Montecristo, l’isola solitaria

Una piccola avventura per godere in pace assoluta l’angolo più remoto del Tirreno

Sono uno dei fortunati che avuto l’occasione di visitare l’Isola di Montecristo, poiché l’isola, situata nel Mar Tirreno e facente parte dell'Arcipelago Toscano, è Riserva Naturale Statale e per visitarla è necessario chiedere un permesso al Corpo Forestale di Follonica, che da qualche anno li concede anche per motivi turistici a numero limitato annuo, mentre prima era riservati solo agli studiosi.
Per questo motivo ho deciso di condividere questa esperienza con gli amici di Ci sono stato.
L'isola è la più solitaria e selvaggia delle isole toscane.
Sono proibiti il pernottamento e il camping e le visite non possono durare più di sei ore.
Arrivati da Roma il pomeriggio prima, partiamo in una splendida mattinata di fine settembre dal porto di Talamone, con la nostra barca e con in tasca l’agognato permesso.Dopo aver fatto “il punto” mettiamo la prua in direzione dell’isola che, vista la distanza, non si vede. La traversata è piacevole e dopo un paio d’ore, forse più, sembra profilarsi all’orizzonte un qualcosa, ed in effetti eccola là, situata nel bel mezzo del Tirreno tra l’Isola del Giglio e la Corsica, tutta sola soletta.
Infatti l'isola è stata sempre disabitata e oggi vi vivono stabilmente solo il Guardiano dell’isola e, alternandosi di settimana in settimana, alcuni agenti del Corpo Forestale dello Stato.
Più ci avviciniamo e più l’isola ci dà la sensazione del selvaggio, infatti è prevalentemente montuosa con sporgenze rocciose a picco sul mare ed è costituita quasi esclusivamente da granito.
Non appena entriamo a Cala Maestra, unico punto di approdo, ci viene incontro il Guardiano che ci blocca con il suo super-mega-gommone, gli facciamo vedere il permesso, lui lo guarda, ci guarda, lo riguarda ed alla fine ci da l’ok, quasi fosse geloso di questa “intrusione” nel suo piccolo grande mondo, possiamo ancorare in rada e raggiungere la spiaggia con il nostro tender.
Spiaggiamo in un’incantevole caletta e subito il profumo delle piante aromatiche ci coglie. Dopo i vari convenevoli con il Guardiano, iniziamo la nostra “spedizione esplorativa” sull’isola.
Ci muoviamo su di un sentiero stretto che si snoda tra giganteschi pini e cespugli di bacche odorose, siamo soli, non c’è nessun altro, il silenzio è rotto solo dal vento che passa tra gli alberi e dagli uccelli: l’isola, infatti, è un luogo privilegiato di sosta per migliaia di uccelli migratori.
Arriviamo fino ad una radura situata a metà strada tra la cala e la cima più alta, la cima maggiore è ancora più su, coperta dalle nuvole, ma lo spettacolo che si gode da qui vale tutto il viaggio: là sotto c’è Cala Santa Maria, sembra una baia di un'isola tropicale con le sfumature del mare che vanno dal celeste al blu cobalto.
Si vede tutt’intorno a 360 gradi, mare mare e poi ancora mare, il profumo del rosmarino è intenso, come pure il profumo della resina degli alberi.
Dopo aver ripreso fiato e riempito gli occhi dello spettacolo naturale che l’isola ci offre, torniamo giù, piccola deviazione ed arriviamo all'ottocentesca Villa Reale, che ha un’interessante orto botanico e un piccolo museo di storia naturale.
Il Re veniva qui per cacciare le capre, ma secondo me veniva qui per godersi il silenzio e i profumi che l’isola offre.
Dopo un pasto frugale a bordo della nostra barca salutiamo il Guardiano, che è un tipo simpaticissimo e che ci ha raccontato la sua avventurosa vita, certo stare qui su un’isola deserta, con moglie e figlio, un gommone, una televisione, Internet e nulla più, deve essere una di quelle esperienze che o impazzisci oppure diventi saggio come un dio pagano.
Lasciamo l’isola e, voltandomi per vederla ancora una volta, mi sembra più un’isola del Borneo o della Patagonia che del Tirreno, tutta roccia a picco sul mare, vegetazione fitta fitta e un bel pennacchio di nuvole bianche che coprono la cima più alta…

Arriviamo all’isola del Giglio e decidiamo di pernottare qui, ci troviamo un posto in rada e dopo cena ce ne andiamo a dormire esausti ma soddisfatti.
Sogno di stare sulle montagne russe, ma poi mi sveglio e mi rendo conto che è la barca che ondeggia e beccheggia paurosamente.
A fatica riesco a scendere dalla cuccetta e mi precipito fuori, nel pozzetto trovo il mio amico che sta impazzendo con le cime e le ancore, tutto intorno buio pesto, il sole deve sorgere ancora...
Il mare si è fatto “grosso” durante la notte, e ci spinge verso le rocce, le ancore non tengono e stanno “arando”, non riusciamo a stare in piedi, intorno a noi altre barche stanno nella stessa identica situazione, con gli equipaggi tutti svegli a provare a far qualcosa.
Bastano pochi attimi e siamo zuppi d’acqua, gli spruzzi arrivano dovunque, stare in piedi, anzi non cadere in acqua, è già un successo.
Con un paio di urlacci butto giù dalle cuccette gli altri, stiamo tutti nel pozzetto, tutti in mutande a manovrare, riusciamo ad issare le ancore, posizioniamo la barca con manovre da brivido in mezzo alle altre barche e ci togliamo dai casini.
Arriviamo in porto dove il mare è incredibilmente piatto (che porto sarebbe sennò?).
Facciamo il pieno di carburante e torniamo a Talamone, il mare a largo è generoso solo un’onda lunga ci accompagna, ma che risveglio ragazzi!
Ora ci ridiamo su, ma prima…non è stato affatto divertente.
Arrivati a Talamone sistemiamo la barca e tra 150 Km sarà casa.

L’isola mi ha affascinato e per una volta voglio credere alle misteriose leggende che raccontano della presenza di fantasmi nell'isola che ne impedirebbero la sopravvivenza degli uomini o di questo luogo come rifugio dei tesori dei pirati saraceni.
Come pure il celebre romanzo “Il Conte di Montecristo” dove il protagonista trova il leggendario tesoro.
Personalmente ho trovato anche io un tesoro: la sensazione unica di stare su di un’isola deserta.

Alla prossima avventura.

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