Pedalando verso Est - 2^ parte

Martedì 17 Agosto 1999
Ieri sera stavo scrivendo il report e ad un certo punto ho sentito un clacson suonare, mi sono affacciato alla finestra e mi é sembrato di vedere il nostro camper che svoltava dietro un condominio. Ho subito pensato che Fausto e Denis fossero scappati perché qualcuno era andato a disturbarli. Ho svegliato Victor che si é vestito e ha preso il manganello di gomma. Siamo scesi giù di corsa e la baffuta signora della "reception" si é alzata dal divano dove dormiva e si é messa a gridare: "cio je, cio je?!?!?!" (cosa c'é, cosa c'é?!?!?!). Mentre Victor le spiegava sono uscito e ho visto il camper tranquillamente parcheggiato dov'era. Abbiamo tirato un sospiro di sollievo e siamo tornati a letto quasi ridendo. Se aveste visto i dintorni dell'albergo, capireste i motivi di tanto allarme; sembra una città abbandonata e potrebbe essere il luogo ideale per simboleggiare la decadenza degli stati ex-sovietici.
La notte é stata fredda e credo proprio che d'ora in poi non migliorerà. Viene automatico pensare ad un parallelo con le guerre perse di Napoleone e Hitler a causa dell'inverno russo. Speriamo che Fausto non faccia la stessa fine.
La strada é continuata dritta fino ad un posto di blocco prima della frontiera dove ci hanno chiesto 160 Grivnie (80.000 Lire) per il transito. E' sempre difficile capire se ciò che ti chiedono sia dovuto o meno, allora abbiamo preso tempo. Victor ha parlamentato un pò mentre io ho fatto suonare la sveglia del telefonino (non c'é linea) e mi sono messo a parlare virtualmente con l'ambasciata davanti ai poliziotti che mi guardavano. Nel frattempo Victor é entrato negli uffici e ha visto i prezzi dei pedaggi chiaramente scritti, ed erano proprio 160 Grivnie. Viste le nostre resistenze il poliziotto si é commosso e ci ha fatto pagare soltanto 50 Grivnie. Si é messo in tasca i soldi e ci ha dato una ricevuta e la speranza che fosse autentica e non ci creasse problemi in frontiera. In coda per la frontiera abbiamo comprato latte, pane, pomodori e dolci da delle signore che fanno questo lavoro, e ho fatto una frittata a Fausto per accertarmi che la concentrazione di Salmonella non fosse troppo alta. In questo momento, sono passate alcune ore, non sembrano esserci ancora problemi.

Ho avuto il piacere di girare tutti i container (un container per ufficio) della frontiera ucraina assieme a Victor. Siamo passati dal controllo ecologico e quello delle piante, in scioltezza ma non ho ben capito cosa abbiano controllato a parte mettere dei timbri. La prima difficoltà seria é quando una doganiera (si dice così?) stile Nikita un pò stagionata del video di Elton John , ha pronunciato la parola che ha fatto tremare le pareti del camper: "Konfiscacja!". In uno dei quattordici chili di documenti infatti c'era un errore di battitura dell'ufficiale della frontiera ucraino-ungherese dove si diceva che saremmo usciti dal paese il 12.8 invece del 21.8. L'evidenza dell'errore di battitura stava nel fatto che tutti gli altri documenti portavano la data del 21. A confermare l'impossibilità di lasciar perder e questo infimo particolare e la necessità assoluta di confiscare il mezzo per salvaguardare il sacro diritto ucraino, ci hanno mostrato un codice doganale. Ci siamo rivolti all'ufficio competente e ad un certo punto é spuntato un foglietto che portava la seguente scritta: 20$. Era appoggiato innocentemente sul nostro documento sbagliato e indicava con descrizione una via d'uscita al grave problema. Dopo aver parlato col resto della banda del limone da spremere, abbiamo sganciato il malloppo.
Il passo successivo é stato il controllo del contenuto del camper. Adesso non mi ricordo bene per quale motivo ma abbiamo dovuto dare ancora soldi, solo che questa volta ci siamo limitati a 10 Grivnie. Questo ci ha fatto pensare che non bisogna mai dare quello che chiedono e ce la siamo anche presa un pò con Victor. Ma come vedremo in seguito, una regola non esiste. Avevamo davanti a noi la fontiera russa e viste le premesse sapevamo che non sarebbe stato facile, ma non credevamo di finire così. In questo momento sono le 17:00 (siamo arrivati in frontiera alle 11:00) e siamo fermi al controllo passaporti perché manca un documento a Victor. Mentre Denis legge un libro, Fausto ha tirato giù il letto e riposa. Victor invece é alla frontiera Ucraina, a dieci minuti di pioggia a piedi da quà, che aspetta un fax da Daniel della Magazzini Nico di Budapest.

Ma come siamo arrivati a questa situazione? Dopo un oretta di coda per la frontiera russa, sono andato a portare i passaporti al controllo e mi hanno detto di chiamare anche gli altri. Mentre andavo a chiamarli i due doganieri sono venuti verso di noi e sono entrati in camper, si sono seduti senza chiedere e hanno cominciato a guardare i documenti, dopo aver chiesto (per scherzo?) un pacco di pasta che non abbiamo dato. Apparentemente c'era un problema con i documenti di Victor. Prima hanno detto che mancava il visto, che però non é richiesto, e poi che mancava una carta che chiameremo "permesso turistico". Ci hanno detto di tornare a Kiev a farlo e sono usciti dal camper. Allora siamo scesi anche noi e abbiamo spiegato che non potevamo farlo. Poi Victor é andato con loro ed é tornato dicendo che volevano 50 Dollari! La richiesta ci é parsa esagerata e abbiamo dato 20 Grivnie (5 Dollari) a Victor perché glieli portasse. E' tornato dicendo che non li volevano. Dopo parecchi giri, attese, e discussioni abbiamo deciso di cedere perché il tempo passava. Allora Victor é andato a portargli i 50 $ che però hanno rifiutato! Così siamo rimasti bloccati e adesso la speranza é che un fax da parte di Daniel della Magazzini Nico possa farci continuare. Da quanto dice Victor in base a degli avvisi affissi in dogana e alla conferma degli stessi doganieri ai quali ho chiesto, questa potrebbe essere una soluzione. Ma chissà se hanno capito cosa chiedevo. Speriamo di cavarcela velocemente e di non dover tornare indietro. Per oggi la tappa é saltata e Fausto dovrà allungare ulteriormente quelle successive per rientrare nei tempi sui quali non possiamo transigere per motivi sia di lavoro che di visti. Il morale in questo momento é abbastanza basso anche se sapevamo a cosa andavamo incontro, la cosa più snervante é l'incertezza sulle prossime ore. Se passiamo questo controllo, infatti, ce ne sono almeno altri due che potrebbero riservarci delle brutte sorprese, e ci restano pochi contanti. Non sappiamo ancora se potremo ritirare dei soldi con la carta di credito prima di Mosca, e non vorremmo essere costretti a vendere le magliette per pagarci la benzina!

Ore 18:07.
Victor é tornato in dogana ad aspettare il fax e nient'altro si muove. Adesso dorme anche Denis. Fuori piove. Ho riletto le email che abbiamo ricevuto e alcune sono bellissime. Grazie. La mancanza di linea ci fa sentire (credo di poter parlare a nome degli altri) un pò più lontani. Siamo a tre giorni da Mosca, dove ci aspetta Tatiana, una mia amica che vive in Italia. A Mosca verrà a prenderci qualcuno del villaggio della fondazione Unietica di Marjampolé in Lituania, e poi torneremo a casa per la Polonia che conosco bene. Da Mosca in poi saremo tranquilli. Siamo a tre giorni da Mosca e questo é forse il punto più "lontano" finora raggiunto. Già a Mosca saremo più "vicini" a qualcosa di sicuro. Intanto il tempo passa e Victor non torna, perché il fax non arriva? Scrivo il diario di bordo che non posso spedire e anche questo é un pò frustrante. Ancora una volta forse il viaggio sta per finire e noi possiamo solo aspettare. Ripenso ai momenti di L'viv, quando non sapevamo dov'era Fausto. Aspettare é brutto. Fuori piove e Denis si é svegliato. Ha già in mano la telecamera e non sa che lo sto scrivendo, la punta verso la dogana e riprende i nostri nemici, di nascosto perché é vietato. Mi sono affacciato e gli ho detto cosa c'era fuori mentre riprendeva con la telecamera nascosta.

Mercoledì 18 Agosto 1999
Ieri ho interrotto il report di colpo perché quando eravamo ormai al colmo della disperazione é tornato Victor. Era tutto bagnato, ormai fuori diluviava, e noi stavamo provando a dormire per dimenticare la situazione. Aveva in mano il fax di Budapest. Ci aveva messo tre ore, perché a Budapest avevano problemi con il cirillico. Allora io e lui siamo tornati al controllo passaporti e dopo qualche minuto di silenzio, attraverso la finestrella, abbiamo visto una mano che timbrava, molto lentamente, i nostri visti. E' stata una cosa incredibilmente lunga, come se stessero costruendo un castello di carte, e in ogni momento un soffio di vento potesse farlo cadere. Avevo paura di vedere la mano fermarsi, spuntare un faccia e una bocca pronunciare parole incomprensibili, ma dal significato chiarissimo: nuovi problemi. La mano ha preso in mano il timbro e lo ha appoggiato dolcemente sul primo visto: ciak...ciak...ciak....la pioggia portata dal vento ci bagnava anche sotto gli ombrelli, mentre io guardavo verso la sbarra; al di là c'era la Russia, e ascoltavo il rumore del timbro sul secondo visto: ciak....ciak......ciak. Dietro di noi altre persone in coda, bagnate e stanche. Terzo visto: ciak..ciak...ciak. Il comandante si muove e dice qualcosa al subordinato con i timbri. Speriamo non riguardi noi. Fax: ciak...ciak...ciak.... La mano raccoglie i passaporti e ce li passa. Victor li ha in mano. Lo guardo e mi guarda. Andiamo al camper? No, aspetta, adesso c'é la dogana. Ah, si, già, la dogana. Se ci chiedono soldi glieli diamo subito. Victor parla col doganiere. Sembra a posto e sa che aspettiamo da varie ore. Ci consegna un formulario e ci spiega come riempirlo. Andiamo al camper. Tutto a posto? chiede Fausto. No, non ancora. Riempiamo il formulario e andiamo al numero 22. Entriamo in uno stabile. Ci sono vari sportelli. Al 22 c'é una signorina. Passaporti e libretto, prego. Ecco, li guarda e comincia a cercare qualcosa, poi dice a Victor che il nome del proprietario del camper non é uguale a quello del passaporto. Le spieghiamo che é noleggiato. Va dal responsabile e la seguiamo. Aspettiamo davanti allo sportello. Ci vuole un documento. Vado a prenderlo, ma so che non vale niente. E' in italiano e non ha timbri. Torno nello stabile con Denis perché il documento é a nome suo. Ricompiliamo il formulario e lo diamo alla ragazza che esce e torna dal responsabile che é un militare. Aspettiamo. Parla con Victor e c'é un problema. Manca un documento dove si dice che il proprietario ci ha dato il mezzo. Victor parla per qualche minuto con lui e alla fine ci dice il risultato. Il responsabile, noto la bottiglia di vodka, dice: "Avete due possibilità: andate in Italia a farvi fare il documento o andate in Italia a farvi fare il documento e in più vi confisco il camper che potrebbe essere rubato". Dico a Victor di dargli dieci dollari e di dirgli del viaggio, della radio, di internet, della televisione. Gli faccio vedere la brochure e la maglietta. Non gliene frega niente, neanche dei soldi. Dobbiamo tornare indietro. Ci facciamo spiegare bene che documento ci vuole. Victor scrive. Torniamo in camper. Che facciamo? Restiamo e aspettiamo il cambio. Può darsi che quello dopo sia più morbido. No, se non ha accettato i soldi vuol dire che il problema é reale. Penso a tutte le macchine rubate che finiscono in Russia e sono sicuro che passano senza nessun problema.

Può darsi che abbia sbagliato l'agenzia. Ma sarebbe assurdo. Decidiamo di tornare in Ucraina, e domani chiamare in Italia per vedere cosa fare. Però com'é che torniamo se hanno staccato una parte dei visti? Victor va a fare il giro per chiedere come fare per tornare senza problemi. Io torno in camper da Fausto e aspettiamo. Vedo Victor con Denis, ormai é scuro, che tornano al 22. Li seguo. Entro e li vedo allo sportello. C'é parecchia gente. Mi avvicino. Victor ha in mano passaporti e visti. Aspetta per parlare con il responsabile. Che senso ha insistere ancora? Cos'é successo? Mi mostra i visti. Sulla terza pagina c'é scritto qualcosa in cirillico e il nome del camper. E' il documento che serviva! Era su tutti i visti e non se n'é accorto nessuno! Com'é possibile? Tutto é possibile con la burocrazia. Siamo a posto adesso? Saremo a posto solo una volta passata la frontiera. Aspettiamo. Che c'è? Dice il responsabile. Victor gli spiega. Il responsabile prende i visti e dice alla ragazza che registri la macchina. Possiamo passare. Bisogna fare delle fotocopie autenticate dei documenti. Dove? Numero 18. Andiamo, non c'é nessuno. Attraverso il vetro una ragazza dorme sul divano. Aspettiamo. Ne arriva un'altra che fa le fotocopie. Torniamo dalla ragazza che comincia lentamente a scrivere al computer. Ci mette cinque lunghissimi minuti. Poi si alza e torna dal responsabile che mette un foglio nella stampante e ce lo fa firmare. Lo controlliamo. C'é un errore, il numero di carrozzeria é sbagliato e sappiamo che potremmo pagare caro l'errore alla frontiera con la Lituania. Glielo facciamo notare. Lui corregge a penna il numero del motore che era giusto. La bottiglia di vodka é ormai vuota. Gli dico che ha sbagliato. Grida, sbatte il foglio per terra e torniamo nell'ufficio della ragazza. Passano alri cinque minuti. Torniamo dal responsabile che ristampa il foglio e annulla il documento col quale ci avevano respinto. Torniamo dai primi doganieri, quelli del timbro. Sono ancora lì, dodici ore dopo. Il capo dorme sul suo cappello. Ricomincia il rito dei timbri. Ci ridà i passaporti. Saliamo in camper e lentamente ci avviamo alla sbarra. C'è un ufficiale che ci ferma e chiede qualcosa. Victor risponde, la sbarra si apre, passiamo. Siamo liberi. Siamo in Russia. Siamo liberi?

Ci abbiamo messo dodici ore.

Siccome era molto tardi, abbiamo deciso di non cercare un albergo e di dormire tutti in camper in un luogo appartato. La mattina ci siamo svegliati e ci siamo accorti di essere praticamente nella piazza del paese, davanti all'unico negozio. Fuori c'erano delle signore con i fazzoletti in testa che ci hanno chiesto cosa vendevamo.
Anche se non avevamo niente da vendere, sono rimaste lì a parlare con noi, a guardare dentro e fuori il camper, a ridere e a farsi fotografare. Ogni tanto passava qualcuno e lo fermavano per spiegargli chi eravamo. Ho dato loro dei volantini e si sono quasi commosse quando ho detto che potevano tenerseli. Victor é andato a comprare del latte in una casa lì vicino. Io volevo comprare del pane nel negozio ma non avevo rubli. Allora sono andato a prendere una maglietta e l'ho proposta in cambio di una pagnotta che costa 250 Lire. La signora ha detto di non essere la proprietaria e quindi di non poter accettare. Però poteva comprarmi la maglietta. Allora gliel'ho venduta a 250 Lire, che mi ha dato. Ho contato i soldi e glieli ho ridati per comprare, regolarmente, il pane.
Mentre eravamo in negozio, Fausto si é visto entrare un passeggero che credeva il camper fosse un Taxi. Le signore lo hanno informato dell'errore e lui é scappato ridendo. Tutto questo mentre Fausto faceva colazione e accoglieva il potenziale cliente col cucchiaio in bocca. Prima di andare via, le signore ci hanno chiesto le foto che Denis ha scattato. Hanno poi capito che non potevamo dargliele subito e se ne sono andate ringraziando. Come primo contatto con la gente russa é stato molto positivo. La prima buona impressione é stata confermata dal cuoco di un risto-negozio-bar che ha regalato a Fausto un'icona della Madonna con bambino per augurargli buon viaggio. Fausto ha ricambiato con una maglietta. Poi Victor ha regalato degli occhiali da sole Arlecchino alle signore, che hanno apprezzato. Prima di andare via, il cuoco é tornato chiedendoci degli autografi! Fausto era già partito in bici. Più avanti, un poliziotto ha chiesto a Victor se eravamo quelli del "Viaggio della Pace" Venezia-Mosca in bicicletta. Come lo ha saputo? Forse l'ambasciata ha emesso un comunicato alla polizia. Adesso siamo in Russia e anche la situazione generale del paese sembra migliore. Le strade sono abbastanza buone, ci sono lavori di miglioramento in corso, la polizia non ci ha ancora fermati (impensabile in Ucraina!) e la gente é simpatica. La parte finale del viaggio non dovrebbe riservarci brutte sorprese.
Speriamo.

Giovedì 19 Agosto 1999
"Se trovo chi ha detto che l'Ucraina e la Russia sono tutta pianura gli....!!", sono quasi tutte le parole di Fausto dopo una serie estenuante di salite e discese che dura ormai da parecchi chilometri. Qualcuno gli aveva infatti assicurato che dopo i Carpazi, la strada sarebbe stata tutta pianeggiante, ma non é così. Non sempre le cose sono come ci si immagina. E' toccata anche a me che credevo che la carta Visa fosse un qualcosa riconosciuto in tutto il mondo e oggi sono andato in due banche dove i Bancomat non davano soldi e i cassieri si allineavano a questa politica. Siamo quasi a zero contanti e stiamo dando fondo alle risorse di dollari personali. Per fortuna domani saremo a Mosca dove non dovrebbero esserci problemi. Ho avuto un'esperienza snervante per cambiare 50 dollari in banca. Dopo dieci minuti di attesa di fronte a una porta, con un militare di guardia che mi doveva controllare il passaporto, che l'ha fatto solo un attimo prima che entrassi, e che si é messo a guardare con aria interessata tutti i visti e timbri che ci sono sopra; sono entrato in un ufficio dove dietro una finestra a prova di mitragliatrice un impiegato dagli occhiali giganteschi ha effettuato con una serietà e lentezza esasperanti il cambio, registrando tutti i dati del mio passaporto e contando le banconote una per una.

Questo é successo a Orel, la città dei Samovar, cioé le teiere tipiche russe che se leggete un libro di Tolstoj, Checov o di qualsiasi autore che finisce per ...enko, ...ov, ...nin, troverete questa parola ogni due pagine e mezza. Il Samovar sta alla letteratura russa come le battute di Groucho ai fumetti di Dylan Dog (avrei potuto fare paralleli più elevati, ma ne sarebbe valsa la pena?).

Oggi é stata la giornata durante la quale abbiamo finalmente dato via un bel pò di occhiali della Arlecchino, che é una cosa che mancava nel programma. Non era un granché difficile, gli occhiali sono belli e gratis, ma bisognava trovare il tempo e volevamo darli a dei bambini. Oggi, dopo aver schivato l'ennesima multa, abbiamo visto appunto dei bambini che giocavano fuori delle case. Io e Victor siamo andati a comprare dei funghi, come scusa per attaccar bottone con le mamme, e poi abbiamo chiesto se potevamo regalare degli occhiali e filmare. Sono andato a prenderne un sacchetto e, dopo la diffidenza iniziale, ci siamo trovati in un villaggio di bambini miopi. Tutti indossavano gli occhiali e se li sono tenuti fino alla fine! L'atmosfera era bella e i bambini bellissimi, a parte un ragazzo sui vent'anni che non trovava gli occhiali adatti al suo fascino e che voleva, oltre ai miei, anche le mie scarpe. Alla fine mi ha perfino chiesto un autografo! Le mamme sono state gentilissime. Avevo un pò paura di fare il ricco che regala gli occhiali ai poveri e ho insistito perché Victor facesse capire loro che facevamo solo pubblicità. Spero che nessuno di quei bambini avrà mai bisogno di occhiali (a parte quelli da sole!), ma sicuramente in quel villaggio chi ne avrà bisogno li troverà.
Per strada mi sono fermato per far passare una vecchietta che stava attraversando dopo essere andata in chiesa. Era ancora sull'altra corsia e non sapeva se passare. Quando mi ha visto fermo l'ha fatto e, una volta arrivata dall'altra parte, ha fatto il segno della croce nella nostra direzione. Denis dice che l''ha fatto verso la chiesa, ma l'angolatura della sua mano destra indicava inequivocabilmente che lo faceva a noi e tanto una chiesa ne riceve a migliaia ogni anno mentre per noi é ancora abbastanza raro (anche perché abbiamo un pubblico di miscredenti). Col cuore pieno di sentimento religioso, abbiamo continuato verso Mosca, mentre Fausto stava ancora probabilmente imprecando verso le mancate pianure russe. Avrete ormai capito che sono a corto di argomenti ma devo pur riempirla questa pagina del diario di bordo, senò chi li ammortizza i soldi che avete speso per collegarvi oggi? Del resto il viaggio é così, a volte succede di tutto, a volte invece le ore passano tranquille.

Domani sarà sicuramente un giorno particolare: si arriva a Mosca!

Sarà la fine di un viaggio unico ma non c'é una grande emozione nell'aria, forse perché non ce ne rendiamo conto e non abbiamo voglia di pensarci. Questi giorni sono in questo momento la nostra vita e ci sembra impossibile che stia per finire. Ma domani, dietro ad un semaforo, spunterà la Piazza Rossa, e allora capiremo veramente...

Venerdì 20 Agosto 1999
Siamo a Mosca. Dal dodicesimo piano di un condominio possiamo vedere un bellissimo palazzo illuminato che dovrebbe essere l'Hotel Ucraina. Ogni città evoca un'immagine diversa in ogni persona. Mosca mi ha sempre fatto pensare a una strada grigia e ventosa con delle persone che camminano a testa bassa e un mendicante per terra con una bottiglia di vodka a scaldarlo. E' la prima immagine che mi é sempre venuta in mente e non so perché. Oggi quest'immagine é morta, destinata ad essere seppellita come una foglia da cento altre foglie in autunno. Era un'immagine in JPG da una quarantina di Kb, che veniva poi seguita da un'altra, classica, della piazza rossa e infine una terza del parlamento bombardato durante il golpe di qualche anno fa. Il tutto ci sarebbe stato in meno di un floppy disk. Ma Mosca in un floppy disk non ci sta. Il solo Hotel Ucraina infatti meriterebbe un ricordo in altissima risoluzione e quando Denis me l'ha mostrato avevo il cervello abbastanza aperto per permettere all'immagine di imprimersi con decisione.

Siamo a Mosca da meno di otto ore e so già che anche questa città non mi sarà più straniera, così come non mi é più straniera tutta la strada che porta da Venezia fino a qui. Il viaggio di Fausto in bicicletta é finito e se questo é il diario di bordo di Venezia-Mosca, dovremmo lasciar parlare lui. Ma adesso dorme e chissà a cosa starà pensando, non certo ad alzarsi, venire in cucina e scrivere.

Mosca si é avvicinata piano piano. Qualche giorno fa é apparsa sulla mappa che studiavamo. Oggi con un cartello che indicava 60 chilometri, poi con un altro a 30, poi con uno grande a dieci. La strada diventava sempre più trafficata e ad un certo punto si é vista una grande costruzione in lontananza, ci siamo inoltrati nel traffico seguendo Fausto, una macchia gialla e rossa in costante pericolo di vita, in mezzo a decine di lamiere in movimento apparentemente indifferenti alla sua sorte. Prima sono cominciati i "blocchi", cioé quegli immensi condomini tutti uguali che si trovano in tutte le periferie delle città dei paesi ex-sovietici, che sono continuati per parecchi chilometri. Poi si é visto qualche palazzo elegante, e alla fine, senza quasi accorgercene, ci siamo trovati in città a cercare la Piazza Rossa. Ad un certo punto abbiamo visto le inconfondibili guglie della chiesa di San Basilio, ed abbiamo costeggiato il fiume Mosca fino a passarlo grazie ad un ponte e a doverci arrendere in un parcheggio, mentre Fausto, lui, entrava nella piazza in bicicletta, da solo.

Non sappiamo cos'ha provato in quel momento, ma possiamo immaginarcelo. Lo racconterà sul sito, se ne avrà voglia, o forse solo a chi vuole lui, stà di fatto che io non lo so. Immagino già i commenti: "Ma come? La parte più importante del viaggio non ce la racconti?". No, non ve la racconto perché non la so, primo. Secondo, non é la parte più importante del viaggio e se dite così vuol dire che non avete capito proprio niente, andatevi a rileggere i report. Terzo, e se avesse detto: "Me a 'spettavo più rossa...."? Avrei potuto dirvelo? Che figura ci avrebbe fatto? E noi, che andiamo in giro con una testa del genere? Oppure se avesse detto: "L'uomo va dove lo portano le sue idee", ad alta voce e con faccia seria, noi non saremmo stati comunque lì perché non ci ha aspettati. Forse l'ha detto ma chi volete che l'abbia capito? In mezzo a tutti quei russi che non parlano neanche l'italiano certe uscite non fanno effetto. In definitiva é stato un suo momento personale, e ne farà quello che vorrà.

Noi, e questo é sicuro, siamo a Mosca e abbiamo dietro a noi ventun giorni che sembrano tre mesi. E' stata questa forse la più grande sorpresa del viaggio e qui ritorniamo al discorso dei Kb. Cioè nessuno di noi tre ha la percezione che il viaggio sia durato 21 giorni, si và tutti dai due ai tre mesi. Fausto ha parlato di Imra, l'ungherese del carretto, che abbiamo conosciuto circa due settimane fa e nessuno riesce a credere che il tempo si sia dilatato in maniera così assurda e che quella cosa sia successa questo stesso mese. E' come se avessimo subito un' "allucinazione temporale". Adesso é tardi e il viaggio non é finito, quindi lasciamo tutti i commenti ai prossimi giorni. Raccolgo le ultime forze prima di andare a letto, per ringraziare tutti quelli che ci hanno creduto e che ci hanno aiutato. Il valore di questo viaggio é grande, talmente grande che ne coglieremo la portata solo allontanandocene col tempo. Il nostro grazie va anche a chi ci ha scritto e speriamo che nei prossimi mesi, qualcuno riesca a spiegarci in modo chiaro il perché una cosa del genere ha avuto senso, perché noi lo sappiamo ma non troviamo le parole.
Con una palpebra chiusa e l'altra semichiusa, saluto tutti a nome di

Fausto (che dorme), Denis,(anche) e Luca (quasi).

Sabato 21 e Domenica 22 Agosto 1999
Il viaggio Venezia-Mosca in bicicletta é finito ma siamo ancora in viaggio. Dobbiamo tornare a casa e sulla via del ritorno ci fermeremo a..... (occhiata alla cartina per lo spelling)......... Marijampolé, in Lituania dove ci aspettano al villaggio Nico, una struttura che accoglie bambini abbandonati. Andiamo avanti col diario di bordo oppure no? Boh, io intanto scrivo. Adesso é lunedì e stiamo viaggiando sulla mitica M1 Mosca-Minsk. Mitica perché é una strada eccezionale dove il nostro mezzo può raggiungere i propri limiti in piena tranquillità. In più é praticamente deserta. E' una strada da sogno per noi veneti costretti continuamente a reprimere gli istinti di potenza delle nostre bellissime auto davanti a camion, semafori e centri abitati.

Ma adesso vi voglio parlare di Mosca. Anzi no, un attimo: Fausto sta guidando il camper e non sembra a proprio agio sulle quattro ruote, testimone Denis che non riesce a rilassarsi nonostante i vari "riassite, stà tranquìo", di Fausto. Bon, Mosca. E' stata il centro del mondo comunista per settanta anni, e da qui si capisce che voleva essere il centro del mondo e basta. E' concepita per essere immensa. Immaginate una strada a una, due, tre, quattro, cinque corsie, una corsia in mezzo, altre cinque corsie in senso opposto e ai lati due corsie vuote dove puoi parcheggiare o fermarti per filmare: tredici corsie! E questa é la strada. Ai lati, dei marciapiedi larghissimi e palazzi altissimi che costeggiano la strada. La maggior parte sono bellissimi.
Alla fine tra un palazzo e il palazzo opposto ci sono cento metri! Immaginate di girarla in macchina e di vedere ogni cinque minuti un palazzo della cultura, che é praticamente una costruzione a base larga, di colore sul marrone chiaro, che va via via restringendosi verso l'alto e termina come un grattacielo. Una cosa immensa. Ce ne sono sette e ognuno ha una funzione diversa: ministero, albergo, centro culturale, ecc...Questi "palazzi della cultura" sono stati sparsi in giro per i paesi dell'est, tipo quello di Varsavia, che volevano buttare giù, ma che é ancora lì. Onestamente sono belli anche se a qualcuno ricordano il comunismo e tante cose brutte. Comunque girarla in macchina é relativamente facile appunto perché non sei mai chiuso in una stretta via ma hai sempre sott'occhio mezza città.

Ci ho provato, ma a dire la verità mi sto già annoiando a cercare di descrivervi la città dal punto di vista architettonico, compratevi una guida o fate una ricerca in Internet, che foto ne trovate a migliaia. Preferisco dirvi per esempio che Mosca é molto pulita. Più di New York o Parigi. E' ordinata, e sembra sicura anche se dicono che sia pericolosa. C'è la chiesa di Cristo Salvatore che Stalin ha distrutto (ci ha messo tre giorni per farlo) e che adesso hanno appena ricostruito. Ti aspetteresti un interno molto grande ma ci sono talmente tanti corridoi e stanze che alla fine il locale dell'altare é grande come in una delle nostre chiesette. E' pieno di bancarelle che vendono articoli religiosi e sembra un centro commerciale del sacro. Stalin voleva metterci al suo posto un'immensa statua di Lenin, che in questo modo avrebbe potuto sorvegliare la città da quel punto strategico, ma una volta distrutta la chiesa, é uscita acqua da una falda e ne hanno fatto una piscina! Immaginate la gente che ci abitava davanti che ha assistito a tre giorni di scoppi e poi si é trovata davanti un cumulo di macerie dove prima magari andava a pregare. Comunque statue di Lenin ce ne sono ancora e il simbolo della falce e martello non é sparito. Se ne vedono dappertutto e ci mancherebbe anche altro che abbiano il tempo e i soldi per toglierli. Fanno parte della loro storia ed é giusto che restino. Ma chissà come mai non ci sono statue di Stalin, non era lui quello del culto della personalità?

Uno strano effetto lo fanno i McDonald's scritti in cirillico; così come la Pepsi, la Coca e tutte quelle bellissime invenzioni del capitalismo americano che rendono il mondo più uniforme e i mal di pancia, l'obesità e le carie dei valori universali. Le macchine: la macchina tipo del moscovita é una Lada (la Fiat 128 per intenderci). Quindi immaginatevi la strada di cui sopra piena di Lada, rosse, bianche e beige, che formano un tappeto di macchine attraverso il quale sfrecciano Mercedes immense dai vetri oscurati, BMW lunghissime con i cerchi in lega e varie macchine americane di lusso. La classe media dov'é? E' pieno di polizia, ad ogni angolo di strada. In altre occasioni questa presenza costante, forse invadente, avrebbe potuto suscitare fastidio; ma siccome ci hanno aiutato a girare per la città, dato che Tatiana domandava sempre a loro, la nostra impressione é che siano molto utili al mantenimento dell'ordine pubblico. Insomma Mosca, come Kiev, appartiene all'occidente anche se forse a spese del resto del paese. Comunque la Russia non sembra presa male, anzi. C'é gente che lavora un pò dappertutto e questo é un buon segno. La polizia non ci ferma mai, e questo é un altro buon segno. La benzina costa poco (sulle 400 lire al litro) e questo vuol dire che ne hanno. In Ucraina, costava almeno il doppio, a parità di stipendi. Ma torniamo a Mosca. Sabato abbiamo visto qualche decina di sposi al parco e al panorama. Credevamo fosse un giorno particolare per i matrimoni ma Tatiana ha detto di no. Certo se pensate che ci sono tredici milioni di Moscoviti, non sorprende molto che ci siano così tanti sposi . Ci sono dei musicisti che vanno in giro a suonare per gli sposini e la gente balla. Tatiana dice che i russi ballano sempre e che divorziano spesso (per il divorzio bastano solo tre mesi). Il metrò é bello, almeno le stazioni più vecchie. Anche queste concepite per la capitale di un impero, con statue, mosaici e rifiniture bellissime. La stazione dalla quale é partito Victor, che salutiamo ufficialmente, é come tutte le stazioni del mondo. Così come la via commerciale e pedonale: si assomigliano tutte.

La gente? Non é proprio una città cosmopolita all'occidentale, ma si vedono facce di tutti i popoli dell'ex impero sovietico. Non sono mica tutti bianchi e biondi come si potrebbe credere. Ci sono parecchie persone con la pelle un pò più scura, i capelli e gli occhi neri o i tratti orientaleggianti. Guardacaso anche qui nel metrò la polizia controlla loro e non gli altri. Che essere scuri sia una colpa in tutto il mondo? Le ragazze sono belle ma la commissione FDL ha sancito all'unanimità e a sorpresa un livello più alto a Kiev.
Non mancano certo le vecchiette che fanno la carità e chissà che duro l'inverno se già adesso di sera fa freddo. Vedere i poveri qui é diverso perché da noi nessuno lo dice ma tutti pensano che se uno é povero in fondo é colpa sua, mentre qui probabilmente sono le 20.000 Lire di pensione che non bastano neanche per il latte e il pane. E pensare che erano abituati ad avere il minimo garantito. A molti il capitalismo dev'essere apparso come un mostro che veniva a dirti che la tua pensione non cambierà ma che adesso i soldi finiranno il dieci del mese e dopo dovrai arrangiarti. Si sono visti pochi ubriachi ma la bottiglia di birra in mano alle dieci di mattina non é uno spettacolo inusuale, un pò come il cappuccino per noi. Al contrario di quanto pensassi la Vodka é sempre costata tanto: una bottiglia si portava via un decimo di stipendio anche ai bei tempi e si beveva vino quando non c'erano soldi, e questo ce lo dice Tatiana che é laureata in enologia.

Scena da film: una macchinona gira per il vicolo dove siamo parcheggiati e si ferma davanti la terrazza di un bar. Ci sono una ventina di ragazze sedute, tutte si alzano e si mettono in fila davanti alla macchina, si apre il finestrino, passa un secondo, e una ragazza monta e se ne va. La prostituzione a Mosca, come dappertutto, é alla luce del sole e rende i muri e le strade un pò meno città e un pò più giungla, dove il più forte mangia il più debole. Ecco, questa é la Mosca che abbiamo visto in due giorni e che ci portiamo a casa. Qualcuno dirà che non é le vera Mosca e non potremo fare altro che dargli ragione, ma almeno adesso questo nome evocherà più di un paio di immagini stereotipate nel nostro cervello e, cosa fondamentale, evocherà delle emozioni. Ogni volta che sentiremo questo nome, sarà come se qualcuno premesse un bottone nelle nostra anima che libererà un fiume di immagini e sensazioni legate all'intero viaggio.

Questa città non sarà più per noi solo un nome....

Lunedì 23 e Martedì 24 Agosto 1999
Dopo aver riconsegnato le chiavi a Tatiana che ci aveva gentilmente procurato l'appartamento e portati in giro per la città con la sua simpaticissima figlia Diana, siamo partiti alla volta della Lituania. La bici Scapin, assolto fedelmente il proprio compito, riposava maestosa e infangata del fango di cinque nazioni, nel camper, mentre noi ci apprestavamo a passare la Bielorussia.
Tutto quello che sapevamo su questo paese era che é un qualcosa di molto simile alla Russia, sia per quanto riguarda la lingua che per quanto riguarda tutto il resto, e che il presidente é un mezzo matto nazionalista di nome Lukasenko. Adesso siamo a Marijampolé, il giorno dopo, e Lukasenko non può più farmi niente, quindi dò libero sfogo alle proteste. Primo, non ho capito perché abbiamo pagato 25 Dollari per il transito e altri 20 (in realtà 10 alla russa) per la ristrutturazione delle infrastrutture del paese, pur avendo passato pochissimo tempo in Bielorussia. Secondo, perché abbiamo pagato la cifra spropositata di 1.500.000 di Rubli Bielorussi per la terza (ormai consueta) multa per eccesso di velocità di Denis (68 Km/h, sta migliorando). Terzo perché al McDonald's (ebbene si! Ma non c'era altro) di Minsk (capitale) abbiamo pagato tanto, neanche fossimo in Italia.

Per spiegarvi la Bielorussia che abbiamo visto ci metto un'attimo: una strada a quattro corsie tutto sommato buona, campi a destra e a sinistra ma nessun campo GSM, qualche vacca, qualche contadino ai lati della strada col secchio pieno di patate o mele da vendere. Ogni tanto un distributore dove prima paghi e poi ti aprono la pompa (a volte con troppa foga visto che mi sono beccato un litro di Diesel in faccia!). E per finire una quasi totale assenza di gente. Lo so che qualcuno starà già pensando che sono un materialista che non riesce a cogliere la poesia degli spazi aperti e del paesaggio rurale immacolato, ma vorrei vedervi dopo cinquemila chilometri di frumento e girasoli. Poi c'é Minsk che mi ha provocato una sensazione strana della quale non riuscivo a capire l'origine. Strade larghe come a Mosca, palazzi immensi e alcune costruzioni moderne. Si potrebbe dire bella ma come in un film di Benigni (eccolo il motivo della strana sensazione) c'é pochissima gente! Sembra di essere in Italia durante la finale del campionato del mondo!

La sera siamo andati a farci un giro e la via pedonale, imperiosamente lunga, era affollata solo per un centinaio di metri. E indovinate dov'era il punto di raduno....il McDonald's! Una catena di fast-food che diventa centro di aggregazione della gioventù della capitale! Non si potrebbe cogliere in modo più chiaro la voglia di nuovo di questi ragazzi, la voglia di vivere come i coetanei americani ed europei. Tutti fuori e pochi dentro però, perché a Minsk il McDonald's é talmente caro che é un ristorante di lusso! Prima di cambiare argomento volevo informarvi che un milione di rubli bielorussi corrisponde a circa settemila lire! C'è quindi un paese al mondo dove un italiano può provare le stesse sensazioni che provano gli stranieri dopo aver cambiato dei soldi in Italia. Dai dieci e ricevi ventimila! Di solito gli stranieri in Italia ridono e così abbiamo fatto anche noi, almeno fino a che ci siamo ricordati delle nostre amate, leggerissime, lire...

La frontiera Bielorussa-Lituania ci é costata quasi tre ore di attesa, e si é visto subito che stavamo per tornare in Europa, appena arrivati alla dogana Lituana. Tutto nuovo, pulito e organizzato. E pensare che per noi fino a qualche anno fa era tutto Russia! La benzina qui, prima la metti e poi la paghi, tanto per capirci. Anche il paesaggio é cambiato, ci sono laghi e le strade devono essere bellissime da fare in bici. Le case sono nuove e la segnaletica chiara. Insomma sembra quasi di essere in Austria. Siamo arrivati al Villaggio Nico verso sera e domani ve ne parlerò approfonditamente. Comunque fa un freddo....

Mercoledì 25 Agosto 1999
Marjiampolè è un villaggio di dodici case dove vivono un'ottantina di ragazzi orfani o abbandonati che é nato su iniziativa di Monsignor Kazlauskas, un prete lituano che ha vissuto a Roma dall'invasione sovietica della Lituania fino alla fine del comunismo. Non era mai potuto rientrare in patria durante il regime e ha sempre lavorato alla Radio Vaticana. La sua idea é stata di sottrarre i bambini abbandonati alle strutture statali per ridare loro qualcosa che assomigli il più possibile a una famiglia.
Nel villaggio i bambini vivono in una vera casa con una "mamma", cioé una donna che abita con loro tutto l'anno e una o più "zie", delle signore che vengono durante la giornata. Grazie ai soldi derivati dal progetto 1% il villaggio ha potuto costruire parecchie nuove case. I Magazzini Nico hanno infatti devoluto i proventi di un anno di operazione 1%, al villaggio. L'operazione 1% consiste nel dare la possibilità al cliente di ottenere uno sconto dell'1% sull'acquisto e di decidere poi di pagare il prezzo pieno e di trasferire l'1% sul conto corrente del progetto. In altre parole : se tu ti compri una giacca che costa 100.000 Lire puoi scegliere di andare alla cassa normale o a quella dell'1%. Se vai alla cassa normale paghi la tua giacca 100.000 Lire e te ne vai a casa. Se invece vai a quella dell'1%, paghi la tua giacca sempre 100.000 Lire, però 99.000 Lire vanno alla Magazzini Nico, mentre 1000 Lire vanno in banca e alla fine verranno usati per iniziative tipo questa. Ecco adesso avete capito che quell'1% sulla maglia di Fausto non é la percentuale di grassi del latte che beve. A pochi chilometri dal villaggio sorge una nuova zona industriale che accoglierà delle ditte italiane. E' gestito dalla Fondazione Etica ed Economia di Bassano che in questo modo permette la creazione di posti di lavoro per giovani lituani e il posizionamento nell'Est Europeo di aziende della nostra zona. Funziona più o meno così: al villaggio ci sono dei corsi gratuiti di italiano per giovani lituani. I più meritevoli vengono mandati in Italia presso delle ditte interessate che si occupano della loro formazione sia in azienda che presso la Scuola di Etica ed Economia. Una volta che questi ragazzi sono pronti, tornano in Lituania e aprono la filiale locale. A coordinare il tutto c'é un bolognese verace di nome Elio Baccilieri che ci ha accolti al villaggio e fatto da cicerone durante la nostra permanenza. C'erano anche due ragazzi di Rosà, Riccardo e Michele, proprietari di una ditta che si sta stabilendo appunto nella zona industriale di cui sopra. La giornata é stata molto divertente, tra riprese e distribuzione di caramelle e occhiali ai bambini.
La mattina sono rimasto un pò con i ragazzi che studiano italiano. Le ragazze, bellissime, sono già tutte sposate dall'età di vent'anni e dicono che anche qui si divorzia facilmente.
Siamo andati a cena dal Monsignore che ci ha parlato del problema dell'abbandono dei bambini in Lituania. Il regime sovietico ha fatto di tutto per svalutare la famiglia a vantaggio dello stato e ciò ha portato a una disgregazione della famiglia e a un numero di abbandoni molto elevato. L'alcolismo gioca un ruolo fondamentale in questo processo. A giudicare dall'atmosfera i bambini si trovano bene, sono molto aperti e sono stati molto simpatici con noi. E' chiaro che tutti vorrebbero tornare a casa, ma se sono lì vuol dire che non é possibile. Il villaggio cerca di favorire il ricongiungimento, ma é rarissimo che i genitori riescano a guarire dall'alcolismo o comunque a riaccogliere i figli in un ambiente positivo. E' già successo che i bambini dovessero tornare al villaggio dopo un tentativo di ritorno andato a vuoto, e il risultato é stato traumatico. Dal punto di vista finanziario adesso il villaggio vive di donazioni che arrivano da vari paesi. Siamo andati a cena dal Monsignore e avreste dovuto vedere la tavola: frutta, cioccolata, salame, caramelle, carne, pomodori rossi e gialli, vino e bibite. Tutto sul tavolo fin dall'inizio. La visione d'insieme era molto particolare. Dopo cena abbiamo accompagnato il Monsignore a Kaunas, che é la seconda città della Lituania, e siamo andati a farci un giro in centro ad ammirare le bellezze immobili e quelle mobili. Due cose incredibili: da un certo punto in poi é vietato fumare per strada. Ci sono dei cartelli ad indicarlo e i ragazzi ci hanno detto che la multa é assicurata se non si rispetta il divieto! La Svizzera dell'est. L'altra cosa, che dovrebbe farci riflettere, é che le banche sono aperte fino a mezzanotte! Altro che da noi...

In definitiva possiamo aggiungere la Lituania al gruppo di paesi che stanno meglio di prima e che non rimpiangeranno i tempi andati. E' molto bella anche dal punto di vista turistico, ci sono laghi e castelli, e Fausto sta già pensando di organizzare viaggi in bicicletta per gruppi nella zona. Adesso siamo in Polonia e ci aspetta una giornata di viaggio fino a Cracovia. C'é il sole e scommettiamo che la polizia polacca ci fermerà almeno cinque volte e che ci beccheremo almeno una multa? Ma ormai ho una certa esperienza con i polacchi. Me li cucino io...

Giovedì 26 e Venerdì 27 Agosto 1999
Il viaggio fino é proseguito liscio e senza intoppi. Non siamo neanche stati fermati dalla polizia. La sera abbiamo dormito a Cracovia dove Bogdan della Magazzini Nico locale ci ha aspettati e ospitati. Anche lui é stato gentilissimo.

Ho avuto la conferma che la Polonia continua costante il proprio avvicinamento allo stile di vita occidentale e infatti ogni volta che ci torno trovo qualcosa di nuovo. Ci sono ormai dei posti dove sembra di essere in Germania anche se in la maggior parte del paesaggio é tipicamente dell'est. Ci sono infatti due tipi di paesaggio che si sovrappongono in continuazione: quello vecchio e quello nuovo. Sono in una certa misura il riflesso della struttura sociale che si é venuta a creare in Polonia in questi dieci anni. Una parte della popolazione infatti ha visto cambiare ben poco nella propria vita: stessa casa, stesso lavoro, stessa macchina. Solo la possibilità di scegliere fra vari tipi di prodotti di cui una gran parte sono però spesso troppo cari. L'altra parte della popolazione ha invece aperto un'attività o lavora per una ditta straniera e riesce a permettersi uno stile di vita occidentale: bella macchina, bella casa, vacanze all'estero. Rispetto alla Russia ci sono molte più sfumature tra il ricchissimo e il poverissimo e l'atmosfera é molto più rilassata tanto che ormai i confronti non si fanno più con la Russia o l'Ucraina ma con i paesi dell'unione europea. Venerdì mattina siamo andati a visitare il museo di Auschwitz, che é vicino a Cracovia. Auschwitz é un paese che adesso si chiama Oswiecim, in polacco. Ci ero già stato parecchi anni fa e anche lì é cambiato molto; sono stati aperti dei nuovi casermoni nei quali diverse nazioni hanno realizzato delle mostre in memoria dei propri caduti e in generale il museo é più curato.
Quello che é successo in quel posto é talmente assurdo che una visita tra turisti con macchine fotografiche e comitive di ragazzini, non riesce a far cogliere l'orrore. E' troppo grande per essere visto con chiarezza. Trovo sia molto meglio leggere qualcosa tipo "Se questo é un uomo" di Levi o vedere "La lista di Schindler"; sono mezzi più adatti per capire e la visita al museo può essere successiva. C'erano un paio di comitive di ragazzi israeliani e devo ammettere di aver cercato nei loro visi un pò di quel dolore che non riuscivo a cogliere nelle fotografie e nei cimeli. Una ragazza che si asciugava gli occhi mentre ascoltava la guida me ne ha fatto passare la voglia.
Ho pensato che forse suo nonno era finito lì. Sono andato nella stanza attigua dove c'era una guida polacca che accompagnava dei vecchi tedeschi, e mi sono chiesto con che tono stesse loro dicendo quello che era successo. Era un "é successo questo" o un "voi avete fatto questo"? Stava facendo un lavoro molto delicato. Ho visto "La lista di Schindler" in Germania e giuro che quando sono uscito dal cinema avrei voluto tapparmi le orecchie per non sentire parlare tedesco. In quel momento provavo odio per un intero popolo. Poi ho pensato ai miei amici tedeschi e mi sono detto che era come se qualcuno ce l'avesse con me per Mussolini. Posso dire che molti di loro vivono la questione con un senso di colpa che non dovrebbero avere in quanto all'epoca non erano nati o erano solo bambini. Così forse oggi in quelle due stanze attigue non c'erano colpevoli e innocenti, ma solo vittime di una tragedia che purtroppo non é casuale né unica. Comunque chissà cos'hanno pensato incontrandosi nella stessa stanza, in quella stanza....

Adesso siamo in Repubblica Ceca e stiamo viaggiando verso Brno. Domani saremo a casa e ho una gran voglia di andare al più presto in spiaggia e rilassarmi. Fausto guida, Denis dormicchia e io scrivo. Nessuno parla. Davanti a noi c'é solo la strada. Quindi ancora una volta siamo stati fregati: il viaggio é finito, così com'era cominciato, senza che ce ne accorgessimo. Non é così anche con la vita?

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