Nel Finnmark: un viaggio ai margini della carta geografica dell’Europa del Nord

Una magnifica esperienza dove la natura nordica dà il suo meglio

Quando scendiamo all’aeroporto di Oslo, il 19 luglio, piove a dirotto: saliamo su un taxi e riceviamo la prima salassata di benvenuto in Norvegia: per fare 700 metri paghiamo infatti circa 15 euro.
La pioggia non smette di scendere per tutta la notte, siamo stanchi e non ci spostiamo dall’albergo. D’altra parte l’anno scorso abbiamo già visitato due dei più interessanti musei della capitale, quello delle navi vichinghe, il Vikingskipshuset e il Norks Folkemuseum, museo a cielo aperto, che possiede 155 edifici tradizionali norvegesi.

Il giorno seguente piove ancora, ma poco importa, perché il nostro sogno è arrivare nel Finnmark, perciò siamo felici quando l’aereo decolla per atterrare due ore più tardi a Tromso: il sole è brillante ma il vento freddissimo. Raggiungiamo l’Amy Hotel poi finalmente a cena al Peppe's Pizza dove la pizza non ha nulla a che vedere con quella italiana, ma i prezzi sono contenuti, l’atmosfera molto piacevole: la cena consiste in una enorme pizza americana tagliata a spicchi e farcita a piacere, strana ma da assaggiare! Un’esperienza da fare…
Alle tre di notte mi sveglio con un raggio di sole che mi abbaglia: sono confusa quando guardo l’orologio, poi mi ricordo che mi devo abituare alla luce incessante del Nord, luce che non è mai uguale ma varia di intensità e di sfumature nel corso della lunga giornata.

Il 21 luglio, affittata l’auto, una Toyota Corolla blu, inizia il nostro “vero viaggio” nella terra dei Sami, oltre il Circolo Polare Artico: nostro obiettivo, cercare di viaggiare fuori dalle mete turistiche e arrivare ai margini della carta geografica dell’Europa del nord.
Usciti da Tromso e imboccata la E6, notiamo subito che le cime delle montagne che dominano i fiordi sono ancora imbiancate, cosa che rende i panorami ancora più affascinanti, infatti facciamo numerose soste per scattare fotografie di ghiacciai e insenature.
Nel pomeriggio arriviamo a Skjervoy, un villaggio di pescatori sul fiordo di Kvaenangen: c’è un bel molo, una bella luce ed anche le prime zanzare norvegesi che ci assalgono mentre facciamo una passeggiata per vedere il paese dall’alto. Eravamo attrezzatissimi contro le zanzare, in realtà non ne abbiamo mai trovate tantissime, neppure durante le camminate di ore nella tundra. I panorami sono effettivamente bellissimi, c’è anche una strada costruita dai prigionieri russi durante la seconda guerra mondiale che conduce nel punto più settentrionale dell’isola.
La sera ceniamo a base di salmone nell’unico ristorante del luogo, caro come tutto in Norvegia; in giro nessun turista, tranne quando arriva l’Hurtigruten che fa scendere per mezz’ora una specie di “sciame di cavallette” che si precipita a visitare la chiesa in legno del 1728.
Poi tutto ripiomba nel silenzio e nella quiete.

Il 22 luglio ripartiamo, la meta è Oksfjord, situato nelle vicinanze dell’Oksfjordjokel (46 km quadrati di ghiaccio), famoso perché vi è un punto in cui una lingua del ghiacciaio lambisce il mare: vi si può arrivare da Jokelfjord in barca o attraverso un sentiero. In realtà ci è sembrato più affascinante raggiungere, l’anno scorso, una delle lingue del ghiacciaio dello Svartisen (370 km quadrati) nei dintorni di Mo I Rana.
La E6, che si snoda attraverso boschi di betulle, passa per Gildetun, un passo dove la neve a chiazze è ai bordi della strada e dove vediamo le prime Dryas, piccoli fiori bianchi tipici della flora artica. Ci sono le tende dei Sami che vendono souvenir, dove compriamo un coltello con il manico intagliato nel legno: ho letto che per i sami il coltello è un oggetto importante, che viene regalato ai bambini quando hanno 10 anni, ed ha un valore simbolico in quanto sancisce l’ingresso nell’età adulta, è strettamente personale e viene utilizzato per tantissimi scopi. Ha l’impugnatura di legno di betulla: anche quello che abbiamo comprato ce l’ha e quindi speriamo di non aver comprato un oggetto troppo per turisti…
A Gildetun vediamo anche un'aquila di mare tuffarsi per prendere un pesce.
Raggiungiamo nel pomeriggio Oksfjord, villaggio di pescatori dove, come al solito, troviamo un unico hotel scalcinato che funge anche da unico ristorante del luogo, e dove spendiamo quasi come in un lussuoso hotel 4 stelle italiano… ma non c’è scelta.

Dal 23 in poi, superata Alta, entriamo nel “vero” Finnmark: dopo Alta la strada è un infinito rettilineo nella tundra dell’altopiano di Sennalandet dove si trovano accampamenti sami, chiesette isolate (una nera bellissima), renne al pascolo ma soprattutto orizzonti sterminati, solitari e infiniti interrotti soltanto da piccoli laghi, da campi di fiori bianchi e cieli di nuvole bellissime.
Quando arriviamo ad Hammerfest, la città più settentrionale del mondo, il tempo è proprio cambiato: dobbiamo mettere pile, giacca a vento e berretto di lana se vogliamo uscire perché ci sono 5 gradi e un vento gelido sferzante.
A Forsol il panorama della scogliera, nonostante il freddo, è bellissimo: lì si trova un villaggio di pescatori e, alla fine di una passerella di legno che passa attraverso i resti di un insediamento del 3000 a.C., si arriva all’oceano.
Lasciata Hammerfest, poiché non ci interessa seguire il flusso turistico di Capo Nord, andiamo verso Lakselv dove si trova lo Stabbursdalen Natural Park: il tempo non è bellissimo, ci “rapinano” come al solito per l’affitto di un bungalow ma siamo vicini a uno dei più pescosi fiumi della Norvegia (il Torrente dei Salmoni) e dentro al parco nazionale: infatti camminiamo per due ore nella brughiera silenziosa e attraverso foreste di pini (alcuni vecchi di 500 anni) e betulle.
Cena in città (!!) ma la città, come spesso accade, non è altro che alcune case sulla strada, lo Statoil (il distributore di benzina è un fulcro, punto di ritrovo e molto spesso cuore della città), la Coop norvegese e un ristorante dove mangiamo salmone circondati da gente che parla vari tipi di lingue locali: sami, norvegese, finnico ed altro.

La tappa successiva è nella penisola di Nordkinn, che si estende nella zona settentrionale del Finnmark e termina col promontorio di Kinnaroden, il luogo più settentrionale dell’Europa continentale. Noi siamo a caccia di “nord”, quindi il percorso fa per noi. Dopo aver percorso un vasto altopiano, superata Mehamn, raggiungiamo Gamvik (71°lat.N.), un piccolo villaggio-porto, dove saremmo stati felici di trascorrere la notte, cosa he non abbiamo potuto fare perché l’unico hotel non accettava la Visa, non accettava Euro ma soltanto corone (!!) e il primo bancomat utile era a 50 kilometri…
Da Gamvik una strada sterrata passa attraverso la Slettnes Naturreservat, riserva di anatre stanziali (il terreno è costellato di nidi) e trampolieri, per giungere allo Slettnes Fyr, il faro continentale più a nord del mondo (71°05’33’’) ed anche uno dei più alti della Norvegia. La luce è brillantissima qui sul Mar Glaciale Artico.

Dopo Gamvik e Mehamn, dove abbiamo trascorso la notte (“notte”… si fa per dire), ancora un paradiso naturale davvero grandioso: a Berlevag la vista del Mar di Barents e delle scogliere è veramente mozzafiato. Il luogo tra l’altro è famoso per l’altezza delle onde (anche 10 metri) durante le burrasche. Troviamo un bel sole , temperatura mite e sistemazione molto piacevole presso il faro, gestito da una giovane ragazza francese che ci racconta dell’usanza finlandese di fare il bagno in una tinozza di acqua caldissima per poi correre a tuffarsi nell’oceano gelato. Dice che vuole tentare di farlo ma la mattina dopo scopriamo che l’esperimento è fallito.
Nei pressi del faro si trovano rocce e tundra coperta di fiori artici: mentre camminiamo un'enorme renna con corna lunghissime ci viene molto vicino poi si dirige verso la città: durante tutto il viaggio incontriamo tantissime renne che scendono dalle alture per abbeverarsi nel mare o che scorazzano nei villaggi brucando nei vasi di fiori delle case… Non lontano dal faro notiamo anche una solitaria tenda sami. Le scogliere assolate da qui sono straordinarie e i panorami veramente suggestivi.

Il mattino seguente (27 luglio) il panorama è davvero mutato e tutto è avvolto in una fittissima nebbia. Dopo una prelibata colazione e i saluti a Fiona, solitaria ragazza del faro, partiamo per Vardo, la cittadina più a est della Norvegia. Durante il tragitto ci fermiamo alla penisola di Ekkeroy, dove si trova una riserva ornitologica (noi abbiamo visto soltanto una miriade di gabbiani appollaiati sulla scogliera) poi, per mezzo della galleria sotterranea di circa tre kilometri sotto il mare di Barents, arriviamo in città, una delle poche belle città del nord, con case affacciate sul mare che la luce del sole rende brillantissime.
Nel pomeriggio, in auto, ci avviamo verso Hamningberg, un villaggio di case di legno, alcune del 1700. La strada, strettissima, è veramente spettacolare: rocce nere e aguzze, chiazze di verde intensissimo e oceano. Proprio in mare, ad un certo punto, vediamo uno strano spumeggiare nella baia… sono almeno trenta balene bianche (beluga) che sostano lì; dal molo, il punto più vicino per l’avvistamento, sentiamo anche i loro “canti” e poi, grazie ad un signore che ha un cannocchiale e che ci dice che il giorno prima ce n’erano sessanta, riusciamo a vederle da vicino. Sono bianchissime e assomigliano a grossi delfini (superano i sei metri di lunghezza). Una bella emozione.
La sera, d’un tratto, anche Vardo viene avvolta nella nebbia, la temperatura si abbassa notevolmente e il vento è gelido.

La mattina seguente piove, ci dirigiamo verso Karasjok percorrendo la strada di confine con la Finlandia boscosa e deserta, il Finnmarksvidda. A Karasjok continua a piovere a dirotto e ci sono 5°: andiamo comunque a vedere il Parco Sapmi, dove è ricostruito fedelmente un insediamento sami e il Parlamento, un modernissimo edificio che riprende con legno e vetro le forme della tipica tenda lappone. La cena, alla sera, è a base di carne di renna.

Il 29 luglio, sotto la pioggia, partiamo per Havoysund, villaggio di pescatori proteso sul mare: purtroppo continua a piovere incessantemente e non possiamo che consolarci con una buona cena a base di pesce presso il ristorante conosciuto in Norvegia per l’ottima cucina.

Ripartiamo il 30 e sulla strada del rientro verso Tromso, tra squarci di sereno, compaiono tre arcobaleni nel mare. Sulle montagne, in alcuni punti, ci sono spruzzate di neve fresca. Anche il paesaggio del Troms, con i suoi fiordi, i ghiacciai e le case di legno colorato in mezzo a fiori di rosa acceso, è estremamente affascinante.
Il nostro viaggio si conclude a Tromso, con la visita alle foche di Polaria, Museo della Ricerca e della documentazione polare, e con la consueta cena al Peppe’s.

Foto di Aldo Meschiari

Un commento in “Nel Finnmark: un viaggio ai margini della carta geografica dell’Europa del Nord
  1. Avatar commento
    piml zfpi
    14/08/2007 18:00

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