8 febbraio 2012, mercoledì: Chennai
Abbiamo in programma la visita della città, siamo accompagnati da una signora che lavora per la Clipper Holidays che ha pianificato anche il nostro soggiorno alle Andamane. Parla un italiano un po’ stentato, faccio meno fatica a seguirla in inglese. Ci racconta brevemente la storia della città conosciuta fino a poco tempo fa con il nome di Madras. E’ una città abbastanza recente essendo stata fondata a metà del ‘600 come porto e scalo delle merci della Compagnia delle Indie e solo successivamente diventando una piccola città che si è ampliata nel passare degli anni, quindi almeno nel suo agglomerato urbano non può vantare monumenti storici di particolare interesse. Comunque siamo motivati lo stesso anche se avevamo già visitato la città nel 2003.
Ci rechiamo al Tempio di Kapaleeswarar, dedicato a Shiva in stile dravidico, tipico del Tamil Nadu con un altissimo gopuram, vi troviamo tanti fedeli ed ovviamente ancora di più tantissimi turisti. Passiamo poi alla vicina chiesa di St. Thomas ricostruita e ristrutturata intorno al 1850, il santo passò gli ultimi anni della sua vita in questa zona e qui sono raccolte le sue spoglie in una cripta. Visitiamo poi la sezione del Museo Governativo dedicata ad un’ampia raccolta di statue di bronzo del XI – XV secolo raffiguranti le varie divinità induiste.
Arriviamo così alle 14, la nostra guida ci dice che in pratica la visita della città si può considerare conclusa, non essendoci altro da vedere, forse in parte è anche vero, ma si poteva ancora fare qualcosa, del resto ci torna comodo avere del tempo libero per lo shopping. Pranziamo in un locale, quasi davanti all’albergo, The Taste of India che potrebbe essere definito una via di mezzo fra un bar e un fast food ( isto ovviamente in un’ottica indiana) prendiamo due tipici panzarotti (non so come si chiamano in effetti) ripieni uno di carne di pollo e l’altro di verdure e uovo sodo ancora caldi e una bottiglia di Sprite, spendiamo la folle cifra di 54 rps (al cambio circa 0,90 Euro), ci viene rilasciata anche una regolare ricevuta fiscale!
C’incamminiamo lungo la strada dove vi ci sono bancarelle e negozi uno dietro l’altro, vogliamo cercare dei foulard da regalare, entriamo pure in dei piccoli centri commerciali, riusciamo nel nostro intento solo dopo numerosi tentativi.
Rientriamo in albergo per cena abbiamo l’imbarazzo della scelta su cosa mangiare nel faraonico buffet.
9 febbraio giovedì: Kanchipuram Mamalluparam
La città di Kanchipuram è una delle sette principali città sante dell’India, quindi meta di continui pellegrinaggi durante tutto l’anno. Era detta la città dei mille templi ma adesso ne sono rimasti poco più di cento. Visitiamo i due o tre Templi principali dedicati a Shiva e Visnhu risalenti al VII – VII secolo, alcuni gopuram raggiungono anche un’altezza di 70 –80 metri, vi passiamo all’incirca un paio d’ore in alcune parti le vecchie strutture sono state ricostruite o restaurate. Tutto è riccamente lavorato con rappresentazioni mitologiche o di divinità minori, all’interno dei vari padiglioni ci sono piccoli gruppi di fedeli raccolti in preghiera, i vari altari sono adorni di collane di fiori o offerte di varia natura, in altre zone invece non è consentito l’ingresso ai non hindu.
Pranziamo insieme alla guida in un ristorante frequentato principalmente da gente del posto, mangiamo un ottimo dosa. Nel pomeriggio arriviamo a Mamalapuram, con i suoi templi scavati nella viva roccia uno dei principali è dedicato a Krisnha, una statua di un elefante quasi a grandezza naturale troneggia nel piazzale principale, poco distante su una parete rocciosa è rappresentata la sorgente del Gange con raffigurazioni anche di animali e divinità. Separato dagli altri si trova il Shore Temple, uno dei pochi in tutta l’India ad essere edificato in riva al mare.
Rientriamo a Chennai in tarda serata.
L’arcipelago delle Isole Andamane e Nicobare (dove non sono ammessi turisti) è costituito da oltre 300 isole delle quali pochissime abitate. Per salvaguardare l’integrità dei gruppi etnici rimasti, il Governo Indiano ha proibito l’accesso alle zone e alle isole dove vivono queste tribù ancora ad uno stato quasi primitivo, è possibile arrivarci se si fa parte di spedizioni a carattere umanitario con il solo scopo di portare generi di prima necessità o fornire loro cure, sempre però sotto il controllo di Enti governativi. Sul permesso che viene rilasciato ai turisti all’arrivo a Port Blair vengono elencate le isole che è possibile raggiungere liberamente ed il permesso ha una validità di un mese.
Fortunatamente, almeno fino ad adesso, sono scarsamente frequentate da un turismo occidentale, anche se le cose sembrano che stiano cambiando rapidamente. Le isole rappresentano comunque una fonte inesauribile per escursioni ed immersioni in mare, in certi punti c’è una ricca barriera corallina, sono numerose le specie d’uccelli e alcune razze particolari di mammiferi. Il periodo migliore per soggiornare è quello compreso fra novembre ed aprile, fra maggio e ottobre ci possono essere maggiori probabilità di forti piogge monsoniche, ma la temperatura rimane costante quasi per tutto l’arco dell’anno intorno ai 28° 30° C.
Le isole erano già note in epoca romana fin dal II – III DC, successivamente furono punto di transito per i primi commercianti cinesi, Marco Polo dette il nome di Angamanian, successivamente furono visitate da numerosi esploratori fra cui nel XV secolo dal navigatore italiano Niccolò Corti. Il nome attuale pari derivi da Hainduman una delle tante figure della saga induista del Ramayana.
Nel pacchetto pagato direttamente all’Agenzia di New Delhi Ruby Holidays è già compreso tutto alberghi e trasferimenti da e per le varie isole quindi non posso avere un’idea precisa sui costi dei vari servizi che abbiamo avuto, comunque non sono eccessivamente elevati.
10 febbraio venerdì: Port Blair
Insieme all’autista viene pure il manager dell’agenzia Clipper Holidays, aveva il piacere di conoscerci ci augura una buona permanenza alle Andamane dicendoci che sarà sicuramente una vacanza indimenticabile.
Con il volo della Jet Airways arriviamo intorno a mezzogiorno, ritiriamo il bagaglio poi prima d’uscire dobbiamo compilare un questionario con le solite domande. “Chi siete? Dove andate? Cosa fate?” oltre ovviamente i normali dati anagrafici e recapiti, ci viene poi rilasciato il permesso dove è riportato il nostro nome, il numero di passaporto, dove è possibile soggiornare, oltre ad alcune regole da rispettare, tanta burocrazia di cui non ne capiamo la necessità, il permesso deve sempre essere portato dietro e viene richiesto anche per il check in in albergo.
La città è la capitale dell’arcipelago e il principale centro abitato. Nei pochi km che ci separano dall’aeroporto troviamo un traffico abbastanza caotico e rumoroso. L’albergo il Silver Spring è su una strada principale, ci pare subito abbastanza semplice ma sufficientemente pulito.
Usciamo quasi subito per cercare anche un semplice ristorante dove mangiare qualcosa, ma non troviamo niente, quindi rientriamo e pranziamo al ristorante dell’albergo.
Nel pomeriggio ci ripassano a prendere per fare un primo giro, ci conducono alla spiaggia di Corbyn’s Cove, è l’unica zona balneare della città, c’è qualche persona a giro, ci restiamo poco tempo, giusto per fare qualche foto, davanti si vede l’isola di Ross che visiteremo nei prossimi giorni. Arriviamo poi al museo marino, chiude alle 17, sono passate da poco le 16 ma non ci fanno entrare.
L’autista a questo punto ci lascia davanti all’ingresso di un parco giardino tornerà indietro alle 18 prima che inizi lo spettacolo al Cellular Jail, nel frattempo lui cercherà di far riparare la serratura del bagagliaio. Il parco è praticamente un giardino dove fare una breve passeggiata o far giocare i bambini, c’è una statua di Gandhi, infatti il Mahatma passò molto del suo tempo in quelle isole, battendosi per la liberazione dei prigionieri politici che erano rinchiusi all’interno del carcere.
Alle Andamane fa buio abbastanza presto, il tramonto è alle 17,30, proprio perché pur mantenendo l’ora solare del continente indiano, la sua posizione è molto spostata verso est e molto vicine alla costa birmana e tailandese.
Andiamo ad assistere a questo tanto decantato spettacolo di luci e suoni, c’aspettavamo veramente di più, in pratica con un sottofondo musicale viene raccontata in inglese tutta la storia delle isole partendo dai tempi dei primi commerci già in epoca romana, poi descritte e visitate da Marco Polo, fino ad arrivare alle prime colonizzazioni portoghesi ed olandesi e da ultimo quelle inglese con le storie che si sono succedute all’interno del carcere, e per finire la resistenza verso l’occupazione giapponese nel corso della II guerra mondiale, unico periodo in cui la popolazione locale trovò un accordo con la corona inglese verso il comune nemico. Il carcere ospitò numerosi detenuti, prevalentemente politici ma anche delinquenti comuni per qualche anno ancora dopo l’indipendenza, in condizioni molto dure e disumane. Durante la descrizione vengono illuminati con fasci di luce colorata i vari bracci del carcere. Per fortuna il costo del biglietto è di solo 20 Rps. Rientriamo in albergo dove ceniamo, il ristorante non è male, ci sono molti indiani, prendiamo un piatto di masala di pollo con del riso, unico neo non servono birra.
11 febbraio sabato: Havelock
Arriviamo al molo principale da dove partono i traghetti, le formalità d’imbarco sono abbastanza confusionarie, la guida comunque si assicura che la prenotazione sia confermata, che il bagaglio venga etichettato e poi stivato. Si tratta di un veloce e comodo catamarano è praticamente tutto pieno, ci rendiamo conto che queste isole rappresentano una meta molto seguita dalla popolazione indiana, la traversata dura circa un’ora e mezzo, quando sbarchiamo prima d’uscire dobbiamo presentare il permesso che viene registrato.
Ci vengono a prendere e ci conducono subito al nostro albergo il Simphony Palms ci sembra ben tenuto e questo ci tranquillizza, pranziamo velocemente mi faccio subito un bel bagno, l’acqua è di un colore azzurro turchese, leggermente tiepida.
Solo un breve riposino poi intorno alle 15 ci vengono a prendere per arrivare a quella che viene considerata la spiaggia più bella dell’arcipelago la Radha Nagar Beach o più semplicemente la N° 7, perché le spiagge per semplicità sono pure numerate. E’ veramente fantastica ampia con alle spalle una ricca vegetazione c’è ovviamente tanta gente e troviamo pure anche qualche turista. Faccio un altro bagno, ma qui l’acqua è un po’ più fredda ma sempre molto gradevole. Aspettiamo il tramonto che purtroppo è rovinato da una leggera foschia all’orizzonte. Prima di rientrare ci facciamo aprire una noce di cocco fresca.
Per cena c’è sempre un buffet anche se non troppo abbondante comunque very cheap 350 rp più 90 per la birra.
12 febbraio domenica: Havelock
Alle 6 siamo già svegli, poco dopo sentiamo suonare alla porta della camera, vado ad aprire, con mia somma sorpresa ci sono due cameriere che con un sorriso smagliante ci offrono una tazza di un profumatissimo the, non c’era ancora mai capitata una cosa del genere.
Dopo colazione ci mettiamo ad aspettare che ci vengano a prendere per la visita all’isola di Elephanta. Vi si arriva con un breve tragitto in barca doppiando un capo dell’isola, oppure con un lungo e non troppo facile sentiero. Questa spiaggia è considerata uno dei punti migliori per fare brevi immersioni o snorkelling, l’alta marea a quell’ora riduce sensibilmente la larghezza della spiaggia, ci sono tantissime persone anche qui in prevalenza indiani, famiglie con bambini e giovani coppie, non è quindi troppo agevole sdraiarsi a prendere il sole. E’ domenica e sicuramente il giorno festivo ha contribuito ad aumentare l’afflusso anche di gente del posto.
Sulla barca avevamo iniziato a scambiare qualche parola con due tipi: un francese ed un indiano, quest’ultimo ci chiede se possiamo essere interessati ad andare con loro all’isola di Inglis, una delle poche disabitate ma dove è possibile fermarsi, ci vuole però un permesso speciale che lui sa dove andare a richiederlo, è molto distante e ci vogliono due ore di barca, unico problema il costo è molto elevato, me lo faccio ripetere un paio di volte per essere sicuro d’aver capito bene, 100 $ a testa, molto gentilmente decliniamo l’invito anche perché abbiamo già programmate e pagate altre escursioni per i giorni successivi.
Passiamo la mattinata su questa spiaggia, in effetti il fondale è molto attraente ed osservo da vicino numerosi pesciolini colorati.
Quando rientriamo la chiave della nostra camera è andata persa, ero sicuro d’averla lasciata alla reception, ce la facciamo aprire con un passpartout ed ovviamente non è stata rifatta, ce la preparano mentre siamo a pranzo, la cameriera chissà dove l’aveva messa, riesce fuori solo quando veniamo via dal ristorante.
Ci riposiamo un paio d’ore poi ci portiamo sulla spiaggia del resort, ma la bassa marea ha lasciato scoperto un fondale di piccoli scogli è una visione quasi inquietante rispetto a come l’avevamo vista il giorno prima.
Arriviamo a piedi al vicino centro abitato, c’è un piccolo mercato coperto, a giro ci sono pure molti turisti, alcuni hanno un aspetto vagamente hippy e fricchettone, curiosiamo nei vari negozi, sto cercando un camicione in stile indiano ma non riesco a trovarlo, allo sportello ATM 24h non riesco a prelevare con la prepagata, comincio ad essere a corto di cash. Ci sono anche alcuni ristorantini che propongono prawn and fish ma l’aspetto esterno è poco rassicurante, alle 18 è già buio pesto, rientriamo quindi in albergo, al buffet ci sono sempre le stesse cose.
13 febbraio lunedì: Havelock
Puntualmente alle 6,30 ci portano la tazza di the fumante, poi con comodo facciamo colazione, abbiamo in programma la visita della spiaggia di Kalha Patar distante circa 5 km. Appuntamento per le 9 circa, il ragazzo che ci viene a prendere ci accompagna alla spiaggia e ci verrà a riprendere intorno a mezzogiorno.
Anche qui l’alta marea rende impossibile distendersi sulla spiaggia, ci appollaiamo su due tronchi sospesi ma sono all’ombra. Troviamo altre persone ma si fermano solamente pochi minuti, incontriamo pure i due tipi del giorno prima, mi dicono che anche loro hanno rinunciato. Per provare a mangiare qualcosa di diverso quando torniamo indietro arriviamo verso il paesino, ma non troviamo niente, riprovo ancora all’ATM ma non c’è niente da fare, sotto un sole cocente ce torniamo a piedi verso l’albergo, pranziamo nell’adiacente ristorante Nandini molto semplice ed economico ma la qualità è abbastanza buona, si mangia insieme ad altri avventori, seduti allo stesso tavolo, davanti abbiamo due coppie d’indiani, accanto si siedono due ragazzi, un argentino ed un cileno, ci dicono che si sono appena svegliati dopo una notte brava passata in spiaggia.
Nel pomeriggio vogliamo tornare alla beach N. 7 ma questa volta dobbiamo pagarci a parte il trasporto, dopo una lunga contrattazione c’accordiamo per 400Rps. Con la bassa marea è possibile fare una piacevole passeggiata sulla battigia, qui non ci sono scogli affioranti, aspettiamo ancora il tramonto, ma anche questa volta c’è molta foschia all’orizzonte.
14 febbraio martedì: Havelock – Port Blair
Dobbiamo lasciare la camera alle 8, la regola è questa, dopo colazione ci portiamo sulla spiaggia, sta salendo la marea sarà possibile fare il bagno solo dopo le 11, comunque passiamo abbastanza bene la mattinata, per pranzo torniamo da Nandini dove ritroviamo le due coppie d’indiani che si dimostrano ancora molto gentili nei nostri confronti.
Non ci resta altro da fare che aspettare il trasferimento per l’imbarco per tornare a Port Blair, il traghetto parte alle 15,30. Qui devo fare tutto da solo, quando aprono lo sportello mi metto in fila, c’erano già altre persone, presento il voucher, c’è un po’ di confusione, un addetto allo sportello ha un elenco stampato con numeri e nomi, controlla e ricontrolla più volte, poi comincia a distribuire i biglietti, il bagaglio viene caricato sul cassone di un piccolo camion.
Quando arriviamo a Port Blair non troviamo nessuno a prenderci, ci guardiamo intorno, aspettiamo fuori dall’area portuale, aspettiamo ancora un poco, alla fine prendiamo un tuk tuk per tornare in albergo. Sono già le 18 passate quando arriviamo dalla reception provo a chiamare il manager di Chennai al numero che mi aveva lasciato, ma non risulta attivo,anche perché il giorno dopo abbiamo il trasferimento all’isola di Neil e non sappiamo nulla a che ora dobbiamo andare via. Provo allora a chiamare un numero riportato sul voucher, mi risponde un’impiegata la quale m’assicura che all’indomani verso le 10 verrà qualcuno a prenderci per arrivare all’imbarco per l’isola di Neil.
15 febbraio mercoledì: Isola Neil
Dopo colazione usciamo in un vicino piccolo supermercato, compro un vasetto di Nescafè, tanto per correggere quell’acqua scura che ci viene propinata come caffè, un pacchetto di biscotti e un flacone di shampoo; accanto trovo uno sportello ATM, finalmente posso prelevare 5000 rp senza problemi.
Con un po’ di ritardo sull’orario previsto, ma sempre in tempo per prendere il traghetto, arriviamo all’imbarco. Questa volta siamo su una specie di carretta arrugginita, mi viene consegnato il voucher per l’albergo e il biglietto ma è solo per l’andata, chiedo come mai non c’è il ritorno, mi rispondono che lo dovrò fare quando riparto direttamente sulla nave, ma mi viene ancora fatto di chiedere all’andata c’è una prenotazione con posti assegnati e al ritorno? La risposta è la più ovvia: “No problem”.
Sono quasi due ore di traversata, mare calmo e piatto, la nave chiamiamola così è stracarica di gente, quando scendiamo si deve ripresentare il permesso che viene registrato oltre a nome e numero di passaporto. C’è un ragazzo che ci porta all’albergo il Pearl Park, distante un paio di km dal piccolo paese, è su una piccola punta, spiaggia su due lati all’interno di una folta vegetazione.
Abbiamo una camera molto confortevole con pure un piccolo frigorifero, ma ci sono sistemazioni più semplici oltre ancora ad altre che però sono delle vere e proprie capanne. Sono ormai le 15 passate, ci facciamo portare un sandwich con omelette tanto per calmare lo stomaco, poi andiamo subito sulla spiaggia, acqua pulita, limpida e tiepida, aspettiamo il tramonto, questa volta c’è meno foschia all’orizzonte. Poco dopo è già buio.
Dopo aver fatto la doccia ci portiamo verso la zona comune dove c’è la reception e il ristorante, ordiniamo dei gamberetti saltati e fried rice. Sono le 19 circa ma tutto viene fatto espresso in una piccola cucina e una comanda alla volta, quando cominciamo a cenare sono quasi le 20,30, avanti a noi c’erano d’accontentare altri tre tavoli.
16 febbraio giovedì: isola Neil
Ci svegliamo ovviamente molto presto, alle 7,30 siamo già a fare colazione, per fortuna non ci sono tempi biblici per l’attesa, andiamo quindi subito sulla spiaggia, ma la bassa marea, anche se sta salendo, limita molto la balneazione, ma l’ambiente è fantastico, pochissima gente, qualche turista che arrivano da altri resort vicini al nostro, una folta vegetazione alle spalle, sabbia bianca e soffice, acqua come già detto limpida e calda, con le scarpette di gomma mi porto verso i piccoli scogli di corallo morto.
La mattinata passa velocemente, ma verso mezzogiorno fa già abbastanza caldo, quindi dopo un rapido lunch c’infiliamo al fresco in camera. Passate le ore più calde torniamo ancora sulla spiaggia, ci dispiace soltanto d’aver prenotato per soli due giorni, è una vera oasi di pace.
Conoscendo ormai l’andazzo alle 18,30 siamo già seduti al ristorante, ordiniamo ancora dei gamberetti raccomandandosi soltanto di limitare l’aggiunta di salse, alle 20 circa iniziamo a cenare.
17 febbraio venerdì: Havelock
Dobbiamo anche qui lasciare la camera molto presto: un cartello richiede il check out alle 7,30 ma la lasciamo tranquillamente dopo colazione, questa regola l’avevamo già trovata da altre parti, probabilmente per assicurare la disponibilità a chi arriva dopo.
Stiamo ancora un paio d’ore sulla spiaggia, poi ci facciamo una doccia utilizzando i servizi comuni, ci sediamo per il pranzo, abbiamo appuntamento alle 14,30 per tornare verso il piccolo porticciolo dove attraccano i traghetti anche per altre isole. Il nostro parte con un’ora di ritardo, perché prima doveva fare rifornimento. Non abbiamo biglietti prepagati o voucher, quindi pagherò direttamente a bordo, spero solo che mi verranno rimborsati il giorno dopo.
Anche questa volta non troviamo nessuno ad attenderci, con un tuk tuk torniamo in albergo. Sicuramente valeva la pena passare un’altra giornata su quest’isola.
Ci cambiamo ed usciamo, per cena abbiamo deciso d’andare al New House Light, consigliato sia dalla brochure dell’azienda di turismo che ci avevano consegnato quando eravamo arrivati ed anche dalla Lonely Planet, me l’aveva pure consigliato uno, fra l’altro di Firenze, con cui avevo scambiato qualche parola nell’albergo di Havelock, ma il ragazzo del tuk tuk non capisce e non sa bene dove si trovi, ci lascia davanti al Residence House Light, non è quello dove volevamo andare, mi era stato descritto su una bella terrazza nella zona della marina, questo invece è nel mezzo del bazar, entriamo lo stesso, il ristorante c’è, fra l’altro elegante e ben tenuto, ma alla fine mangiamo senza infamia e senza lode ed il conto è abbastanza elevato, ed anche qui non servono birra.
Rientriamo alle 21 in albergo. Ad attenderci c’è un ragazzo dell’agenzia, si scusa per gli inconvenienti, mi restituisce i soldi del traghetto e ci da appuntamento per l’indomani alle 9.
18 febbraio sabato: Jolly Buoy
Percorriamo una strada in mezzo ad una fitta vegetazione, risaie e palme in prevalenza, sono circa 30 km, quando arriviamo troviamo ancora una moltitudine di gente, tutti locali, siamo gli unici turisti presenti in quel momento.
L’isola di Jolly Buoy fa parte del Mahatma Gandhi National Marine Park di Wandoor. Ci sono rigide regole da rispettare per salvaguardare l’ambiente, in pratica non si potrebbero portare bottiglie o sacchetti di plastica, vengono consegnate delle borracce, con cauzione, dove mettere l’acqua o altre bibite. Montiamo su un barcone che può accogliere una cinquantina di persone, ne parte uno ogni mezz’ora circa, quando siamo poi vicino a riva trasbordiamo su una lancia a motore con il fondo in vetro. Il fondale è magnifico anche se in parte rovinato.
Sulla spiaggia dove scendiamo troviamo altra gente, le donne fanno il bagno vestite con il loro abbigliamento tipico, solo alcune più giovani indossano una T shirt o castigatissimi costumi da bagno. Nonostante tutte le precauzioni prese prima di partire ci sono cartacce e rifiuti, anche se un anziano e gracile uomo passa con un sacco di carta invitandoci a riporre avanzi di cibo, mozziconi di sigaretta.
Mi faccio una mezz’oretta abbondante di snorkelling in un’acqua veramente cristallina. Con 100 rp a testa ci portano a fare un altro giro con la barca con il fondo di vetro. Ripartiamo intorno a mezzogiorno, ma fra una cosa ed un’altra alla fine risiamo ad Havelock quasi alle 15, abbiamo fame, chiediamo se è ancora possibile mangiare qualcosa nel ristorante dell’albergo, ci dicono di si, prendiamo due piatti di pollo, in salsa molto piccante è tardi vorrà dire che staremo più leggeri a cena.
Prima che faccia buio con un tuk tuk arriviamo all’Aberdeen Bazar, vero centro commerciale della città, ci sono bancarelle e negozi di ogni genere, mi compro un paio di magliette ricordo delle Andamane.
Come previsto facciamo una cena abbastanza leggera.
19 febbraio domenica: Mt. Harriet
Diciamola subito come deve esser detta: alla fine è una giornata buttata via, il monte ha un’altezza di 362 mt ma è la vetta più alta dell’arcipelago, vi arriviamo attraversando prima un breve tratto di mare con un ferry boat, s’imbarca pure la macchina e si percorre poi una strada di 5 o 6 km prima di giungere al parcheggio del Parco Nazionale, così infatti è classificato.
Pensavamo di arrivarci via terra, così sembrava guardando una cartina, ma non lo fa nessuno, e di poter quindi attraversare e fermarsi in qualche villaggio. Dal parcheggio inizia un facile sentiero della lunghezza di circa due km, ma per noi italiani, di qualsiasi zona si possa essere, tutto lo scenario non offre alcun interesse, ogni tanto ci sono dei cartelli con la foto d’uccelli tipici della zona ma ovviamente non ne vediamo nemmeno uno, non arriviamo nemmeno alla fine, siamo particolarmente delusi, decidiamo quindi di tornare subito indietro a Port Blair, l’autista ci sta aspettando calmo e tranquillo, mangiamo un’omelette nell’unico punto di ristoro e l’omelette era in pratica l’unica cosa che si poteva richiedere.
Ripartiamo con il ferry intorno alle 14, quando rientriamo in albergo ci riposiamo un’oretta poi torniamo verso l’Aberdeen Bazar. Cerchiamo un posto dove cenare che ci dia fiducia, c’è un altro albergo ma lasciamo perdere, entriamo nel piccolo ma ben tenuto mercato coperto, alla fine decidiamo di tornare ancora nell’albergo.
20 febbraio lunedì: Isola Ross
Ci si imbarca dalla Phoenix Bay, i traghetti partono ogni mezz’ora, l’isola è distante poche centinaia di metri da Port Blair, durante il periodo coloniale era la sede del Governatore e residenza di qualche alto ufficiale e delle loro famiglie oltre ad essere pure luogo di svago e relax. Tutta l’isola è ben tenuta, con un parco di palmizi e altre piante d’alto fusto. L’isola fu praticamente abbandonata subito dopo la fine del periodo coloniale, i vari edifici lasciati completamente al loro destino, adesso sono tutti ridotti ad un ammasso di ruderi completamente avvolti dalla vegetazione.
La passeggiata lungo i vialetti è comunque piacevole, arriviamo fino alla vecchia chiesa anglicana, di cui resta ben poco incontriamo alcuni giovani cervi che pascolano beati e tranquilli all’interno del parco.
Quando rientriamo chiediamo al ragazzo che ci accompagna se sa come ci dobbiamo comportare per il giorno dopo, abbiamo in programma la visita di Chirya Tapu, ma lui ne sa meno di noi, fa una telefonata e ci dice che verso le 17,30 – 18 verrà un responsabile dell’agenzia. Quindi non ci resta altro da fare che farci un sonnellino e di stare a vedere quello che potrà succedere.
Alle 17,30 scendiamo nella hall, aspettiamo per oltre un’ora poi chiedo alla reception se mi possono chiamare l’agenzia, un’impiegata mi risponde dicendomi che la visita è confermata per il giorno dopo,e che l’appuntamento è per le 14,30. Io insisto che voglio andarci al mattino, anche perché poi viene buio molto presto, che non sono per niente contento del servizio e che al mio ritorno farò una pessima relazione al manager dell’agenzia di Chennai. Lascio detto alla reception che ceniamo fuori e che se dovessero esserci novità di lasciarmi un messaggio.
Andiamo al New House Light Restaurant, l’avevamo visto passando al mattino. E’ come c’era stato descritto su una terrazza vicino alla marina. Ordiniamo calamari e gamberi, ma sono cucinati sempre allo stile indiano anche con una densa salsa di pepe nero, ci rinfreschiamo l’ugola con un paio di birre fresche, visto che qui ancora non le avevamo trovate. Il conto poi alla fine è di quasi 1400 rps circa 23 euro ma è quasi il doppio di quanto paghiamo in albergo.
Quando rientriamo troviamo il ragazzo dell’agenzia che capiamo essere un po’ anche il coordinatore dei vari servizi a terra, ci dice che domani possiamo partire intorno alle 9, mi fa presente che la zona è bella ma non è adatta per il bagno, contrariamente a quanto riportato dalla guida, e che quindi è perfettamente inutile mettersi il costume e portarsi dietro maschera e boccaglio.
21 febbraio Martedì: Chiriya Tapu.
Partiamo puntualmente, c’è da percorrere una strada un po’ sconnessa per arrivare, in mezzo ad una vegetazione di risaie, campi coltivati e i soliti palmizi.
Chirya Tapu, questo lo capiamo quando arriviamo, è un piccolo paese di pescatori in riva al mare ed in effetti la spiaggia è praticamente inesistente, ma il ragazzo che ci accompagna ci conduce fatti pochi altri km ad una spiaggia veramente deserta e stupenda, è stata l’unica dove non abbiamo trovato nessuno. Peccato di non poter fare il bagno, poi c’è un cartello poco rassicurante dove avverte della presenza di coccodrilli, c’è infatti una specie particolare che s’è adattata anche all’acqua di mare. Vi restiamo un paio d’ore, fra l’altro abbiamo già finito la poca scorta d’acqua che avevamo con noi e decidiamo quindi di tornare indietro.
Dopo pranzo visto che è l’ultimo giorno ed ancora non l’abbiamo fatto, decidiamo di visitare quel poco che può offrire la città. Con un tuk tuk arriviamo al museo antropologico che offre un’ampia veduta sulle popolazioni non solo delle Andamane ma anche di altre popolazioni del sud est asiatico Indonesia, Borneo, Malesia e Birmania comprese, ci sono ricostruzioni di abitazioni tipiche oltre ad armi ed utensili delle varie etnie.
Poco distante si trova il Museo della marina, in una prima sala viene spiegata l’origine geologica dell’arcipelago delle Andamane e Nicobare, molte di queste isole sono d’origine vulcanica, ma è rimasto attivo solo il vulcano dell’Isola di Barren, con frequenti e continue eruzioni, l’ultima piuttosto devastante ci fu nel 2008, sulla quale vivono numerose specie di uccelli e piccoli mammiferi endemici e tipici dell’isola. In un’altra sala ci sono numerosi acquari con pesci tropicali alcuni anche di dimensioni quasi microscopiche ed altri veramente unici e particolari. Seguono poi delle teche che raccolgono conchiglie e coralli.
Uscendo troviamo un piccolo tempio hindu dove si sta celebrando una festa, veniamo invitati ad entrare, ci viene data una loro benedizione da parte di un loro santone, siamo pure invitati a consumare con loro un pasto frugale, ma molto gentilmente decliniamo l’invito.
Rientriamo in albergo già a buio intorno alle 18.
22 febbraio mercoledì: Chennai
Siamo rattristati per essere giunti alla fine di questo fantastico viaggio: il volo Jet Airways è poco dopo mezzogiorno, arriviamo a Chennai alle 15, ci accoglie il manager dell’Agenzia Clipper Holidays, tralasciamo di riferire sui piccoli disservizi che abbiamo avuto, ma per essere onesti non ci possiamo lamentare, gli alberghi sono sempre stati all’altezza di quanto ci aspettavamo, tutto quanto successo rientra nel loro modo di fare, questa è India!
Ritiriamo il bagaglio con gli indumenti invernali che avevamo lasciato in albergo, intorno a mezzanotte ci vengono a prendere per il volo Emirates che parte alle 03,30.
23 febbraio: Dubai – Roma
Quando arriviamo il check in è già aperto c’è già una lunga fila in attesa ma tutto scorre abbastanza velocemente, controlli, ricontrolli sul bagaglio a mano, e aspettiamo pazientemente di partire. Voliamo con il nuovo Airbus 380 ed abbiamo la fortuna d’avere un posto nella prima fila davanti alla scaletta che porta al ponte superiore, quindi stiamo molto comodi, sembra quasi una mini business, riusciamo pure a dormire un poco. La coincidenza a Dubai è di circa tre ore atterriamo a Fiumicino alle 12,30.