A Londra, con Meeting Ci Sono Stato!

Terzo viaggio a Londra, che non esaurisce mai i suoi spunti di interesse

Questo è il mio terzo viaggio di piacere a Londra, il primo dei quali risale al lontano 1994 e sono curiosa di vedere se e come è cambiata la città. Per motivi di lavoro ci sono tornata diverse volte, ma per pochi giorni e con pochissimo tempo a disposizione per il turismo. Per mio marito è invece la prima volta e spero ci contagiarlo con la mia smodata passione per questa città.
Non so esattamente quali aspetti di Londra mi attraggano così magneticamente; è più un insieme di sensazioni che mi assale in particolare quando torno a casa: una nostalgia mista ad ansia di tornare al più presto che ogni volta mi fa capire quanto questa città mi abbia stregato un’altra volta.

Itinerario

Mercoledì 6 maggio 2009
Partiamo da Milano Linate con Easyjet alle 16,50, atterriamo a Londra Gatwick alle 17,45 ora locale e veniamo accolti dalle nuvole del classico clima londinese. Fortunatamente le previsioni per i prossimi giorni sono buone, perciò siamo carichi di aspettative.
Alla biglietteria ferroviaria incontro una ragazza che ha viaggiato da sola sul nostro stesso aereo: sta andando a trovare un’amica che vive fuori Londra e deve acquistare un biglietto di sola andata. La cosa mi incuriosisce e tra una chiacchiera e l’altra scopro che è venuta qui per restare. Le faccio i complimenti per il suo spirito di iniziativa e il suo coraggio.
Il treno della Southern Railways in poco più di mezz’ora, e con spesa inferiore rispetto al Gatwick Express ci conduce a London Victoria (21,80£ A/R per persona).
A Victoria acquistiamo due tessere “Oyster Pay as you go” su ciascuna delle quali carichiamo 20£.
Con la Metro, linea District (Eastbound), raggiungiamo Aldgate East, dove si trova l’hotel Ibis London City.
La receptionist ci chiede se vogliamo pagare la stanza in anticipo e istintivamente accetto, nonostante mio marito sia un po’ perplesso per questo meccanismo (comunque facoltativo). La scelta si rivelerà tuttavia azzeccata al momento del check-out.
La nostra stanza è al 3° piano e fortunatamente è non-fumatori. La camera è essenziale ma ampia, pulitissima, il bagno ricorda quelli delle cabine delle navi ma è dotato di un box doccia molto grande. Il materasso è molto comodo. C’è un TV LCD e possibilità di accesso a internet (a pagamento).
Siamo troppo stanchi per andare alla ricerca di un ristorante, tanto più che ci troviamo al limite orientale della City e dalle informazioni che ho raccolto, fuori dall’orario lavorativo, gli esercizi sono tutti chiusi, a meno di spostarsi verso Brick Lane dove abbondano i ristoranti asiatici, cucina per la quale mio marito non va pazzo.
Perciò ceniamo al bistrot dell’hotel (L’Estaminet), un menu senza infamia né lode, a prezzo ragionevole. Il piatto del giorno, chicken tikka masala, mi accompagnerà sgradevolmente nel corso della nottata. Mio marito ha optato per una bistecca di prosciutto affumicato (gammon) sormontata da un uovo all’occhio di bue con patatine fritte. Un pasto leggero… per cominciare.

Giovedì 7 maggioAnche stamattina è nuvoloso e tira un’arietta fastidiosa. La colazione proposta dall’hotel al prezzo di 5,50£ è dignitosa: yogurt, cereali, marmellate, brioches, muffins, pane, uova sode, succo d’arancia e di mela, the o caffè (su quest’ultimo caliamo un velo pietoso).
Prima tappa della giornata un giro nella City. Ci dirigiamo subito al “cetriolo”(the Gherkin), sede del gruppo assicurativo Swiss Re, e poi al terrificante (a mio avviso) Lloyd’s building, un trionfo di cemento, vetro e acciaio in un intrico di torri, scale e tubi. Gli inglesi sostengono che sia la risposta londinese al Centre Pompidou… mi permetto di non condividere).
Arriviamo a Monument, dove la colonna eretta in ricordo del devastante incendio del 1666, che distrusse i 4/5 della città uccidendo 70000 persone, ci sorprende con la sua altezza e grandiosità. Dal momento che la giornata non è delle migliori ci risparmiamo i 311 gradini della scala a chiocciola che ci porterebbero alla sommità della colonna alta oltre 60 metri.
Una curiosità: nel sotterraneo della Tube di Monument campeggiano dei cartelloni che segnalano in modo molto originale i lavori in corso. Squadre di operai, rigorosamente con elmetto di protezione, popolano come tante formichine operose la ben nota mappa della metropolitana, con tanto di scale, impalcature e martelli pneumatici.
La prossima meta è Covent Garden, ma prima di arrivarci attraversiamo il quartiere Temple, dove non ero mai stata.
Dopo la modernità della City fa un certo effetto camminare nella quiete di questo quartiere che nel XII e XIII secolo era la sede dell'Ordine dei Cavalieri templari e attualmente è il quartiere degli avvocati, come si intuisce dalla sfilata di auto di lusso, prime fra tutte le Macerati.
Purtroppo la chiesa dei Templari, tra l’altro utilizzata come set per il film tratto dal libro “Il codice da Vinci”, è chiusa dal momento che nel pomeriggio si terranno le Comunioni, e non possiamo ammirare le celebri statue in marmo dei Cavalieri medievali.
Usciamo da Temple su Fleet Street oltrepassando l’Inner Temple Gate e procediamo lungo lo Strand.
Passiamo davanti alla India House, sede della Indian High Commission che più volte mi ha ospitata per motivi di lavoro, e arriviamo al mio mercato preferito: Covent Garden.
E’ in corso una strana manifestazione, di cui non comprendiamo le finalità, che consiste nell’indossare un pigiama e saltare su una specie di materasso gigante allestito sopra un palco sopraelevato.
Gironzoliamo tra i negozietti assistendo alle performance di un quintetto di archi e si fa l’ora del pranzo.
Da fedelissima mi precipito da Punch and Judy, optando per il sotterraneo dove l’atmosfera è più intima. I classici tavoli in legno di ogni pub che si rispetti sono collocati sotto le volte in mattoni delle cantine e la tenue e suggestiva illuminazione è affidata a bianche lucine da albero di natale.
Mi sono sempre chiesta a cosa sia ispirato il nome di questo pub, così mi sono documentata: Punch e Judy sono due maschere inglesi utilizzate nei teatri dei burattini. La figura predominante è quella clownesca di Punch, derivato dal Pulcinella della commedia dell'arte italiana, prima approdato in Francia come Polichinelle e di qui giunto a Londra come Punchinello (in seguito abbreviato in "Punch"). Le scenette di Punch e Judy erano eseguite da un solo burattinaio.
Mio marito ordina il Pie del giorno che si rivelerà buonissimo: un ripieno di carne di pollo e agnello in una deliziosa sfoglia. Per me l’immancabile jacket potato con cheddar cheese and beans.
Dopo pranzo via verso Trafalgar Square, brulicante di turisti nonostante il giorno infrasettimanale. I quattro possenti leoni che fiancheggiano la colonna di Nelson sono presi d’assalto per le foto. Intanto l’Ammiraglio osserva imperturbabile un punto lontano in fondo a The Mall, il lungo viale che conduce a Buckingham Palace.
Mio marito freme per vedere i simboli di Londra, perciò inizia la lunga passeggiata lungo Whitehall, in questo periodo purtroppo sede di numerosi cantieri per il rifacimento delle condutture dell’acqua. Passiamo davanti al palazzo delle Guardie a Cavallo dove due giovani guardie intabarrate nelle loro uniformi scarlatte si prestano rassegnate all’obbiettivo di decine di macchine fotografiche.
Lungo la strada, a poca distanza dal Cenotafio, il monumento ai caduti in Gran Bretagna, si trova anche un monumento in onore delle donne della Seconda Guerra Mondiale.
Fiancheggiamo la cancellata (gremita di curiosi) che blocca l’accesso a Downing Street e arriviamo finalmente in vista di Westminster. Al centro della piazza il monumento a Winston Churchill è circondato da manifestanti contro il colonialismo fascista in Sri Lanka.
Dopo le tradizionali foto alle Houses of Parliament. dal ponte di Westminster ci rendiamo conto che sarà impossibile entrare a visitare l’Abbazia di Westminster: la coda di centinaia di persone in attesa ci scoraggia, perciò ci limitiamo a visitare l’adiacente chiesa di St. Margaret, chiesa parrocchiale del Parlamento britannico, provando l’emozione di sedere ai banchi riservati ai membri del Parlamento, dotati di comodi cuscini-inginocchiatoio.
Lasciata a malincuore l’Abbazia di Westminster ci dirigiamo verso Saint James Park passando davanti alla sede di New Scotland Yard (Broadway Street), con immancabile foto al prisma girevole.
Entriamo in St James Park nel parco dal Queen Anne’s Gate, dove veniamo accolti da un trionfo di fiori multicolori, e percorriamo il “Diana Princess of Wales memorial walk”.
Il parco brulica di piccioni, il lago artificiale è semi-prosciugato per la ripulitura stagionale, ma noi siamo in cerca di qualcosa in particolare. Neanche il tempo di dirlo ed ecco che un simpatico scoiattolo scende a razzo da un albero e ci viene incontro in cerca di noccioline.
Terminati i convenevoli con il nostro piccolo amico, eccoci in vista di Buckingham Palace e del Victoria Memorial, dedicato alla regina Vittoria.
Iniziamo a essere stanchi di camminare ma devo fare una commissione per mio fratello. Mentre ci dirigiamo alla volta di “Forbidden Planet”, negozio di riferimento (forse un po’ sopravvalutato) per gli appassionati di fumetti, sci-fi e fantasy, ci imbattiamo nel Palace Theatre, all’angolo tra Shaftesbury Av. e charing Cross Road. In cartellone c’è “Priscilla Queen of the Desert” e una gigantesca scarpa bianca con tacco 12 troneggia sopra l’ingresso.
Torniamo in albergo per riposarci in vista della serata. Stasera ci attende la Cerimonia delle Chiavi alla Torre di Londra, per la quale a dicembre avevo richiesto gli inviti per posta. Ogni sera 40-50 persone vengono ammesse alla cerimonia; l’ammissione è infatti a numero chiuso, e bisogna richiedere l’invito da due a tre mesi prima inviando la richiesta all’Ufficio preposto. Preparate un foglio su cui ndicate nome, cognome, indirizzo, età dei partecipanti, almeno tre date a scelta e allegate una busta col vostro indirizzo stampato e l’affrancatura per la risposta. Inviate il tutto a: “Ceremony of the Keys Office, Tower of London, LONDON, EC3N 4AB” e se siete fortunati riceverete in pochi giorni l’invito gratuito!
Per la cena ho prenotato via internet un tavolo al Dickens Inn, consigliato su questo topic da Hakon (che ringrazio), in modo da trovarci già in zona Torre.
All’uscita da pub-ristorante ci ritroviamo in un’atmosfera magica: il St. Katherine’s dock illuminato fa dimenticate che ci troviamo in una grande città europea. Sembra piuttosto di essere sul porto di una piccola località di mare, con le luci che si riflettono sullo specchio d’acqua e gli alberi delle barche ormeggiate che oscillano nella lievissima corrente. Il tutto infonde un senso di grande tranquillità, anche se spira un venticello frizzante che ci fa affrettare il passo verso la Torre.
Da oltre 600 anni, ogni sera le porte della Torre di Londra vengono chiuse con una cerimonia circondata da grande enfasi; non dimentichiamo che qui sono custoditi i gioielli della corona. L’appuntamento è per le 21,30 al West Gate della Tower of London dove un Yeomen Warder, altrimenti detto “Beefeater”, impaludato nel suo costume da guardia ci accoglie e verifica i biglietti.
Per chi non lo sapesse il nome beefeaters deriva dal francese Buffettiers, le guardie del palazzo del regno di Francia, che proteggevano il cibo del re. Potrebbe anche derivare dal fatto che erano soliti ricevere dai reali grandi razioni quotidiane di carne bovina ("Beef").
Ci fanno entrare nella torre attraverso il gate della Middle Tower e, dopo una introduzione molto spiritosa (a giudicare dalle risate dei presenti che sono in grado di comprendere l’inglese strettissimo in cui viene effettuata) di circa 20 minuti, effettuata da una guardia che parteciperà marginalmente all’evento, veniamo allineati lungo Water Lane, tra la Bloody Tower e il Traitor’s Gate.
Esattamente a 7 minuti dallo scoccare delle 22:00 il Guardiano Capo della Torre, vestito con una lunga giubba rossa, il copricapo Tudor e con una candela in una mano e le chiavi della Regina nell’altra, emerge dalla torretta di Byward, chiude a chiave il cancello principale e si muove solennemente lungo Water Lane, fino a Traitor’s Gate, dove lo attende la sua scorta formata da quattro Foot Guards. Il rimbombo dei suoi passi sul lastricato è molto solenne.
Dopo aver passato la lanterna a una delle guardie della scorta il piccolo drappello torna indietro verso il cancello esterno, mentre tutte le guardie salutano le chiavi della Regina.
Chiuso il cancello esterno il piccolo drappello torna sui suoi passi e chiude in sequenza le grandi porte in legno di quercia della Middle Tower e della torretta di Byward.
A questo punto il gruppo torna verso Traitor’s Gate e si arresta proprio davanti a noi, dove una sentinella in attesa con fare aggressivo grida:
”Alt, chi va là?”
”Le chiavi!” risponde il Guardiano Capo.
”Le chiavi di chi?” domanda la sentinella.
”Le chiavi della regina Elisabetta” è la risposta.
”Passino le chiavi della Regina Elisabetta” replica la sentinella, ”E’ tutto OK!”
Ora il gruppo al completo si muove attraverso la Bloody Tower e sale i gradini della broadwalk dove si ferma. Anche noi ci muoviamo al seguito del drappello e ci fermiamo ai piedi della scalinata.
L’ufficiale in carica impartisce il “presentat arms”, dopodichè il Guardiano Capo fa due passi avanti, leva in alto il suo copricapo ed esclama: ”Dio conservi la regina Elisabetta” mentre le guarde rispondono ”Amen!”, nel momento esatto in cui si odono i rintocchi delle 22:00, e il trombettiere in comando suona il “Last Post”, inno tradizionalmente usato per sancire la fina della giornata.
A questo punto la cerimonia è conclusa, il Guardiano Capo consegna le chiavi al direttore residente nella torre, e i visitatori vengono accompagnati all’uscita, dove è collocata un urna per eventuali donazioni facoltative.
Purtroppo non è consentito fotografare durante l’evento che, seppur infiorettato per i turisti (e del resto lo siamo!!!) si è rivelato molto suggestivo.
Prima di rientrare in hotel è d’obbligo fotografare la skyline sul Tamigi in notturna: protagonisti assoluti il Tower Bridge e la City Hall, dalla forma di uovo sodo un pò sbilenco (infatti è ribattezzata “The Egg”), realizzata in vetro e metallo da Norman Forster.

Venerdì 8 maggio
Ci svegliamo con una pioggerella fitta e sottile che mi mette di malumore: le previsioni promettevano bel tempo!
Poco male: fortunatamente il programma della mattinata prevede la visita del Natural History Museum, in South Kensington, zona di musei e dell’Imperial College of London, nonché della celeberrima Royal Albert Hall, dove pochi grandi artisti italiani (tra cui Zucchero) hanno avuto il privilegio di esibirsi.
Il museo apre alle 10 e quando, pochi minuti prima, sbuchiamo dal tunnel che collega la fermata della metro South Kensington con l’incrocio tra Cromwell Road e Exhibition Road, c’è già una lunga fila in attesa di entrare. Dal momento che l’ingresso è gratuito (a parte eventuali esposizioni temporanee) la fila si esaurisce velocemente.
Il primo impatto con ciò che ci attende nel museo lo abbiamo nella hall dell’ingresso principale in Cromwell Road: un gigantesco scheletro di Diplodocus accoglie i visitatori quasi a preannunciare le sorprese che la sezione dedicata ai Dinosauri riserva.
E’ qui infatti che si dirigono all’istante le frotte di bambini in gita scolastica e non, tanto che per la prima mezz’ora possiamo girare indisturbati per le altre sezioni del museo.
Da non perdere, per il forte impatto visivo, la Sala dei mammiferi, con una gigantesca balenottera azzurra sospesa al soffitto e una balconata che gira tutto intorno al più variegato assembramento di Mammiferi che vi capiterà mai di vedere tutti insieme.
Bellissimo il colpo d’occhio sui delfini, che sembrano fluttuare in un branco gioioso sopra le nostre teste.
Suggestiva anche la sezione dedicata alle Scienze della Terra, ben rappresentata da una scala mobile che vi farà attraversare un globo metallico nel quale un sapiente gioco di luci riproduce i riflessi del magma incandescente, mentre scritte del tipo “How do we know the Earth history?” appaiono e scompaiono sulla sua superficie interna.
Su richiesta della mia nipotina di quattro anni, che voleva a tutti i costi venire con gli zii, scatto foto a ripetizione agli animali che preferisce, dal cavallo alla zebra, dall’orso al canguro, dal leone allo struzzo alla tartaruga e alla giraffa.
Non possiamo lasciare il museo senza aver visitato la sezione dedicata ai Dinosauri. Ci facciamo perciò largo tra le scolaresche in estasi davanti alle verosimili animazioni e ne siamo anche noi catturati, in particolare dalla ricostruzione di un Tirannosaurus Rex che si muove autonomamente.
All’uscita dalla sezione una teca racchiude la riproduzione significativa di un uovo di dinosauro con la scritta: “Which came first?”.
All’uscita dal museo ha smesso di piovere e il cielo inizia a rischiararsi. E’ piacevole camminare tra i rossi edifici in mattoni del quartiere di Kensington, che circondano la trionfale Royal Albert Hall.
Il memoriale al Principe Alberto di Sassonia-Coburgo-Gotha si staglia in tutto il suo splendore contro un cielo sempre più azzurro. Il monumento fu commissionato dalla regina Vittoria d'Inghilterra in memoria del suo consorte, morto nel 1861 a causa di una febbre tifoide.
Dopo questa iniezione di cultura bisogna carburare in previsione di un impegnativo pomeriggio. Decidiamo di goderci la città finalmente illuminata dal sole e prendiamo il primo autobus a due piani di questa vacanza, sistemandoci ovviamente al piano sopraelevato. La linea n.9 ci porta dritti dritti a Piccadilly Circus, costeggiando il lato meridionale di Hyde Park e quindi il lato settentrionale di St. James Park.
Dopo esserci rifocillati con gli ottimi tramezzini di Pret a Manger scatta il primo shopping: saccheggiamo letteralmente Lillywhites in Piccadilly, negozio di articoli sportivi dei marchi più in voga che pratica sconti del 70% su tutto e risaliamo Regent Street, con inevitabile sosta da Hamleys con i suoi 6 piani di giocattoli.
Arrivati a Oxford Circus svoltiamo a sinistra in Oxford Street che risaliamo per un bel pezzo, per poi tornare sui nostri passi e completare tutto il tratto a est di Oxford Circus fino a Tottenham Court Road.
Da qui, giù in picchiata lungo Charing Cross Road con una capatina a Soho e la sua China Town e finalmente raggiungiamo Leicester Square, dove sostiamo in reverente raccoglimento davanti alle impronte dei palmi di alcuni mostri sacri del Cinema Britannico come Sean connery, Roger Moore e Hugh Grant.
Avendo promesso a mio marito di mostrargli una “chicca” della stazione della metropolitana Baker Street prendiamo la Bakerloo line da Piccadilly e in un batter d’occhio siamo alla meta: ed ecco lungo il binario ciò che stavo cercando. L’inconfondibile sagoma del profilo di Sherlock Holmes con tanto di pipa attrae inesorabilmente l’obbiettivo della digitale.
Ad un occhio attento non sfugge una particolarità: ogni punto di cui la sagoma è composta non è altro che un profilo in miniatura del leggendario detective.
Breve sosta in hotel per ritemprarci e poi via, alla volta di Harrods. Per la cena ho prenotato un tavolo in una steak house poco distante.
Come ricordavo le sale più spettacolari di harrods sono le Food Halls: tutto è volutamente esasperato, dalle decorazioni dei soffitti ai grandi lampadari, alla disposizione dei cibi. Uno spettacolo per gli occhi e una crescente acquolina in vista della cena.
Altrettanto spettacolare, ed eccessiva, la zona delle scale mobili, dedicata all’antico Egitto:
al piano sotterraneo la scala mobile termina proprio di fronte al memoriale dedicato a Diana e Dodi Al Fayed con, in bella mostra, l’anello di fidanzamento.
All’uscita dai grandi magazzini non può mancare una foto di Harrods in notturna. Con tutte quelle lucine che ne evidenziano gli elementi architettonici sembra una cattedrale addobbata per il Natale!
In meno di cinque minuti siamo all’ingresso del Chicago Rib Shack, al 145 di Knightsbridge (www.thechicagoribshack.co.uk). Veniamo fatti accomodare al nostro tavolo e ci colpisce, sulla parete di destra dell’ingresso, una curiosa esposizione chiamata “Exhi’pig’tion”. Se non vi dice nulla il nome vi basterebbe uno sguardo: decine e decine di statuette a forma di maiale dipinte nelle fogge più svariate sono ordinatamente allineate in file di 14. Alcune statuette non sono dipinte e spinta dalla curiosità chiedo lumi. La cameriera mi spiega che si tratta di una esposizione associata ad un concorso per bambini (riportato anche sul sito). E’ possibile acquistare i maialini e decorarli. I migliori verranno esposti nel ristorante accanto a quelli decorati da artisti titolati. A mio avviso il più bello di tutti è quello vestito da uomo ragno (potete vederlo qui, nella sequenza animata in alto a sinistra: http://www.thechicagoribshack.co.uk/kids/)
Dopo aver mangiato una abbondante porzione di costine e una bella bistecca di filetto ce ne andiamo a nanna.

Sabato 9 maggio
La giornata inizia sotto i migliori auspici: c’è il sole!!! Scendiamo per la colazione ma ci sono almeno 15 persone in coda per entrare nella sala ristorante (gli arrivi del weekend…). Faremo colazione a Greenwich, meta della mattinata.
Una sgradevole sorpresa ci attende all’uscita dall’hotel: la stazione Aldgate East è chiusa per lavori, così come le tre stazioni più vicine; fortunatamente il capolinea della DLR di Tower Hill non è lontano e lo raggiungiamo con una piacevole camminata di dieci minuti.
I treni della DLR (metropolitana leggera) sono controllati da un computer e normalmente non hanno un guidatore, anche se talvolta è presente un controllore responsabile del controllo dei biglietti, del regolare funzionamento del trasporto, di fare annunci e controllare la chiusura ed apertura delle porte. Ci accaparriamo i posti anteriori nella carrozza di testa per goderci lo spettacolo dell’attraversamento dei Docklands della Isle of Dogs, penisola forma di ferro di cavallo circondata su tre lati dal Tamigi. Ogni volta questo breve tragitto tra i grattacieli di Canary Warf mi entusiasma; peccato che l’ultimo tratto per raggiungere Greenwich sia in sotterranea. Il colpo d’occhio sulla distesa di verde alle spalle del Royal Naval College sarebbe splendido. Chi volesse comunque goderne può scendere all’ultima stazione della Isle of Dogs (Island Gardens) e scattare bellissime fotografie.
Scendiamo invece alla fermata Cutty Sark (il vascello-museo che purtroppo attualmente non è visitabile in quanto distrutto da un incendio nel 2007, e ora in ristrutturazione) e ci rendiamo conto che siamo ancora a stomaco vuoto.
All’incrocio tra King William Walk e Nelson Road facciamo la più spettacolare colazione di questa vacanza alla Rhodes Bakery, che offre paste e brioches di tutti i tipi e fa un ottimo cappuccino in tazza gigante (date un’occhiata al ben di dio: www.rhodesbakery.co.uk).
Il parco è immenso e spettacolare: ne raggiungiamo la cima e la vista su Londra ci toglie il fiato. Di fronte a noi, in primo piano, l’Old Royal Naval College con le sue due cupole e, sullo sfondo, i grattacieli della Isle of Dogs; sulla destra, dietro alle ciminiere della antica centrale elettrica di Greenwich (tutt’ora utilizzata come fonte energetica di riserva per la metropolitana) si scorge la sagoma inconfondibile del Millennium Dome.
Dopo la visita, interessantissima, all’Osservatorio astronomico e la foto di rito a cavallo del meridiano zero, facciamo un veloce giro al Greenwich Market, un settore del quale è occupato da bancarelle che vendono cibo pronto di varie etnie e nazionalità (tra cui la nostra!).
Per il pranzo ci fermiamo a mangiare fish and chips al “The Spanish Galleon Tavern” in Greenwich Church St, di fronte all’entrata della metropolitana Cutty Sark.
Riprendiamo quindi la DLR e, dopo una veloce sosta a Canary Warf per fotografare la famosa scala mobile della stazione omonima e l’altrettanto celebre scultura fatta di semafori alla rotonda di Westferry Road ci dirigiamo verso il British Museum per visitare le sezioni dedicate all’Egitto e all’Antica Grecia.
Rispetto a come lo ricordavo (ma sono passati 15 anni dall’ultima volta che l’ho visitato) il British Museum è completamente diverso. Mi riferisco ovviamente all’organizzazione delle sale interne, prime fra tutte quelle dell’Egitto. Sono un pò delusa poiché le gigantesche statue che, nel mio ricordo, segnavano l’accesso alla sezione non ci sono più e la stele di Rosetta è stata racchiusa (giustamente per proteggerla) in una teca di cristallo che è perennemente circondata da decine di persone: impossibile avvicinarsi anche solo per una foto.
Mi stupisce piacevolmente la copertura della Corte centrale, in vetro e acciaio, opera di Norman Foster.
Torniamo in albergo per riposare anche perché alle 18,30 abbiamo appuntamento in Covent Garden con Elysapaola e Marco e non vediamo l’ora di conoscerli.
L’appuntamento con Elysapaola è a Covent Garden, davanti al negozio di musica e affini HMV. Arriviamo per primi e ci mettiamo ad aspettare, mentre davanti a noi si svolge l’ennesima manifestazione. Bisogna dire che apparentemente a Londra è possibile manifestare per qualsiasi cosa…
Rispetto a giovedì scorso Covent Garden è decisamente più animata, del resto è sabato pomeriggio e non mi sarei aspettata nulla di diverso. Riusciremo a individuarci? L’unico indizio che Elysapaola mi ha dato è il color carota dei suoi capelli. Siamo quindi autorizzati ad aspettarci una stangona con i capelli al vento stile Milva.
Mentre scruto tra la folla in avvicinamento arriva un’ambulanza che si piazza proprio tra noi e la piazza. Mi rendo conto che io ad Elysapaola non ho dato alcun indizio, perciò le invio un SMS dicendole di guardare dietro all’ambulanza.
Quando arriva ci basta uno sguardo per “riconoscerci”. Mi ero preparata con timore quasi reverenziale all’incontro con un “Magister Itinerum” di CSS e invece quel primo contatto ispira istintiva simpatia. Il fatto che Ely non sia una stangona mi tranquillizza, almeno siamo allo stesso livello. Anche Marco ha un sorriso aperto e occhi vivaci.
Facendoci largo tra la folla cerchiamo un pub in cui bere qualcosa e fare quattro chiacchiere. I primi due che incrociamo sono vicini alla piazza e decisamente troppo affollati. Procediamo quindi lungo Neal Street ed entriamo da Crown & Anchor, dove ordiniamo tre birre e per me, curiosa di assaggiarlo, un bicchiere di sidro, che si rivelerà terrificante!
Dimenticavo di dire che oggi è il compleanno di Ely, che ringrazio per averci offerto la consumazione.
Che dire… se io sono chiacchierona Ely è vulcanica. Trascorriamo in loro compagnia un’ora piacevolissima. Scopriamo tra l’altro che Ely è un’esperta coltivatrice di orchidee (e non solo), perciò ne approfitto per chiederle ragguagli su come salvare la mia Phalenopsis. Marco è un grande viaggiatore per lavoro, anche più di quanto lo sia io, perciò ci scambiamo qualche impressione sui luoghi più remoti che abbiamo visitato.
Abbiamo programmi separati per la cena perciò a malincuore ci salutiamo dandoci appuntamento a una prossima occasione.
L’ultima cena londinese la consumiamo in uno dei tanti ristoranti della catena “Aberdeen Angus Steak House”. Se non si fosse capito siamo dei carnivori di primordine e il succulento filetto alto tre dita con contorno di mashed potatoes viene divorato in un batter d’occhio.
A servirci una giovane e simpatica ragazza italiana che ci racconta di essere venuta a Londra un anno fa per fare un’esperienza e di essersi trovata molto bene. Le facciamo i complimenti e lasciamo volentieri una buona mancia di incoraggiamento.

Domenica 10 maggio
Ci svegliamo in quella che si preannuncia come la migliore, meteorologicamente parlando, tra le giornate del nostro soggiorno. C’è infatti un bel sole e noi… dobbiamo partire!!!
Scendiamo nella hall dell’hotel dove, come ci aspettavamo, c’è un’interminabile coda per il check-out. Per fortuna eravamo stati tanto lungimiranti da pagare la stanza all’arrivo, perciò ci limitiamo a lasciare le chiavi al bancone. In caso contrario avremmo rischiato di arrivare tardi in aeroporto.
La stazione di Aldgate East, così come le limitrofe, è ancora chiusa perciò dobbiamo cambiare tre linee per arrivare a Victoria. Veloce colazione, treno della Southern Railway per Gatwick, ultimi acquisti al dutyfree per finire le sterline avanzate e via verso Milano con una grande nostalgia.

London will call again!

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