New York, what else?

Nove giorni nella City da visitare almeno una volta nella vita

Questo viaggio mi piace definirlo un ‘regalo boomerang’ in quanto rappresenta il regalo per i 40 anni di mio marito, di cui inevitabilmente ‘devo’ beneficiare anch’io.
Posso anche definirne l’organizzazione una vera e propria gestazione, dal momento che tra la prenotazione di voli e hotel e la partenza sono trascorsi quasi nove mesi, dedicati a leggere meticolosamente Forum, Diari di Viaggio e recensioni di attrazioni e ristoranti, a stendere itinerari day-by-day, ad espletare le pratiche di immigrazione (ESTA), acquistare l’assicurazione sanitaria (con Columbus) e il City Pass ed effettuare le prenotazioni delle visite principali.
Approfitto per ringraziare tutti coloro che attraverso i forum e con i loro diari mi hanno permesso di stendere un programma adeguato a chi si reca per la prima volta nella Grande Mela e ha 8 giorni pieni a disposizione.

A beneficio dei neofiti di New York una breve introduzione geografico-urbanistica che, chi già conosce la City può tranquillamente evitare di leggere.
La ‘grande’ New York è suddivisa in 5 distretti denominati boroughs: Manhattan, Bronx, Brooklyn, Queens e Staten Island.
Chi va a New York per la prima volta tende generalmente a identificarla con la sola Manhattan che ne rappresenta il centro culturale, amministrativo e finanziario oltre che la zona più densamente popolata della città e caratterizzata da edifici a grande sviluppo verticale.
Manhattan è un’isola, delimitata a nord dal fiume Harlem, ad ovest dal fiume Hudson, a est dall’East River e a sud dalla Upper bay, dove l’east River confluisce nell’Hudson. E’ suddivisa in numerosi quartieri; i principali, da nord a sud, sono Marble Hill, Inwood, Washington Heights, Harlem, Upper West Side, Upper East Side, Roosevelt Island, Midtown (West e East), Chelsea, Gramercy, Greenwich Village, East Village, SoHo, Little Italy, TriBeCa, Chinatown, Lower East Side e Financial District. Il quartiere di Harlem è abitato prevalentemente da afro-americani e con una distintiva impronta culturale e artistica; per anni conosciuto come il quartiere più pericoloso di Manhattan, a partire dalla metà degli anni novanta ha iniziato a cambiare faccia, grazie soprattutto alla volontà dei suoi abitanti, decisi a cambiare la situazione in meglio.
Midtown, Tribeca, Financial District e Lower East Side sono i quartieri caratterizzati dalla maggiore concentrazione di grattacieli (skyscrapers).
Il Bronx è il borough più settentrionale di New York e l’unico su terra ferma ed è abitato prevalentemente da latino-americani e afro-americani. Nel bronx si trova lo stadio dei New York Yankees, la squadra più titolata della Major League Baseball.
Brooklyn era in origine una città indipendente e fu annessa alla città di New York nel 1898, epoca in cui fu anche oggetto di attiva immigrazione italiana (da cui il termine “broccolino” con cui il suo nome venne italianizzato). A Brooklyn è situato lo Stadio dei New York Nets, l’altra squadra di pallacanestro della città che milita nel massimo campionato professionistico statunitense.
Il Queens è ubicato nella parte occidentale, affacciata su Manhattan, dell’isola di Long Island. Nel Queens si trovano i due aeroporti principali di New York, il JFK e il La Guardia, oltre alla sede della squadra di baseball New York Mets, e il Flushing Meadows Park dove si svolge il torneo di tennis US Open.
Staten Island è un’isola residenziale, collegata alla punta di Manhattan dallo Staten Island Ferry (gratuito) ed è popolata per oltre il 40% da abitanti di origine italiana.

Itinerario
Giovedì 2 maggio
Sono le 13,30 ora di New York quando il volo British Airways 1583 operato da American Airlines atterra al JFK dopo un viaggio tranquillo allietato dalla proiezione di due film (‘Life of Pi’ e ‘In Time’) e da pasti oltremodo scadenti.
In poco più di mezz’ora ritiriamo il bagaglio ed espletiamo le formalità doganali (fortunatamente non c’erano voli immediatamente prima del nostro), con le mie impronte digitali prese quattro volte per via di una interruzione del software, per poi dirigerci alla stazione dell’Airtrain, che altrettanto velocemente, in una decina di minuti, ci conduce a Jamaica Station.
Per uscire dall’area dell’Airtrain è necessario pagare 5 USD, più 2,50 USD per raggiungere Manhattan con la linea E della metropolitana, pertanto acquistiamo 2 Metro Card pay-per-ride ricaricabili dalle macchinette automatiche situate immediatamente prima dei tornelli di uscita, accreditando su ciascuna 20 USD, più che sufficienti al viaggio di andata e ritorno per/da Manhattan.
Per la permanenza a New York acquisteremo due Metro Card unlimited per 7 giorni, al costo di 30 USD ciascuna. L’acquisto delle Metrocard effettuato alle macchinette o agli sportelli della metropolitana comporta l’addebito di 1 USD ciascuna.
La linea E ci permette di raggiungere l’incrocio tra la 53th Street e la 5th Avenue, a due isolati dall’Hotel “The Jewel facing Rockefeller Center” che, come indica il nome, si trova sulla 51st St proprio accanto al Rockefeller Center.
Sbrigato rapidamente il check-in prendiamo possesso della stanza assegnataci che si trova al 15° piano, l’ultimo dell’hotel e che, grazie a due ampie vetrate ad angolo, gode di una vista parziale su Rockefeller Plaza e sul Radio City Music Hall.
Il tempo di sistemarci e darci una rinfrescata e alle 16,30 siamo pronti per il nostro primo assaggio della Grande Mela.
Rimaniamo nel quartiere, rimandando ai prossimi giorni il denso programma che ho accuratamente preparato in 8 mesi di consultazione del web.
Dopo aver ammirato il grande drago e la riproduzione del Rockefeller building, entrambi realizzati in mattoncini Lego nel negozio omonimo ci dirigiamo sulla 5th Avenue, che percorriamo in direzione sud rispetto alla 51esima effettuando i primi acquisti al NBA Store e curiosando da Build a Bear dove è possibile creare orsacchiotti personalizzati; deviamo quindi a ovest sulla 44th ed entriamo da Toys’r’ us, paradiso per la componente infantile ancora presente dentro ognuno di noi.
Senza rendercene conto abbiamo raggiunto Times Square, che con la luce del pomeriggio non si è ancora trasformata nel tripudio di luci, suoni e immagini che ben conosciamo per averla vista infinite volte nei film e nelle fiction ambientati a NY.
Ciò che ci colpisce è però la quantità di persone che affollano questa zona che più che una piazza è in realtà uno slargo generato dall’incrocio di due strade, la Broadway e la 7th Av., che si intersecano a basso angolo per un ampio tratto che interessa ben 5 strade, dalla 42th West alla 47th West.
Incrociamo il noto Naked Cowboy con l’immancabile chitarra: mi chiedo se anche con le rigide temperature invernali continui con le sue performance nudiste e canore. Le recenti cronache hanno pubblicizzato il suo matrimonio, ovviamente con la Naked Cowgirl!
A causa del fuso orario il nostro stomaco avverte i primi morsi della fame. Sono solo le 18,30 ora locale ma abbiamo già capito che a NY si mangia a qualsiasi ora del giorno e della notte perciò ci accomodiamo da Virgil’s Real Barbeque sulla 44th.
Dividiamo un abbondante piatto di carne alla griglia con salse e mashed potatoes innaffiato da due ottime birre Brooklyn, al costo di 47€ in due, mancia inclusa.
Ultimo giro in una Times Square nella sua inebriante versione notturna finchè il jet leg ci da il colpo di grazia e torniamo in hotel, non senza aver prima ammirato le luci simil-natalizie che decorano gli alberi di Rockefeller Plaza.

Venerdì 3 maggio
A causa del fuso orario ancora italiano alle 4 di mattina siamo svegli. L’eccitazione per il nostro primo giorno a New York fa il resto e non se ne parla di riprendere sonno.
Come se non bastasse un ronzio quasi costante di difficile identificazione arriva dall’esterno e mi viene da pensare che, essendo la nostra stanza all’ultimo piano, possa trattarsi delle unità esterne dell’aria condizionata eventualmente posizionate sul tetto, ma non ne avremo mai certezza.
In ogni caso la posizione della stanza, ottimale in termini di vista, si paga in termini di quiete. Alle 4 di mattina un solerte omino sta lavando la strada con un potente idrante alimentato da un rumorosissimo compressore… speriamo non sia così tutte le notti!
Alle 8 non stiamo più nella pelle e siamo pronti per uscire: missione colazione.
Ovviamente mi sono preparata e ho visto che all’incrocio tra la 6th Avenue e la 50th St. c’è un locale della catena Le Pain Quotidien (ce ne sono decine sparsi per tutta Manhattan).
Il locale è ampio e accogliente, arredato in stile rustico europeo, con tavolini in legno e con un lungo tavolo appositamente studiato (e presente in tutti i locali della catena) per facilitare la convivialità e la condivisione. Ordiniamo un ‘Basket’ costituito da un assortimento di tre tipi di pane (con immancabile panetto di burro a corredo), una scelta tra croissant o pain a chocolat (molto newyorkese vero?!), un succo d’arancia e una scelta tra caffè (ovviamente brodaglia), the o cappuccino.
Al tutto viene affiancato un cestello di acciaio che si sorregge due vasetti di marmellata (generalmente albicocca, fichi o frutti rossi) e uno di crema di cioccolato (fondente o alla nocciola) di loro produzione (sono anche disponibili per la vendita).
Insomma, una colazione continentale in piena regola che ci condurrà senza problemi fino al pranzo.
Il cielo è blu e senza una nuvola perciò ci dirigiamo senza indugio verso Brooklyn, perché non c’è miglior biglietto da visita di NY che una veduta mozzafiato dello skyline di Manhattan dalla Brooklyn Promenade in una limpida giornata di sole che, trovandosi alle spalle dell’osservatore, rende la luce del mattino perfetta per scattare foto spettacolari.
Con la linea 2 della metro arriviamo alla fermata di Clark Street; camminiamo per pochi isolati tra le brown-stone di Clark street, le tipiche case in mattoni e raggiungiamo la Brooklyn Promenade. La vista che ci si apre davanti ci lascia letteralmente senza fiato. I grattacieli del Financial District, dominati dal WTC1, la nuova torre del World Trade Center che è in fase di ultimazione dal punto di vista strutturale, si stagliano contro un cielo blu punteggiato solo da qualche elicottero che trasposta turisti in cerca di emozioni.
Resto affascinata dal profilo inconfondibile del New York by Gehry (originariamente ‘Beekman Tower’), la cui superficie ricorda un tessuto drappeggiato. L’edificio, situato al n° 8 di Spruce St, in prossimità della terminazione nord del ponte di Brooklyn e accanto alla sede della Pace University, è stato progettato dall’architetto Frank Gehry e completato nel 2010 dopo 4 anni di lavori.
Lungo la promenade ci sono decine di panchine su cui rilassarsi ammirando il panorama. In un punto ben preciso un cartello mostra un’immagine in toni seppiati dello skyline con le torri gemelle: il confronto con quanto si vede oggi è immediato e straziante.
Percorriamo la promenade in direzione nord scattando decine di foto e ci prepariamo alla traversata del ponte, a cui accediamo attraverso un passaggio pedonale all’altezza di High Street.
Sul ponte la divisione tra la corsia pedonale e quella destinata alle biciclette è definito da una linea che non va superata, se non si vuole essere investiti da ciclisti che, a quanto pare, non sono in cerca di una rilassante pedalata ma vanno di fretta. Solo i runners si azzardano di tanto in tanto a superarla per evitare il passo lento e contemplativo dei turisti che, ad ogni passo, trovano scorci imperdibili o soggetti curiosi da fotografare, come gli omini addetti alla manutenzione che, in barba alle vertigini, percorrono i tiranti del ponte fino alla sommità di uno dei due contrafforti del ponte dove sventola, immancabile, la bandiera americana. Una targa affissa dall’allora sindaco Robert F. Wagner e dai presidenti dei due borough di Manhattan e Brooklyn ricorda la ricostruzione del ponte ultimata nel 1954.
Il ponte si percorre tranquillamente in circa 20 minuti a cui va aggiunto il tempo dedicato alle fotografie.
All’altezza del City Hall Park mettiamo nuovamente piede a Manhattan e… ce lo lasciamo!
Al semaforo una traditrice discesa ricavata nel marciapiedi per agevolare l’attraversamento alle sedie a rotelle mi regala una brutta distorsione alla caviglia sinistra, accompagnata da un sinistro ‘crack’. Il dolore mi toglie il respiro per qualche secondo e mio marito mi sostiene fino ad un muretto dall’altra parte della strada dove mi accascio in preda allo sconforto: la mia vacanza sembra finita prima di cominciare.
Non è la prima volta che mi accade e mi rendo subito conto che fortunatamente non c’è nulla di rotto. La caviglia non si è gonfiata all’istante e riesco ad appoggiare il piede. Certo… macinare i chilometri previsti non sembra una prospettiva facilmente realizzabile.
Come se non bastasse di lì a due ore abbiamo la prenotazione della visita alla Federal Reserve e subito dopo quella al Memoriale di Ground Zero.
Mio marito si procura un bicchierone di ghiaccio da un chiosco che vende waffles e applico immediatamente la terapia d’urto del freddo. Dopo una ventina di minuti sono in grado di rimettermi in piedi e zoppicando mi avvio alla fermata della metro, che fortunatamente è lì accanto. Rientriamo in albergo per riapplicare il ghiaccio e decidere il da farsi, anche se il tempo stringe. La caviglia fa male ma non è particolarmente gonfia. Riesco, seppur zoppicando, ad appoggiare il peso del corpo. Decido perciò di rischiare e dopo una mezz’ora siamo nuovamente in metropolitana alla volta di Maiden Lane, dopo un rapido lunch a base di quesadillas con pollo e formaggio al Koyzina Kafè (62 William St).
La visita alla Federal Reserve (rigorosamente su prenotazione, da effettuarsi a partire da due mesi prima) consiste in una breve introduzione a cura di una guida che illustra la struttura e il ruolo di questa istituzione che, ci tiene a precisare, è un’entità governativa indipendente costitita nel 1913, il cui scopo primario è assicurare la stabilità finanziaria, occupazionale e del sistema bancario della nazione attraverso azioni di politica monetaria. La FED rappresenta inoltre una banca per le banche e non per gli investitori privati e custodisce le riserve in oro oltre che del governo degli Stati Uniti anche delle banche centrali straniere e di agenzie internazionali.
Alla fine dei conti questa introduzione si rivelerà la parte più interessante dell’intera visita in quanto la discesa al caveau si riduce alla visione della spessa porta in ferro e di una piccola anticamera a quello che è il caveau vero e proprio (protetto da grate inaccessibili). Delle migliaia di lingotti che vengono mostrati in un video introduttivo se ne vedono poche decine in una sorta di vetrina presente nell’anticamera.
In meno di un’ora siamo fuori e ci dirigiamo, sempre zoppicando, verso il memoriale 9/11, per il quale abbiamo la visita prenotata alle 15,30.
Siamo in anticipo ma ci accodiamo comunque alla fila dedicata all’ingresso con prenotazione, fila decisamente più scorrevole rispetto a quella adiacente dedicata a coloro che devono acquistare il biglietto.
Le due file si uniscono però a formare un'unica coda per i controlli di sicurezza e qui i tempi si allungano decisamente. Impieghiamo circa un’ora per accedere all’area delle vasche realizzate sulle fondamenta delle torri.
A dispetto della bella giornata di sole e della piacevole brezza primaverile l’emozione prende il sopravvento. E’ impossibile rimanere impassibili davanti ai quasi 3000 nomi iscritti sulle placche in bronzo disposte lungo i bordi delle due vasche. Il rumore incessante dell’acqua delle fontane fa pensare al fragore che deve aver accompagnato il crollo dei due edifici e fa venire la pelle d’oca.
Qualcuno ha disposto accanto ai nomi rose ormai avvizzite dal sole che batte sulle lastre. Viene istintivo far scorrere le mani su quei nomi, quasi ad accarezzare chi non si è mai conosciuto ma avrebbe potuto essere chiunque di noi.
La nuova WTC 1, chiamata ufficiosamente Freedom Tower a rappresentare un grido di riscatto e rinascita da quell’orrore, svetta su di noi ormai quasi completata da un punto di vista strutturale. Si vedono gli operai, piccoli piccoli lassù in cima agli oltre 500 metri che stanno collocando gli ultimi vetri del rivestimento. Anche l’antenna, alta oltre 100 metri, è quasi completamente installata, l’ultima sezione verrà posizionata a giorni e precisamente il 10 maggio, portando l’edificio all’altezza totale di 1776 piedi (541 metri), numero non casuale in quanto rappresenta l'anno della dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti.
Sul lato est del sito è quasi completata anche la WTC 4 che ha raggiunto l’altezza di 290 metri. Accanto alle vasche è stato realizzato un edificio destinato ad ospitare il National September 11 Museum che si sviluppa in sotterranea e in cui verranno collocati reperti recuperati da Ground Zero subito dopo i crolli. Il museo non è ancora stato inaugurato ma avvicinando il viso ai vetri della costruzione si riescono a intravedere due dei tridenti originali che formavano la struttura basale delle Torri Gemelle.
Qui, a detta dei più, dovrebbe trovare posto anche la Sfera di Koenig, una scultura in metallo che occupava il centro della fontana ai piedi delle Torri Gemelle e che ora, piuttosto ammaccata è posizionata a Battery Park.
A fatica, più per l’emozione che ha suscitato in noi che per le condizioni della mia caviglia, lasciamo questo luogo e ci dirigiamo verso la Cappella di Saint Paul che, nei giorni immediatamente successivi alla tragedia diventò luogo di rifugio e riposo per vigili del fuoco e soccorritori. Nonostante la vicinanza a Ground Zero non un vetro della cappella si ruppe a seguito del crollo delle torri anche se il piccolo cimitero alle sue spalle, che oggi contrasta fortemente con il gigantesco cantiere del WTC, fu invaso da detriti di ogni genere.
La caviglia si è gonfiata e inizia a darmi filo da torcere e mi rendo conto che non devo chiederle di più.
Fortunatamente dietro alla cappella si trova il capolinea della linea E della metropolitana che ci condurrà direttamente nei pressi dell’hotel. Acquisto una benda elastica e dopo il consueto impacco di ghiaccio avvolgo saldamente la caviglia e mi metto a letto col piede sollevato. La prospettiva di giocarmi la vacanza mi terrorizza perciò ho deciso che l’indomani resterò immobile e per questa sera saltiamo pure la cena. Mai decisione fu più saggia dal momento che nella notte avvertirò dolore e di appoggiare il piede a terra non se ne parla.

Sabato 4 maggio
Nulla da segnalare. La giornata trascorre per me nella lettura di un libro mentre mio marito, complice la splendida giornata di sole, si regala una corsa in Central Park in mattinata e un giretto nei dintorni nel pomeriggio, per il resto occupandosi della dolce metà a cui non ha fatto mancare né una deliziosa colazione a base di Cinnamon’s Roll e Brownie acquistati da Starbucks, né un pranzo a base di sandwiches di Pret a Manger. Anche la cena viene consumata in albergo, a base di hamburger e hot dog acquistati all’ottimo Bill’s Bar & Burger situato proprio di fronte all’hotel.

Domenica 5 maggio
La caviglia è sempre gonfia ma riesco a camminare senza dolore perciò, con la prospettiva di raggiungere Harlem in metropolitana e assistere ad una funzione con canti Gospel comodamente seduta decido di rischiare.
Colazione da Starbucks con l’immancabile cinnamon roll e cappuccino e via verso la Salem United Methodist Church che si trova sulla 129th St, non lontano dal celebre Apollo Theater, noto per aver lanciato artisti come Ella Fitzgerald, James Brown, Michael Jackson e The Jackson 5, Sarah Vaughan e molti altri.
A differenza della più gettonata Abyssinian Baptist Church dove si rischiano ore di coda sotto il sole qui entriamo tranquillamente una mezz’ora prima della funzione delle 11. Siamo tra i primi a prendere posto nella galleria a semicerchio destinata ai turisti perciò ci accomodiamo in posizione centrale.
In chiesa non c’è ancora nessuno, né gli officianti né il coro né tantomeno i fedeli. Copie della Sacra bibbia e del libro degli Inni son distribuite sui sedili a ribalta. Dopo circa 15 minuti tre cantori un po’ improvvisati si presentano davanti all’altare per intrattenerci nell’attesa dell’inizio della funzione. Un plauso alla buona volontà ma l’intonazione non è il loro forte e ci auguriamo in qualcosa di meglio dal coro ufficiale che in quel momento sta provando i canti nel retro e promette bene.
Alla spicciolata iniziano ad arrivare i fedeli. Si tratta soprattutto di anziane signore in abiti dai colori sgargianti con immancabile cappello in tinta e uomini in abito scuro più qualche famigliola con bambini al di sotto dei 10 anni. All’inizio della funzione i turisti superano di gran lunga i fedeli ma considerando l’elevata densità di chiese ad Harlem (minimo due per ogni isolato) è comprensibile che i fedeli non arrivino a riempirne la capienza.
A differenza di altre chiese qui è possibile fotografare (senza flash) e fare riprese, anche se abbiamo cercato di moderarci per rispetto al contesto.
L’esperienza è stata nel complesso emozionante anche se la predica di un’ora e mezza è stata un po’ pesante, nonostante l’officiante si sia sforzato di tenere desta l’attenzione procedendo in un crescendo continuo dal parlato al via via sempre più ritmato, per culminare in una sorta di canto.
Usciamo che si sono fatte le 13,30 e a malincuore, data la folla che si è radunata davanti al locale, rinunciamo al pranzo da Sylvia’s popolarissimo ristorante di Harlem.
La mia caviglia ha bisogno di ghiaccio e riposo perciò torniamo a Midtown e prima di rientrare in albergo mangiamo un’insalata al volo da Pret a Manger.
Un’ora di relax e, complice la vicinanza, decidiamo di salire sul Top of The Rocks. Alla biglietteria cambiamo i voucher ricevuti via mail con il carnet City Pass e, data la totale assenza di fila, saliamo subito al 67° piano e da qui al 70° dove c’è la terrazza con vista libera da vetri, solo un muretto a separarci da un panorama mozzafiato su Central Park.
Verso sud purtroppo la vista sull’Empire State Building non è delle migliori in quanto in questa stagione a quest’ora del giorno una parte del panorama è già parzialmente controluce e i contorni non sono nitidi. La Statua della Libertà si distingue a fatica, un puntino sfocato in lontanaza. Già sapevamo che dal TOR il Chrisler si vede solo parzialmente, essendo coperto dal Met Life building, ma ci rifaremo dall’Empire State Building, da cui lo ammireremo in nottuna.
Dal momento che le previsioni per la settimana entrante preannunciano qualche pioggia decidiamo di anticipare la Harbor Light Cruise di due ore al tramonto. Non ci sono stazioni della metropolitana nelle immediate vicinanze del Pier 83 perciò, per non sforzare inutilmente la caviglia optiamo per l’autobus della linea M50 che percorre, come si intuisce dal nome, la 50th St in direzione est. Le strade di Midtown sono tutte a senso unico, perciò per andare in direzione ovest dobbiamo utilizzare le fermate sulla 49th, tragitto di ritorno della linea.
Alle 18 il bus ci deposita proprio davanti al Pier 83 dove ci sono già una decina di persone in coda per l’imbarco che avverrà alle 18,30 con partenza alle 19. Il City Pass consente di ritirare il biglietto a uno sportello preferenziale ma poi la coda per l’imbarco è unica, perciò consigliamo di arrivare almeno un’ora prima della partenza per accaparrarsi i posti migliori sul ponte superiore esterno di poppa, che sono quelli (pochi, al massimo sette o otto) in fondo al centro.
In mancanza di questi ci posizioniamo sul lato sinistro, da dove, nella prima parte del viaggio, scatteremo splendide foto degli edifici inondati di luce dorata.
La crociera di due ore al tramonto è l’esperienza che ricordo con maggior piacere anche se abbiamo patito un gran freddo, nonostante la felpa e il giubbotto leggero, dato che le temperature della sera erano decisamente basse, complice il vento connesso al movimento della barca.
L’uragano Sandy dello scorso settembre ha reso impossibile l’attracco a Liberty Island ed Ellis Island perciò l’unico modo per vedere da vicino la Signora con la corona è questa crociera (il traghetto gratuito per Staten Island non passa altrettanto vicino e soprattutto non sosta). Sul percorso di ritorno infatti, dopo averci deliziato con le prime luci di lower Manhattan che fanno scintillare i grattacieli del Financial District la barca si è diretta verso Liberty Island e ha compiuto due giri intorno alla statua illuminata per offrirne la visuale da entrambi i lati dell’imbarcazione (si viene infatti ripetutamente richiamati se ci si alza dal proprio posto per spostarsi da un lato all’altro).
La Statua della Libertà illuminata è una delle immagini che resteranno più impresse nella mia memoria, insieme alla visita al Memoriale 9/11.
Alle 21, affamati e infreddoliti prendiamo il bus n°42 per Times Square che fa anch’esso capolinea al Pier 83.
Ceniamo da Bubba Gump con un’attesa di soli 10 minuti che occupiamo acquistando una maglietta per il nipotino nello shop del ristorante.
Ordiniamo due piatti piuttosto gettonati: il Shrimper’s Heaven e il “I’m Stuffed!” Shrimp. Il primo, un po’ pesantuccio in verità, è un trionfo di gamberi cotti in 5 modi diversi e serviti in 4 coni sospesi ad una struttura in metallo, accompagnati da patatine fritte e da tre diverse salse. Il secondo, decisamente più apprezzato, si compone di gamberoni stufati con burro all’aglio e polpette di granchio, il tutto servito con riso jasmine. Il conto per due piatti e due birre è di 69 USD, mancia inclusa.

Lunedì 6 maggio
Anche oggi New York ci regala una bella giornata seppure con qualche nuvola di passaggio.
Le previsioni meteo danno un peggioramento a partire da domani pomeriggio perciò per oggi niente musei.
La prima meta è il Greenwich Village, quartiere residenziale noto per le tipiche abitazioni tra cui le villette di massimo 5 piani con la scalinata di accesso in pietra limitata da un corrimano in ferro battuto, ed eventualmente le caratteristiche scale antincendio esterne.
Tra queste, al 64 di Perry Street, nostra prima immancabile tappa è la casa resa celebre dalla fiction e poi dai film della serie Sex and the City come abitazione di Carrie Bradshaw. La scalinata è protetta da una catena e da un cartello che invita a non oltrepassarla. Considerando che gli ignoti proprietari hanno sborsato oltre 9 milioni di dollari per acquistarla si può comprendere che non desiderino che decine di turisti ogni giorno stazionino davanti alla porta di casa loro per immortalarsi. In realtà il cartello non impone il divieto di fotografare ma invita a fare una donazione di 1 dollaro a foto a favore del canile della città.
Per la colazione abbiamo optato per un locale consigliato sul web e chiamato La Bombonniere. Dal nome ci saremmo aspettati un grazioso ambiente in stile europeo, magari provenzale, e invece al numero 28 della 8th Avenue ci ritroviamo in un piccolo diner che ricorda i film americani degli anni 80, con pochi tavolini in formica e i tipici sgabelli davanti al bancone.
Da non perdere a detta di molti i french toast (che non ordiniamo perché preferiamo andare più sul “leggero”) e, provati direttamente, i blueberry pancakes, effettivamente abbondanti e cotti alla perfezione. Accettano solo contante e mettete in conto di portarvi in giro per qualche ora la puzza di fritto, dal momento che dalla cucina situata dietro al bancone vengono cotti in continuazione anche hamburger, omelettes, bacon e quant’altro.
Un altro edificio del Village reso celebre dalla TV è la casa di Friends, situata all’angolo tra Bedford Street e Grove Street. La sit-com è in realtà girata negli studi della Warner Bros di Burbank e l’edificio in questione è stato utilizzato solo per le riprese esterne della casa dove abiterebbero Rachel e Monica e dove, al piano terreno, è situato il Central Perk, locale abituale di ritrovo dei sei amici.
Al numero 17 di Grove Street si può vedere una delle poche case interamente in legno ancora esistenti nel Village: costruita nel 1822 avrebbe ospitato una casa di tolleranza ai tempi della Guerra di Secessione.
Al 75 ½ di Bedford Street troviamo Millary House, la casa più stretta di New York, larga meno di 3 metri e sviluppata su tre piani più seminterrato, con annesso giardino e patio sul retro. Costruita nel 1873 è stata abitata anche da personaggi illustri quali gli attori Cary Grant e John Barrymore ed il suo valore supera oggi i 4 milioni di dollari. Ci fermiamo a fotografarla mentre due giovani signore stanno armeggiando, non senza difficoltà, per aprire la porta d’ingresso e scomparire all’interno, incuranti di noi e dell’altra coppia di turisti interessati alla casa.
Il Village rappresenta il centro per la cultura omosessuale di New York tanto che nel piccolo Christopher Park, all’incrocio tra la via omonima e Grove Street, si trovano le statue a grandezza naturale di gay e lesbiche realizzate da George Segal (scultore solo omonimo dell’attore di ‘Chi ha paura di Virginia Wolf’ e di ‘Il gufo e la gattina’).
Cammina cammina arriviamo a Washington Square Park, il cuore del Village, dove una coppia di anziani sta giocando a scacchi utilizzando uno dei tavolini con scacchiera integrata appositamente realizzati.
L’arco di trionfo che segna l’inizio meridionale della 5th Avenue mi fa subito venire in mente la scena in cui Harry, dopo aver accompagnato Sally a New York la saluta ai piedi dell’arco.
Il tempo di immortalare uno scoiattolo che rosicchia beatamente la sua ghianda sul ramo di un albero e proseguiamo in direzione del NY Firestore per acquistare qualche maglietta del NYFD. Raggiungiamo quindi Union Square e da qui risaliamo la Broadway fino al Fuller Building, meglio noto come Flatiron (ferro da stiro) per la sua forma triangolare piuttosto aguzza.
La luce delle 13 non è ideale per le foto in quanto il lato più caratteristico dell’edificio, quello che affaccia su Madison Square Park è in controluce. Peccato… proveremo a tornarci di mattina.
La fame si fa sentire e dal momento che ci troviamo in prossimità del chiosco di Shake Shack che si contende con Burger Joint (sito all’interno dell Hotel Park Meridien) i migliori hamburger di New York ci mettiamo pazientemente in fila e in una mezz’ora riusciamo ad ordinare. Dopo circa 10 minuti il cicalino che ci è stato consegnato inizia a vibrare e ad illuminarsi, segno che la nostra ordinazione è pronta. I due Smoke Shack Burgers Double che ci vengono consegnati in un vassoio di cartone non sono enormi ma sono stracolmi di quanto è di più lontano dal concetto di dieta.
Rifocillati, riprendiamo la Broadway in direzione nord fino ad incrociare la 34th, dove un gigantesco cartellone campeggiato dalla nota stella bianca in campo rosso indica che ci troviamo di fronte a “Macy’s, the world’s largest store.
Ovviamente non possiamo non entrare e per prima cosa ci dirigiamo al Visitor’s Center ubicato nel basement per ritirare lo sconto del 10% destinato ai turisti (dovete mostrare un documento, va bene anche la fotocopia del passaporto), valido per 30 giorni dalla data del rilascio.
Acquistiamo le immancabili polo da uomo del signor Ralph che tra sconto, valuta e commissione della banca pagheremo circa 60€ ciascuna, oltre alle classiche borse e pochette con il logo Macy’s da regalare ad amici e parenti. Saccheggiamo letteralmente il reparto junior per i nostri adorati nipotini e, soddisfatti, ci avviamo all’uscita.
Prossima tappa le poste centrali di New York dove devo acquistare dei francobolli per la collezione di mio cugino. Lungo il tragitto costeggiamo il Madison Square Garden dove la quantità di supporters dei New York Rangers ci fa intuire che quella sera è prevista la partita di hockey contro i Washington Capitals.
Il James Farley Post Office Building si trova sulla 8th Av dietro al Madison Square Garden e alla Penn Station (abbreviazione di Pannsylvania Station) ed è un gigantesco edificio ornato da colonne e pilastri con capitelli corinzi. Per accedere agli sportelli bisogna salire una scalinata che occupa per intero l’affaccio sulla 8th Avenue.
Espletata la commissione è ora di dare respiro alla caviglia e rientriamo in Hotel. Cena nuovamente al comodo Bill’s Bar & Burger sulla 51st dove mi limito a una Caesar’s Salad con aggiunta di pollo alla griglia. Prima di andare a nanna ci fermiamo a fotografare le variazioni di colore e di giochi d’acqua della fontana che sorregge la statua d’oro di Prometeo. Peccato che la pista di pattinaggio non sia compatibile con il clima di maggio…

Martedì 7 maggio
Colazione immancabile da Le Pain Quotidien, questa volta in una sua sede sulla 53th più piccola rispetto a quella della 6th Av., e via in autobus verso l’Upper East Side dove, sul lato orientale di Central Park ha sede il Metropolitan Museum. Il bus della linea 2 percorre Madison Avenue, anch’essa come la parallela 5th Av. costellata di negozi di lusso. Scendiamo all’altezza della 83th dove si trova l’ingresso del MET ma prima voglio fotografare l’esterno del Guggenheim che si trova pochi isolati più a nord (non abbiamo previsto di visitarlo al suo interno dal momento che il City Pass lo pone in alternativa al Top of the Rock che abbiamo già visitato).
Data la giornata climaticamente discreta siamo indecisi se addentrarci a Central Park rimandando la visita del MET al pomeriggio ma le previsioni prospettano un miglioramento nella tarda mattinata (prima del peggioramento serale) perciò optiamo per il Museo cui pensiamo di dedicare al massimo un paio d’ore concentrandoci sulla sezione egizia e sulla pittura europea.
Il controllo di sicurezza all’ingresso consiste in uno sguardo distratto dei due addetti allo zaino presentato aperto. Evidentemente in periodi di scarsa affluenza (come questo) i controlli sono paradossalmente meno puntuali. Non essendoci una fila ben delineata nell’enorme atrio d’ingresso non sappiamo dove dirigerci dal momento che avendo il City Pass non vogliamo rischiare di accodarci nel posto sbagliato. Abbiamo però imparato che a New York basta chiedere e tutti sono felici di aiutarti. Mi dirigo perciò verso un addetto in divisa che mi indica una signora apparentemente sfaccendata accanto a uno sportello dove poche decine di persone sono accodate per acquistare il biglietto; ricordo che nella maggior parte dei musei l’ingresso è a offerta libera “pay what you wish” anche se generalmente c’è una tariffa suggerita che qui è di 25USD.
La signora in questione stacca il tagliando dai nostri due City Pass e ci consegna una spillina con il logo del museo da applicare ben in vista per poter accedere all’area museale. Oggi la spillina è di colore viola e i colori cambiano a rotazione nell’arco della settimana cosicchè in linea di massima ogni settimana potreste rientrare senza pagare nuovamente il biglietto. Tenete però presente che uno stesso colore non viene riutilizzato tal quale la settimana successiva perciò o vi recate tutti i giorni per vedere se il colore è quello che avete utilizzato la settimana precedente o trovate il modo di procurarvi il set completo di spille (che tra l’altro è in vendita nel negozio di couvenir del museo).
Sia chiaro che non sto cercando di istigarvi a entrare a ufo ma se leggete questo interessante articolo non vi sentirete poi tanto in colpa se non riterrete di pagare per intero il “suggested fee”
(http://www.theatlantic.com/business/archive/2013/03/dont-pay-the-metropolitan-museum-of-arts-recommended-25-fee/274328/).
Dal momento che la politica del pay what you wish si applica anche agli altri musei del carnet (ad esclusione delle esibizioni temporanee), a posteriori mi sento di poter affermare che la convenienza del City Pass va valutata principalmente in relazione alla possibilità di ridurre i tempi di attesa più che in ragione dello sbandierato risparmio in denaro.
Oggi il MET ci riserva alcune brutte sorprese: la riproduzione a tutta grandezza del tempio di Dendur è chiusa fino a giovedì, così come non visitabile è la sezione dedicata all’Arte Moderna e Contemporanea del secondo piano. Inoltre la terrazza esterna sul tetto del museo aprirà soltanto alla fine del mese.
Ci accontentiamo perciò di visitare il resto della sezione egizia che, per me che ho visitato sia Luxor che la valle dei Re oltre al Museo Egizio di Torino rappresenta ben poca cosa, per poi salire al secondo piano e visitare con cura le sezioni dedicate alla pittura europea dal 1250 al 1800 e alla pittura del 19° e 20° secolo. Restiamo affascinati dalla scultura Amore e Psyche di Antonio Canova. Si tratta di un modello in stucco in scala originale da cui fu tratta una delle due versioni realizzare da Canova della scultura, il cui originale è conservato all’Hermitage di San Pietroburgo (l’altra versione abbiamo potuto ammirarla al Louvre).
All’uscita dal museo sono quasi le 13 e la fame si fa sentire. Nulla di meglio che un hot dog acquistato ad un chiosco all’interno di Central Park, che sbraniamo letteralmente seduti su un muretto a ridosso del Turtle Pond dove un pittore armato di tecnologico cavalletto sta creando.
Abbiamo l’intero pomeriggio da dedicare alla scoperta del parco e girovaghiamo senza fretta. Il nostro percorso tocca dapprima il Belvedere Castle per poi scendere lungo il West Drive costeggiando il lago fino ai Dakota Apartments dove abitò e di fronte ai quali fu assassinato John Lennon. Immancabile sosta a Strawberry Fields con foto del mosaico Imagine (dedicato al cantante) ed ecco la Bethesda Fountain con al centro la scultura ‘angels of the waters’. Attraversato il romanticissimo Bow Bridge sotto il quale transitano coppiette in barca a remi, costeggiamo la Boathouse e raggiungiamo Conservatory Waters, la vasca in cui i bambini si divertono a guidare barche a vela radiocomandate e di fronte alla quale è posizionata una scultura dedicata ad Hans Christian Andersen. Ci troviamo indubbiamente nel mondo delle fiabe dal momento che dopo pochi passi incontriamo una composizione in bronzo dedicata ad Alice in Wonderland.
Torniamo quindi verso la Bethesda Fountain per sostare qualche minuto all’imbocco del The Mall, il lungo viale alberato fiancheggiato da panchine che molti ricorderanno per essere il luogo in cui il figlio di Dustin Hoffman in ‘Kramer contro Kramer’ va in bicicletta.
Ora dobbiamo assolutamente raggiungere il centro di Ship Meadow, l’immenso prato circondato da alberi da cui si gode una vista a 360 gradi sulle cime dei grattacieli. Qui la domenica non si vede l’erba! Ce ne siamo resi conto dalla sommità del Top of the Rock: Ship Meadow brulicava di persone sdraiate a prendere il sole.
Attraversiamo lo spazio erboso in direzione sud-est e raggiungiamo il Wollman Rink struttura che d’inverno ospita una pista di pattinaggio set di diversi film tra cui il romantico ‘Serendipity, quando l’amore è magia’ con John Cusack e Kate Beckinsale. In questi giorni è un vero e proprio cantiere con operai al lavoro ed è disseminata di tubi e lastre di rivestimento, irriconoscibile!
Una breve camminata ci separa dallo Zoo di New York del quale dobbiamo assolutamente fotografare il famoso orologio con il girotondo di animali da mostrare alle nipotine, fan di Madagascar. Senza volere arriviamo alle 16 in punto. Allo scoccare di ogni ora l’orologio emette una serie di rintocchi e le statue di animali iniziano a muoversi in girotondo a costituire un gigantesco carillon.
Usciamo da Central Park dalla sua estremità sud-est dove il bellissimo Hotel Plaza troneggia su Grand Army Plaza. Nonostante le impalcature attualmente presenti sulla facciata l’hotel ha comunque un aspetto che non si può che definire grandioso.
Di fronte all’hotel sulla 5th Avenue si trova il cubo di cristallo che costituisce l’ingresso al sotterraneo Apple Store. Scendiamo la scala a chiocciola e scopriamo un enorme open space disseminato di computer e altre diavolerie tecnologiche a disposizione di clienti, che sono effettivamente parecchi (ho letto di lunghe file per accedere al negozio, file che fortunatamente in questo periodo non abbiamo trovato) attirati anche dalla rete Wifi gratuita, caratteristica comune a molte aree di New York, tra cui alcune stazioni della metropolitana, e ai numerosissimi caffè della catena Starbucks.
Dietro al cubo con la mela si trova l’ingresso al negozio di giocattoli Fao Schwartz, meta irrinunciabile per chi ha figli o, come noi, nipoti. In quanto a giocattoli il negozio a mio avviso ci perde in confronto a Toys ‘r’ us o al Disney Store di Times Square, ma ciò che fa strabuzzare gli occhi è Fao Schweetz, il grande spazio del piano ribassato dedicato interamente a caramelle e dolciumi. Un numero impressionante di contenitori in plexiglass contenenti caramelle di ogni forma e colore (ci sono persino a forma di mattoncini Lego) stimola la salivazione anche negli adulti; figuriamoci nei bambini che non si fanno problemi a mangiare le caramelle direttamente dai contenitori con i genitori che tentano inutilmente di dissuaderli.
All’ultimo piano del negozio si trova il Big Piano, un’enorme tastiera da suonare con i piedi, che abbiamo conosciuto attraverso il film Big con Tom Hanks. Oggi è poco frequentato ma possiamo solo immaginare cosa sia sotto le feste natalizie.
Ci incamminiamo verso l’hotel percorrendo la 5th avenue in direzione sud ed eccoci all’altezza della Trump Tower, nel cui atrio entriamo per vedere la cascata d’acqua che scorre lungo una parete. Nello stesso edificio si trova il principale negozio di Tiffany: possiamo esimerci dall’entrare con la prospettiva di un compleanno, il mio, che cadrà tra poco più di un mese? Ovviamente decidiamo di saltare a piè pari i primi due piani dedicati ai gioielli impegnativi e attendiamo l’ascensore per salire al terzo piano, quello dell’argento. L’ascensore è corredato di ascensorista decisamente formale (manca poco che faccia l’inchino a chi scende a uno dei primi due piani) ma anche molto cortese e ci sentiamo coccolati, nonostante sia chiaro che non lasceremo uno stipendio in quel negozio.
Mi concedo una buona ventina di minuti per un attento esame delle teche in cristallo disposte al piano, chiedo qualche prezzo qua e là e poi ecco fatta la scelta: un ciondolo a forma di cuore con serratura con incisa la dicitura Tiffany & Co finisce dritto dritto in una scatolina azzurra e relativo sacchettino, con cui mi faccio ovviamente immortalare all’ingresso. E il maritino paga!
Quale modo migliore per concludere questa giornata? Forse una cena a base di astice e gamberi? Presto fatto! Dopo il solito giro sulla Broadway con foto davanti all’edificio in cui viene registrato il David Letterman’s Show ci accomodiamo senza alcuna attesa al The Red Lobster di Times Square, sulla 7th Av.
La cena a base di pesce servita con insalata a scelta di accompagnamento è di nostro gusto e ben si accompagna con l’ottima birra marca Brooklyn; concludiamo con un tris di dolci (due cheese cake e un brownie con gelato) che saggiamente dividiamo date le dimensioni della porzione. Il conto è il più alto della vacanza: 107 USD, mancia inclusa.
Prima di andare a dormire resta il tempo per una tappa allo store della M&Ms dove sgraniamo gli occhi di fronte ai grandi tubi pieni di confetti multicolore che costituiscono il Wall of Chocolate.

Mercoledì 8 maggio
Come preannunciato oggi piove. Dopo una colazione senza gloria al The Red Flame, un diner sulla 44th, a base di pancake, muffin e cappuccino che è in realtà un caffelatte e dopo una breve visita alla cattedrale di Saint Patrick in fase di ristrutturazione, ci dirigiamo senza indugio all’ingresso del MOMA che si trova sulla 50th, proprio dietro al nostro hotel.
La brutta giornata ha fatto sì che la scelta di visitare un museo sia di fatto scontata per molti perciò troviamo un discreto affollamento. Ritiriamo l’audioguida in italiano inclusa gratuitamente con il City Pass e decidiamo di visitare il museo partendo dal 5° piano, dedicato ai primi del ‘900, per poi scendere progressivamente.
Impossibile non riconoscere tante opere viste sui libri di scuola : da Matisse a Picasso, da Dalì a Mirò, da Renoir a Cezanne a Monet, alla celebre ‘notte stellata’ di Van Gogh oltre al suo famoso autoritratto. Rimango in contemplazione del dipinto ‘La Danza’ di Matisse nella versione del 1909; esiste un’altra versione, del 1910, che è conservata al Museo dell'Hermitage di San Pietroburgo.
La nostra sfortuna museale ci perseguita anche al MOMA: una delle quattro versioni dell’Urlo di Munch, realizzate tra il 1893 e il 1910 (le altre sono conservate in musei norvegesi), proveniente da una collezione privata è rimasta qui in esposizione dal 24 ottobre al 29 aprile e oggi è il 7 maggio Abbiamo così perso l’occasione di vedere da vicino un dipinto molto caro a mio marito e a me dal momento che, appena fidanzati, condividemmo un complicatissimo puzzle con questo soggetto (o meglio, mentre lui se la dormiva fino alle 11 di mattina io, tendenzialmente mattiniera, mi dedicavo a questo rompicapo… non so se si possa parlare di “condivisione”).
E poi via via Andy Wahrol con le sue zuppe Campbell e un suo ritratto di Marylin, l’opera ‘The Flag’ di Jasper Johns, Jackson Pollock, Boccioni e le opere stile fumetto di Roy Lichtenstein.
Segue tutta una sezione di opere contemporanee alquanto improbabili tra le quali una trave che regge delle sedie, una scultura realizzata con collant riempiti di sabbia, tele completamente bianche o completamente grigie, una serie di vecchi telefoni in bachelite colorata, fino a un intero elicottero incastrato nella tromba delle scale.
All’uscita il diluvio. Attendiamo che l’intensità della pioggia diminuisca un po’ prima di rifugiarci in un locale specializzato in insalate fai da te dove componiamo la nostra insalata, paghiamo e la consumiamo su due sgabelli addossati a un bancone lato vetrina affacciato verso la strada. Fa decisamente americano mangiare con i passanti che transitano a pochi centimetri al di là del vetro e non ti degnano di uno sguardo. In Italia ti sentiresti un minimo in imbarazzo.
Per il dessert facciamo tappa da Magnolia Bakery, all’angolo tra la 6th Av. e la 49th, dove acquistiamo quattro (dico quattro) cup cakes, tra cui il delizioso red velvet con topping di crema di burro alla vaniglia, che consumeremo non senza difficoltà in albergo.
Alle 18 siamo nuovamente on the road e dedichiamo il resto della giornata a scoprire la parte più settentrionale di Midtown East, partendo dal Waldorf Astoria su Park Avenue, strada che risaliamo fino alla 58th dove svoltiamo a destra per veder l’atrio semicircolare aperto verso la strada del complesso chiamato Beacon Court che vengo invitata a non fotografare (perché mai non l’ho capito) quando ormai avevo scattato a sufficienza.
Sbuchiamo sulla 59th all’altezza di Bloomingdale’s dove entriamo e ritiriamo lo sconto riservato ai turisti: qui è del 15% ma vale solo nel giorno di emissione, e non su tutto. Dopo aver gironzolato un po’ usciamo senza acquistare nulla (Macy’s è un’altra cosa) e all’angolo tra la 60th e la 3rd Av. ci rifacciamo gli occhi al Dylan’s Candy Bar, un negozio di caramelle e dolciumi con un caffè al primo piano dove si può anche pranzare.
Sulla strada di ritorno verso l’hotel non può mancare una foto davanti alla vetrina di Manolo Blahnik sulla 52nd, a quest’ora (sono le 20) ormai chiuso.
Questa sera abbiamo voglia di una bella bistecca e Ted’s Montana Grill sulla 51st fa al caso nostro. Il locale è tranquillo e con luci soffuse, tanto legno e una testa di bufalo a una parete, segno che qui si serve anche carne di bufalo. Io sto sul classico manzo mentre mio marito opta per la bestia più grande e devo ammettere che la carne è molto tenera anche se il manzo è a mio avviso più gustoso. Totale 90 USD, mancia inclusa.

Giovedì 9 maggio
Oggi è la volta del Museo di Storia Naturale. Colazione al solito Le Pain Quotidien della 50th/6th Av. e poi metropolitana linea B fino alla fermata della 81st in corrispondenza del museo, come inequivocabilmente illustrano i mosaici in tema di animali che decorano la stazione.
Utilizziamo l’ingresso della 81st da cui si accede direttamente al Rose Center for Earth and Space. Ci fanno fare la stessa fila di chi acquista il biglietto ma è scorrevole e non impieghiamo più di 15 minuti. In coda tanti bambini di tutte le età evidentemente impazienti.
La prossima proiezione del filmato sull’origine del cosmo, raccontata dalla voce di Whoopy Goldberg, avrà luogo alle 12,30 perciò iniziamo a visitare la sezione dedicata al pianeta terra dal momento che, essendo io geologa, non posso esimermi.
Passiamo quindi alla sale dei Mammiferi Americani che fotografiamo meticolosamente a beneficio delle nipotine. Nonostante si tratti di animali imbalsamati, cosa che sconcerterà alquanto la piccola Sofia che voleva vedere animali veri, le ambientazioni sono molto realistiche in quanto gli sfondi disegnati danno veramente l’idea della profondità e della luce ambientale.
A seguire la spettacolare sezione dedicata alla biodiversità e alla vita negli oceani. Così come al museo di Londra un’immensa sala alta due piani circondata da una balconata ospita un enorme esemplare di balenottera azzurra.
Abbiamo ancora tempo per la sezione dedicata ai minerali e meteoriti e non me la lascio scappare, anche se la visitiamo un po’ di fretta.
Alle 12,15 siamo in coda per l’accesso alla sala del planetario. Dopo un filmato introduttivo proiettato da televisori posizionati nell’area di attesa veniamo fatti accomodare in una sala circolare con il soffitto a cupola.
La proiezione del Journey To The Stars dura in tutto mezz’ora (sono previste 13 proiezioni nell’arco della giornata) e la voce di Whoopy Goldberg è calda e piacevole e il suo inglese comprensibilissimo.
All’uscita troviamo fortunatamente il sole perciò decidiamo di visitare il quartiere di Soho e in particolare l’area denominata ‘cast iron district’ caratterizzata dai tipici edifici realizzati in ghisa, generalmente con le facciate ornate di colonne che conferiscono loro un aspetto rinascimentale e con le scale antincendio esterne viste in tanti film.
Con la metropolitana raggiungiamo l’incrocio tra la Broadway e Lafayette Street dove ci rifocilliamo con un favoloso burrito della catena Chipotle. Il meccanismo è molto efficiente: si sceglie tra il burrito (una tortilla morbida di mais), il taco (guscio di mais croccante) o il piatto e poi, ad una serie di addetti disposti a catena di montaggio si indicano i vari ingredienti con cui farcirlo. Peccato che il mio burrito fosse alla fine freddo in quanto il primo elemento della catena non aveva scaldato a sufficienza la tortilla.
Il ‘cast iron district’ è un’area delimitata a nord da West Houston Street (che è anche il limite settentrionale di Soho, abbreviazione di ‘South of Houston Street’), a sud da Worth Street, a ovest dalla West Broadway e ad est da Crosby Street.
Degni di nota gli edifici battezzati ‘King of Soho’ (72-76 Greene Street) e ‘Queen of Soho’ (28-30 Green St.), l’edificio a stretta pianta rettangolare al 443-449 di Broome Street, l’antica Mechanics & Traders Bank al 437-441 e lo stretto edificio rivestito in mattonelle rosse al 495 sempre di Broome Street, il E.V. Haughwout Building, al 490 Broadway (incrocio con Broome St.) e lo splendido Little Singer Building (561-563 Broadway) con struttura in ghisa, rivestita a partire dal secondo piano da pannelli in terracotta.
Poco lontano, nel quartiere di Tribeca (Triangle below Canal Street) si trova la vecchia caserma Hook and Ladder numero 8 (14 N Moore St.) utilizzata come location nel film ‘Ghostbusters’ e famosa anche per aver prestato ingenti aiuti durante l’11 settembre.
Purtroppo non siamo così fortunati dal trovare aperta la posta rossa ad arco e poter immortalare il simbolo con il fantasma appeso all’interno a ricordare il film, così ci accontentiamo di fotografare il logo dipinto sul marciapiede accanto all’entrata.
Prossima tappa Wall Street che, a causa dell’incidente del secondo giorno non avevamo potuto raggiungere.
Percorriamo Church Street in direzione sud poi, all’altezza di Liberty Street ci spostiamo sulla Broadway, costeggiando lo Zuccotti Park con le sue sculture rosse, tra cui il cubo col foro al centro. Un paio di blocchi più a sud eccoci in zona Wall Street.
Al numero 18 di Broad Street si trova il palazzo sede della Borsa (sebbene le contrattazioni che siamo abituati a vedere in televisione si svolgano al numero 11 di Wall Street) mentre al 26 di Wall Street troviamo l’edificio in stile neoclassico della Federal Hall, prima sede del Governo Federale degli stati Uniti e ora memoriale e museo visitabile gratuitamente.
Davanti alle 8 colonne che ne ornano la facciata rendendolo simile a un tempio greco è posta una statua di George Washington, primo presidente degli USA.
La camminata prosegue lungo la Broadway finché incontriamo il Bowling Green Park dove è collocato il ‘charging bull’ (la famosa scultura di Arturo di Modica che raffigura un toro che carica), circondato da una piccola folla di persone che si accalcano per immortalarsi nell’atto di accarezzarne gli attributi per buon auspicio. Possiamo forse esimerci noi?
Sapevate che la scultura fu posizionata qui dallo scultore senza permesso e nonostante ciò non fu mai rimossa, diventando ben presto il simbolo del capitalismo americano?
La giornata è stata intensa ma nonostante i nuvoloni neri che si stanno addensando sopra di noi ci troviamo a pochi passi da Battery Park e facciamo un ultimo sforzo (anche perché la caviglia sembra reggere bene).
Purtroppo una buona fetta del parco è recintata per lavori e proprio in quest’area è collocata la sfera recuperata dal crollo delle torri gemelle che possiamo solo guardare da lontano. Si nota la vistosa ammaccatura subita e il cuore si stringe un’altra volta.
Ci sediamo sulle panchine all’estremità meridionale di Manhattan da cui si vede in lontananza la sagoma della Statua della Libertà ma le prime gocce di pioggia ci suggeriscono di rientrare alla base, cosa che facciamo subito dopo una rapida sosta al memoriale in onore degli oltre 4500 caduti in mare della Seconda Guerra Mondiale e alla scultura raffigurante una grande aquila nell’atto di ghermire un’onda, opera dello scultore Albino Manca e dedicata al Presidente John F. Kennedy.
Un paio d’ore di riposo e l’Empire State Building ci aspetta, tanto più che ha smesso di piovere e il cielo si è notevolmente rasserenato.
Alle 20 siamo all’ingresso del palazzo e… non c’è nessuno! Alla velocità della luce, snobbando le transenne che solitamente disciplinano i serpentoni di turisti, percorriamo il lungo percorso che ci separa dal primo ascensore, dove c’è una cinquantina di persone in attesa.
L’attesa più lunga, che non supera comunque i 15 minuti, è quella ai due ascensori, dove veniamo fatti salire a gruppi di 10-15 persone.
La salita all’80° piano è rapida, a una media di 2 piani al secondo. Più lento il secondo ascensore che ci porta all’86° piano. Sulla terrazza c’è un discreto affollamento; molti evidentemente sono saliti per vedere il tramonto (che oggi a causa delle nuvole non deve essere stato spettacolare) e sono rimasti ad attendere il buio.
Tra le griglie che lasciano poco spazio per inserire la macchina fotografica e la difficoltà di conquistarsi un posto in prima fila, soprattutto dal lato che affaccia sul Chrysler building illuminato (indiscutibilmente uno spettacolo), fatico non poco per realizzare qualche foto decente. La mia compatta è dotata anche della modalità manuale ma non ho mai avuto modo di impratichirmi perciò, dopo aver impostato la sensibilità al valore minimo di 80 ISO per ridurre il rumore, devo fare numerosi tentativi di combinazioni tra apertura focale ed esposizione per ricavare qualcosa di accettabile.
Sono ormai le 21,30 quando scendiamo a livello strada e la fame si fa sentire. Fortunatamente una delle location della Heartland Brewery, che avevamo adocchiato anche sulla 51st, è situata proprio nell’edificio dell’ESB e due belle bistecche innaffiate da birra Brooklyn non ce le leva nessuno. Conto 92 USD, mancia inclusa.

Venerdì 10 maggio
Ultimo giorno pieno a New York. Ci sembra impossibile che il tempo sia passato così velocemente. Per colazione è il turno dei pancake che sembra siano buoni e giganteschi all’Evergreen Coffee Shop Restaurant sulla 47th. Si tratta di un tipico diner con tavolini e sgabelli addossati al bancone, dove un nugolo di bambini sta facendo allegramente colazione. I pancake sono effettivamente enormi e non riesco a finirli. Il cappuccino è appena accettabile.
Fortunatamente è una bella giornata di sole e, dopo aver caricato 5 USD a testa sulle Metro Card unlimited ormai scadute prendiamo la metro fino alla 34th Penn Station e da lì a piedi raggiungiamo uno dei tanti accessi alla High Line, ubicato sulla 30th.
Questa passeggiata sopraelevata è stata realizzata (ed è ancora in corso di completamento) a partire dal 2006 utilizzando una ferrovia degli anni trenta in disuso (serviva per trasportare la carne macellata nel vicino Meatpacking District). In alcuni tratti sono stati preservati gli antichi binari.
Attualmente questo parco urbano si estende da Gansevoort Street a sud alla 30th St. a nord ma è prevista la sua estensione fino alla 34th St.
Percorriamo interamente la High Line da nord a sud e lungo il percorso attraversiamo un paesaggio dapprima un po’ degradato, con vecchi magazzini ed edifici popolari dalle facciate un po’ squallide, e poi progressivamente più curato, con edifici moderni tra cui alcuni hotel dal costo sicuramente proibitivo.
Qua e là singolari arredi urbani (panchine che sembrano emergere dal pavimento e sdraio con ruote agganciate ai binari che nelle giornate di sole come questa sono sempre perennemente occupate) e alcune opere d’arte.
All’altezza della 16th suggerisco di scendere temporaneamente, soprattutto se ci capitate verso l’ora di pranzo (e fate in modo di capitarci!), e di visitare il Chelsea Market con ingresso sulla 10th Av.
E’ un vero e proprio mercato, prevalentemente alimentare ma non solo (c’è una libreria, un fornitissimo negozio di articoli per cucina, un negozio di articoli marocchini, un fioraio), dove potrete appagare la vista e il gusto.
Imperdibile The Lobster Place, un’ordinatissima pescheria dove potrete acquistare, e consumare in loco, del freschissimo sushi e sashimi in vassoi preconfezionati o direttamente al banco, un’infinita varietà di ostriche o un intero astice (potete sceglierlo in tre diverse dimensioni, la più grande delle quali, eventualmente da dividere in due, al costo di 33,95 USD più tasse) cucinato al momento in un forno a vapore (5 minuti) e servito con accompagnamento di salsa al burro e salvietta al limone per pulirsi le mani alla fine del pasto.
Altra chicca da non perdere, nonostante i prezzi altissimi, Eleni’s il regno dei pancake (tra i più buoni che abbiamo avuto occasione di assaggiare) e dei biscotti glassati in mille forme e colori che richiamano fiori, personaggi dei cartoni animati o simboli di New York.
Il biscotto più piccolo costa oltre 5 USD e le confezioni a tema (bellissima quella dell’arca di Noè) superano i 50 (a cui vanno poi aggiunte le tasse) ma l’appagamento della vista è quasi equivalente a quello del palato perciò non perdetevi anche solo un giro di perlustrazione.
Altro paradiso dei dolci è il Ruthy’s Bakery & Cafè, nelle vetrine del quale potrete ammirare il meglio del cake design e all’interno trovate deliziose cheese cake, oltre a brownies, croissant e pasticceria varia.
C’è poi il banco gastronomico di ‘Buon Italia’ che vende autentici cannoli siciliani e cassatine, oltre a piatti della tradizione italiana come le polpette al ragù e il pollo ubriaco.
C’è anche il ristorante di Giovanni Rana (pastificio e cucina) ma faremo finta di non averlo visto…
Lasciamo definitivamente la High Line per una tranquilla camminata lungo la 14th (dove incontriamo anche una sede dell’Esercito della Salvezza) che ci porterà a Union Square e da lì alla libreria Strand, all’incrocio tra la 12th e la Broadway. Se cercate un libro apparentemente introvabile (come è il mio caso), nuovo o usato che sia, lì avrete buone chance di trovarlo.
Sfruttiamo gli ultimi dollari della Metro Card per portarci in zona Grand Central Terminal, la stazione ferroviaria di New York con il maggior numero di binari al mondo, che alcuni tendono a confondere con la location del film ‘Gli Intoccabili’ ma basta osservare le due scalinate di questa stazione per rendersi immediatamente conto che la lunga scalinata del film appartiene in realtà alla Chicago Union Station (dove del resto il film è ambientato). Dopo aver visitato la Hall fotografandone il soffitto con le costellazioni a rovescio e la grande bandiera che fu appesa successivamente agli attentati dell’11 settembre 2001, proviamo a scendere al piano sottostante dove si trova la food hall ma il caldo soffocante ci fa desistere.
Per la nostra ultima cena a New York torniamo da Virgil’s Barbecue, che ci ospitò la prima sera. Curiosamente la cameriera si ricorda di noi, o finge di ricordarsi, e la mancia alla fine non può che essere generosa (conto finale 80 USD mancia inclusa).
Ultimo giro nella Times Square notturna e via a nanna.

Sabato 11 maggio
Ci svegliamo con un cielo che minaccia pioggia ma questo non basta a renderci più sopportabile l’idea che da lì a poche ore dovremo lasciare tutto questo. Il tempo è volato, sono passati otto bellissimi giorni che porteremo con noi fino alla prossima volta nella Big Apple che, ci ripromettiamo, ci sarà sicuramente.
Diamo l’ultimo saluto all’ormai familiare Le Pain Quotidien e dedichiamo la mattinata agli acquisti dell’ultima ora. Oggi per fortuna ha riaperto il Disney Store di Times Square, rimasto a lungo chiuso per ristrutturazione, perciò i nipotini riceveranno anche tre pupazzi di Minnie (rigorosamente identici per evitare litigi e recriminazioni) e una maglietta che anticipa l’uscita del nuovo film della Pixar ‘Monster’s University’, il prequel di ‘Monster’s and Co.’, che racconta le vicende dei due protagonisti quando erano al college, prima che diventassero i grandi spaventatori di bambini del primo film.
Per pranzo ci rimane da sperimentare una delle maggiori attrazioni per turisti ovvero l’Ellen’s Stardust Diner, dove i camerieri cantano mentre servono, dimostrandosi degni di Broadway (e risulta che molti di loro ci arrivino per davvero).
Solitamente ci sono file lunghissime per entrare ma anche questa volta siamo fortunati e dobbiamo attendere solo una quindicina di minuti prima di accomodarci. I tavoli sono molto addossati, soprattutto quelli da due persone e sono distribuiti su due livelli, al piano terreno e sulla balconata al primo piano, in modo che tutti riescano a godersi lo spettacolo.
C’è un caos indescrivibile tra la musica e il brusio dei numerosi avventori e il locale è inondato di luci cangianti che fanno molto Broadway: fa parte dello show. I camerieri si avvicendano nel canto molto rapidamente e sono veramente virtuosi, oltre che nel canto anche nell’equilibrio visto che non esitano a salire sulla stretta spalliera del divanetto centrale come su una trave di ginnastica artistica. Non posso fare a meno di filmare le performance più riuscite per conservarne il ricordo. Una mancia ai cantanti, da depositare in un apposito secchiello, è più che meritata. Dimenticavo di segnalare che anche il cibo è di nostro gradimento: sebbene la mia Caesar Salad con aggiunta di pollo sia la più agliata tra quelle che ho provato è comunque buona e l’hamburger di mio marito è enorme e stra-imbottito. Costo del pranzo 57 USD, mancia inclusa.
Si sono fatte le 14 e torniamo all’hotel a ritirare i bagagli che ci hanno custodito dopo il check-out.
Il percorso a ritroso verso il JFK è lo stesso dell’andata: con le Metro card pay-per-ride acquistate all’arrivo prendiamo la metropolitana E direzione Jamaica fino a Sutphin Blvd - Archer Av e da qui l’Airtrain fino al terminal 1. Partiremo dal terminal 8 ma dal momento che è l’ultimo ad essere toccato dall’Airtrain conviene scendere al terminal 1 (il primo) e prendere il trenino interno all’aeroporto (che ferma sul binario opposto a quello di arrivo) che circola in senso contrario, cosicché il terminal 8 diventa la prima fermata. Si risparmiano così 10 minuti buoni e se siete di fretta può essere il caso di tenere in considerazione questa dritta.
Il check-in è un fai da te attraverso appositi terminali collocati nella hall delle partenze. Non temete, in caso di necessità sarete assistiti da gentilissimi addetti che, una volta ottenuta la stampa delle vostre carte d’imbarco, applicheranno il tag con la destinazione al vostro bagaglio, che dovrete depositare ai nastri di imbarco posizionati lì accanto.
Non dimenticate che per imbarcarsi negli USA è opportuno che le vostre valigie dispongano del sistema di chiusura TSA o di un lucchetto TSA o alla peggio di una cinghia con chiusura TSA, ma in quest’ultimo caso dovete ricordarvi di lasciare aperta la valigia altrimenti in caso di controlli sono autorizzati a forzarla, rendendola spesso inutilizzabile, e non rispondono dei danni.
Se la vostra valigia è stata controllata e poi debitamente richiusa ve ne accorgerete dalla presenza di un biglietto inserito all’interno con il quale si scusano e avvisano che la vostra valigia è stata controllata (a riconferma della cortesia degli americani)
A questo punto potete dirigervi ai controlli di sicurezza dove sarete sottoposti al body scan che, a giudicare dall’immagine restituita, sono già del tipo dotato di Automated Target Recognition software (sarà obbligatorio da giugno 2013) che non produce, come i precedenti, una figura virtuale del corpo nudo ma elabora l’immagine restituendo una sagoma generica del passeggero, con dei rettangoli gialli in corrispondenza delle zone eventualmente da verificare (io avevo un rettangolo in corrispondenza del polso destro, dove porto un bracciale in argento, mah!).
L’ultimo regalo di New York è un ritardo di tre ore sulla partenza dovuto a un acquazzone che nel pomeriggio ha determinato una breve sospensione dei voli, sufficiente a far ritardare le procedure di trasferimento dei bagagli in transito. Rimanere tre ore seduti sull’aeromobile con la vista dei nostri bagagli ammassati a terra senza poter scendere a caricarli noi personalmente (che tentazione!) è alquanto frustrante e contrasta con l’immagine di efficienza USA che abbiamo cullato per giorni ma… può succedere.

Epilogo
E’ bello tornare a casa e vedere i visi sorridenti dei nipotini che corrono ad abbracciarti e i loro volti illuminarsi alla vista del sacchetto di caramelle colorate di Fao Schweetz; è bello tornare alle cose di sempre, alle piante di casa sopravvissute grazie al suocero che ha provveduto a bagnarle in nostra assenza, alla cucina italiana che per 9 giorni abbiamo accuratamente evitato; è piacevole tornare a una dimensione meno verticale, ma una piccola parte di noi è rimasta in cima a quei grattacieli e nel cuore immenso di Central Park.
E’ una promessa che ti facciamo New York: torneremo!

Curiosità 
LINK UTILI:
Sito ufficiale per pratica ESTA (versione in italiano):
https://esta.cbp.dhs.gov/esta/application.html?execution=e2s1
Assicurazione sanitaria USA con sconto 10% MyUsa:
http://www.myusa.it/assicurazione-sanitaria-usa.html
Transportation Security Administration (TSA):
http://www.tsa.gov/traveler-information/
Hotel The Jewel (midtown Manhattan): http://www.thejewelny.com/index.php
New York City Pass per 6 attrazioni (in italiano): http://it.citypass.com/new-york
New York Pass per oltre 80 attrazioni (in italiano): http://www.newyorkpass.com/It/
Metro Card NY: http://www.mta.info/metrocard/
Metropolitana NY: http://new.mta.info/nyct

ATTRAZIONI/VISITE CITATE NEL TESTO:
Top of the Rock: http://www.topoftherocknyc.com/
Empire State Building: http://www.esbnyc.com/
Visita alla Federal Reserve (prenotazioni):
http://www.newyorkfed.org/aboutthefed/visiting.html
Visita Memoriale 9/11 (prenotazioni): http://www.911memorial.org/visit
New World Trade Center: http://www.wtc.com/
Central Park sito ufficiale: http://www.centralparknyc.org/
Central Park Zoo: http://www.centralparkzoo.com/
Battery Park: http://www.thebattery.org/
High Line: http://www.thehighline.org/
Metropolitan Museum: http://www.metmuseum.org/
Guggenheim Museum: http://www.guggenheim.org/
Museum of Modern Art (MOMA): http://www.moma.org/
American Museum of Natural History: http://www.amnh.org/
Circle Line Sightseeing Cruise: http://it.circleline42.com/site/default.aspx
Madison Square Garden: http://www.thegarden.com/

MAPPE:
Mappa Subway: http://www.mta.info/nyct/maps/subwaymap.pdf
Mappa bus Manhattan: http://www.mta.info/nyct/maps/manbus.pdf
JFK Airtrain: http://www.panynj.gov/airports/jfk-airtrain.html
Mappa interattiva Central Park:
http://www.centralpark2000.com/products/map/map-interactive.html
Mappa dettagliata Central Park: http://www.centralpark2000.com/cp-map.pdf
Mappa dettagliata Central Park per runners: http://www.centralpark2000.com/cp-runners-map.pdf

RISTORANTI/DINERS/CAFFÈ CITATI NEL TESTO:
Le Pain Quotidien (varie location): http://www.lepainquotidien.us/
La Bombonniere (West Village): http://www.timeout.com/newyork/restaurants/la-bonbonniere
The Red Flame Diner (Midtown): http://www.theredflamediner.com/
Evergreen Coffee Shop Restaurant (Midtown): http://evergreendinernyc.com/
Pret a Manger (varie location): http://www.pret.com/us/
Koyzina Kafè (Financial District): non ha sito web
Magnolia Bakery (varie location): http://www.magnoliabakery.com/
Ellen’s Stardust Diner (Times Square): http://www.ellensstardustdiner.com/
Shake Shack (chiosco di Madison Square): http://www.shakeshack.com/
Burger Joint: http://www.parkermeridien.com/eat4.php
Chelsea Market (Chelsea): http://chelseamarket.com/
The Lobster Place: http://lobsterplace.com/
Virgil’s Real Barbecue (Times Square): http://www.virgilsbbq.com/newyork/
Bill’s Bar & Burger (Rockefeller Center e Meatpacking): http://www.billsbarandburger.com/
Ted’s Montana Grill (Midtown): http://www.tedsmontanagrill.com/
Heartland Brewery (varie location): http://www.heartlandbrewery.com/
Bubba Gump Shrimp Co. (Times Square): http://www.bubbagump.com/
The Red Lobster (Times Square): http://www.redlobster.com/locator_g/default.aspx?q=10019
Sylvia’s Restaurant (Harlem): http://www.sylviasrestaurant.com/
Dylan’s Candy Bar: http://www.dylanscandybar.com/

SHOPPING:
Macy’s: http://www.macys.com/
Bloomingdale’s: http://www.bloomingdales.com/
Tiffany & CO.: http://www.tiffany.com/
NBA Store: http://www.nba.com/nycstore/
Lego Store: http://stores.lego.com/en-us/stores/us/rockefeller-center/
Toys ‘r’ us: http://www.toysrus.com
Disney Store: http://stores.disneystore.com/NY/NEW-YORK/777/
Fao Schwartz: http://www.fao.com/home/index.jsp
Build a Bear: http://www.buildabear.com
Apple Store: http://www.apple.com/retail/fifthavenue/
M&Ms Store: https://www.mymms.com/merchandise/default.aspx
Manolo Blahnik: http://www.manoloblahnik.com/

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