L’Abetone nello splendore della primavera

Una bella escursione lungo i sentieri dell’appennino tosco-emiliano

La giornata promette pioggia, ma in 40 partiamo intrepidi verso l’Abetone facendo gli scongiuri e sperando che i metereologi si siano sbagliati come al solito.
La strada non è delle migliori e dopo tante curve finalmente arriviamo. L’Abetone senza neve non dice nulla, è sonnacchioso e in disarmo, sembra una pila scarica che si sta ricaricando.

Itinerario

25 Maggio 2008
Noi partiamo seguendo un sentiero nel bosco (abetaia di Boscolongo), per altro abbastanza breve, poi si comincia a salire lungo le pendici del Monte Belvedere.
Prima tappa è il “Libro aperto” (quota 1937) così chiamato perché guardandolo da lontano si ha veramente l’impressione di un volume aperto con le due pagine dischiuse. La salita è tosta e soprattutto lunga, siamo saliti di quota ed il bosco è sparito, non lo vedremo più fino alla fine dell’escursione. D’ora in poi saranno solo pratine, sentieri di cresta e roccette. Incontriamo una grossa placca nevosa, oggi non ci facciamo mancare nulla.
Intorno a noi lo spettacolo è bellissimo, anche se purtroppo siamo inseguiti da grossi nuvoloni con varie sfumature dal bianco fino al nero, che a volte ci acchiappano e ci avvolgono come in un velo.
Poi il vento pulisce tutto dandoci modo di apprezzare le valli sottostanti e il susseguirsi delle catene dei monti appenninici che la lontananza rende di un diafano colore blu. Sembra di vedere un mare in tempesta con alte onde che si rincorrono e si perdono nell’infinito.
Una parte del gruppo sale sulla cima del Libro Aperto, poi si prosegue seguendo il sentiero del crinale con segnavia 00. Mi piace questo sentiero anche se a volte
è un po’ esposto e ci sono tratti di roccette da superare. Ma non c’è nulla di impegnativo, basta prestare un minimo di attenzione, anche perché non è piovuto, quindi le rocce sono asciutte e non scivolose e il sentiero è pulito e non sdrucciolevole. E’ un continuo saliscendi che visto da lontano sembra impegnativo con salite e soprattutto discese difficili, ma poi si scopre che tutto è meno complicato di quello che la prospettiva ci aveva presentato.
Non c’è un minimo riparo, quindi speriamo che non piova altrimenti ci toccherà una doccia prima del tempo.
L’aria è satura di umidità e con il sole si avverte una temperatura elevata, poi d’improvviso il sole scompare e con le nuvole arriva il freddo e a volte gocce di pioggia. Insomma è un continuo cambio di indumenti per poter fronteggiare le diverse situazioni, ma i nostri zaini sono ben preparati e non ci sono problemi per nessuno.
Dopo tante ore di cammino cerchiamo un posto un po’ riparato dal vento per la sosta e rifare il pieno di energie.
Naturalmente, una volta accampati, si mette a piovere e ci sentiamo un po’ bohemienne mangiando sotto gli ombrelli aperti. Per fortuna smette subito e ritorna l’allegria con reciproci scambi di servizi fotografici e di contenuti non ben precisati di minuscole bottiglie che magicamente compaiono a fine pasto, con conseguente aumento dell’ilarità generale e le gambe che diventano improvvisamente pesanti.
Siamo a circa 2/3 del cammino e ci dicono che la parte più dura è alle nostre spalle, ma la lunghezza del percorso e il continuo saliscendi consigliano comunque calma, attenzione e nessuno spreco di energie (tranne che per chiacchierare naturalmente).
Riprendiamo la strada dirigendoci verso il monte “Croce Arcana” che raggiungiamo dopo molta strada, una salita che sembra non finire mai ed una dolce discesa allietata dalla vista di una marmottina che ci guarda da lontano e che forse si sarà chiesta perché questo “branco” di umani invade il suo territorio facendo tanto rumore.
Il sole allieta la nostra camminata ed il paesaggio esplode in un tripudio di diverse tonalità di verde sul fondo valle e fino a metà costa, per trasformarsi gradatamente in un manto biondo cosparso di macchie di neve che ancora resistono a queste quote.
Alla Croce Arcana siamo accolti, oltre che da un monumento alla 1° Guerra Mondiale costituito da due cannoni, da una selva di ripetitori che, ben conscia della loro utilità, devo dire sono proprio brutti.
Breve sosta di riposo al sole, poi si parte per l’ultima tratta: meta Lago Scaffaiolo, Rifugio Duca degli Abruzzi = Caffè e birra.
Il sentiero ora, dopo un breve tratto di salita iniziale, è quasi tutto piano e a mezza costa, il paesaggio è più dolce e dopo altri circa 30’ di cammino arriviamo finalmente al Lago Scaffaiolo ed al Rifugio.
Chissà perché nel mio immaginario mi aspettato un lago un po’ più serio, ma devo dire che è molto carino e in questo contesto ambientale ci sta proprio bene.
Finalmente la meta è raggiunta. In totale abbiamo camminato per 7-8 ore che però sono già state riposte nello zaino della memoria e resta solo la soddisfazione di aver visto una splendida porzione del nostro Appennino, di aver trascorso una bella giornata all’aria aperta (a volte ce n’era anche troppa) in compagnia di persone simpatiche e di aver vinto anche questa gara dell’eterna sfida contro noi stessi.

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