A sorpresa, Mauritius!

Mare, natura, sole, spiagge bianche ma anche cultura, folklore, cucina e tradizione: in un’unica parola Mauritius!

Questo diario non avrebbe dovuto essere scritto.
Non avrei mai immaginato, prima di partire, di mettermi a descrivere il nostro viaggio a Mauritius, un po’ perché in realtà la meta è stata un po’ un ripiego dell’ultimo momento dopo aver scartato, non senza lunghe discussioni, il Venezuela per timori più che altro legati alla sicurezza, un po’ perché l’unico motivo che ci ha spinti sull’isola era la ricerca del relax, del mare, del sole e del dolce far niente. Come si fa a scrivere un diario con queste premesse?!
Invece mi sono ricreduto ed adesso, a non più di un giorno dal rientro a casa, sono già all’opera!

In valigia

Le uniche cose da non lasciare a casa sono crema solare, costume, occhiali da sole, maschera, infradito e scarpette di gomma. Il resto è completamente superfluo!

Come spostarsi

Auto a noleggio? Mezzi pubblici? No, il mezzo migliore per muoversi a Mauritius è sicuramente il taxi.
La rete stradale è costituita da un’autostrada che dall’aeroporto arriva fino a Grand Bay attraversando l’isola in tutta la sua lunghezza, e diramandosi poi in strade ad una corsia fra le coltivazioni di canna da zucchero ed i paesi; nonostante siano tutte asfaltate, mancano completamente le indicazioni ed è praticamente impossibile sapere dove andare se non chiedendo continuamente.
Quella pubblica, invece, è costituita da autobus che hanno quasi sempre il loro capolinea a Port Louis: puntualità, qualità e velocità, ovviamente, non sempre coincidono con i desideri del turista…
La soluzione migliore quindi resta il taxi; ce ne sono molti, negli hotel vengono chiamati direttamente dalla reception senza problemi, spesso sono cordiali ed aiutano a pianificare il viaggio in caso di bisogno. Non sono economici come i mezzi pubblici, ovviamente, ma non raggiungono costi esorbitanti come in Italia; è sempre meglio concordare il prezzo prima di salire a bordo in modo da non avere sorprese in seguito e poi, in caso sappiate un po’ di inglese, sfruttare l’autista anche come guida turistica!

Dove alloggiare

Sono cinque i resort Beachcomber a Mauritius, due nella parte sud, più piovosa nel periodo del nostro viaggio, e tre, invece, sulla costa nord ovest, riparata ed ideale in aprile-maggio.
Fra questi noi abbiamo scelto il Le Victoria, struttura immersa nel verde tanto che a malapena gli edifici si riescono a vedere dal mare, adatta a coppie così come a famiglie con bambini anche piccoli (ce n’erano moltissimi!), completamente attrezzata e con ogni tipo di servizio a disposizione.
Le camere, disposte su tre piani, sono immense (più di 65 metri quadrati!), tutte rivolte verso il mare ed arredate con classe; gli spazi comuni comprendono tre diversi ristoranti di cui uno a buffet, bar anche sulla spiaggia, piscina e centro diving; animazione assolutamente non invasiva anche se attiva sia per adulti che per i più piccoli.
La spiaggia è di sabbia bianca, fine ma leggermente ruvida vista la natura corallina dei granelli, il mare antistante invece è una distesa di mille tonalità diverse di azzurro e blu, costellato di coralli che ospitano spugne, anemoni e centinaia di pesci colorati: un paradiso!

Itinerario

Una settimana a Mauritius è “solo da italiani”; lo abbiamo imparato dalle lunghe chiacchierate sulla spiaggia con i venditori di collane, borse, stoffe ed escursioni. Inglesi e Francesi, la maggioranza dei turisti soprattutto in bassa stagione, non si fermano meno di quindici giorni e solo gli Italiani, definiti spesso e volentieri “capitalisti come Berlusconi”, decidono di trascorrere meno tempo.
Per non smentire la statistica anche noi ci siamo adeguati a pernottare a Mauritius 6 notti decidendo però di passare un paio di giorni, visto che uno scalo era in programma, a Dubai.

Da non perdere

Ile aux cerf
L’isola dei cervi è una delle mete per eccellenza di Mauritius: non c’è guida che non la nomini, turista che non l’abbia visitata o venditore da spiaggia che non vi proponga un’escursione. E la fama è giustificata da uno spettacolo entusiasmante.
Noi abbiamo acquistato l’escursione direttametne sulla spiaggia con la GBTT (Grand Bay Travel & Tours) agenzia seria ed organizzata, trattando un po’ sul prezzo e spuntando 70€ in due con trasferimento di un’oretta in pullman fino all’imbarco, motoscafo veloce fino all’isola, tempo a disposizione, visita, sempre in motoscafo, alle non lontane cascate fluviali, pranzo con aragosta ed, ovviamente, rientro.
La partenza è alle otto, il pullman passa a prenderci direttamente all’hotel, fa un paio di fermate in altri hotel per raccogliere altri partecipanti all’escursione e poi, fra canna da zucchero e l’ultimo lembo di quella foresta che un tempo copriva l’intera isola, arriva all’imbarco a Trou d’Eau Douce; qui un motoscafo sfreccia per una decina di minuti sulla distesa cristallina che sommerge, a meno di un metro di profondità, la barriera corallina.
All’arrivo l’isola ci sorprende.
Coperta da fitta vegetazione e circondata da isolette di mangrovie sembra sorgere direttamente da un mare turchese che arriva ad essere di un bianco quasi abbagliante nella piscina naturale, cartolina dell’intera nazione.
L’isoletta, privata, è occupata nella sua parte centrale da un campo da golf ovviamente non accessibile liberamente ma è possibile passeggiare senza problemi lungo la costa dove spiagge di sabbia soffice e bianchissima degradano nel mare cristalino della laguna fino a tagliare, nettamente, l’orizzonte là dove le onde si infrangono sulla barriera e comincia il mare aperto.
La gente, nonostate non sia alta stagione, è parecchia ma la maggior parte si ferma nei pressi della piscina naturale e se ci si sposta un po’ lungo la costa non è difficile trovare un posticino tranquillo; snorkeling, sole e relax è tutto quello che facciamo in questo piccolo angolo di paradiso prima di spostarci nuovamente al pontile di imbarco per salire sul motoscafo che dopo pochi minuti di sobbalzi arriva fino all’imbocco di un fiume, rallenta e comincia a risalirlo.
L’azzurro intenso dell’acqua si trasforma in marrone, il mare in una lunga lingua “di cioccolata”, la costa si fa improvvisamente alta, scoscesa e completamente coperta da una foresta fitta ed abitata da scimmie che fanno capolino fra i rami; se non mi avessero confermato di essere a Mauritius, avrei scommesso di trovarmi nel cuore dell’Amazzonia!
Fra sassi affioranti e la sensazione che da un momento all’altro si faccia vedere anche qualche coccodrillo, raggiungiamo le cascate, non molto elevate ma impetuose e suggestive con il loro fragore e l’acqua che nebulizzano tutt’intorno. Non ci fermiamo più di qualche minuto ma lo scorcio ci mostra un lato di Mauritius ben diverso da quello che che abbiamo potuto ammirare nel resto della vacanza e lo spettacolo vale la pena di essere visto!
Il viaggio di ritorno si allunga di qualche minuto; su Ile aux cerf non è consentito pranzare se non nel ristorante sulla spiaggia, la nostra destinazione, quindi, è una piccola ansa nella laguna di mangrovie poco lontana; lì, sotto un tendone fra gli alberi, a due passi dal mare, ci viene servito un pranzo a base di riso, carne alla brace e aragosta, con tanto di banana flambè per chiudere e bevande incluse! Fra segà, la musica tradizionale mauritiana, un bicchierino di rum locale ed una chiacchierata con i nostri compagni di escursione, il tempo passa in fretta tanto che lasciamo l’isola quando ormai il giorno comincia a spegnersi.
Veniamo riportati su Ile aux cerf ed in attesa del nostro transfer verso la terraferma torniamo a fare una passeggiata sulla spiaggia scoprendo che quella che questa mattina era una piscina di acqua marina ora è una lungua mezzaluna di sabbia bianchissima su cui si può passeggiare e fare incontri particolari: oltre a pesciolini rimasti intrappolati in attesa del ritorno dell’alta marea, troviamo due meravigliose stelle marine, semi sommerse nella sabbia e che non riusciamo a non fare oggetto delle nostre fotografie.
Le nuvole che portano il quotidiano acquazzone serale si avvicinano mentre noi arriviamo sulla spiaggia d’approdo di ritorno dall’escursione; ci aspetta un ritorno in pullman verso casa con il panorama che cambia ad ogni curva grazie alla luce del sole che sta tramontando ed alla pioggia scrociante che qua e là ci raggiunge.

Bois Cheri
Una piccola perla dispersa nel sud di Mauritius.
Ultimo giorno della nostra vacanza, l’aereo parte questa sera tardi, dobbiamo lasciare la nostra stanza ed abbiamo tutto il giorno a disposizione… basta solo decidere per cosa!
Lonely Planet (fra l’altro l’unica guida che abbiamo trovato su Mauritius!) alla mano e debitamente consigliati dal personale del resort, decidiamo di affittare un taxi per l’intera giornata (il costo è di circa 70-80€) e visitare la parte sud dell’isola dedicandoci ad un tour gastronomico che ha inizio poco fuori dal piccolo paese di Bois Cheri dove si trova l’omonima piantagione e fabbrica di thè.
Una folta foresta ruba il posto alle alte distese di canna da zucchero che dominano il paesaggio ai lati delle strade; all’improvviso, dopo un curva, è proprio questa foresta abitata da scimmie (e nella nostra fantasia sicuramente ancora anche da dodo che si guardano bene dal farsi vedere!) a terminare di colpo in una serie di dolci colline coperte da cespugli di un verde intenso: sono le piante del thè che in questa stagione (autunno nell’emisfero sud) si preparano al riposo invernale così da presentarsi alla primavera ed all’estate con gemme e nuove foglioline. Nella distesa di piante, resa ancora più suggestiva dai raggi del sole che qua e là penetrano le nubi, qualche donna raccoglie le punte più tenere e le butta nella gerla che porta sulle spalle; altre invece imballano quanto raccolto in lenzuola bianche che, appoggiate sulla testa, portamo direttamente alla fabbrica dove diverranno la miscela che sta nelle nostre tazze.
La Bois Cheri si presenta come un edificio squadrato, non vecchio ma forse bisognoso di qualche attenzione, con un viale di palme che conduce alla reception; qui, una volta pagato il biglietto d’ingresso (più o meno 8€) si ha la possibilità di visitare il piccolo museo che raccoglie attrezzi, macchinari, fotografie e mappe una volta utilizzati nella fabbrica, ma, soprattutto, si viene accompagnati a scoprire le fasi della lavorazione che portano dalle foglie alla bustina.
La produzione ora è molto limitata ma restiamo lo stesso stupiti da quanto lavoro manuale ancora richieda nonostante la produzione sia di tutto rispetto e la marca nota a livello mondiale!
La visita, però, non si conclude nella fabbrica: il taxi, percorrendo una strada sterrata, ci porta fino alla cima di una collinetta poco lontana e lì, in una moderna struttura di legno e vetro, sulle rive di un piccolo lago circondato da un curatissimo giardino e con una vista che spazia su tutta la parte est di Mauritius, in tutta tranquillità degustiamo le diverse qualità di thè (ed ovviamente non resistiamo alla tentazione di portarne a casa scatole su scatole!).

Grand Bay
Da pronunciarsi rigorosamente a volte in inglese (“grand bay”) a volte alla francese (“grand baie”) a seconda di come piace di più, la cittadina è esempio di come Mauritius si stia adattando alla nuova economia basata sul turismo. Una interminabile serie di negozi, centri commerciali, ristoranti, localini si stende lungo la strada che costeggia il mare e la darsena dove attraccano yacht e catamarani; il paragone non è corretto forse, ma se si dovesse paragonarla ad un altro luogo del mondo direi che è un misto fra la Naama Bay di Sharm e la nostra Rimini: ottima per fare shopping, prendersi un aperitivo o bersi un rum dopo una cena a base di aragosta, ma di certo non tipica e sicuramente non economica.

Port Louis
Port Louis è lo specchio della popolazione della nazione di cui è capitale. Un mix di razze, culture, religioni, abitudini e modi di essere.
La attraversiamo in tutta la sua lunghezza diretti dall’aeroporto al resort per cominciare la nostra vacanza e dai finestrini del taxi osserviamo una piccola città europea, con il suo centro economico fatto di alti palazzi di vetro ed il waterfront costellato di negozi; per le strade, però, i colori, gli odori, ed i modi di fare sono quelli indiani mentre la periferia, seppur in maniera molto limitata, ricorda le baraccopoli viste in Sud Africa. A questo si aggiungono le moschee ed i minareti musulmani che sorgono fianco a fianco delle chiese cristiane e dei coloratissimi templi indù, il tutto fagocitato dagli ideogrammi di una comunità cinese che cresce e si espande anche qui a ritmi altissimi.
Ritorniamo poi per scorprirla un po’ meglio un paio di giorni dopo.
Le strade sono ancora più affollate di come ci ricordavamo (siamo arrivati di domenica e la maggior parte delle attività commerciali è chiusa), gente in auto ed in motorino, porta borse, pacchi e ceste in giro su marciapiedi facendosi largo fra le persone; gran parte dell’attività gravita attorno ai due edifici che costituiscono il mercato tradizionale della città, ormai spesso soppiantato dai mini-super-market che vendono ogni prodotto d’importazione e non, ma che fino all’avvento del turismo di massa è stato centro della vita dell’intera isola.
I primi due edifici, due bassi e lunghi capannoni color verde-azzurro, sono dedicati alla vendita della carne; all’esterno dei cartelli posti in prossimità degli ingressi indicano il tipo di animale venduto: “pollo”, “pecora”, “manzo”. L’impatto con l’interno è di quelli che si ricordano.
L’unico stanzone è occupato da una lunga tavolata in pietra su cui sono appoggiati pezzi di carne macellata, il pavimento è bagnato dal sangue che cola dai tagli appesi ai ganci e dall’acqua gettata per pulire un po’ l’ambiente che comunque non da’ certo sicurezza d’igiene: le mosche non si contano e gatti passeggiano indisturbati ovunque; stie piene di pollame vivo sono stipate l’una sopra l’altra spargendo penne tutt’intorno, teste mozzate di capre fanno bella mostra di sé… in somma, un po’ crudo come spettacolo!
Di tutt’altra atmosfera, invece, il mercato della frutta e della verdura, dall’altra parte della strada; qui i prodotti dell’agricoltura locale sono ordinatamente disposti in banchetti colorati ed il profumo di spezie ed erbe (vendute come medicine e… tisane afrodisiache!) sono la costante metre si passeggia fra i corridoi. All’esterno una lunga fila di piccoli negozietti vendono souvenir e prodotti “locali” ovviamente solo per turisti. Nonostante i nostri sforzi veniamo adescati da uno dei tanti venditori che ci spinge ad acquistare qualcosa da lui ed alla fine ci chiede per un paio di cestini di spezie e delle bacche di vaniglia la bellezza di 2500 rupie (più o meno 50€)! La contrattazione, non solo al mercato, è regola quotidiana e dopo un po’ di batti e ribatti riusciamo a scendere a quasi 15€, prezzo per noi decisamente più equo anche se sappiamo perfettamente di essere stati comunque fregati!
La storicità del mercato, affascinante per certi versi ma sempre più retaggio del passato anche per i locali (come ci conferma il taxista sulla via del ritorno), si contrappone al più moderno e curato waterfront.
A dividere i due mondi una strada trafficatissima tanto che se non ci fosse un sottopasso pedonale sarebbe quasi impossibile riuscire ad attraversarla nelle ore di punta: da un parte vicoli sporchi e bancherelle sul marciapiede, vecchiette che vendono il loro surplus (qualche carota ed un melone) direttamente sul ciglio della strada; dall’altra una piazza pulita, con panchine che danno sul mare, pescherecci ancorati nel porto ed un piccolo villaggio commerciale con negozi nuovissimi, con aria condizionata, ristoranti e tutto quello che il turista può volere.
Quale delle due realtà sia la migliore non saprei, certo è che questo, così come i grattacieli che stanno sorgendo qua e là a poca distanza dal centro sono chiaro indice di quanto il turismo abbia portato ricchezza, modernità ma anche di quanto stia snaturando l’intera Mauritius.

Mahèbourg
Poco più che un grosso paese, a poca distanza dall’aeroporto, praticamente privo di attrattive, Mahèbourg è completamente sconosciuto al turismo; noi lo visitiamo solo perché, visto che abbiamo tempo a disposizione prima di prendere l’aereo per il ritorno, ci ha incuriosito un piccolo paragrafetto della Lonely che segnala proprio qui, non utilizzando più di due righe, una “storica fabbrica di biscotti di manioca”; la cosa, dopo aver degustato i thè di Bois Cheri, ci incuriosisce e decidiamo di provare a visitarla. Il taxista confessa di non esserci mai stato e di non sapere dove sia esattamente, si perde un paio di volte fra vicoletti e strade dissestate ma alla fine imbocca l’ingresso in salita di una casa colonica, piuttosto malandata ma che ancora sembra conservare l’orgoglio del colonialismo; una ragazza molto giovane, unica a parlare inglese, ci spiega che l’antico zuccherificio fondato dal nonno di suo nonno, una volta arrivata la coltivazione estensiva della canna, è stato convertito nella produzione di biscotti di farina manioca, produzione di nicchia ma che resiste ormai da oltre un secolo!
La fabbrica è piccola, uno stabile basso dove tutto viene ancora fatto a mano: la pulitura delle radici, la macerazione, la miscelazione con zucchero e l’impasto con burro o cioccolato o vaniglia per creare le diverse varietà di prodotto; la cottura avviene su una piastra di pietra scaldata da un fuoco alimentato con le foglie, secche, della canna mentre la colla che serve per la chiusura dei pacchi di biscottini è ancora realizzata con un impasto di acqua e mais come si faceva secoli fa! In effetti a guardare le signore, con tanto di cuffietta bianca in testa, stendere l’impasto e regolare la cottura dei biscotti sembra di essere entrati in un vecchio film, in “Via col vento” ad esempio con Mamy che cucina in un’atmosfera lontanissima da quella che viviamo ogni giorno.
Qui non ci sono macchine e nemmeno forni elettrici ventilati e tecnologici; qui non c’è nemmeno il cartellino da timbrare: fino a quando è finito l’impasto realizzato in mattinata non si va a casa; qui non c’è la frenetica vita lavorativa a cui siamo costretti ogni giorno; qui si sa ancora per cosa si lavora, si sa dare il giusto peso ad ogni movimento e nonostante (o forse grazie anche a?!) i topolini che vediamo correre fra i sacchi di farina ci sembra di essere tornati ad una realtà più concreta di quella in cui viviamo noi…

Note dolenti

Non sono abituato e non mi piace contrattare, ma qui è, purtroppo, la regola. I prezzi sono raramente esposti ed anche se lo sono non bisogna farci troppo affidamento: anche nei negozi chiedere lo sconto e poi comunque trattare sul prezzo è legge; assolutamente necessario con i venditori ambulanti ai mercati o sulla spiaggia (scendendo anche di oltre il 50%!), consigliato spesso anche con i taxisti prima di mettersi in macchina così da non avere sorprese finali, sta di fatto che si passa parecchio tempo a giocare con il prezzo alzando (loro) o abbassando (noi) una cifra che entrambi sappiamo arriverà poi ad una via di mezzo. Non si risparmierebbe tempo e non si eviterebbe la “solita commedia” se ci fosse un prezzo equo su ogni oggetto in vendita?!

Benchè non invasivi e, spesso, simpatici, i venditori che passano da mattina a sera sulla spiaggia sono veramente molti. Solitamente propongono escursioni, artigianato (“locale”: molto spesso importato dal Madagascar) oppure frutta.
Per la nostra escursione ci siamo fidati proprio di uno di questi (dopo aver visto però che lavorava per la GBTT che conoscevamo), per stoffe e borse, invece, abbiamo trovato di meglio ed a prezzi molto più bassi (un decimo in proporzione!) nel mercato locale di Mahèbourg, per la frutta, invece, non perdetevi l’ananas preparato direttamente sulla spiaggia come se fosse un cono gelato!

I taxisti molto probabilmente vi spingeranno ad andare in questo o in quel centro commerciale per fare shopping; non ci vuole molto ad intuire che probabilmente hanno un “incentivo” per ogni turista che portano e, se si è in cerca di abbigliamento o souvenir, la cosa non va nemmeno troppo male. In realtà tutti ci proveranno ed a volte può diventare pesante l’insistenza di qualcuno…

Gira fra i forum di viaggi e gli amici la notizia che a Mauritius si possono trovare capi di marca (Hugo Boss e Burberry in particolare) scontatissimi; quella tessile era, prima dell’avvento del turismo di massa, l’industria trainante del paese e personalmente abbiamo visto la sede locale della produzione della Boss, per il resto… va a fiducia: gli sconti ci sono, le marche sono le più note al mondo ed ovviamente tutti giurano che siano quelle originali e non copie. A volte, però, il dubbio che vengano importate da copie a basso costo viene…

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