La Repubblica monastica del Monte Athos, la Grecia proibita

Insolito e affascinante: un luogo di profonda spiritualità, da secoli sospeso nel tempo

La Repubblica monastica del Monte Athos è senza dubbio la regione meno visitata della Grecia, benchè sia tra le più interessanti dal punto di vista storico-artistico.
Questa limitazione nasce dal fatto che non ci sono alberghi al suo interno ed il turismo, come concepito da noi, sia di fatto inesistente. Il Monte Athos accoglie ufficialmente visitatori sottoforma di pellegrini, e, una volta ottenuto il visto di accesso, dedicarsi esclusivamente alla visita dei monumenti non è difficile, ma è bene non abbandonare mai l’atteggiamento rispettoso e discreto che si addice a luoghi mistici e sacri. In altre parole non bisogna commettere l’errore di pensare di partecipare ad una divertente e chiassosa visita turistica.
L’altra grande limitazione dell’Athos è che l’accesso è vietato, a prescindere, a metà dell’Umanità, ovvero a tutte le donne.
Una limitazione difficile da concepire e da capire, ma resta comunque il fatto che anche per gli uomini non è così semplice riuscire ad ottenere il permesso di ingresso, soprattutto se di fede diversa da quella Ortodossa. Quasi il 90% dei 30/40.000 visitatori annui è di nazionalità greca e solo per i greci è abbastanza semplice riuscire a visitare questa straordinaria regione- Stato della penisola Calcidica. Il numero limitato di stranieri ammessi, che non supera di solito le 5.000 unità annue, dà una idea di quanto sia difficile avere accesso a questa area Monastica.
Ufficialmente, per visitare il Monte Athos bisogna fare una prenotazione all'"Ufficio dei Pellegrini". La prenotazione può essere fatta in Inglese all’ufficio di Thessaloniki (via Karamanli, 14 GR-54638) e non è necessario presentarsi di persona: è sufficiente inviare un fax al 0030-31-861811). Successivamente l'ufficio chiede l'invio di alcuni dati identificativi essenziali (di solito la fotocopia della carta d'identità). Sembra tutto facile ma molti stranieri lamentano il fatto che l’ufficio non risponde alle richieste e bisogna sollecitare varie volte. Dunque, avere un aggancio all’interno del Monte, come è successo a noi, aiuta non poco. In alternativa, occorre armarsi di pazienza ed insistere con la richiesta che deve essere comunque presentata almeno due mesi prima. Viste comunque le difficoltà, consiglio di armarsi di pazienza e cominciare la trafila almeno con 6 mesi di anticipo. Una volta ottenuto il nulla osta, si deve raggiungere, al momento della visita, l’ultimo paesino dove termina la strada, Ouranopolis, (esiste un servizio di bus che unisce Thessaloniki a Ouranoupolis, partendo dalla stazione bus per la penisola Calcidica). Il giorno dell'imbarco, o il giorno prima, poco prima di partire (verso le otto di mattina), è necessario ritirare il permesso di visita, che si chiama Diamonitirion, presso un piccolo ufficio non molto distante dall’imbarco del traghetto, pagando la tassa di ingresso che si aggira sui 40 Euro. Il Diamonitirion e un documento di identità sono sufficienti per la visita alla Repubblica per non più di quattro giorni. E’ possibile chiedere una proroga all’ufficio di Karies, la capitale, una volta arrivati al Monte Athos, anche se noi, nel corso del secondo viaggio, siamo rimasti di fatto più di 4 notti senza chiedere nessuna proroga ufficiale. A noi non hanno detto niente, non posso ovviamente garantire che sia sempre così.
Una volta pagata la tassa di Ingresso è importante notare che non serve più pagare nulla, in quanto l’ospitalità viene garantita gratuitamente dai Monasteri secondo il principio dell’ospitalità ai pellegrini. Occorre naturalmente dire che si tratta sempre di una ospitalità spartana, in camerate di più persone, con bagni in comune e pasti molto frugali (non si consuma carne). I monasteri non sono raggiunti dall’energia elettrica, che viene garantita da gruppi elettrogeni che in genere vengono scollegati ad una certa ora. In alcuni luoghi non esistono neppure questi gruppi elettrogeni, in altri, come la skiti di Karies, non abbiamo mai avuto l’acqua calda… per fortuna il clima era clemente! Proprio per la frugalità dei pasti, nel caso qualcuno sia, come si suol dire, una buona forchetta, è consigliabile portare con sé qualche provvista come barrette energetiche o cibo in scatola.
Benchè i conventi non richiedano ulteriori pagamenti, è buon uso lasciare alla partenza una offerta in denaro, che verrà usato per le necessità ed il mantenimento del monastero e della comunità dei monaci. Infine giova ricordare che sono proibite le telecamere all’interno dei monasteri: le macchine fotografiche sono tollerate, ma è proibito fotografare i monaci e quasi sempre gli interni, salvo poche eccezioni. Alcuni monaci si lasciano fotografare all’esterno del monastero, ma è necessario chiedere il permesso.
Come accennato in precedenza, per il nostro piccolo gruppo di sei persone (non sono di solito ammessi gruppi di più di 10 persone) la parte burocratica è stata davvero semplice in quanto siamo stati ufficialmente invitati da un laico del monastero di San Paolo: alcuni di noi erano in grado di fornire una consulenza sull’organizzazione della cantinetta del loro monastero, dunque la concessione dei permessi è stata caldeggiata dall’interno.
Non è dunque così scontato che quando si decide di andare a visitare questo angolo di mondo a sé stante, ci si possa riuscire: anche contattando le autorità preposte, bisogna armarsi di pazienza, e sperare che tutto fili liscio
Se qualcuno può dare una mano tutto è molto più facile come accennato in precedenza.. Questo qualcuno potrebbe essere un residente ( la via più difficile ma che garantisce il permesso!) oppure un cittadino greco di religione ortodossa. Infine potrebbe essere qualcuno che c’è già stato e vuole tornare: per chi ha già visitato il luogo, infatti, sembra venga garantita una via preferenziale!

DOVE SI TROVA
La repubblica del Monte Athos si trova a nord della Grecia, nell’ultima delle tre lingue di terra della penisola Calcidica.
E’ indipendente di fatto dall’anno 971 e al suo interno risiede un rappresentante della repubblica Greca nominato dal ministero degli esteri. La Repubblica ha una propria dogana e un servizio d’ordine garantito da dei laici che per tutto il tempo in cui prestano servizio devono essere celibi.
E’ organizzata in 20 monasteri principali e 14 skiti (dipendenze), altre comunità sorte intorno a delle chiese, che dipendono comunque sempre da uno dei 20 monasteri. Oltre alle skiti, ci sono circa 250 tra kalyva (“famiglie” di pochi monaci che vivono in abitazioni separate e dedite alle attività lavorative, ma che comunque si riuniscono per le liturgie ai monaci dei monasteri da cui dipendono) ed eremi isolati (isychastiria) dove vive un solo monaco.
La comunità non è stata immune dalle crisi di vocazioni che ha investito nell’ultimo secolo il mondo cristiano tanto che ora i monaci sono circa 1500 in tutta la Repubblica, quando solo un secolo fa erano oltre 10.000. A tutto cio’ si è aggiunta la sempre più scarsa affluenza di fondi, soprattutto a partire dalla caduta della Russia zarista: gli zar di Russia erano tra i maggiori finanziatori dei Monasteri,oltre che garanti di un gran numero di monaci: agli inizi del ‘900, infatti, la comunità religiosa russa era seconda in numero solo a quella Greca.
La continua diminuizione del flusso di denaro dell’ultimo secolo ha avuto dunque pesanti ripercussioni sullo stato di conservazione dei Monasteri. Benchè siano tutt’altro che in stato di abbandono, molti avrebbero bisogno di urgenti interventi per evitare che vada perduta una parte così importante di storia e arte cristiana.
Le città (si fa per dire!) sono solo due: Karies, sede amministrativa, dove si trova un bar-ristorante, la posta, un paio di negozi e una serie di uffici amministrativi, Qui risiedono anche i rappresentanti dei 20 monasteri. L’altra è Dafni, il porto di arrivo, dove c’è il controllo doganale, un ufficio postale e un ristorante: le due località, messe insieme, non arrivano a 500 abitanti!
Il monte Athos è sicuramente un faro dell’Ortodossia se non altro per il suo attaccamento alla tradizione Bizantina: questo prerogativa, assieme al rifiuto di molte delle modernità ( i collegamenti fissi all’energia elettrica per esempio) rendono la visita una esperienza straordinaria non solo dal punto di vista religioso, ma anche da quello logistico e pratico: molto spesso si ha la forte impressione di trovarsi catapultati indietro nel tempo di mille anni, cosa ormai più unica che rara in questa nostra vecchia Europa!Primo viaggio, maggio 2006
L’avventura per me è cominciata nel gennaio 2006, quando è arrivata una telefonata da parte di un mio amico medico, il quale, sapendo che questi monasteri Greci rientravano tra le mie priorità di visita, mi ha informato che alcuni conoscenti comuni stavano cercando di organizzarsi per la visita. Non me lo sono fatto ripetere due volte ed ho aderito con entusiasmo all’ idea.
Cinque mesi dopo sono partito assieme al mio amico ed altri 4 conoscenti per il primo pellegrinaggio verso il luogo forse più mistico del nostro continente.

5 Maggio
Partiamo da Venezia via Budapest, per arrivare all’aereoporto di Thessaloniki. Abbiamo deciso di approfittare per visitare anche questa città, ma lo faremo al ritorno. Arriviamo però nel tardo pomeriggio per cui pernotteremo in un hotel vicino al mare in una zona non molto lontana dal centro, all’hotel Queen Olga www.queenolga.gr. Una doppia costa 60 Euro ed il rapporto qualità-prezzo si dimostra davvero ottimo!
La camera che divido con il mio amico ha la vista su tetti e antenne, ma non è che la cosa ci interessi molto: mettiamo giù i bagagli, una rapida doccia, e via a cenare in un ottimo ristorante di pesce.

6 maggio
La mattina seguente prendiamo un taxi che ci porta alla stazione delle autocorriere dove partono gli autobus per Ourianopolis, punto da dove salpa il traghetto per il Monte Athos. La stazione è in una zona periferica della città, per cui il taxi, peraltro economico, è l’unico modo per raggiungerla.
Il biglietto per Ourianopolis costa 9,25 Euro. Ourianopolis è una cittadina di mare, moderatamente turistica, anche se in questa stagione i turisti stanno solo cominciando a farsi vedere. Arriviamo sotto una pioggia scrosciante, tanto che siamo addirittura costretti ad attendere che smetta, sotto un riparo di fortuna, per poter fare le poche centinaia di metri per raggiungere l’albergo dove pernotteremo.
Il laico residente che ci ha invitato ad andare, Paolo, ci raggiungerà nel tardo pomeriggio ed insieme ci recheremo all’ufficio preposto, dove due monaci ci rilasceranno il nostro Diamonitirion, ovvero il permesso di soggiorno, senza il quale non si entra nella Repubblica del Monte Athos.
Per la cena scegliamo un ristorantino a caso tra i tanti: chiediamo di ispezionare il pesce, come si usa in Grecia, e scegliamo personalmente il nostro pesce, da cucinarsi in parte (branzini) alla griglia e in parte (triglie) fritto. Accompagnato da vino locale e l’immancabile insalata greca, l’ultimo pasto ricco prima della partenza si rivela una bontà.

7 maggio.
Dopo colazione prendiamo il primo traghetto, quello delle 8.30. Ci sono circa un centinaio di persone che partono con noi, e stimo che almeno 90 siano di nazionalità greca. Il confine corre molto vicino ad Ourianopolis e il nostro ospite ci indica dopo pochi minuti una torre piazzata proprio sul limite di demarcazione tra territori greco e del Monte Athos. Noi siamo stati invitati dal monastero di San Paolo, che si trova proprio nella punta meridionale della penisola, lunga circa 45 chilometri.
Tuttavia non ci recheremo subito al monastero: la nostra prima tappa sarà una kalyva, con annessa la cantinetta dove si produce il vino per il monastero e anche per altri monasteri.
Superato il confine cominciamo già a vedere i primi Monasteri disposti lungo la costa: il primo è Dochiariou, e ci appare subito dopo aver doppiato un piccolo promontario. Seguono a ruota Xenofondos e Aghiou Panteleimonos, monastero fondato dai russi. Ci accontentiamo di vederli dal mare perché non visiteremo nessuno di loro.
Arriviamo quindi a Dafni, dove espletiamo le formalità doganali, consumiamo uno spuntino al piccolo ristorante del porto, e ci imbarchiamo sul traghetto “locale” che percorrerà tutta la costa occidentale, fermandosi in corrispondenza dei vari monasteri. Alcuni sono vicini alla spiaggia e facilmente visibili dal mare, altri si trovano all’interno.
Siamo a circa metà della costa quando Paolo ci dice di prepararci perché sta per arrivare la nostra fermata: scendiamo in una piccola spiaggia apparentemente deserta e troviamo ad aspettarci un fuoristrada: la cantinetta è all’interno e per arrivarci bisogna fare una strada sterrata, in gran parte in salita e piuttosto dissestata, di circa 5-6 chilometri. Ovviamente il fuoristrada non può portarci tutti (siamo in 6 + Paolo + l’autista + i bagagli) dunque sono previsti tre viaggi.
Decidiamo di caricare tutti i bagagli e solo Paolo per il primo, in modo che gli altri possano incamminarsi per quella che sembra essere una meravigliosa passeggiata.
La strada è poco più di una mulattiera, ma dopo una prima parte di aspra salita, con la visuale coperta da una fitta macchia mediterranea, quando si arriva in cima al primo dosso, si gode di una spettacolare vista sul mare. Siamo a giugno quindi i prati sono tutti fioriti, non c’è un’anima viva nei dintorni. Vedere la costa greca, d’estate, senza una sola persona in spiaggia, non è cosa di tutti i giorni! Io vengo caricato per ultimo, al terzo viaggio, quando sono già praticamente a metà strada.
Il fuoristrada procede lentamente perché il fondo è davvero sconnesso, si vede che non ci passa nessuno e la manutenzione lascia molto a desiderare. Ad un certo punto, corre lungo un crinale e alla nostra destra si apre un panorama stupendo: il boschetto di macchia mediterranea è interrotto da una piccola costruzione in fondo alla valle, circondata da qualche ettaro di campi coltivati e alcuni vigneti: è la cantinetta dove dormiremo stanotte.
I miei compagni di viaggio si sono già sistemati nelle due camere a disposizione e qualcuno sta già preparando da mangiare. Siamo nel tardo pomeriggio e io ne approfitto per fare un giretto in quella magnifica valle solitaria. Al rientro trovo il mio amico Michele che sta pulendo alcuni rami di origano: al di sopra di una specie di armadio che ne sono a centinaia, e Paolo ci ha dato alcuni vasetti entro i quali metterlo una volta pulito i rami: ce ne porteremo a casa almeno un paio a testa ed il profumo di quella valle greca mi accompagnerà per tutto l’inverno successivo!
Passiamo la serata a parlare di vino e a dare qualche consiglio organizzativo a Paolo (siamo lì per questo!) e andiamo a dormire tardi, proprio mentre si sta avvicinando un temporale.

8 maggio
Oggi riprenderemo il traghetto che ci porterà al monastero di San Paolo. Alcuni di noi decidono di farsi tutta la strada a piedi e io sono tra loro. Partiamo con un buon anticipo perché vogliamo fermarci spesso lungo il tragitto, per goderci il panorama e la fioritura.
Arriviamo al porticciolo con una mezz’oretta di anticipo e ci sediamo all’ombra di una quercia, a goderci il panorama del mare. In lontananza, un piccolo peschereccio sta rientrando dalla notte di pesca, scortato da una cinquantina di schiamazzanti gabbiani che reclamano la loro parte di pesce.
Il traghetto arriva con un po’ di ritardo, ma qui il tempo non conta, gli orologi non servono!
Il panorama che ci riserva il resto della navigazione è ancora più bello di quello del giorno precedente. La prima fermata è quella del monastero bulgaro Filotheu, invisibile dal mare, e troviamo ad aspettare alcuni monaci con una fila di una decina di asini. Dal traghetto vengono scaricate provviste, riconosciamo dei barili di olive, ma non riusciamo a capire cosa ci sia in altri barili e sacchi. Mentre il traghetto si allontana seguiamo il lavoro dei monaci che caricano sul dorso dei pazienti animali tutta la merce da portare al monastero. Questo è uno spettacolo abbastanza frequente all’Athos e incroceremo spesso piccole carovane di muli in giro per il reticolo di sentieri che collegano le varie comunità. Ora ci sono anche i fuoristrada, che però non hanno totalmente soppiantato i muli, anche perché le strade sono poche ed il mulo resta comunque utilissimo per percorrere i sentieri che portano agli eremi più isolati. Dunque i mezzi moderni non lo hanno ancora sbalzato dal ruolo di protagonista e sarà difficile pensare che possa succedere, almeno fino a quando la configurazione del territorio rimarrà questa!
Durante la navigazione, contempliamo lo stupendo monastero di Simonos Petra, arroccato su di una rupe, ad una certa distanza dalla costa, e vagamente somigliante ad un monastero Tibetano; a seguire i Monasteri Grigoriou e Dionisiou, edificati su uno spuntone roccioso proteso sul mare, poco distanti l’uno dall’altro.
Finalmente tocca al “nostro” monastero, San Paolo. Scendiamo assieme ad altri pellegrini e troviamo ad aspettarci un piccolo camioncino con il cassone scoperto. E’ l’“autobus” che ci condurrà lungo una strada in salita di circa un chilometro, all’ingresso del monastero, comunque ben visibile dall’attracco e dal mare. Dato che anche qui serviranno due viaggi per caricare tutti, lascio salire gli altri e aspetto il giro successivo.
Il monastero è abbastanza grande, anche se non è tra i più importanti dell’Athos, è il 14° in ordine di importanza. Scopriamo che all’arrivo i pellegrini vengono portati in una stanza, dove vengono registrati da un monaco incaricato: è una prassi che si ripeterà dapperutto. Il monaco è l’Archondaris, ovvero l’addetto alla foresteria. La nostra prima notte era stata molto più informale, anche perché abbiamo dormito all’esterno del monastero, dove non c’erano altri pellegrini. Sul tavolo ci sono dei dolci, del caffè, e dei bicchieri d’acqua che consumiamo insieme agli altri per ingannare l’attesa.
Quando viene il nostro turno il monaco ci invita a scrivere nel registro nome, cognome, nazionalità e occupazione. Ci accompagna quindi alla nostra camera: siamo in una camerata con 8 letti, senza nessun altro con noi, dunque due letti rimangono liberi.
Ci vengono date le indicazioni su orari per il pranzo e la cena, gli unici appuntamenti fissi della giornata. Per il resto siamo liberi di gestirci la giornata. Fa molto caldo quindi indugiamo in camera per un po’ e poi, in attesa del pranzo, giriamo per il fresco cortile interno ombreggiato del monastero: usciamo poi dalla porta principale che dà su una meravigliosa terrazza coperta con vista sulla costa. Nei giorni seguenti, questo luogo diventerà il ritrovo per le nostre riflessioni sulla vita monastica e le religioni ortodosse e cattoliche.
Un ritocco di campana scandisce il nostro primo pranzo al monastero: sono le 11.30 e quasi tutti i pranzi verranno serviti molto presto. Ci accoglie uno splendido refettorio affrescato: prima entrano i monaci, poi vengono fatti entrare i pellegrini: un monaco si occupa di separare i greci dagli stranieri: per questa prima giornata noi siamo gli unici stranieri! Scopriremo poi che la selezione viene fatta tra ortodossi e non ortodossi: noi non ortodossi veniamo sempre lasciati per ultimi e messi in un angolo. Ci disponiamo in silenzio lungo un tavolo fisso, ascoltiamo in piedi la preghiera dei monaci, e quindi ci sediamo a mangiare. Tutto il cibo è già disposto sul tavolo: una zuppa, un pezzo di formaggio con delle verdure, un piattino di olive e una mela. Pranzo frugale, ma sappiamo che sarà così dappertutto. Mentre si mangia, un lettore a turno legge la vita di qualche santo o scritti ascetici. Un’altra preghiera segue il pasto che dura in media circa 15 minuti: è infatti brevissimo, perché non è consentito indugiare sui piaceri della carne. Per gli ortodossi, il pasto è una naturale prosecuzione della liturgia mattutina: per questo va consumato in silenzio, ascoltando le letture. Il refettorio è davvero molto bello, coperto di affreschi, e mi rammarico del fatto che sia proibito fotografare. Dato il breve tempo in cui si rimane per mangiare, non c’è neppure modo di osservarlo con attenzione: al suono della campanella che segnala la fine del pasto tutti si alzano in piedi, i monaci escono per primi, seguiti dai pellegrini ortodossi e noi rimaniamo sempre per ultimi!
Nel pomeriggio ci armiamo dei nostri zainetti e ci incamminiamo per un piccolo trekking nei dintorni, tra campi colorati di giallo e profumi mediterranei.
Dopo cena ci soffermiamo invece sulla terrazza davanti al monastero per goderci il nostro primo tramonto sul mare del Monte Athos. Ci fa compagnia un pastore tedesco e due pigri gatti rossi che approfittano delle nostre carezze, dato che i monaci non hanno certamente molto tempo da dedicare loro!

9 maggio
Dopo colazione (tè, olive e un dolcetto) partiamo per un trekking che ci porterà lungo il sentiero che costeggia il mare ai Monasteri di Grigoriu e Dionysiu. Il sentiero è facile, con piccolo saliscendi tra la vegetazione che a tratti nasconde la costa, ma che spesso si apre lasciando spaziare lo sguardo verso il mare e vedute sempre spettacolari. Non possiamo fare a meno di pensare che questo sentiero, come molti altri qui, è sempre lo stesso, immutato da centinaia di anni e percorso da sempre solo da monaci, muli, pellegrini, monaci, muli, pellegrini, monaci, muli, pellegrini…
E’ proprio il diario di un monaco del Monte Athos, in data 1054, il primo a nominare il passaggio di un gruppo di pellegrini “maghi e incantatori di serpenti” che denominò “atsingani”, ovvero intoccabili. Il semplice diario è il primo documento che parla degli Zingari in Europa, e da questa definizione derivò il nome in tutte le lingue di Zingari. Dunque gia’ mille anni fa questi sentieri erano percorsi da pellegrini di tutte le stirpi.
Il primo monastero che incrociamo è Dionysiu, il 5° in ordine di importanza.
Fondato nel 1375 dal monaco Dionisio, si trova in posizione spettacolare sul mare, su uno sperone a circa 100 metri di altezza. La ristrettezza dello sperone fa si che tutte le costruzioni siano molto addossate alle mura e il cortile interno è davvero piccolissimo. Come tutti gli altri monasteri, al centro c’è il katholikon che è la chiesa dove vengono celebrate le funzioni. Nonostante la assonanza, niente a che vedere con la religione cattolica, qui sono tutti ortodossi!
Contrariamente a quel che si può pensare, i cattolici non sono ben visti, perché considerati dagli ortodossi alla stregua di eretici o traditori della vera professione cristiana, ovviamente con le dovute cautele imposte dalla religione: sta di fatto che molto spesso noteremo come i monaci avranno la tendenza, per esempio all’ingresso dei refettori, a separarci dai pellegrini ortodossi e dai greci, una vera e propria discriminazione religiosa. Scopriremo anche che ai non ortodossi non sarà consentito assistere ad alcune liturgie e che comunque è richiesto di assistere in disparte alle liturgie, stando in fondo alla chiesa.
Anche in questo monastero si possono ammirare meravigliosi affreschi. In particolare il refettorio, dove entreremo per consumare il pranzo ma soprattutto per ammirare le pareti, è forse la sala più bella che mi sia capitato di vedere in questo viaggio: una meraviglia da ammirare a bocca aperta, non c’è un solo centimetro quadrato della volta che non sia coperto da affreschi!
Proseguiamo verso Grigoriou, 17° in ordine di importanza, arroccato in una posizione simile al precedente, anche se un po’ più bassa e meno spettacolare. Ci arriviamo dopo un’ora di cammino senza mai allontanarci dalla costa. Il monastero è di fondazione più recente (circa 1500) ed è stato ricostruito nel 1700 perché distrutto da un incendio. Forse anche per questo è un po’ meno interessante e presenta molti meno affreschi sulle pareti interne ed esterne.
Dopo la visita a questo secondo monastero torniamo sui nostri passi: l’escursione è durata tutta la giornata e abbiamo visto due monasteri molto belli. Stanchi e accaldati arriviamo in tempo per la cena e concludiamo di nuovo la giornata con la vista dalla terrazza panoramica del nostro monastero, a dissertare su storia e religioni. Il luogo certamente si presta a questi argomenti. I nostri gatti rossi spuntano dal nulla dopo pochi minuti e vengono a prendersi la loro razione giornaliera di coccole, incuranti delle nostre accalorate discussioni.

10 maggio
Stamattina è previsto un trekking più impegnativo di quello di ieri. Siamo solo in tre, gli altri preferiscono restare nei pressi del monastero.
Raggiungeremo lo spettacolare monastero di Simonos Petras, 13° in ordine di importanza, che somiglia ad un monastero nepalese perché costruito in forme vagamente orientali su una roccia che si erge a trecento metri sul livello del mare. Il nome stesso ne tradisce l’origine, la Pietra di Simone fu fondata appunto dal Monaco Simone, che ebbe una visione proprio in corrispondenza di quello sperone di pietra, nel XIV secolo. Il monastero fu distrutto a più riprese dagli incendi, ma sempre ricostruito: l’ultima ricostruzione risale alla fine dell’ottocento, in forme però molto simili all’originale.
Arrivare implica un trekking abbastanza impegnativo, soprattutto nell’ultima parte, perché allo scoperto. Il sole di Grecia sa essere impietoso anche a maggio! Ma la bellezza del monastero ripaga abbondantemente dello sforzo. Pur se visibilissimo dal mare, Simonos Petra è comunque abbastanza lontano dalla costa. Gli interni non sono particolarmente ricchi, perché affreschi, documenti e arredi originali sono stati distrutti dagli incendi. Tuttavia le ardite terrazze in legno, a molte delle quali si ha accesso, sono davvero da brivido. Viene quasi da camminare in punta di piedi per il timore che possano staccarsi e precipitare nel vuoto!
Passando da un balcone all’altro ci imbattiamo in una terrazza con annessa tazza del WC all’aperto e con fantastica vista sul mare… Sembra non essere più in uso, ma certamente chi lo usava aveva una vista invidiabile in quei momenti così intimi!
Anche questo monastero conosce la penuria di monaci e mezzi e si vede soprattutto dalla scarsa manutenzione. Incrociamo un monaco sorridente e ben disposto, e ne approfittiamo, visto che non tutti sono così aperti e comunicativi: ci dice in un misto di greco e italiano (il mio amico Michele parla un po’ di Greco) che sono rimasti una ventina ad occupare un monastero che ha tutta l’aria di essere costruito per accogliere certamente più di 100 monaci. Lui è lì da oltre 20 anni ed ha l’aria di essere uno dei più anziani. Dopo pochi minuti ci saluta e prosegue con il suo mulo verso una delle tante terrazze coltivate che circondano il convento.
Scendiamo nuovamente verso la costa e arriviamo alla spiaggia di ciottoli antistante San Paolo verso le 13.30: decidiamo di improvvisare lì un pic nic con le provviste di emergenza che ci siamo portati da casa. Così consumiamo il nostro tonno in scatola con una gran voglia di farci un bagno in mare: ovviamente siamo pellegrini e il buon senso ci impedisce di metterci in costume ed entrare in acqua… Ci godiamo invece un buon libro all’ombra di un albero secolare, a pochi passi dalle rovine di una torre che sembra più un manufatto militare che religioso: non troviamo nessuna notizia su questa costruzione ed il dubbio rimane… passiamo comunque un paio d’ore di ottimo relax.
Nel tardo pomeriggio tentiamo di partecipare alla liturgia: la giornata del monaco è suddivisa in 8 ore di preghiera, 8 ore di lavoro e 8 ore di riposo: dunque la preghiera, e in particolare la liturgia collettiva, occupa un posto molto importante nella sua giornata. Entriamo timidamente nel Katholikon, quasi con il timore di venirne cacciati, e ci addossiamo alla parete più lontana. Vicino a noi alcuni monaci più anziani sono in piedi, ma appoggiati ad una specie di scranno in legno che li aiuta a sostenersi. L’atmosfera è mistica ma l’ambiente è un po’ tetro: la voce profonda e un po’ atona di quello che è il celebrante (anche se questa è una definizione non corretta) contribuisce a rendere la cerimonia un po’ noiosa per noi che ovviamente non capiamo nulla. Le composizioni dell'ufficio bizantino sono così numerose e ricche che è praticamente impossibile riunirle in un solo breviario portatile di facile consultazione per il singolo, come succede da noi. Le celebrazioni liturgiche si compongono in diverse parti: le preghiere, che sono recitate dal celebrante nei pressi dell’ altare; le invocazioni che sono cantate dal diacono tra due cori; i salmi, i canti, le letture che sono recitati alternativamente da due cori. I monaci lettori sono riuniti attorno ai leggii, a destra e a sinistra del celebrante. Sui leggii sono collocati dei grandi libri che riportano gli uffici di ogni giorno, dei santi e delle feste. Gli altri monaci stanno disposti nei loro stalli tutt'attorno alle pareti della chiesa, ascoltando senza leggere, segnandosi e inchinandosi nei momenti stabiliti.
Restiamo in chiesa per una mezz’oretta, dopodichè dobbiamo arrenderci, ci è difficile immaginare di poter rimanere più a lungo senza cadere tra le braccia di Morfeo.
Dopo cena, percorriamo invece la mulattiera che va oltre il monastero di san Paolo, salendo gradualmente fino ad offrirci una bella vista sul monastero stesso e sui campi coltivati adiacenti.
Anche il Monastero di san Paolo ha conosciuto drammatiche vissitudini storiche: fu totalmente ricostruito nel 1821, dopo che i turchi lo rasero al suolo per punire i monaci locali che si erano uniti alla ribellione della gente greca contro di loro. Alla ricostruzione parteciparono con ingenti aiuti economici gli zar Nicola I e Alessandro I: la famiglia reale Russa ha avuto sempre un importante ruolo nella storia della comunità monastica di questa penisola, fino alla caduta della monarchia. Con la rivoluzione d’ottobre vennero a mancare non solo i fondi ma anche l’apporto di parecchi monaci russi, che, una volta giunti all’Athos, dovevano acquisire il passaporto greco: benché la Repubblica sia indipendente, infatti, i monaci hanno documenti di identità Greci.

11 maggio
Dopo tre notti trascorse a San Paolo ritorniamo con il traghetto “locale” fino al porto di Dafne, dove, dopo i controlli doganali, riprenderemo la nave che ci porta a Ourianopolis. Da qui, in coincidenza con il traghetto, il bus che fa la spola con Thessaloniki. Questa sera dormiremo a Thessaloniki dove ci aspettano due giorni pieni di visita alla città.
Abbiamo fatto solo 4 giorni al Monte Athos, ma, visto che il luogo ci ha riempito di entusiasmo ed è piaciuto a tutti, decidiamo fin d’ora che proveremo a venirci anche il prossimo anno, cercando di vedere molto di più…

12-13-14 maggio
Giornate dedicate alla visita di Salonicco, che offre tantissimo, a cominciare dalle bellissime chiese bizantine. Visitiamo la Rotunda, che deve ovviamente il nome alla sua forma. Costruita nel 306 d.c. era un tempio dedicato a Zeus, e il mausoleo dell’Imperatore Galerio Cesare. Fu trasformata in moschea nel 1590 e subì gravi danni nel terremoto del 1978.
San Demetrio, dalla splendida facciata, presenta all’interno una notevole serie di mosaici sulla vita di San Demetrio e di altri Santi, mentre la chiesa dei santi Apostoli, più decentrata, vale la visita per i suoi superbi mosaici e affreschi, che mostrano purtroppo il segno dei tempi. Altre chiese che meritano una visita a mio parere sono Panagia Chalkeon, con un bel giardino davanti, una vera oasi tra il frastuono del traffico sempre intenso, che sembra tentare di soffocarla, e Acheiropoietos con i suoi numerosi mosaici posizionati sulle volte degli archi del nartece. Anche qui ci sono degli affreschi del XIII secolo e due bellissime file di colonne con capitelli corinzi, veri capolavori scultorei.
Infine la chiesa di Santa Sofia, iscritta nel patrimonio mondiale dell’Umanità, con all’interno innumerevoli mosaici, superbo esempio di arte bizantina del periodo che va dal IX al XII secolo.
Per gli appassionati di arte bizantina, il pezzo forte della città è comunque a mio avviso il museo di cultura bizantina, che oltre a notevoli mosaici, presenta vasellame, gioielli, sculture e altre opere d’arte del periodo.
Naturalmente anche il museo archeologico è un must: non dimentichiamo che siamo in Grecia ed il museo contiene così tanti reperti che in molti altri Paesi del mondo ne potrebbero fare 3, di musei!
I più importanti sono certamente i pezzi rinvenuti nella tomba di Filippo il Macedone, padre di Alessandro Magno, scoperta in un sito non lontano dalla Città.
Un vero capolavoro all’aperto è invece l’arco Galerio, con i pilastri di sostegno molto ben conservati, decorati in tutti i lati con scene di vita dell’imperatore.
E’ impossibile non soffermarsi a pensare come in Paesi come la Grecia (che probabilmente trova rivali solo nell’Italia e nella Turchia) un tale incredibile capolavoro dell’arte antica, sia immerso nella vita quotidiana della gente, che passeggia indifferente a pochi metri e ci appoggia pure le biciclette, senza degnare le meravigliose scene scolpite di uno sguardo!
Non mancano altri siti archeologici all’aperto, come l’antica Agorà, che visitiamo prudentemente di buon mattino, per evitare la canicola della parte centrale della giornata
Ma a Salonicco è bello anche percorrere le vie e il lungomare intorno a Piazza Aristotele, sempre trafficate e piene di gente, fermandosi in uno dei numerosi caffè, oppure inoltrarsi nel pittoresco mercato quotidiano, dove la zona riservata alla vendita del pesce e delle carni sono uno spunto inesauribile per fotografare le variopinte bancarelle. Intorno, una folla vociante e sempre in movimento, camerieri che portano caffè da un negozio all’altro, massaie che si ritrovano per fare due chiacchiere, anziani che passeggiano ed osservano la merce esposta.
La sera, invece, il cuore pulsante della vita cittadina è sul lungomare che termina con la torre medioevale chiamata Torre Bianca, simbolo inconfondibile della seconda città della Grecia.
La torre ha assunto la forma attuale nel XV secolo e, benchè ora sia un punto di riferimento per la città, ha una sinistra fama: fu utilizzata dai Giannizzeri come prigione per i condannati a morte e dai turchi come prigione e luogo di tortura, tanto che fu chiamata la torre del sangue.
Ma Salonicco è ricordata anche per essere la patria dei Santi Cirillo e Metodio, inventori dell’alfabeto cirillico. Certamente è una città che da sola merita almeno 3-4 giorni di visita e la lista dei monumenti che ho citato è solo parziale. La zona è spesso trascurata dal turismo, perché chi si reca in Grecia preferisce le isole o, se interessato alla storia, punta di più verso Atene e il Peloponneso. Tuttavia escludere questa zona dalla visita della Grecia significa senza dubbio non poter dire di avere davvero visto tutte le cose più importanti di questo meraviglioso Paese!

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