Le Isole Saroniche, queste sconosciute - 1. Spetses e Hydra

Andiamo alla scoperta di un arcipelago preso raramente in considerazione dagli estimatori delle isole greche: partiamo da due gioielli che già confermano il motto “gli assenti hanno sempre torto”!

Le Saroniche (o Argosaroniche) sono le isole situate nel Golfo Saronico e costituiscono l'arcipelago più vicino ad Atene.
"Oscurate" dalle più celebrate Cicladi, Dodecaneso, Ionie, ecc., in ottica turistica se ne sente parlare poco. Sono anche definite - con una ingiustificata sfumatura di negatività - "le isole degli Ateniesi", per via della vicinanza con la capitale (Salamina è addirittura di fronte al Pireo) che le rende meta usuale dei fine settimana e delle vacanze di molti Greci.
Le principali, elencate di seguito, sono sei, ma l'arcipelago è formato da un migliaio di isole e isolotti, di cui solo 11 abitate.
* SALAMINA, la più vicina ad Atene, kmq. 95 e km. 104 di coste. È una sorta di “tappo” del Golfo Eleusino, ormai inglobata nella capitale, di cui è in pratica un sobborgo.
* EGINA, situata al centro del Golfo Saronico, kmq. 85 e km. 57 di coste.
* ANGISTRI, piccola isola di 14 kmq a sole 3 miglia nautiche a ovest di Egina.
* POROS, kmq. 33 e km. 42 di coste.
* HYDRA, kmq. 50 e km. 55 di coste.
* SPETSES, la più meridionale del gruppo, ad appena 1,7 miglia nautiche dalla costa del Peloponneso, kmq. 22.
Ho impostato il mio island hopping di 17 giorni - dal 4 al 21 giugno 2010 - cominciando da Spetses, la più distante, e passando alle altre avvicinandomi via via ad Atene: una soluzione che cerco sempre di praticare affinché l’ultimo “salto” verso la capitale sia il più breve e sicuro possibile in vista del volo di ritorno.

Dove alloggiare

Come mia abitudine, prenoto da casa solo il pernottamento nella prima isola che tocco: fa comodo avere chi mi viene a prendere al porto o aeroporto di arrivo. Per le isole successive, mi affido agli affittacamere che attendono i turisti sul molo (viaggiando in giugno e settembre non ci sono problemi di disponibilità) oppure a indicazioni di chi mi ha preceduto: ottimo, in questo caso, il consiglio di Max per Hydra.
* a SPETSES: prenotata via internet, Pensione Moriatis, tranquilla benché a soli cinque minuti a piedi dal molo. 35 euro per una doppia uso singola, con ampio bagno, AC, frigorifero, TV. La raccomando senza riserve.
* a HYDRA: la pensione Alkionides consigliata da Max, adesso la consiglio anche io: comodissima e confortevole, camera doppia uso singola 50 euro, con bagno, AC, frigorifero, bollitore. Le camere su due piani prospettano su un suggestivo cortile interno. Cinque minuti a piedi dal molo dei traghetti. Peccato che sia da qualche mese morto il gatto rosso che vivacizzava la casa intrufolandosi nelle camere degli ospiti: ma aveva 15 anni, età veneranda anche per un animale che ha sette vite…

Itinerario

SPETSES

Venerdì 4 giugno 2010
Dopo circa tre ore di navigazione, nel cui corso il ferry ha fatto sosta a Poros e a Hydra, sbarco a Spetses nel tardo pomeriggio.
Soliti rituali di ogni nuova isola (in questo caso anche un nuovo arcipelago, ben diverso dai già noti Dodecaneso e Cicladi): ci si guarda intorno per un primo orientamento, “si annusa” l’atmosfera, si cerca di captarne le vibrazioni. Giunto in fondo allo stretto molo, ecco la manovra a tenaglia con cui due affittacamere mi puntano, ma con un anticipo degno del miglior Vierchowod piomba fra di loro il signor Moriatis con il suo “Mister Leandro?” (facile, tra la poca gente sbarcata io sono l’unico singolo) accompagnato dalla mano tesa (quella libera dal koboloi) a stringere con calore la mia.
Non sempre è così scontato quando lo garantiscono nel sito, ma bastano in effetti meno di cinque minuti a piedi per raggiungere l’alloggio e compiacermi dell'ottima scelta: Villa Moriatis è un’accogliente e linda casa a due piani gestita con grande cura dalla sempre sorridente signora Dimitra (Mimika), tranquilla benché a breve distanza dal movimentato molo.
Il meteo è incerto, tanto è vero che durante un primo giro ricognitivo un improvviso acquazzone mi costringe a riparare sotto il tendone di una taverna: pazienza, prendiamolo come pretesto per il primo caffè frappé della vacanza.
Per la prima cena, mi affido alla Lonely Planet e scelgo la Taverna O Làzaros. Resto perplesso da quanto la guida riporta: “chi è disposto a risalire faticosamente a piedi i 400 metri del corso principale che si diparte dal porto di Dàpia sarà ricompensato dall’ottima cucina, ecc.” Ora io dico… la Lonely Planet non era la guida di quelli che viaggiano spartanamente zaino in spalla? Una salitella di 400 metri sarebbe una fatica tale da meritare una ricompensa? Mah!
Validissimo peraltro il consiglio culinario, essendo ottimi la taramosalata (crema a base di uova di pesce, patate, olio d’oliva e succo di limone) e i souvlaki di pollo e maiale con patate fritte; con l’aggiunta di una Mythos da mezzo litro, conto di € 15,40.

Sabato 5 giugno 2010
La giornata si presenta subito come un’alternanza di schiarite e scrosci di pioggia, così rimando ai giorni successivi gli itinerari delle spiagge e mi dedico alla scoperta di Spetses town: la cittadina è molto bella, anche se un po' "affighettata" per i numerosi negozi di grandi firme che anche qui stanno prendendo piede come in tutte le isole greche. Fulcro dell’animazione è il molo di Dàpia con il brulicare di imbarcazioni attraccate e della sfilata di caffè sulla lunga terrazza che lo sovrasta su tutta l’ampiezza, con a breve distanza il mercato del pesce e l’intrico di stradine che gravitano intorno alla teatrale Platìa Orològiu i cui lati sono tutti occupati da vivaci taverne: uno snodo viario sul quale ci si trova inevitabilmente a passare diverse volte al giorno.
È d’obbligo la passeggiata di un paio di chilometri in direzione sud-est che porta al vecchio porto (Pàleo Limani). Annidato in una stretta baia che ha termine nel promontorio di Capo Fanari con il relativo Faro, è un luogo che ha conservato una sua autenticità, con le taverne popolari alle quali si alternano diversi piccoli cantieri navali tuttora in attività. Da non perdere il tratto che porta al Faro (recintato e non visitabile), in un contesto di piacevoli conifere: sul versante che dà sul mare aperto la costa è dirupata, mentre su quello rivolto verso la baia il pendio si addolcisce in un’area di sosta con panchine circoscritta da un muro con vecchi cannoni risalenti alla rivoluzione che nel 1829 svincolò la Grecia dal dominio ottomano e la statua in bronzo di Laskarina Bouboulina, l’eroina dell’indipendenza greca nativa proprio di Spetses.
Nel complesso, un’area tranquilla nella quale trascorrere qualche ora rilassante in giornate incerte poco adatte alla balneazione e uno di quei posti dai quali ci si stacca a malincuore.
Sulla via del ritorno, giunti allo sbocco della baia conviene tenersi alti sul colle per raggiungere la chiesa di Àgios Nikòlaos, luogo che, oltre che per l’esteso panorama, merita una visita per alcune vestigia della rivoluzione: fra esse, sull’antistante piazzale una lapide in bronzo con il motto “ελευθηρ?α η θ?νατος” (eleutherìa i thànatos = libertà o morte) e nel cortile interno l’iscrizione in francese “Qui dal 1827 al 1832 fu conservata in un barile di rhum la spoglia mortale di Paolo Maria Bonaparte nipote di Napoleone I, imperatore dei Francesi che offrì la vita per l’indipendenza della Grecia 1809-1827”.
In un barile di rhuuuum?!
Per la cena, mi faccio attirare dall’adiacenza al mercato del pesce della Taverna Bouboulina (vista l’inattesa piega storica che ha preso la giornata…) e faccio bene: servizio cordiale, ottimo trancio di pesce spada con contorno, due Mythos per un totale di € 17.

Domenica 6 giugno 2010
Finalmente giornata di pieno sole: oggi e domani alle spiagge… gli tocca!
Intanto parliamo della conformazione dell’isola: Spetses è grossomodo un ovale orientato in senso nordovest-sudest, il cui capoluogo è situato a 2/3 del versante orientale. Una buona strada carrozzabile di 23 km percorre l’intero perimetro quasi sempre in prossimità della costa, a est con tratti a livello del mare ma più spesso qualche decina di metri al di sopra, ancora più in alto a ovest. Le spiagge non sono l’eminenza primaria dell’isola e tutte devono essere “guadagnate” scendendo per tratti sterrati più o meno lunghi: essendo però Spetses (come tutte le Saroniche) un’isola ammantata di folta vegetazione, si è premiati da magnifici contesti naturali che incastonano baie dall’acqua sempre trasparente.
Purtroppo il servizio di barche per le spiagge non è ancora attivo, così come sono limitate le corse degli autobus. Programmo così di percorrere a piedi - per indugiare con calma sugli scorci panoramici, che come vedrò sono infiniti - oggi la strada costiera orientale con ritorno in bus e fare altrettanto domani per quella occidentale. Saranno una dozzina di km per giornata, ben diluiti da soste di relax nelle varie spiagge.
Alle 7 mi metto in cammino sulla panoramicissima carrozzabile ancora piacevolmente ombreggiata, sul tratto iniziale affiancata da belle villette prospicienti il mare: in certi casi si tratta delle eleganti arhontika in pietra a vista, le tradizionali residenze degli armatori e dei capitani di marina presenti anche nel capoluogo.
Lasciato l’abitato, dopo un paio di chilometri la prima sosta è dedicata a Ligonéri, spiaggia di sabbia mista a ciottoli con zone d’ombra assicurate da magnifici pini a ombrello. Acqua caraibica, temperatura... antartica! E se lo dico io, potete credermi!
Procedendo nella passeggiata, Spetses si conferma un'isola verdissima: ininterrotta e fitta copertura arborea, con boschi di conifere che digradano direttamente sulle spiagge a creare un paesaggio di grande fascino.
Un inatteso angolo di pace (non è che all’intorno ci sia chiasso, avrò incrociato non più di 4-5 macchine…) è offerto, con una breve deviazione su un tornante a sinistra, dalla Panagìa Elona, una chiesuola gialla su una piazzetta protetta da pini e ornata di fiori; su una rientranza della prospiciente roccia è stata ricavata un’ulteriore minuscola cappellina. Questi Greci! Sanno ricavare luoghi di culto in posti davvero impensati e remoti, ma spesso di grande suggestione come questo.
Un paio di chilometri oltre Ligonéri, si stacca uno sterrato a tornanti che scende sulla spiaggia di sabbia e ghiaia di Vrellos, la sola attrezzata dell’isola oltre a quella di Agìa Marina ai margini orientali del capoluogo. Faccio un paio di foto e vado oltre, anche perché in poco più di un quarto d’ora si svela improvvisa dopo un tornante la Baia di Zogeria all’estremo nord dell’isola, che - chissà perché nemmeno menzionata dalla Lonely Planet - è il tratto balneabile più lungo e spettacolare di Spetses: raggiunto con una sterrata in discesa un po’ sconnessa, è una fascia di oltre un chilometro che offre spiagge per tutti i gusti, dagli scogli alle scarpate in arenaria rossiccia ai piedi dei pini, dalle calette appartate fra piccoli promontori fino ad arenili di sabbia fine. Il tutto, in questa domenica 6 giugno 2010, esclusivamente a mia disposizione, a parte un paio di panfili ancorati in rada.
Dopo avere lungamente indugiato in memorabili bagni, metto mano alla mappa dell’isola e faccio il punto della situazione. Invece di ritornare al bivio della carrozzabile, questa può essere raggiunta con una mulattiera che la incrocia 2 km oltre, già sulla costa occidentale: quindi tanto vale, anziché tornare a Ligonéri (terminal del bus collegato al capoluogo), coprire l’equivalente distanza da qui alle spiagge occidentali di Àgia Paraskevi e Àgii Anàrgyri, capolinea dell’altra linea di bus con cui rientrare a Spetses town. Sempre meglio vedere nuovi scenari piuttosto che ripetere la strada dell’andata, no?
In contrasto alla linearità della strada orientale, quella sulla costa ovest corre alta sul mare molto tortuosamente, in un susseguirsi di vedute su piccole baie, però talmente impervie da essere raggiungibili solo via mare. I due soli - chiamiamoli così - punti di debolezza sono le citate Agìa Paraskevi e Àgii Anàrgyri, due spiaggioni ghiaiosi simili molto popolari per il facile accesso con brevi deviazioni.
Fatto il bagno nella prima, dotata di un chiosco di ristoro (ancora chiuso) e ingentilita dalla chiesetta che dà il nome alla spiaggia, raggiungo in poco più di un chilometro la seconda poco prima dell’una. Noto con piacere che il bus è già posteggiato, con un po’ meno piacere apprendo che partirà alle 16, cioè fra oltre tre ore…
Approfitto così della taverna, esperienza tutt’altro che esaltante visto che le acciughe (γ?υρος) fritte sono unte e troppo secche.
Intanto sopraggiunge qualche nuvola e si alza un po’ di vento, quindi non intendo stare qui ad aspettare per due ore e mezza la partenza del bus, soddisfatto come sono dei diversi bagni già fatti. Mi incammino così a piedi: intanto mi porto avanti, magari scopro una spiaggetta riparata e poi c’è sempre la risorsa dell’autostop…
Occasione per l’ultima sosta balneare è la piccola Baia di Kouzinoù, confortato da una schiarita sempre più estesa e dalla posizione riparata. Gli ultimi tre chilometri sono resi interessanti dagli uliveti a ridosso della costa in prossimità di Agìa Marina, da curiose formazioni rocciose fra il pendio boscoso sul lato monte e belle vedute sull’antistante isoletta di Spetsopoula.
Rientro in camera alle 16,30, praticamente l’orario di arrivo se avessi atteso il bus da Àgii Anàrgyri.
Buona cena da “O Spetsiotikò”. Conto di € 19,50 per souvlaki, polpo alla griglia e due Mythos.

Lunedì 7 giugno 2010
Lo sviluppo inatteso della giornata di ieri ha fatto sì che quanto programmato su due giorni si sia concentrato in uno solo, cosicché devo un po’ inventarmi che cosa fare oggi.
Dopo una passeggiata in paese a caccia di foto e riprese video, mi oriento su una gita in traghetto a PORTO HELI, località dell’antistante costa del Peloponneso: vi sbarco alle 10,45 dopo dieci minuti di traversata.
Già dal primo impatto la cittadina non mi entusiasma, anche se la posizione sarebbe bella in una baia quasi chiusa circondata dal verde: il tono mondano balza agli occhi dai panfili ancorati e dalle ville sul promontorio, spesso protette da cancelli e recinzioni se non celate da alta vegetazione. Le sensazioni che il luogo mi ispira sono contrastanti: è evidente la forte impronta turistica, ma a dispetto di ciò non c’è in giro quasi nessuno. Riguardo al mare non è niente di che e a completare il quadro la giornata è caldissima e senza una bava d’aria. Insomma, me ne andrei dopo un’ora, cosa ahimè impossibile perché il ferry di ritorno parte alle 19,35 anziché alle 17 come assicuratomi da Alasia Travel di Spetses.
Giro quindi straccamente per nove ore nella cittadina sempre semideserta (ma dov’è la gente, rintanata in casa per il caldo?), intervallate dalla sosta in un internet point al fresco e da un giropyta mediocre servito svogliatamente in uno dei pochi locali aperti.
Pur senza arrivare a baciarne il suolo, accolgo il rientro a Spetses come una vera liberazione.
Ultima cena alla taverna “O Arkuris”, una delle tante allineate sulla Platìa Orològiu. Conto di € 15,60 per un accettabile misto pesci e mezzo litro di retsina; melone al Drambuie omaggiato.

HYDRA

Martedì 8 giugno 2010
Preparato con calma il bagaglio e fatto un ultimo giro nella Dàpia e adiacenze - giusto per coltivare le nostalgie - lascio definitivamente Spetses, in un misto di rimpianto e di curiosità per la prossima meta del mio island hopping: Hydra, sulla quale sbarco alle 11,30 dopo un’ora esatta di navigazione.
Forte delle precise indicazioni di Max, dribblo con cortesia alcuni affittacamere, imbocco la Oikonomou e individuo facilmente il vicoletto cieco in cui è ubicata la pensione Alkionides: nessun problema di disponibilità e allo scoccare del mezzogiorno entro in possesso di una confortevole camera. Esco immediatamente per acquistare un po’ di frutta, una bottiglietta di ouzo, la guida e la mappa dell’isola: tutto quello che mi serve per prendermi una pausa nel bel giardino fiorito della pensione trascorrendo all’ombra le ore più calde.
In attesa di intraprenderne la scoperta, ecco una breve connotazione dell’isola.
Le passate fortune e ricchezze di Hydra - ancora oggi percepibili dall’eleganza di parecchie arhontika, che ancora più di Spetses caratterizzano il pittoresco porto - sono legate alla marineria, che qui raggiunse livelli di eccellenza tali da guadagnarle l’appellativo di “piccola Inghilterra”: determinante fu il suo apporto militare durante la rivoluzione del 1821-1829, quando l’isola vantava 130 vascelli, velocemente trasformati da mercantili in navi da guerra, in pratica due terzi dell’intera flotta ellenica.
Oggi per descrivere la bellezza dell’isola le definizioni si sprecano, da “gemma del Golfo Saronico” a “Portofino di Grecia”. Non stento a condividerle già dalla prima presa di contatto con la zona portuale e gli immediati dintorni, propedeutica agli approfondimenti dei prossimi tre giorni.
Capiamoci subito: chi fa l'equazione isola greca = mare, nel senso di spiagge sabbiose raggiungibili in breve e facilmente, su cui adagiare le chiappe e abbrustolirsi al sole, si orienti su altre isole. Ma farà malissimo, anche perché preciso subito che di bagni più che soddisfacenti ne farò comunque ogni giorno (e non parlo di quello in camera...).
Hydra non ha la copertura arborea totale di Spetses e i boschi di conifere sono limitati alla parte sud-occidentale: per il resto è rocciosa e brulla, con in più l’opera devastante degli incendi che nell’estate 2007 colpirono la zona est.
L’isola ha forma stretta e allungata nel senso sudovest-nordest, con il capoluogo (in pratica l’unico nucleo abitativo degno di tale nome) situato a metà della costa settentrionale. Senza esagerare, Hydra città è davvero una meraviglia, come scenario ricorda un po' Symi (vedi video su questo stesso sito). Da qui, nelle due opposte direzioni, si raggiungono alcune spiaggette piccole e ciottolose, ma il sentiero finisce dopo 3 km da una parte e 4 dall'altra, tratti sui quali non mancano peraltro punti di interesse che descriverò più avanti.
Gli spostamenti avvengono con muli/asini, carretti, imbarcazioni e… gambe. Niente mezzi a motore, solo qualcuno per le emergenze e per portare la spazzatura alla discarica. Si possono affittare biciclette.
L'interno è percorso da una serie di sentieri e mulattiere (beh, visti i muli...) molto ben tenuti, una vera gioia per gli escursionisti, magari in primavera o autunno per non schiattare dalla calura.
Che cosa ne dite, potrebbe fare comodo, vero, un'isola in cui per quattro giorni non si sente il rumore di un motore?
Guida e mappa alla mano, integrate dai primi riscontri “sul campo”, individuo gli itinerari principali con i quali riempire le prossime tre giornate. Da metà pomeriggio prendo intanto confidenza con il capoluogo, coadiuvato dalla brochure bilingue reperibile ovunque “Experience the living history” (Ταξ?δι στη ζωνταν? ιστορ?α) che suggerisce sulla planimetria cittadina una passeggiata lungo i punti salienti di rilievo storico, architettonico e religioso: si va dalle arhontika dei grandi condottieri della flotta all’Archivio Storico e Museo di Hydra, dal Monastero della Dormizione della Vergine alla Fortezza di Kavos, dalla Chiesa di Ypapantis fino alla storica farmacia Rafalias inconfondibile per la facciata bianca e gialla. Il tutto, con il legante dell’animazione di bipedi e quadrupedi sul lungomare e l’intrico delle stradine interne, oltre agli scorci sempre diversi che si possono ammirare dagli infiniti punti di osservazione offerti dalla struttura a saliscendi dell’abitato.
Per la prima cena, è d’obbligo sperimentare la taverna Gitoniko di Manolis e Christina raccomandata da Max oltre che dalla L.P.: giudizio positivo, anche se oggi (sarò stato sfortunato) le prime tre voci di menù che chiedo non sono disponibili. Ottime comunque le polpette di zucchine e le triglie alla brace scelte direttamente in cucina. Con l’aggiunta della solita Mythos, conto di € 17,50 arrotondato a 17.

Mercoledì 9 giugno 2010
Ormai, dopo l’incertezza delle prime due giornate a Spetses, il meteo si è assestato sul bello stabile, ottimo auspicio per le dodici giornate sulle Isole Saroniche che ho ancora davanti.
Esco alle 8 e decido, come prima escursione, per la salita al Monastero di Profitis Elias in modo di avere una panoramica dall’alto sulla conformazione dell’isola. Tutte le strade perpendicolari al porto si inoltrano verso l’interno, dimodoché mi basta uscire dalla pensione e prendere alla mia sinistra in moderata ma costante salita. Il fondo è acciottolato (giustamente, perché asfaltare in assenza di mezzi motorizzati?), ai lati le abitazioni, per quanto ben tenute, diventano via via più modeste rispetto all’eleganza delle dimore storiche che impreziosiscono il fronte a mare.
Basta una decina di minuti di cammino per compenetrarsi in una realtà sempre più popolare e rurale, distante dal tono cosmopolita dell’area portuale: piccoli orti, qualche ovile, fasce di uliveti delimitate da muretti a secco, attività quotidiane in cui hanno spesso un ruolo asini e muli. Di grande fascino, nel punto in cui la strada ha termine e dal quale si prosegue solo per sentieri e mulattiere, è la piazzetta del quartiere Kala Pigadia: il significato è “bei pozzi”, in riferimento a due grosse cisterne cilindriche con copertura conica in ferro attive da oltre due secoli intorno alle quali gli abitanti si affaccendano per attingere l’acqua con ogni tipo di recipienti. Da qui si diparte una ripida scalinata che porta a Kiafas, il più antico insediamento di Hydra nel quale è bello “perdersi” fra case in rovina, altre ben restaurate, vicoletti, sottopassi e cappellette.
Fatto ritorno ai pozzi, si imbocca la mulattiera acciottolata - per lunghi tratti in sottobosco - che con parecchi tornanti e pendenza costante sale verso il Profitis Elias. A un bivio segnalato a metà salita scelgo una variante, un sentiero un po’ sassoso che spiana su un’insellatura che divide i Monti Eros e Pyrgos (massime elevazioni dell’isola con 588 e 557 metri: sembra un luogo sospeso nel tempo che invoglia alla sosta, molto gradita per prendere fiato e dissetarmi da una gentile signora che mi saluta sulla soglia di una casetta di pastori circondata da capre. Il Monastero sorge sulla vicina altura di 470 metri e lo raggiungo in pochi minuti: del complesso è agibile solo una chiesetta fresca di restauro, mentre il corpo principale è inglobato in impalcature e non vi si può entrare. Un vero peccato, ma mi consolo con il vastissimo panorama: a nord il “ferro di cavallo” del porto, a nord ovest l’isoletta di Dokos, più distante la costa del Peloponneso (per la precisione l’Argolide).
Per il ritorno scelgo una “direttissima”, una gradinata rettilinea che parte dal muro di recinzione del Monastero per congiungersi con la mulattiera a valle del bivio dell’andata: faticosa in salita ma decisamente consigliata in discesa.
Tornato a Kala Pigadia, scorgo un cartello che segnala il Convento di Àgios Nikòlaos e più oltre quello di Zourvas situato all’estremità orientale dell’isola; percorro un tratto del sentiero in salita che di lì a poco si inoltra in una suggestiva gola rocciosa ma ben presto rinuncio a proseguire visto che comincia a fare caldo e che l’escursione richiede tre ore più il ritorno: sarà per un’altra volta, e poi nel pomeriggio è d’obbligo un bel tuffo…
Si è così fatta l’una e, rientrato in camera, mi merito davvero una bella doccia, un po’ di frutta che cerco di non farmi mancare mai e un riposino di un paio d’ore.
Dopo una gita all’interno, non c’è di meglio che una costiera, con il giusto coronamento di una bella nuotata. Intorno alle 16 scendo al porto, prendo verso ovest, supero il molo dei traghetti e aggiro lo sperone su cui sorge la Fortezza di Kavos con l’antistante statua in bronzo dell’ammiraglio Andreas Miaoulis, comandante della flotta greca al tempo della rivoluzione ed eroe per antonomasia dell’isola: questo slargo, con i cannoni dell’epoca ancora puntati verso l’imboccatura del porto, è un luogo privilegiato per ammirare il tramonto, che già pregusto al ritorno dalla passeggiata.
La strada corre sempre a breve distanza dalla costa rocciosa ed è l’unica dell’isola ad essere a fondo cementato, ad uso dei camioncini diretti alla discarica dei rifiuti. Si susseguono alcune rientranze, fino a raggiungere dopo un paio di chilometri Mandràki: è un pittoresco insediamento, in parte di belle ville arroccate alte su un promontorio e in parte di case prospicienti un porticciolo di pesca, fra cui una cappellina e un paio di taverne a pochi metri dalla minuscola spiaggetta. Dopo la successiva curva, la carrozzabile lascia la costa per salire all’interno verso la discarica e si procede attraversando l’ampia spiaggia sabbiosa di Miramare, attrezzata - per fortuna a impatto moderato - con bassi bungalows fra vialetti alberati e giardini fioriti: è anche collegata a Hydra town con battelli turistici.
Si prosegue oltre un promontorio, sul quale sorgono le rovine di un massiccio Kastro fortificato in via di restauro, ma dopo un centinaio di metri il sentiero si perde fra massi, brughiera e lastronate rocciose che digradano in mare. Non si può chiaramente proseguire via terra, ma prima di fare dietro-front approfitto dell’isolamento per concedermi una deliziosa nuotata in un’acqua freddina ma limpidissima.
Rientro lungo la via dell’andata godendo la fantastica luminosità del cielo in prossimità del tramonto, che ammiro seduto su un cannone fino all’ultimo barlume del sole dietro al profilo del Peloponneso.
Per la cena non trovo posto da Gitoniko, così mi accomodo, pochi passi più avanti, alla taverna “Xeri Elia - O Douskos”, i cui tavoli sono disseminati su un'incantevole platìa ombreggiata da due enormi platani: valida anch'essa, oltre ad essere uno degli angoli più suggestivi di Hydra città. Per taramosalàta, trancio di pesce spada e mezzo litro di vino bianco, conto di € 19 con omaggio di una fetta di cocomero.

Giovedì 10 giugno 2010
Giornata dedicata alla parte occidentale di Hydra, partendo dal capoluogo fino a… vedremo fin dove il sentiero lo permetterà.
Terminato il fronte porto lato ovest, si sale verso il Periptero, uno slargo che un tempo era la postazione occidentale dei cannoni (tuttora presenti intatti, una sorta di “arredo urbano” della veranda del ristorante Sunset) e oggi luogo di incontro per ammirare il tramonto, meglio ancora piluccando mezedes e sorseggiando un ouzo, una Mythos o un caffè frappé; subito sotto, la frequentatissima spiaggetta rocciosa di Spilia. Il largo sentiero, in grosse lastre di pietra e protetto da un muretto, prosegue alto sul mare ai piedi di due mulini restaurati, di cui uno nella già citata brochure “Experience the living history” è definito “Sofia Lauren’s Mill”: Lauren è chiaramente un refuso per Loren, potagonista insieme con Alan Ladd e Clifton Webb del film del 1957 “Il ragazzo sul delfino” di Jean Negulesco. La storia narrata è infatti ambientata a Hydra e poco distante dal mulino si passa a fianco di una statua in bronzo che riproduce l’originale, appunto un delfino cavalcato da un ragazzo che nella vicenda cinematografica fu trovato nei fondali marini. Magari non una pietra miliare nella storia del cinema, ma la sua visione è interessante per confrontare l’isola odierna con quella di 53 anni fa.
Avlaki, un nucleo di case in mezzo al verde sopra una piccola spiaggia sabbiosa, è in pratica ancora un proseguimento del capoluogo, ormai a breve distanza da Kaminia che è uno dei luoghi più pittoreschi dell’isola: dopo una svolta dell’acciottolato all’altezza di una taverna con pergolato, si ha la vista improvvisa di questo grazioso porticciolo di pescatori incastonato in una baia quasi chiusa al quale si scende con una ventina di gradini. Lo scenario delle barche colorate e delle abitazioni all’intorno, con l’inconfondibile edificio giallo e rosso della taverna Nouragio (purtroppo in abbandono), compongono un quadro assai gradito da pittori, fotografi ed esteti, in particolare con la luce del tramonto.
Da qui in avanti l’abitato si dirada e il sentiero si fa più stretto tagliando il pendio erboso che scende al mare, con begli scorci sulla scogliera sottostante (un minimo di attenzione nello sporgersi!) e su due antistanti isolette, entrambe sormontate (ne dubitavate?) da una minuscola cappelletta.
Alla successiva rientranza della linea costiera, evidentemente il letto asciutto di un corso d’acqua che si scavalca tramite un ponte ottocentesco ad arco in pietra ben restaurato, eccoci di fronte a Vlychos, un villaggetto di case bianche arroccate su uno sperone roccioso che costituisce una delle più belle cartoline di Hydra: l’adiacente spiaggetta di ghiaia scura, il sottostante mare di un azzurro intenso, alcune scarpate di arenaria rossiccia che fanno da quinte a piccole insenature sabbiose e il retrostante selvaggio pendio roccioso che sale verso il Monte Eros creano un contrasto che lascia a bocca aperta.
Il sentiero continua ancora a mezza costa fino a raggiungere un luogo particolarissimo: si tratta di Palamidas, uno spiaggione ad anfiteatro circondato da alture e protetto lato mare da una diga in massi alta un paio di metri, sul quale spicca un grosso edificio che dà l’impressione di un cantiere navale: non c’è in giro nessuno, ma un paio di elevatori, alcune barche in secca e una chiatta per il drenaggio dei fondali sono segni di un’attività in corso, nonostante l’atmosfera da città fantasma.
Percorro la sommità della diga, ma la costa sassosa diventa subito scoscesa senza traccia di possibili passaggi e oltre non si può proprio andare; mappa alla mano, comprendo che esiste solo un sentiero che sale verso l’interno fino al villaggio di Episkopi per poi scendere alla spiaggia di Nisiza sulla costa meridionale. In aggiunta ai monasteri della parte orientale, un’altra idea per un futuribile progetto “Saronic Islands Trekking”: del resto sia Hydra, sia Spetses e (come vedremo nella seconda parte) Egina sono isole adattissime alla pratica escursionistica.
Mi accingo quindi a ripercorre a ritroso lo stesso tragitto di quattro chilometri, non rinunciando però a una sacrosanta pausa ristoratrice e balneare. La prima avviene con un caffè frappé a un tavolino del Four Seasons, un frequentato stabilimento balneare con spiaggia di sabbia riportata (all’intorno infatti è tutto un tavolato roccioso), mentre per la seconda mi defilo in direzione di Vlychos infrattandomi in una caletta di ghiaia rossiccia ai piedi di una scarpata dove non c’è nessuno: il mare è qui meraviglioso, ideale per un bagno interminabile dal quale non riemergerei mai.
Non resta che tornare alla base giusto in tempo per il tramonto: dopo quello di ieri dalla Fortezza di Kavos, stasera lo ammiro dal lato opposto del porto, vale a dire dalla veranda del ristorante (guardacaso…) Sunset. Anche da qui, uno spettacolo!
Per la cena, mi faccio attrarre dalla variopinta taverna Paradosiakòn, appollaiata (è la definizione giusta, visto che i tavolini sono stipati negli spazi risicati di un minuscolo rialzo della strada) in uno slarghetto a poche decine di metri dopo l’imbocco della Tompazi. Mi satollo con un grosso piatto di riso con frutti di mare all’aroma di aneto spendendo, con l’aggiunta di mezzo litro di retsina, € 13,50.

Venerdì 11 giugno 2010
Non si può soggiornare a Hydra senza dedicare un po’ di tempo all’animazione mattutina del porto. Non occorre andarci ad ora antelucana, basta essere là dalle 7 / 8 in avanti e ci si troverà nel cuore del traffico (suona strano il termine, per un’isola priva di mezzi a motore…). Oltre ai pescherecci dai quali si può acquistare direttamente il pesce freschissimo, ogni mattina attracca un cargo “vissuto” che porta ogni tipo di merci (alimentari e no) dalla terraferma: queste vengono sbarcate, contrattate, suddivise e caricate sui muli o su carretti da essi trainati che, districandosi in un coinvolgente e coloratissimo caos, sciamano poi verso le tante stradine che conducono ai vari angoli dell’isola.
Un particolare divertente, buona parte degli asini/muli recano sul basto una targa bianca e azzurra con la sigla GR ad imitazione di quelle automobilistiche con il nome dell’animale: così càpita di imbattersi in Gregoris, Sotiris, Dionisios, Stamatis… nomi umani come si vede, o di santi chissà, vista la proverbiale pazienza dei simpatici quadrupedi.
Dimenticavo: nell’animazione, al porto e dovunque, giocano un grosso ruolo i gatti. In nessun’altra isola ne ho visto una tale quantità, evidentemente favorita dall’assenza di macchine e di moto!
Si fanno così le 12, ora di partenza del battello che per 12 euro A/R porta in mezz’ora alla spiaggia di Bisti, all'estremità occidentale dell'isola. Analoghi servizi raggiungono anche quelle della costa meridionale, da quella di Àgios Nikòlaos (in linea d’aria a meno di un chilometro da Bisti ma tocca scavalcare un impervio contrafforte roccioso alto 123 metri) alle più remote Nisiza, Klimàki e Limniòniza, ma solo in alta stagione: la limitatezza dei collegamenti via mare alle spiagge è infatti uno dei pochi lati negativi a fronte dei tanti vantaggi di visitare le isole greche in giugno e settembre.
Mentre al rientro il timoniere seguirà una rotta al largo con un’andatura più sostenuta, ora la navigazione sottocosta avviene con lentezza consentendo belle vedute su Avlaki, Kaminia, Vlychos, Palamidas e Molos: una sequenza di prospettive che sono l’ideale completamento di quanto ammirato ieri via terra.
Non posso non pensare ancora una volta: “ma che bella è quest’isola!”
Superate le spiaggette di Molos e Kaoumithi raggiungibili solo via mare, si svolta seccamente lasciando a destra il piramidale isolotto di Petasi e in breve si approda al microscopico molo della baia di Bisti: il contesto lascia senza fiato, una cerchia di montagne con ai piedi un bosco di conifere che digrada su un arenile di ghiaietta e sabbia lungo non più di una settantina di metri, attrezzato senza invadenza da una ventina di ombrelloni di paglia gestiti da una vecchietta che ha anche una piccola ghiacciaia di bevande. Alternando bagni in un’acqua “da bere” con passeggiate fra la scogliera e la retrostante vegetazione che regalano vedute spettacolari, il tempo vola e il battello del rientro arriva con spietata puntualità allo scoccare delle 16.
Mi gusto le ultime vedute sulla costa, ideale saluto all’isola che domani lascerò.
Per l’ultima cena a Hydra scelgo la Taverna di Evangelos Sideris, che si guadagnerà il posto di mia “best choice in town”. Niente di eclatante, anzi modesta e un po' discosta dal grosso flusso turistico, sull’angolo dell'edificio del mercato del pesce. Solo clientela greca abituale, passa un turista giapponese, scruta senza ritegno nei piatti degli avventori e si dilegua. Una volta preso posto a un tavolo all’aperto, appare una specie di Mangiafoco largo come la porta, la cui moglie è solo di pochi etti meno corpulenta e il figlio... è la somma dei due: insomma - si pensa - ormai mi sono seduto, va già bene se non mi prendono a sberle. Invece... invece: menù detto a voce, scelgo polpo bollito in emulsione di olio, limone e origano tenerissimo (non si contano le volte che in Grecia mi è toccato duro come il legno) e dei magnifici pesci alla brace (non identificati, ma direi della famiglia dei saraghi). Con una Mythos da mezzo litro, conto di € 18. Caffè greco omaggiato.

Sabato 12 giugno 2010
Ultima mattinata a Hydra, trascorsa nel simpatico caos del porto che sicuramente mi mancherà, in attesa del traghetto per Poros, scalo obbligato di tre ore in attesa della coincidenza per Egina.
Ma non andrà proprio così, in omaggio alle improvvisazioni tipiche di un island hopping che si rispetti… Il come e il perché li saprete nella seconda parte del resoconto, sempre sulle pagine virtuali di Cisonostato naturamente!

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