Viento de Patagonia - 2. La "fin del mundo"

Ho ancora vivo, a dieci anni di distanza dal mio viaggio in Australia, il ricordo di uno dei soggetti più presenti nella miriade di gadgets in vendita in quel Paese. Parlo del motivo del mondo "down-under", raffigurato in cartoline, poster, magliette, adesivi, spillette, magneti, stemmi, calendari, cappellini e chi più ne ha più ne metta: un planisfero capovolto, cioè con il nord al posto del sud e viceversa, l'Antartide in alto e il Polo nord in basso.
In effetti la tradizionale visione del mondo è - per così dire - "eurocentrica", visto che la scoperta delle Americhe e dell'Oceania è avvenuta in tempi da considerare, nell'arco della storia dell'umanità, recentissimi.
Sarebbe l'opposto se la (cosiddetta) culla della civiltà fosse stata l'Oceania anziché l'Europa? Il planisfero sottosopra non sarebbe allora la normalità, anziché un soggetto per il merchandising?
Analoga considerazione - ed entriamo finalmente nell'ambito di questo resoconto - può essere fatta per la Terra del Fuoco e per il suo capoluogo Ushuaia, da cui il nostro viaggio prende le mosse. Aggirandosi in città, "fin del mundo" è il motivo ricorrente ovunque: ma perché no "inicio del mundo"? Osservazione pertinente: tutto sta a vedere qual è il punto di partenza.
Tanto è vero, per giunta, che proprio dalla fine del mondo ha inizio il nostro itinerario, tutto volto a risalire l'Argentina da sud a nord.
Come già detto nella prima parte, questo diario, scritto a quattro mani con l'amico Enzo, è strutturato in forma differente dai tanti miei già presenti su Ci Sono Stato: tutte le notizie pratiche sono concentrate nella parte che abbiamo titolato "Le istruzioni per l'uso", fornendo così a chi progetti un viaggio analogo l'intera logistica, dedicando poi a ciascuna area visitata una relazione particolareggiata con ricco corredo fotografico.
Partiamo allora, con le giornate trascorse a Ushuaia e dintorni.Da martedì 13 a venerdì 16 gennaio 2009
Dopo tre ore dal decollo da Buenos Aires, mentre il velivolo di Aerolineas Argentinas comincia a perdere quota, cominciamo ad aguzzare lo sguardo attraverso gli oblò, golosi delle prime immagini della "ciudad mas austral del mundo". Possiamo farlo con un certo agio, vista la comodità delle poltrone della business class che ci hanno inopinatamente assegnato, ma solo a squarci riusciamo a scorgere in mezzo alla nuvolaglia una catena montuosa innevata, una valletta solcata da un fiume, uno specchio d'acqua che ben non si capisce se sia un lago o già un tratto di mare aperto.
Sono le 8,30 quando i nostri piedi si posano sul suolo patagonico. Ci è toccata una levataccia ma ne è valsa la pena: abbiamo davanti l'intera giornata, per di più sufficientemente riposati, visto che il conforto della business ci ha conciliato il sonno per buona parte del volo.
Scopriamo anche di avere guadagnato un'ora rispetto a Buenos Aires: siamo infatti a –4 dall'Italia contro i –3 della capitale.
Ritiro dei bagagli, breve controllo di quelli a mano per riscontrare l'eventuale presenza di generi di origine vegetale o animale (l'introduzione ne è vietata), ed eccoci sul taxi che ci condurrà alla struttura ricettiva da tempo prenotata via internet. Apprezziamo subito una delle costanti di questo viaggio, cioè che per gli spostamenti negli ambiti cittadini i tassisti sono dovunque correttissimi: attivano subito il tassametro e a termine corsa è frequente che i centesimi di peso (vista la cronica penuria di spiccioli) vengano arrotondati per difetto. Ricordo che il cambio è di circa 4,50 pesos per un euro.
Il Complejo Turístico Cabañas Aldea Nevada non tradisce le attese e tutto è esattamente come illustrato nel sito internet: la cosa non è sempre scontata, quindi il compiacimento è ancora maggiore. Situato un paio di chilometri fuori dall'abitato in posizione dominante su un tornante della Calle Luis Fernando Martial, è composto di 10 confortevoli unità abitative immerse in un rigoglioso bosco di lengas, albero endemico della Patagonia che fornisce anche l'ottimo legname con cui le cabañas sono edificate; ciascuna può ospitare da 4 a 6 persone ed è identificata da un nome di animale o pianta locale. La nostra è la n. 3 "Zorzal" (un uccello della famiglia dei tordi), il cui interno è dotato di un ingresso/soggiorno/cucina con divano letto, una camera matrimoniale e bagno completo; il riscaldamento (necessario anche se siamo nella stagione estiva) è affidato a una grossa stufa in ghisa alimentata a gas, che è una grande risorsa energetica sia dell'Argentina che del Cile.
Posati i bagagli, alle 10 siamo già in giro per Ushuaia, 54°48'57" di latitudine sud.
La città, fino a qualche decennio fa un agglomerato di baracche e gradualmente espansa con l'avvento del turismo, non può essere definita bella in termini oggettivi. E' però resa affascinante dalla posizione scenografica, con le montagne innevate da una parte e le acque del canale di Beagle disseminate di isolette dall'altra; e poi la vivacità delle sue strade a saliscendi con le case coloratissime, il simpatico caos di visitatori da tutto il mondo, l'atmosfera cosmopolita e infine la suggestione del "punto estremo" che la associa ad altri già toccati come Capo Nord, Cabo da Roca in Portogallo, Tofino in Canada, la rendono meritevole di un soggiorno di due o tre giorni.
Senza contare che è il punto di partenza per magnifici itinerari sia terrestri che acquatici.
Proprio questa è l'incombenza che vogliamo definire per prima. Sul molo turistico sono ubicati i chioschi di una decina di operatori in gara per accaparrarsi clienti non appena si posa l'occhio sulle rispettive offerte. Come accade in tutto il mondo, ciascuna agenzia decanta il proprio tour come il migliore, quello che usa la barca migliore, quello dal rapporto prezzo-servizio migliore: in realtà i programmi sono tutti simili, ciò che cambia è la dimensione dell'imbarcazione e l'isola sulla quale si sbarca per effettuare l'escursione.
Quella che "a pelle" ci ispira più fiducia è "Tres Marias": dopo un breve sondaggio, un po' per la simpatia di Maria (una delle tre), un po' per la spassosa scritta "Ushuaia Culo del Mundo" che spicca sul chiosco azzurro, un po' perché vorremmo evitare i grossi catamarani privilegiando una dimensione più intima, la scegliamo senz'altro.
La loro flotta consiste in un piccolo cabinato ("Tres Marias" appunto) e nell'If, un veliero da 14 metri: entrambi accolgono piccoli gruppi non superiori alle 10 persone, il che rende l'esperienza più mirata e meno dispersiva.
Vista l'instabilità perenne delle condizioni meteo da queste parti, ogni guida di viaggio suggerisce di cogliere l'occasione non appena la giornata volga al bello: essendo in corso una schiarita sempre più ampia, facciamo tesoro del consiglio e fissiamo subito per la partenza delle 14,30 di oggi stesso: quattro ore di navigazione intervallate dalla visita guidata di un'ora su un'isola ci costa il corrispettivo di 40 euro a testa.
Non ci sembra il caso di rientrare all'Aldea Nevada e poi ridiscendere in città, cosicché occupiamo l'attesa girando un po' per le strade a scacchiera del centro finchè viene l'ora giusta di consumare uno spuntino. Lo facciamo da "Tante Sara" sulla Avenida San Martìn (che è la principale arteria commerciale della città), un accogliente locale che ricorda negli arredi e nelle atmosfere i bistrò parigini: una scelta indovinata, vista l'abbondanza e l'assortimento delle insalate e lo squisito vino di Mendoza con cui le annaffiamo per un totale di 34 euro. Voto 7.
Quello degli ottimi vini argentini, sia rossi che bianchi, rimarrà uno dei ricordi più struggenti del viaggio.
Si fa così l'ora della crociera, per la quale siamo stati destinati al veliero, che parte comunque quasi in simultanea con la "Tres Marias". Mettiamoci subito l'animo in pace, sia su quell'imbarcazione che sulla nostra ci si bagna da capo a piedi per le onde e per gli spruzzi portati dal vento (cominciate a capire perché abbiamo titolato questo diario "Viento de Patagonia"?); veniamo peraltro dotati di mantella e soprapantaloni cerati, e la permanenza sulla tolda si alterna comunque a puntate nel vano sottocoperta, dove sono disponibili dolcini e bevande calde.
Le condizioni meteo sono "normalmente" variabili, in un'alternanza di sole e addensamenti nuvolosi, il che aggiunge suggestione alla grandiosità dello scenario circostante. Un valore aggiunto è dato dal fatto che il nostromo, non appena il vento ha la forza giusta, mette il motore al minimo e issa la vela: il piacere autentico dell'andare per mare!
Quella su cui sbarchiamo è la cosiddetta "isla H", l'isola più meridionale d'Argentina, di cui a "Tres Marias" è affidata in esclusiva la custodia ambientale. Per ridurre l'impatto al minimo indispensabile, non esiste un molo di attracco: la barca accosta a una scarpata rocciosa attrezzata con alcuni pneumatici, tratti di corda e catene che aiutano a risalire un pendio di una decina di metri, comunque ben gradinato.
La visita guidata di circa un'ora e un quarto è molto istruttiva per la presenza di diversi endemismi vegetali e animali (soprattutto uccelli acquatici). Raggiungiamo la sommità dell'isolotto sferzata dal vento per discendere brevemente lungo un anfratto popolato di cormorani in nidificazione nell'esatto momento in cui comincia a piovere, ma nonostante le gocce arrivino come schioppettate, la nostra guida non fa una piega mentre noi mettiamo in atto tutte le coperture possibili: evidentemente conosce bene come funziona qui il meteo (vedi più avanti "Curiosità"), visto che l'acquazzone termina dopo pochi minuti e quando risaliamo sul veliero si fa largo una schiarita.
Sulla rotta di ritorno verso Ushuaia rasentiamo altre isole, sostando alcuni minuti davanti a un isolotto affollato da una colonia di chiassosi (e… olezzanti) leoni marini, comprendente femmine, cuccioli ed enormi maschi in incessante competizione.
Sono circa le 18,30 quando sbarchiamo. Fermiamo il primo taxi (sempre convenienti, come accennato) e rientriamo alla nostra cabaña, dove una bella doccia calda è quanto mai gradita dopo quelle fredde somministrateci nel Canale di Beagle!
Per la cena ci orientiamo sulla "Cantina Fueguina de Freddy", San Martìn 326, vero e proprio "tempio" della centolla, il granchio gigante dei mari patagonici. Come già tanti viaggiatori che ci hanno preceduto, non restiamo delusi da qualità e quantità: per tre abbondanti porzioni di centolla con frutti di mare, dessert e una bottiglia di squisito Sauvignon spendiamo un'ottantina di euro. Immancabile la foto della vasca all'ingresso nella quale fluttuano pigramente gli enormi crostacei ancora ignari della loro imminente sorte. Voto 9.
Un altro ristorante sperimentato è "La Estancia", San Martin 253: si può mangiare alla carta o con la formula "Tenedor libre" (testualmente "forchetta libera", vale a dire a buffet). Optiamo per la seconda, visto il buon assortimento che comprende anche un apprezzabile riso ai frutti mare, spendendo in totale 60 euro comprensivi della solita bottiglia di vino. Voto 7–.

L'altra escursione "classica" da Ushuaia è quella del Parque Nacional Tierra del Fuego; o meglio, una delle tante fra quelle possibili nell'ambito di questa estesa area protetta combinando a piacimento la rete di sentieri segnalati.
Per accedervi, si può utilizzare un taxi per farsi portare al varco d'ingresso (12 km. dalla città) concordando l'ora per il ritorno, oppure indirizzarsi a uno dei tanti pullmini turistici da 10-12 posti che partono a cadenza di 30 o 60 minuti (ma anche non appena sono pieni) dalla piazza nei pressi dell'ufficio turistico. Optiamo per questa seconda soluzione, al prezzo di 10 euro pro capite: partiti da Ushuaia alle 9 in direzione ovest lungo una sterrata ed entrati nel Parco (12 euro a testa), il veicolo effettua una serie di fermate all'inizio delle varie escursioni a piedi per poi ripeterle a ritroso a partire dalle 14.
Un'ulteriore opzione consiste nell'usare per una parte del percorso il "Tren de la fin del mondo", che ricalca una sezione della linea costruita all'inizio del 900 per trasportare il legname tagliato dai forzati della prigione di Ushuaia: è un tratto di 4 km che corre nel bosco a breve distanza dalla sterrata che però evitiamo, un po' perché le poche corse giornaliere non si incastrano con i nostri programmi, e un po' perché ci dicono che lungo il tragitto si è immersi fra gli alberi e non si vede altro.
Noi scegliamo l'itinerario in partenza da Bahia Lapataia, dove spicca un fotografatissimo cartello che segnala "Aquì finaliza la Ruta Nacional n.3 - Buenos Aires km.3079 - Alaska km.17848". Effettuata una breve deviazione per il mirador (belvedere) sulla baia, il sentiero lascia a sinistra il bivio per la Castorera e dopo avere guadagnato una cinquantina di metri di quota prosegue in un florido bosco di piante endemiche come la lenga, il ñire, il coihue e un curioso lichene detto barba de viejo; fra i rami, è facile scorgere falchetti e picchi, mentre a quote più alte non è raro il condor. Un ulteriore bivio porta a Laguna Negra, che si costeggia su una serie di passerelle, così chiamata per il colore scuro delle sue acque dovuto al fatto che si tratta di una torbiera. Scavalcato un isolotto tramite alcuni ponticelli, ci aspetta un tratto di circa un chilometro piuttosto monotono, visto che coincide con la sterrata percorsa dai veicoli autorizzati, con relativo sollevamento di polveroni.
L'ultimo tratto di un paio di km costeggia il Lago Roca, molto apprezzato dai birdwatchers per la varietà della fauna avicola. Lo scenario è piacevole, con i bei prati circostanti ai piedi delle inconfondibili piramidi del Cerro Guanaco e del Cerro Condor.
L'appuntamento con Giorgina, la simpatica autista del pullmino, è davanti alla Confiteria Lago Roca, un posto di ristoro - ormai a poche centinaia di metri dal confine con il Cile - reso accogliente dalla struttura totalmente in legno e circondato da piazzole per campeggio, ciascuna attrezzata di barbecue. Lo raggiungiamo alle 13,15 e approfittiamo per sederci e consumare uno spuntino.
Bella passeggiata, rilassante, in mezzo a una natura rigogliosa, ma pensando a descrizioni entusiastiche lette in Rete ci aspettavamo francamente un po' di più. Nulla di fortemente caratterizzante, di posti simili ce ne sono in tutto il mondo.

Al di là delle attrattive ambientali, ad Ushuaia comunque non ci si annoia. Le strade sono sempre animate, numerose le opportunità di shopping e i locali caratteristici dove bere qualcosa, non mancano particolari curiosi come belle insegne, cassette della posta variopinte, murales con scene della storia della città, giardini ben curati, l'immancabile busto di Evita Peron.
Decisamente meritevole di una visita non affrettata (ingresso 10 euro, all'estremità orientale del centro cittadino, incrocio Gobernador Paz / Yaganes) è il complesso del Museo Maritimo y Presidio de Ushuaia, che utilizza gli edifici della vecchia prigione. A partire dal 1896 furono inviati qui (la città consisteva in non più di 40 baracche in legno e lamiera) contingenti di galeotti allo scopo di colonizzare la zona: fra il 1902 e il 1920 la prigione fu costruita dai carcerati stessi, che poi furono impiegati per lavori di utilità sociale quali la costruzione di strade, ponti, edifici, linee elettriche, sfruttamento dei boschi, la già citata linea ferroviaria. Il carcere fu dismesso definitivamente nel 1947.
Oggi si visita il Museo Navale, che espone modelli di navi e rappresentazioni della scoperta e colonizzazione della regione, ma soprattutto i locali dell'ex carcere lasciati tali e quali: le celle dotate solo di un letto, un tavolino e una sedia, gli uffici, i locali delle guardie, l'infermeria, l'officina, le latrine, ecc., il tutto con manichini in grandezza naturale. Molto ricche e istruttive sono la documentazione fotografica e l'esposizione di oggetti di uso quotidiano, ma anche di arnesi truculenti quali le manette, i ferri per le caviglie, i ganci utilizzati per ripescare i cadaveri degli evasi che annegavano nelle gelide acque del canale di Beagle.
Viene spontanea un'ironica considerazione: cent'anni fa i delinquenti venivano inviati per punizione nel "culo del mondo", oggi noi turisti per venire nel "culo del mondo" paghiamo fiori di quattrini!
Proprio di fronte al molo turistico, in Avenida Maipù 177, si trova il Museo del Fin del Mundo, edificio costruito anch'esso dai carcerati e dal 1911 al 1978 sede del Banco de la Naciòn. Vi sono esposti reperti archeologici della zona, esemplari di flora e fauna della Tierra del Fuego, documenti della storia locale, oltre a una sezione dedicata all'Antartide.
A breve distanza dal molo, può meritare una passeggiata lungo il "Paseo de los artesanos", una sfilata di chioschi con oggetti di artigianato: una buona idea per l'acquisto di souvenirs, anche se non c'è da aspettarsi affari e i pochi oggetti di pregio hanno prezzi "adeguati".

Arriva infine (troppo presto, come sempre) il momento di lasciare questo lembo estremo del continente americano. La mattina del 16 gennaio ce la prendiamo comoda nel conforto della nostra cabaña, fino all'ora di chiamare il taxi per l'aeroporto.
Il volo di Aerolineas Argentinas parte in orario alle 12.08. Giusto il tempo di un'ultima occhiata dai finestrini alla Tierra del Fuego e dopo poco più di un'ora atterreremo a El Calafate: un'altra faccia di questa magica terra d'Argentina che sarà il soggetto della terza parte del diario di viaggio.** Il nome Ushuaia è di origine yahgan (una delle popolazioni indie native) e significa "baia che penetra a ovest".

** Dagli studi effettuati da quando il fenomeno si è palesato, la Terra del Fuoco risulta una delle zone del pianeta in cui sono più forti gli effetti del buco dell'ozono, con conseguenti squilibri climatici. Uno dei più evidenti è la consistenza delle piogge (quasi ogni giorno c'è da aspettarsi una spruzzatina): Valeria, la receptionist dell'Aldea Nevada, ci ha spiegato che fino a qualche decennio fa le precipitazioni, per quanto frequenti, erano fatte di gocce fitte ma minuscole alle quali gli abitanti si erano adeguati senza ricorrere all'ombrello; oggi gli scrosci sono più brevi e potenti, ma persiste l'abitudine di non fare uso di coperture, tanto è vero che l'ombrello è segno distintivo dei turisti che lo aprono già alle prime gocce!

** Poco oltre il molo turistico in direzione ovest, spicca una curiosa struttura cubica alta un paio di metri affiancata da una piramide: si tratta della "Capsula del Tiempo", costruita nel 1992 per custodire una cassetta in acciaio contenente sei videodischi con trasmissioni televisive e messaggi di centinaia di argentini. Creata per durare 500 anni, fu ideata come testimonianza della vita e del pensiero della nostra epoca, da aprire non prima del 2 ottobre 2492.

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