Pianosa, gioiello dell'Arcipelago Toscano

L’incanto di un’isola che non sfigura nel confronto con le mete più esotiche

Pianosa, dopo essere stata isola fertilissima (anticamente era molto ricca d'acqua, adesso la falda si è notevolmente abbassata), territorio di pastorizia (dove i pochi pastori dell'Isola d'Elba imbarcavano le pecore e le mandrie su barconi da cava per farli pascolare nell'isola in determinati periodi dell'anno), carcere del Regno d'Italia e poi dello Stato, supercarcere per mafiosi e terroristi, adesso, anche se è ancora un territorio prettamente demaniale, (è controllato dalla polizia penitenziaria essendoci ancora detenuti in semilibertà che hanno scelto Pianosa a Porto Azzurro, e dal Corpo Forestale dello Stato), è fruibile ai turisti. Alt, non è che il turismo di massa può sbarcare sull'isola e fare il suo comodo. L'isola è anche sotto il controllo dell'Ente Parco dell'Arcipelago Toscano, il quale permette lo sbarco a soli 400 turisti al giorno.
Da quando si sbarca su Pianosa veniamo seguiti e controllati dalle guide ambientali e non è ovviamente possibile girare l'isola da soli.
Piccola considerazione personale: per me è un bene per il semplice motivo che l'orda barbarica dei vacanzieri danneggerebbe irrimediabilmente la fauna e la flora e visto che da sempre l'isola è rimasta intatta non vedo il perché noi poveri umani dobbiamo rovinare quello che la natura ha magnificamente creato.
Le guide ambientali e in particolar modo Max sono molto bravi e competenti nel descrivere la geologia dell'isola, la flora e la fauna, non annoiano e hanno tanti aneddoti da raccontare... ovviamente non ve li dico (andateci di persona!). Al momento di sbarcare affacciatevi dalla motobarca e guardate il fondo del porticciolo: non vi sembrerà vero: dopo l'orribile visione del muro del supercarcere l'acqua del porticciolo del paese è di un limpido mostruoso. Il fondo sembra di toccarlo anche se ci sono almeno 4 metri di profondità. Scesi dalla motobarca ci sono quattro possibilità di visita: a piedi, in carrozza (il cavallino è meraviglioso), in mountain-bike, e in canoa. Ovviamente per ogni tipo di escursione il prezzo varia. Noi bikers abbiamo seguito Max. Ci ha subito spiegato che il paese di Pianosa è in rovina e la maggior parte degli edifici sono pericolanti. Il motivo è presto detto: quando sono stati costruiti gli edifici hanno utilizzato il tufo di Pianosa, ma altro non è che addensamenti calcarei conchigliferi. Quindi i mattoni utilizzati per le case a lungo andare si sfarinano e tutti questi edifici restano in piedi per miracolo. E' un vero peccato se un giorno li dovranno buttare giù perché l'architettura dei primi Ottocento è molto bella e non è stata intaccata da ristrutturazioni o modifiche.
Altra cosa che salta all'occhio al momento di sbarcare è un'enorme parallelepipedo che doveva essere la residenza del direttore del carcere. Più che parallelepipedo è una villa con tanto di merlature e l'architettura è tipicamente ottocentesca. Quando ti inoltri nel paese il silenzio ti avvolge, il rumore delle onde e del vento ti inebriano. Sei sbarcato in un'Isola senza Tempo. La visita delle catacombe ci è stata consigliata all'inizio perché sicuramente dopo la pedalata per l'isola non avremmo avuto voglia di fare altri passi... Le catacombe sono molto belle e la descrizione di esse è molto esaudiente, tra l'altro c'è un gradevole fresco all'interno che dispiace uscire dalle cavità...
Il ristorante bar è gestito da detenuti in semilibertà, all'interno potete dietro prenotazione consumare pasti cucinati dai detenuti per una cifra che si aggira sui 10 euro. Io non ho mangiato al ristorante ma chi lo ha fatto ha affermato che era proprio buono! Oltretutto sono gentilissimi e molto disponibili per ogni richiesta. I bagni sono molto puliti e l'ambiente, anche se ha sempre l'aria di una mensa militare è gradevole. Davanti al bar-ristorante c'è una ombrosa pineta dove possiamo passare il tempo sorseggiando una bibita fresca... anche l'assistenza medica è garantita poiché c'è un presidio della Croce Rossa dove solerti crocerossine agiscono in caso di bisogno.
Gli itinerari sono diversi tra loro, ovviamente i più lunghi sono in mountain bike e in canoa, ma state tranquilli che non vi annoierete.
Consigli per l'escursione:
** A piedi: anche se l'escursione a piedi non è difficoltosa si consiglia comunque di non indossare gli infradito, abbigliamento leggero e bevande per rinfrescarsi. Il cappellino è d'obbligo.
** In carrozza: Idem come sopra, tra l'altro la carrozza è molto comoda e spaziosa.
** In mountain bike: indossare almeno le scarpe da ginnastica se non le scarpe da bici, abbigliamento sportivo, caschetto per i più paurosi (ma il percorso è pianeggiante), molta acqua e voglia di pedalare. NON è consigliato a bambini molto piccoli perché si stancano subito e non è possibile dividersi per portare indietro al paese i pupi.
** In canoa: anche se è proibito fare in bagno anche in canoa, i partecipanti devono saper nuotare, indossare pantaloncini di licra corti o brachette da mare, magliettina leggera, occhiali da sole, abbronzante con fattore di protezione alta.
Io ho partecipato a questa splendida gita con "Il Viottolo" e mi sono trovato molto, molto bene, so che esistono altri staff che organizzano gite a Pianosa, ovviamente avendo l'autorizzazione dall'Ente Parco. Saranno molto bravi anche loro ma io vi consiglio questo. Comunque chi si trova già all'Elba può andare all'Agenzia Margherita di Marina di Campo e chiedere informazioni, altrimenti potete consultare il sito de "Il Viottolo" e seguite le istruzioni.
Io vi ho detto una buona parte delle cose ma dovete andarci e sentire tutti i racconti delle guide ambientali. Vi immergerete molto rilassati in questa splendida avventura. Garantito.
Buon divertimento in un isola fantastica che risponde al nome di Pianosa.Era da tanto tempo che volevo visitare Pianosa dal momento in cui avevano aperto l'isola al pubblico, dopo essere stata colonia penale agricola e supercarcere per i mafiosi e i terroristi.
Essendo all'Isola d'Elba in vacanza per 15 giorni nel giugno 2005 mi sono interessato per la visita a questa stupenda isola. Non è stato facile poiché l'ente Parco Arcipelago Toscano non dà tutti i giorni i permessi per la visita.
Il numero massimo di persone a cui viene concessa la visita è di 400. Potrà sembrare poco ma vi assicuro che quando arriviamo a Pianosa tutto è piccolo, ma immensamente stupendo.
Dopo vari tentativi e ricerche scopro che a Marina di Campo (Isola d'Elba) c'è un'agenzia di Viaggio che organizza escursioni di una giornata a Pianosa. Tutto organizzato dall'associazione "Il Viottolo", possono offrire al visitatore il giro a piedi, in mountain bike, in canoa, in carrozza o per i più sportivi il multisport comprendente mountain bike al mattino e canoa il pomeriggio.
Naturalmente non può mancare il relax sulla spiaggia di San Giovanni (la spiaggia del paese di Pianosa) e stupendi bagni in un'acqua che al confronto l'acqua delle piscine è più sporca.
Il prezzo ovviamente è commisurato all'escursione scelta, ma il rapporto qualità del servizio/prezzo ci può stare. Ma veniamo alla cronaca.
Dopo vari tentativi andati a vuoto all'agenzia "Il Viottolo" per la mancata autorizzazione dell'Ente Parco finalmente mi dicono che c'è disponibilità per sabato 25 giugno. Prenoto immediatamente quattro posti per il giro dell'isola in mountain-bike, credendo, a ragione, di poter visitare tutta l'isola.
La spesa non è modesta essendo di 55 euro a persona. Chiedono i nominativi di tutti i partecipanti e mi rilasciano dopo il pagamento un foglio di prenotazione con il quale ci dobbiamo presentare al molo di Marina di Campo alle 9,30 per imbarcarsi su una motonave destinazione Pianosa, tempo del viaggio 35 minuti.
La giornata, già dalle prime ore del mattino si preannuncia muy caliente e un po' ci preoccupa dovendo pedalare per l'isola everywhere. Comunque, armati di attrezzatura da bici, borracce di acqua e una buona determinazione partiamo con qualche minuto di ritardo.
La navigazione è tranquillissima essendo il mare una tavola. Arriviamo esattamente dopo 35 minuti in uno scenario da film: nell'avvicinarsi all'isola notiamo che ne ha ben donde di chiamarsi così. Infatti l'altezza più considerevole della costa è di 29 metri s.l.m. ma una cosa ci stupisce su tutte: un muro altissimo che fa subito accapponare la pelle, il muro del supercarcere, pensiamo noi. La nostra curiosità ci sarà soddisfatta a terra, al momento della presentazione dell'isola da parte delle guide.
Le guide sono due giovani, Filippo e Massimiliano detto Max; Filippo sarà quello che accompagnerà i visitatori per il giro a piedi; Max è la guida che accompagna i bikers. Infatti, dopo una breve descrizione dell'isola, spiegando subito che il muro visto dal mare è il famoso muro "Dalla Chiesa" fatto costruire (ma qui i pareri discordano) dal Generale Dalla Chiesa a monito degli ospiti che arrivavano all'isola per la prima volta in modo di farli terrorizzare per l'immensità dell'opera.
Ma questo muro con tanto di torrette non è mai servito a niente, solo come specchietto per le allodole. Tra l'altro non serviva neanche a separare il paese dalle sezioni carcerarie per paura delle fughe dei detenuti essendo il muro nella parte nord-est dell'isola. Casomai i detenuti sarebbero scappati dalla parte nord dell'isola, quella più vicina all'Elba, o nord ovest (Corsica).
Finalmente separati i gruppi Max ci fa visitare parte del paese, oramai in stato di abbandono, e le catacombe, scoperte non molti anni fa e riaperte dopo una corposa ripulitura, essendo usate nel periodo carcerario come cloaca. Come tutte le catacombe che si rispettino suscitano molto fascino e dopo una descrizione accurata delle origini dell'isola sia in senso geologico che delle prime popolazioni che lo hanno abitato siamo diretti verso un piazzale accanto al bar-ristorante gestito dai detenuti in semilibertà. Qui nel piazzale ci sono una 25ina di mountain-bike non proprio nuovissime ma funzionanti. Essendo un gruppo di 12 persone ci è voluto qualche minuto per scegliere la bici che andasse bene per tutti.
Finalmente si parte. In un'assolata mattina, con una dolce brezza che ci accoglie arriviamo dopo un paio di chilometri alla sezione "Sembolello". Va premesso che nell'isola, quando c'era il carcere non vi era un unico edificio carcerario, ma varie sezioni penali dove i carcerari lavoravano la terra e vivevano nei pressi dei campi. Il carcere era la stessa isola! Arrivati al "Sembolello" ci fa subito notare che questa sezione è stata la casa del rimpianto presidente Sandro Pertini, quando giovane antifascista fu mandato dal regime fascista in esilio. Qui Pertini passò tre anni e pare che sua madre abbia chiesto al Duce la grazia per suo figlio, ma Sandro Pertini si rifiutò di essere graziato preferendo tuttalpiù la morte che avere un atto di clemenza da parte del suo nemico. Pare che Pertini coltivasse in quegli anni tabacco.
La sezione "Sembolello" è ancora abitata da detenuti in semilibertà e perciò gli interni della struttura ci è proibito visitarla per ovvi motivi. Proseguiamo verso ovest e dopo alcuni chilometri, interrotti da descrizione della flora dell'isola, essendo molte piante endemiche, arriviamo alla famigerata sezione penale "Agrippa" la famosa "41bis" ovvero carcere duro per i mafiosi e i terroristi. Lo scenario della sezione è agghiacciante nonostante il caldo. Sembra Fort Knox. Dalla strada non si vede bene ma Max ci descrive nei minimi particolari la terrificante struttura. Tre muri perimetrali concentrici sorvegliati. Celle di pochissimi metri, controlli ossessivi e ora d'aria in un pozzo strettissimo dove il cielo non si vedeva neanche. Questa era la vita dei vari mafiosi Cutolo, Riina, Santapaola ecc. Sorvegliati 24 ore su 24 anche quando andavano in bagno per i bisogni fisiologici. Accanto all'"Agrippa" c'è la caserma ormai, anch'essa in rovina, che serviva per ospitare la polizia penitenziaria. Tutte le descrizioni che ci ha fatto Max erano particolareggiate e non scendo in particolari perché ci sono tante cose da sapere. Ma sul posto!
Riprendiamo il nostro viaggio e dopo poco arriviamo alla "Torre di Babele". Qui va fatta una parentesi. Un direttore del supercarcere di Pianosa avendo necessità di far atterrare gli aerei sull'isola prese per la collottola tutti i detenuti e li fece lavorare per bonificare dai sassi una striscia lunghissima di terreno per farci la pista di atterraggio. E tutti questi sassi e massi dove potevano finire? A che cosa avrebbe potuto servire tutto questo ammasso pietroso? Essendo appassionato di storia e di mitologia il buon direttore pensò bene di far costruire con questi massi una Torre come quella di Babele, ovverosia concentrica che sale a gradoni. Tale e quale come la Torre di Babele. I lavori si protrassero per anni. Quando i lavori furono terminati la torre era altissima e pare che il direttore ebbe degli screzi con i detenuti. Stufo delle loro lamentele, ordinò di distruggere la torre. E fu fatto. Al termine della distruzione pensò bene di ricominciare il lavoro e fu ricostruita la torre un po' più piccola.
I lettori dell'articolo penseranno alla mancanza di umanità del direttore ma non ci dimentichiamo che i detenuti che erano a Pianosa dovevano lavorare coercitivamente e non potevano certo stare con le mani in mano, pescare e fare bagni. La vita nell'arco dei 160 anni del carcere è stata molto dura per gli ospiti. Molti si ammalavano di tubercolosi e c'erano sezioni apposta per questi malati. Oltretutto molti detenuti sono rimasti lì a Pianosa sotto un metro di terra, non rivedendo la libertà.
Tornando alla Torre di Babele, fu adibita a punto strategico per l'osservazione e successivamente come deposito di acqua per la caserma dell'Agrippa.
Al termine della visita alla Torre ci siamo inoltrati per stradine rigorosamente bianche circondate da vegetazione mediterranea lussureggiante. Di tanto in tanto c'erano fagiani che, grossi come tacchini nel giorno del Thanksgiving, volavano impauriti dalla nostra presenza. La sensazione di stare in quel luogo era meravigliosa perché pensavo che solo 12 persone in quel momento potevano vedere quello spettacolo. Non c'erano macchine, rumore, ombrelloni o turisti accaldati (esclusi noi). Tutto natura e silenzio. Un ricordo indimenticabile!
Arriviamo dopo un altro percorso al cimitero dei detenuti. Lì riposano in un cimitero ricoperto da erbe mediterranee diversi detenuti. Le tombe non sono che pezzettini di terra con una croce di legno per loculo. Lo scenario non incute timore ma pensando a chi ci riposa proviamo una sensazione di compassione. C'è all'interno del cimitero una cappella disadorna e sporca. Al suo interno un altare con fiori essiccati. Sul soffitto un affresco dipinto da un detenuto, il quale si raffigurò fedelmente nell'atto di ricevere la benedizione da Dio ma soprattutto di avere dal Signore le catene della Palla finalmente spezzate. Dovete sapere che nell'Ottocento, e fino agli anni 40 del secolo scorso, i detenuti dovevano trascinare la propria vita con una catena ai piedi e una palla alla sua estremità. La vita era scandita dal lavoro e dal peso della palla e della solitudine. Molti carcerati perdevano il senno e gli ambulatori o ricoveri ospedialieri erano sempre pieni. Ma sempre all'interno dell'isola. Mai a un detenuto è stato concesso di curarsi fuori da Pianosa. Tutto doveva essere circoscritto all'interno di essa.
Dopo il cimitero percorriamo una strada litoranea e facciamo la costa occidentale. Arriviamo a varie calette da favola ma la visita si limita alla visione dall'alto della falesia, essendo severamente proibito arrivare al mare e fare il bagno.
Raggiungiamo dopo altri chilometri Cala della Botte, dove esisteva una sorgente di acqua dolce sul mare. I Romani se ne servirono per rifornire le loro navi ed era un punto strategico per i commerci marittimi. Successivamente nel corso dei secoli è stato sempre usato come rifornimento, come lavatoio, o come abbeveratoio per gli animali. Posto splendido, frescura assicurata, vivo dispiacere di dover proseguire il viaggio.
Altra pedalata e arriviamo a Punta del Marchese, il punto più a nord di Pianosa. Visitiamo sempre dall'alto il Porto Romano. Spettacolo mozzafiato con un'acqua che è cosi trasparente da non sembrare materia. Una colonia di gabbiani pascolano sull'unica spiaggetta della Cala. Che invidia!
Proseguiamo la nostra visita percorrendo la strada litoranea. Anche qui una sequenza di calette da favola. Tutto il percorso era stato pianeggiante ma verso la fine della nostra gita in mountain-bike c'è da fare i conti con uno strappo di salita prima di rientrare al paese. Dopo un po' di chilometri la pedalata si fa dura e arriviamo cotti come fegatelli. Il giro dell'isola in bike ha coperto circa il 60% del territorio. In alcuni punti dell'isola non è possibile accedervi. Comunque il nostro giro si è protratto per 5 ore. Stupendo!
Ma il bello deve ancora venire. Dopo essersi rinfrescati al bagno del ristorante (a proposito, se non volete portarvi il mangiare a sacco esiste la possibilità con 10 euro di pranzare nel ristorante. Cucinano i gentilissimi detenuti. Io non ho mangiato al ristorante per il semplice motivo che anche un solo momento strappato all'aria aperta sarebbe stato sprecato, ma ognuno può fare come crede; de gustibus). Dicevo che il bello deve ancora venire: infatti fiondo in spiaggia a Cala San Giovanni e mi tuffo con la maschera nello splendido mare di Pianosa. Vengo subito circondato da meravigliosi pesci e da un dentice molto corpulento. Questi pesci non hanno paura dell'uomo visto che nessuno o quasi li caccia.
Mitico bagno nelle trasparenti acque e relax per un'ora nella spiaggia finissima. Max mi dice che dobbiamo visitare i "Bagni di Agrippa", mi precipito. I "bagni di Agrippa" sono delle terme romane volute da un nobile romano, Agrippa Postumo (essendo nato dopo la morte del padre), pretendente all'impero romano e ucciso da un centurione nella spiaggia di Cala San Giovanni per ordine di suo fratello Giulio Cesare, poi divenuto Imperatore. Le terme sono sovrastate da un'orripilante struttura in ferro e plastica per proteggerla (?) dalle intemperie. Io manderei in galera chi lo ha voluto far costruire, insieme al "Muro Dalla Chiesa".
Chi ha già visitato alcune Terme romane sa già come sono strutturate quindi non mi dilungo nelle spiegazioni. Comunque la visita è interessante.
E' giunta l'ora di rientrare in paese, di visitarlo e di tornare alla motonave che ci riporterà a Marina di Campo. Visitiamo il borgo con relativa descrizione del luogo da parte di Max e saliamo sulla motonave. Sono le 17.30. Parto con un groppo alla gola. Isola fantastica dove il tempo si è fermato. Ma non per noi, che molliamo gli ormeggi e lasciamo Planasia.
Vi consiglio vivamente di visitarla. Potete avere tutte le informazioni per la visita consultando il sito dell'agenzia Il Viottolo" riportato nei links. Dopo un po' di pazienza per la disponibilità delle date visiterete questo splendido luogo che non è da meno alle Maldive o alle Seychelles. Pianosa è rimasta incontaminata da sempre. Speriamo che si conservi così. Con la possibilità di visitarla a numero chiuso e non vi siano speculazioni di ogni genere. Se visiterete Pianosa diverrete come me sostenitori, amanti e difensori di questa stupenda isola.

Ringraziamo l'Agenzia "Il Viottolo" e gli autori delle foto per la disponibilità nel concederci la pubblicazione delle immagini che corredano il resoconto.

2 commenti in “Pianosa, gioiello dell’Arcipelago Toscano
  1. Avatar commento
    Germano Fabris
    04/09/2005 19:29

    Hai ragione! Ho dimenticato questo importante evento. Merita molto di più andare a Pianosa per visitare la mostra. Per la natura e i bagni possiamo farne a meno! :-)

  2. Avatar commento
    tutti gli anni ci vado
    29/08/2005 00:43

    A Pianosa ci sono anche delle persone che hanno allestito e gestiscono una mostra che alla fine dei conti è molto più interessante della bicicletta e di altro che si può fare altrove, perchè ti fanno vivere Pianosa con i loro racconti, in maniera direi emozionante.

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