Roma fuori le mura

La Roma “fuori porta”: il Parco di S. Policarpo e la valle della Caffarella

Il Parco di S. Policarpo e la valle della Caffarella Il Parco degli Acquedotti: alla ricerca del Tempio della Fortuna Muliebre.
In periferia, nel quartiere di Cinecittà esiste il Parco degli acquedotti, meglio conosciuto con il nome di S.Policarpo. Passeggiandovi nel primo pomeriggio, nel totale silenzio della natura che caratterizza il luogo nelle ore invernali, sembra quasi di vedere l'antico tempio dedicato alla Fortuna Muliebre, che sorgeva esattamente nello stesso posto dove oggi c'è un casale.
Questo edificio sacro situato nel mezzo della campagna romana, rappresenta la memoria della salvezza di Roma. Esso è attualmente un tempio fantasma perché non ne è rimasto nulla, a parte la memoria confusa tra storia e leggenda.
Lo scrittore Dionisio di Alicarnasso lo descrive contornato da un'area sacra che includeva anche un altare.
Il Canina lo ricostruì idealmente e lo immaginò a pianta rettangolare con quattro colonne sul fronte.
I dati certi sono che fu costruito nel 487 a.C, che era situato sul luogo dove oggi vi è un vecchio casale e che era dedicato alla Fortuna Muliebre, una dea dai molteplici aspetti, che elargisce fecondità, assicura il buon esito del raccolto, la salute delle mandrie e delle greggi, la ricchezza, la vittoria in guerra, la buona salute ed i tranquilli viaggi.
Il tempio fu dedicato per ringraziare gli dei dal pericolo che Roma scampò a seguito della mancata invasione dei Volsci nel V sec. a.C.. Questi erano un popolo ambizioso, che avendo sottratto ai Latini la parte meridionale del Lazio, premevano minacciosamente su Roma. Alla loro testa c'era il leggendario patrizio romano Coriolano (Gneo Marcio), esiliato dalla città come avversario dei plebei. La leggenda vuole che il suo terribile esercito, dopo essere giunto a poca distanza dalla città, esattamente al quarto miglio, facesse miracolosamente retromarcia. A tradire il valoroso guerriero furono i suoi sentimenti di figlio e sposo di donne romane, tra le quali vi erano la madre Veturia e sua moglie; infatti, si dice che nel momento in cui egli si avvicinaò per abbracciare la madre, questa lo respinse e gli chiese se doveva abbracciare il nemico o il figlio. Allora Coriolano toccato nel profondo dei suoi sentimenti, cedette e dopo aver tolto il campo, ritornò con i Volsci nei loro territori, dove rimasero fino
alla morte.
Ecco perché si dice che le donne romane salvarono la città e per accoglierle con tutti gli onori, al loro ritorno si innalzò un tempio proprio sul luogo dove esse avevano trionfato!
Si istituirono dei riti particolari e dei sacrifici annuali, che avrebbero ricordato nel tempo la straordinarietà dell'impresa.
All'interno dell'edificio fu posto un simulacro della dea Fortuna, che fu detta Muliebre, perché la salvezza di Roma era dipesa proprio dalla figura della donna.
La storia conferma che, dove non avrebbero potuto le armi e la forza di robusti uomini, ebbero la meglio la grazia e la dolcezza femminili!

Un'interessante passeggiata archeologica: la Valle della Caffarella (dal Quo Vadis fino alla Ninfa Egeria).
A Roma, proprio a pochi metri da macchine, parcheggi, rumori e palazzi, a due km dal centro storico, esiste un posto miracolosamente "scampato" allo sviluppo edilizio ed al susseguente degrado.
Tra un casale di campagna ed un pascolo, un contadino assorto dal suo lavoro ed un monumento antichissimo, ci si ritrova avvolti da suggestioni e profumi nuovi. Tutto questo è la Valle della Caffarella, il cui nome è legato al casale della Vacchereccia, costruito dalla famiglia Caffarelli.
Questa zona è situata tra l'Appia e la Via Latina poco dopo le Mura Aureline, recentemente ripulita e trasformata in parco. Nel suo interno passa il fiume Almone.
Secondo la tradizione, in quest'area, Numa Pompilio si appartava con la Ninfa Egeria e la cavalleria romana ogni 15 luglio vi festeggiava i divini Castore e Polluce. In età imperiale (II sec. D.C.), vi sorgeva una tenuta chiamata Pago Triopio (il nome deriva dal santuario di demetra a Cnido, il Triopeion), di proprietà del facoltoso ed erudito Erode Attico, amico dell'imperatore Antonino Pio.
L'itinerario parte subito dopo la chiesa del Domine Quo Vadis, per Via della Caffarella, (sulla sinistra dell'edicola sacra): la strada dopo il primo tratto iniziale asfaltato e pieno di ville, diventa di terra battuta e si trasforma in una zona abbastanza isolata.
Comincia adesso il nostro "viaggio", tra alberi, pascoli ed è così che una inusuale sensazione di libertà ci avvolge e si apre davanti a noi un paesaggio di aperta campagna. Dopo qualche metro si arriva al numero 25, dove chiuso un una proprietà privata (??!!) troviamo un sepolcro: il Tempio del Dio Redicolo (da redicolus, il dio del ritorno). A questa divinità si attribuisce il merito di aver fatto ritirare Annibale, al quale essa era apparsa in sogno e che aveva qui il suo tempio. Più probabilmente potrebbe trattarsi del sepolcro di Annia Regilla, moglie di Erode Attico.
L'edificio si presenta come una tomba a tempietto a due piani, in laterizio. Nella parte superiore, illuminato da finestre rettangolari, avevano luogo i riti funebri, mentre in quello inferiore, caratterizzato da piccole aperture a feritoia, era allestita la camera funeraria.
Peccato che questo monumento di mattoni, famoso per la raffinatezza delle sue decorazioni, non si possa visitare.
Arriviamo, poi, al casale della Vacchereccia e vediamo sulla destra i resti di una fonte, che oggi formano un piccolo laghetto. Salendo sulla collina di fronte al casale, nascosto tra gli arbusti, troviamo un piccolo ninfeo rettangolare (grotta o costruzione consacrata alle ninfe), scavato nel tufo e con a fianco uno stanzino più piccolo, costruito con calcestruzzo misto a scaglie di mattoni e tufo. Le tecniche costruttive ed i materiali impiegati fanno pensare ad una creazione del IV sec. d.C.
Giriamo a sinistra e superato un ponticello si arriva al suddetto casale, che è ancora oggi un'azienda agricola funzionante, la cui sagoma è resa inconfondibile dalla presenza di una torre medievale. Di fronte ad esso, recentemente è stato restaurato un fontanile della famiglia Torlonia; attualmente tutta quest'area è pulita e visitale.
Ritorniamo sul sentiero principale ed arrivati sotto la collina si può ammirare la grotta del Ninfeo di Egeria, annunciata dal rumore dell'acqua che scorre. In età arcaica le ninfe venivano adorate dentro le grotte; successivamente, si iniziò a costruire ninfei come questo. Eretto nel II sec. d.C. come luogo di ritrovo e conversazione per gli ospiti del Triopio; è di forma rettangolare con nicchie nella parete di fondo ed in quelle laterali. Nel '600, nel ninfeo, c'era un'osteria molto frequentata nelle gite fuori porta. Accanto ad esso, vi sono dei resti di un acquedotto, ora restaurati.

Un commento in “Roma fuori le mura
  1. Avatar commento
    zamhwu tyfr
    30/09/2008 17:04

    rqitzjebl julhqfis gpztlm atxpe fpale nkjguvhs zreuvdayi

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