La poesia del Giglio

Da non perdere

PRIMAVERA
Ben sapeva io che natural consiglio amor che contra te già mai non valse Primavera.

Avevo già letto Francesco Petrarca ma non mi ero accorto del sonetto 69 (Canzoniere) se non dopo il terzo anno che andavo all'Isola del Giglio in ferie. Ero sul traghetto quando staccando gli occhi dalla rivista ho pensato che avrei dovuto scaldare l'appartamento, stava facendo freddo. Conviene sempre prendere in affitto una camera, insomma qualcosa, per tutta la stagione. Certo se vivi vicino al luogo eletto per le ferie. Ma il prezzo è vantaggioso, la gente del luogo non deve cercare i clienti per quell'estate ed accorda la locazione anche per tutto l'anno. Il risultato è il seguente: ti fai tutti i fine dell'anno settimana al mare.
Dicevo di essermi svegliato dall'ultimo torpore invernale quando ho lasciato il giornale coi fattacci di sempre, sul ponte di quel traghetto, sporgendomi dalla ringhiera che dà a nord. In bassa stagione la gente del Giglio vede l'attracco del traghetto come un evento curioso e ti si ferma ad osservare chi viene e chi và. Il porticciolo ti abbraccia con quelle casupole piccole e variopinte alla Genovese. La strada che le delimita dal mare è una passeggiata di granito che ti ristora. Ed inoltre una cosa che ti attanaglia il cuore è l'acqua che pur essendo dentro il porto la vedi trasparente come se fosse di sorgente. Il Porto è piccolo, e quindi ci sono scogliere di granito alla destra ed alla sinistra. Questo è un altro fattore che ha fatto del Porto dell'Isola del Giglio un qualcosa di poetico e romantico. Per niente dispersivo, per niente sporco o disordinato, insomma mi ero innamorato di Giglio Porto. Ma avevo trovato l'appartamento dall'altra parte dell'Isola: al Campese. Sulle prime mi ero pentito, ma poi con la prima stagione ho pensato di continuare ad andare là.
Scendendo dal traghetto non vidi nessuna faccia nota, del resto quella era una delle prime volte approdavo. Avrei voluto fermarmi ma il terrore di passare una notte al freddo mi convinse a proseguire per il Campese. Quindi vidi il Porto dal vetro della macchina, ma decisi che sarebbe stato il mio luogo per l'aperitivo quotidiano. Mi inoltrai con l'auto per i tornanti osservando gli oliveti del versante est alla luce di quello che rimaneva come bel tramonto primaverile.
Valicato il colle che copre la baia del Campese notai alla mia sinistra il Castello. Paese che prende il nome dalla muraglia che lo circonda. Costruito seppi poi, nel milleddue millettre dai Medici Toscani, ma non ne approfondii la storia subito, "comprerò un libro di storia domani", pensai. Scendendo verso l'appartamento notai una cosa bellissima all'orizzonte, Montecristo. Una scena tale da raccontare a mia moglie, la Corsica dietro appena arrossata e Montecristo colorata di rosso scuro da quel tramonto mozzafiato. Il mare era calmo e si notavano, nell'immensità dello specchio d'acqua nel centro dell'arcipelago, le striature del vento lunghe chilometri. Alla fine mi ritrovai davanti all'appartamento che avevo affittato. Entrai e subito mi accorsi che il padrone aveva cambiato i materassi ed alcuni elementi d'arredo. Infatti li avevo trovati penosi e vecchi. I materassi macchiati e qualche oggetto della cucina troppo usato e rovinato. Certo non volevo tutto nuovo di zecca ma insomma un minimo di decenza. Quindi rimasi contento e non temetti più per il mio week-end da single. Accesi la stufa a gas che il padrone mi aveva fatto trovare secondo gli accordi presi al telefono e sistemai le lenzuola e coperte. Ad un certo punto mi fermai un attimo e rimasi sorpreso come quasi traumatizzato da una cosa che non sentivo da troppo tempo: il silenzio assoluto. Rimasi fermo quasi impietrito e qualcosa di nuovo pareva nascere in me. Avevo studiato e premeditato tutto, sarebbe stata una incantevole estate, costosa però incantevole. Dall'appartamento sarei sceso al mare facendo nemmeno centocinquanta passi. Odio essere in fronte al mare, affacciarsi e sapere che tutto il mondo è dietro, invece così avrei avuto modo di andare dal panettiere, dal salumiere, magari salutarli e scambiare due chiacchiere, poi dal giornalaio e poi infine alla spiaggia. Un paio di ragazzi avrebbe preparato il mio angolo di paradiso: un ombrellone e tre sdraio, in dietro. In dietro? Certo! In prima fila ci vanno quelli che vogliono ascoltare le dolci e rilassanti urla tenebrose dei bambini e delle mamme che li chiamano sempre. Io avrei mandato il mio a fare casino in riva al mare ed io sarei stato dieci o quindici metri in disparte. Si perché al Giglio non ci sono che quattro file di ombrelloni. In riviera invece una volta ne ho contate ventisei. Essere in riva al mare con trecentomila ombrelloni alle spalle e circa quattrocentomila bambini affamati di divertimento equivale ad essere all'inferno.
Appena finito decisi di andare a mangiare al Castello. Arrivai che girava poca gente, erano tutti a cena. Feci ingresso nelle mura antiche e mi diressi al ristorante. Quella era la seconda volta e provai il "Grembo", la prima andai all'"Arcobalena". Il Grembo risulta abbastanza formale anche se tipico. I gestori sono educati e gentili e non ti distolgono dalle tue meditazioni. Il locale è una taverna tipica Gigliese con la volta e pareti di granito autentico a facciavista. I tavoli sono pochi e posizionati su due livelli rendendo il tutto scenograficamente interessante. La cucina è ad un piano sotto ed ad un tratto tutto diventa antico e la città si allontana dalla tua mente. Il pesce è cucinato con arte e sapienza ed i vini sono accostati con coscienzioso scrupolo. Nulla poteva turbare il mio benessere. Anche lì il silenzio era liberatorio e comunque segnava l'attesa di una gonfia stagione estiva. La volta prima invece andai all'Arcobalena anche quello piccolo ristorante. La cucina si vede allo stesso piano ed è aperta e ci passi davanti. Sembra di essere in casa. Gli odori che manda sono quelli veri e puoi vedere tutto compresi i tegami. Il gestore ti fa accomodare in una sala piccola ma bellissima. I tavoli sono pochi e tutto è intimo e romantico. Le pareti sono dipinte con scene di viuzze del Castello ed hanno delle parti scoperte con i sassi di granito. Le luci sono leggere e provengono da lampioncini stile marinaro. Il gestore ti raggiunge e ti dice cosa ha trovato dal pescatore quel giorno e ti dice che ha preparato della pasta fresca di vari tipi per quella sera. La scelta era poca ma la qualità tanta. Ma a me era piaciuto quello stile confidenziale calmo e concreto del gestore che poi sa che quello che conta è la genuinità delle pietanze. Anche lì il vino proposto con i cibi era azzeccato con maestria e assennatezza.
Uscii e mi diressi verso la piazza passeggiando per quelle antiche viuzze fatte solo di granito. Terrazzetti e finestrelle fiorite sotto la luce di lampioni in ferro battuto fanno del Castello un villaggio davvero romantico. Mia moglie certo aveva scelto il mare, per il bambino, ma io sarei rimasto anche al Castello.
Il giorno dopo visitai l'entroterra facendo delle bellissime passeggiate in mezzo ai fiori, e dire che avevo detto a mia moglie che dovevo scrivere delle relazioni importanti per il lavoro oltre che preparare l'appartamento per lei ed il mio marmocchio. Ma come potevo fare? Tutte le colline erano fiorite la temperatura dolce, potevo mettermi a pensare al lavoro?

ESTATE
Avevo i piedi stesi sulla sedia di fronte a me. Mi ero quasi assopito quando sono stato svegliato dai rantoli fragorosi e dai singhiozzi di quello che doveva essere mio figlio. Mia moglie stava preparando il pranzo al sacco con le cose che avevo comprato nei negozietti del centro di Campese. Il giorno prima al momento dell'abbonamento, al bagno Riocaldo, il gestore mi aveva consigliato di fare il giro dell'isola in barca. Mentre mio figlio e mia moglie si bagnavano in riva al mare io intrattenevo relazioni con quelli che sarebbero stati i miei amici delle ferie. Mi pareva importante sondare, capire, conoscere prima di provare. Il giro dell'isola poteva essere una buona cosa per vedere le calette sulla carta prima di farci delle gite. Quindi avevo organizzato tutto, avremmo preso una barchetta già pronta e preparata per il giro lungo e poi in altri pomeriggi saremmo andati a vedere una per una le migliori scogliere. Ed ora mio figlio comprometteva tutto perché voleva rimanere sulla spiaggia a fare i castelletti di sabbia. Vallo a convincere che è meglio il giro dell'isola! Piangeva e si dimenava con una vitalità che non avevo mai visto. Ma ormai avevo prenotato l'imbarcazione. Decisi di fare tre o quattro castelletti di sabbia con mio figlio e poi di invogliarlo a prendere un motoscafo veloce. Sarebbe rimasto poi deluso della velocità, ma pensai, sarebbe stato contento di salire per la prima volta su una barca a motore.
Visitammo notai la bellezza della Cala di Sparvieri, del Mezzofranco, dell'Allume, del Corvo, del Serrone. Inoltre notammo una meta importante che è la spiaggia delle Caldane e poi dell'Arenella. Questi furono sette pomeriggi in seguito, memorabili. Il relax assoluto che provavo nonostante mio figlio fosse a bordo lo devo a mia moglie che gli è stata dietro. Forse anche lei se lo sarebbe meritato, ma ero troppo egoista. Ma d'altronde mia moglie odia andare sott'acqua, io invece ho esplorato con la maschera i fondali di quelle insenature e devo dire me ne ricorderò sempre. L'anno dopo ho fatto meno giri in barca, ma più che altro per pigrizia.
Trovo comunque rilassante anche costruire castelletti di sabbia con mio figlio, ma comunque la cosa più bella di quella spiaggia è che non è affollata ed il vicino di ombrellone è veramente una occasione per fare opinione. Ci siamo dilungati in lunghe e riposanti chiacchierate continuate poi di sera alla base delle colline dove era il mio appartamento, in terrazza dopo profumatissime grigliate.
Dal mio appartamento non si vedevano i tramonti. Per vederne uno dovevo starmene sulla spiaggia fino a tardi. Il fatto che invece si potessero vedere dalla spiaggia era prerogativa unica di quel versante di costa. Basta è tutto. Questo è quello che si fa al mare quando fa caldo. Durante i fine settimana in primavera ed autunno invece le passeggiate in campagna alimentano la voglia di Mediterraneo, e quei profumi li ho sentiti solo in Sardegna. Vi saluto. Domenico Pintori.