuetudine.

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