Il Parco del Pollino: Calabria da amare

Alla scoperta di paesaggi d’incanto nello splendido Sud

È l’ideale proseguimento dell’articolo “Gole del Sàmmaro, un Cilento tutto da scoprire”, già edito su questo stesso sito, al quale rimando per la presentazione dell’itinerario. Trascorsi due giorni nella provincia di Salerno, ci siamo trasferiti nel Parco Nazionale del Pollino, che abbiamo girato dal 17 al 21 giugno 2003, in un’alternanza di visite a centri storici ed escursioni a piedi.MORANO CALABRO
Già visibile da lontano non appena usciti dall’autostrada, il paese costituisce una vera e propria “cascata di case” che fasciano su tutta la circonferenza un colle che sorge isolato sulla piana a 700 metri di quota. L’agglomerato urbano ha il suo culmine nelle rovine del castello normanno-svevo, dalle quali si intuisce l’originaria imponenza e la posizione strategica a dominio della vallata sottostante.
Ma il fascino di Morano sta soprattutto nella singolarità del movimentatissimo tessuto urbano del borgo, fatto di piccole abitazioni dai muri spessi addossate l’una all’altra su livelli digradanti irregolarmente. Nonostante aspetti di degrado, inevitabili anche per l’oggettiva difficoltà di attuare interventi di restauro, vale davvero la pena di aggirarsi lungo le stradine, le ripide scalinate, i passaggi ad arco, i viottoli angusti, le improvvise piazzette, in un susseguirsi di scorci sorprendenti impreziositi da giochi di luce e ombra sempre nuovi.
Architettonicamente, meritano una menzione la quattrocentesca chiesa di San Bernardino, che custodisce un prezioso polittico di Bartolomeo Vivarini, e la chiesa di San Pietro e Paolo, con statue di Pietro Bernini, padre del più famoso Gian Lorenzo.

CIVITA
Civita, ideale ingresso sud del Parco del Pollino, è uno scenografico borgo al culmine di un altopiano a picco sulle strettissime gole del fiume Raganello: già il primo colpo d’occhio che lo sperone roccioso offre a chi arriva dalla statale è uno dei più begli scenari della Calabria.
Cominciando con qualche cenno storico, uno degli aspetti più peculiari è l’insediamento degli Albanesi intorno al 1468 sul preesistente sito medioevale "Castrum Sancti Salvatoris”, distrutto da un terremoto nel 1456.
Le tradizioni albanesi sono tuttora ben vive a Civita e si manifestano nell’arco dell’anno in ricorrenze a sfondo religioso e storico. Oltre a una serie di rituali della Settimana Santa, la festa più importante è quella del Martedì di Pasqua, denominata “Vallja”, una lunga serie di danze in costume eseguite con canti corali alle quali prende parte l’intera popolazione, con partecipazione di comunità albanesi sparse un po’ in tutta l’Italia Meridionale. È anche l’occasione per celebrare le vittorie dell’eroe nazionale albanese Giorgio Kastriota Skanderbeg contro i Turchi. Un’altra consuetudine è quella dei falò accesi nei vari rioni civitesi nei primi tre giorni di maggio, davanti ai quali vengono intonati i “vjershë”, canti tradizionali spontanei.
Il luogo di culto, anch’esso integrato nella tradizione albanese, è la basilica medioevale, più volte rimaneggiata, di Santa Maria Assunta: in essa si officia la messa secondo il rito greco-bizantino, che può durare tra le due e le quattro ore a seconda della solennità.
La posizione di Civita è teatrale, con le abitazioni che digradano da un pendio boscoso in un agglomerato che va assottigliandosi in un contrafforte roccioso che si protende a picco sulla piana, nella quale scorrono i meandri del Raganello nell’ultima parte del suo percorso dopo essere uscito dalle spettacolari gole. Proprio da una terrazza naturale prospiciente l’edificio nel quale pernottiamo si ha una magnifica veduta dall’alto sul canyon scavato dal fiume in milioni di anni; da qui parte un sentierino a tornanti ben transennato che porta al livello delle acque. Al di sopra della fenditura, incombe la parete verticale della Timpa del Demanio (m.855), quasi 500 metri di dislivello dalla base alla sommità, più della parete della Cima Grande di Lavaredo (timpa è il termine locale che definisce gli impervi massicci del Parco del Pollino).
Piccolo, ma interessante e gestito con amorevole cura, è il Museo Etnico Arbëresh, l’ingresso al quale è gratuito (è comunque gradita un’offerta per il mantenimento). Nelle sue sale spiccano i costumi tradizionali, un’esauriente oggettistica del mondo domestico passato, dell’artigianato e del mondo agro-pastorale, nonché belle collezioni fotografiche su Civita e l’area circostante. È anche sede della biblioteca arbëresh e redazione del periodico bilingue Katundi Ynë.
A breve termine è previsto, contestualmente alla ricostruzione del Ponte del Diavolo (vedi sezione Curiosità) e ad esso vicina, il recupero della ex Filanda Filardi, convertita a Museo dell’Archeologia Industriale. La dinastia Filardi, una delle più eminenti di Civita, annovera oggi una delle “memorie storiche” della zona, il brillante avvocato Enzo, proprietario del ristorante Kamastra: può capitare di incontrarlo la sera nella sala da pranzo, sempre disponibile a raccontare ai clienti fatti e curiosità locali.
Un altro profondo conoscitore del comprensorio è Emanuele Pisarra, giornalista, guida del Parco del Pollino e gestore della Acalandros Tour (vedi Links): a lui mi dichiaro debitore per diverse notizie riportate in questo articolo.

IL PARCO DEL POLLINO
Con i suoi 1926 kmq., è il più esteso Parco Nazionale Italiano, istituito nel 1993. Mentre lungo il suo perimentro esterno è caratterizzato da una forte presenza umana, distribuita in 56 comuni a cavallo di Calabria e Basilicata, il cuore dell’area è costituito da grandi estensioni di bellezza selvaggia e quasi spopolate.
Una rete sentieristica piuttosto fitta, anche se poco segnalata, offre parecchie possibilità di escursioni, dalle ascensioni alle varie cime (di cui cinque superano la quota di 2000 metri) alle passeggiate lungo praterie e pendii in un contesto di vegetazione rigogliosa; nel periodo della nostra visita (seconda metà di giugno) abbiamo attraversato immense fioriture di ginestra, ma a seconda delle stagioni si può godere lo spettacolo di sterminate chiazze colorate di narcisi o genziane.
Pianta simbolo del Parco è però il pino loricato. Ormai purtroppo ridotti a poche centinaia di esemplari, i giganteschi pini loricati, così chiamati per la corteccia a fitte scaglie che ricorda la “lorica”, cioè la corazza dei soldati dell’antica Roma, possono essere definiti veri e propri fossili viventi e incredibili esempi di adattamento: si consideri che, nonostante la povertà del terreno e la scarsità d’acqua, possono vivere secoli e secoli. Oltre che nel Pollino, questa singolare pianta è presente solo in alcune zone della Grecia.
Una delle più significative escursioni è appunto quella che porta all’area eloquentemente nota come “Giardino degli Dei”. Partendo da Civita, una strada panoramica porta ai 1110 metri del Colle Marcione, dove lasciamo l’auto per intraprendere un itinerario di circa sei ore tra andata e ritorno. Si raggiungono la Serra di Crispo (m. 2053) e la Serra di Ciavole (m. 2127), luoghi davvero magici nei quali si può ammirare la più alta concentrazione di pini loricati, che impressionano per le dimensioni e la varietà delle loro forme tortuose. Tra i molti spiccano il cosiddetto “Grande Totem” (vedi “Curiosità”) e la carcassa del più vecchio e maestoso, a suo tempo incendiato e oggi malinconica testimonianza della lunga diatriba tra fautori e oppositori del Parco.
Aggirandosi lungo i sentieri, ci si può imbattere nelle mandrie di bovini o nelle greggi di pecore portate al pascolo dai pastori, che non si fanno pregare per scambiare quattro chiacchiere. Ricorderò sempre con simpatia Giacomino, produttore di formaggi caprini e del sopraffino prosciutto del quale rifornisce il ristorante Kamastra; Giacomino, 57 anni ben portati nonostante una vita di duro lavoro, rimpiange il tempo in cui le stagioni erano quelle giuste e, anche senza guardare il calendario, si sapeva che quando le ultime chiazze di neve si scioglievano sul crinale del Dolcedorme o dell’Orsomarso si era nella prima settimana di luglio; e non finisce di ringraziarci quando gli promettiamo di mandargli la fotografia che gli abbiamo fatto mentre conduce la mandria.

LE GOLE DEL RAGANELLO
Considerato il più bello d’Italia e tra i più belli d’Europa, il Canyon del Raganello è davvero una meraviglia della natura. Il fiume Raganello ha origine a quota 1800 e, dopo avere convogliato il corso di diversi affluenti a regime torrentizio, si insinua nel Canyon scavato tra due altissime pareti rocciose alla base della Timpa del Demanio, levigate e modellate in forme incredibili nel corso di milioni di anni.
Il suo percorso integrale, che ha inizio verso quota 800 nelle vicinanze di San Lorenzo Bellizzi, prevede una discesa di otto chilometri per un dislivello di 410 metri fino al Ponte del Diavolo di Civita ed è una delle escursioni di canyoning, o torrentismo, di maggior soddisfazione. È naturalmente richiesta un minimo di tecnica e un’attrezzatura adeguata, corda, imbrago, moschettoni, casco, muta di neoprene, zainetti stagni; ma potendo muoversi in tutta sicurezza, la gita è davvero da gustare attimo dopo attimo, penetrando un mondo di acque e pietra inimmaginabile da parte di chi osservi la fenditura dall’alto. A passaggi più larghi si alternano strettoie quasi buie rischiarate solo da una sottile lama di luce che penetra dall’alto, in una successione di cascatelle, scivoli, rocce gradinate, laghetti, salti tra massi di frana, pozze cristalline: di volta in volta si procede calandosi in corda doppia, avanzando nell’acqua, scivolando giù per divertenti “toboga” naturali, nuotando nei laghetti o, dove la portata del fiume lo permetta, anche tuffandosi.
Di tanto in tanto grossi massi incastrati o tronchi d’albero trascinati a valle da precedenti inondazioni movimentano lo scenario creando scorci e giochi di chiaroscuro di orrida bellezza.
Grazie al minimo di pratica fatta pochi giorni prima, alle attrezzature e alla “scuola” dell’esperto amico Mario Dotti nelle Gole del Sàmmaro (vedi relativo articolo sul Cilento in questo stesso sito), ci siamo preparati a questa esperienza finale con comprensibile emozione, nei giorni precedenti monitorando di tanto in tanto dalla terrazza il livello delle acque. È questo un fattore decisivo per la percorribilità o meno: con portata scarsa lo scenario perde parecchio fascino, in caso contrario la corrente aumenta, l’acqua si fa limacciosa e la traversata può diventare pericolosa e sconsigliabile.
Purtroppo nei due giorni precedenti è piovuto parecchio e la mattina l’aspetto del Raganello allo sbocco delle Gole è poco rassicurante, con l’acqua torbida e piuttosto tumultuosa. Non ci sembra opportuno intraprendere l’escursione completa: si tenga conto che, come quasi tutti gli itinerari torrentistici, una volta iniziata la discesa risulta quasi impossibile tornare indietro e di rado esistono “vie di fuga” laterali.
Non vogliamo però farci mancare almeno un assaggio: scendiamo così all’uscita del Canyon e decidiamo di risalirne una parte, almeno fino al punto in cui non si riesca più ad andare avanti. In effetti percorriamo qualche centinaio di metri con pochi problemi, anche se ci troviamo in acqua fangosa che nasconde e rende scivolosi i numerosi massi sommersi imponendo una cautela supplementare; risaliamo anche una prima cascatella, ma alla successiva veniamo ripetutamente respinti dalla corrente, cosicché riteniamo saggio rinunciare. Ci limitiamo a un paio di foto verso la parte “inesplorata”: che cosa ci sarà oltre per questa volta non lo abbiamo visto, ma ritorneremo sicuramente per scoprirlo!

ALTRI LUOGHI DI INTERESSE
● Lungo la strada a tornanti che in una quarantina di km. porta da Civita a San Lorenzo Bellizzi, si scorge all’improvviso Cerchiara di Calabria, appollaiata su un costone roccioso che, staccandosi dal monte Sellaro (dalle cui pendici la leggenda dice che Epeo prelevò il legname per costruire il cavallo di Troia), diede origine a una profonda fenditura in fondo alla quale scorre il Caldanello. Molto importante è la festa della Madonna delle Armi, nella quale si venera l'immagine della Vergine impressa su una pietra racchiusa in un reliquario d'argento, sorretto da due angeli d'argento e sormontato da una corona d'oro.
● Il Santuario vero e proprio della Madonna delle Armi è raggiunto tramite una deviazione piuttosto tortuosa dalla statale e costituisce un quadro straordinario in uno scenario particolarmente selvaggio: la pietra tufacea rossiccia con la quale è edificato sembra un tutt’uno con la barriera rocciosa verticale alla quale è addossato, con l’unico stacco di colore della copertura conica del campanile in piastrelle di ceramica.
L’origine del Santuario risale al 1440, quando durante una battuta di caccia fu ritrovata una delle icone portate dai monaci greci che, a partire dall’VIII secolo, si erano rifugiati nelle numerose cavità naturali per condurre una vita di ascesi. Il fervore popolare ritenne il fatto miracoloso e il Clero promosse la costruzione di un luogo di culto, che fu intitolato appunto a Santa Maria delle Armi.
● Sulla strada che porta verso la costa ionica, si incontra una curiosità naturale: la Grotta delle Ninfe, nella quale sgorga un’acqua sulfurea a circa 29°. Nel sito è stato ricavato un piccolo stabilimento termale in cui ci si può immergere nelle acque convogliate in una piscina o sfruttare le virtù tonificanti dei fanghi sulla pelle. Si dice che fosse questo il segreto delle donne della vicina Sibari, considerate tra le più belle dell’antichità.Abbiamo pernottato a Civita presso l’affittacamere Pietro La Cattiva, molto efficiente e disponibile per qualunque tipo di esigenza (Tel.0981-73316, cell. 3333110876). Per la prima colazione c’è la convenzione con il bar sulla piazza, anzi, essendo questo in ristrutturazione, hanno provveduto le bariste portandocela alle otto in punto di ogni mattina sulla veranda soprastante le camere.A CIVITA - Pietro La Cattiva è convenzionato con l’ottimo ristorante Kamastra, Piazza Municipio 3, tel. 0981-73387. Le cinque cene sono state eccellenti, con note di merito per:
- gli abbondanti antipasti di ottimi affettati, insaccati, formaggi, sottoli, legumi, ecc.;
- i cavatielli (piccoli gnocchetti) con i pomodorini e le erbette;
- le pappardelle ai funghi;
- le fettuccine con il baccalà;
- la zuppa di làgane (pappardelle corte e larghe) con i ceci;
- i secondi di carne, di volta in volta manzo, maiale, cinghiale e capretto.
A MORANO CALABRO - Davvero degno di nota il pranzo consumato presso l’Hotel Ristorante Villa San Domenico, ai piedi del colle. Ricavato da un antico convento, l’albergo assicura un’ospitalità di elevato livello in un’ambientazione di grande fascino (tel. 0981-399991).● La dicitura albanese di Civita è Çifti, ma, nonostante l’assonanza, non ne è affatto la traduzione letterale: çifti significa infatti aquila, simbolo dell’Albania (nero in campo rosso) presente anche nello stemma del paese. L’impronta albanese si manifesta anche nel bilinguismo delle indicazioni, sia quelle delle vie sia degli edifici pubblici e dei cartelli turistici.
● Un’attrattiva davvero unica di Civita consiste nei camini. Girando per il paese a naso in su se ne possono ammirare una grande quantità dalle forme più svariate; pur trattandosi di arte povera espressa dall’inventiva del muratore, rappresentano, in piccolo, quello che erano le torri in epoca medioevale, cioè simbolo di affermazione della famiglia che abitava la casa. Non manca anche un aspetto rituale, quello cioè di proteggere con il loro aspetto, talvolta bizzarro, l’abitazione dagli spiriti maligni.
● Il Ponte del Diavolo, come tanti dallo stesso nome sparsi un po’ in tutta Italia, aveva la caratteristica forma ad unica arcata “a schiena d’asino” a scavalcare il Raganello diverse decine di metri sopra le acque; ha alle spalle una storia di ripetuti crolli e ricostruzioni nel corso dei secoli, dovuta anche al fatto che le due pareti della spaccatura si allontanano progressivamente di qualche millimetro all’anno. Dopo il crollo del 25 marzo 1998, è stato da poco appaltato il lavoro per l’ennesima ricostruzione, anche se già si sa che pure il nuovo ponte è destinato, prima a poi, a crollare.
● Tra i pini loricati del “Giardino degli Dei”, il più noto è il “Grande totem”, così definito per l’aspetto che richiama quello dei totem degli Indiani d’America. Ad esso è legata una tradizione, quella del pellegrinaggio al Santuario della Madonna del Pollino (primo venerdì, sabato e domenica di luglio) effettuato da carovane di fedeli provenienti da ogni direzione.
La partenza avveniva, ovviamente a piedi, partendo nel primo mattino del giovedì per poi bivaccare tre notti in montagna in capanne costruite appositamente, in un susseguirsi di feste in cui il sacro si mescolava al profano delle danze, dei canti e dei banchetti.
Il “Grande totem”, in posizione dominante, costituiva un punto di riferimento ben visibile da lontano. I pellegrini, che per lo più non potevano permettersi di acquistare candele, erano soliti staccare una scheggia resinosa di pino da accendere alla Madonna: ed essendo il “Grande totem” all’incrocio dei vari itinerari e l’ultimo albero prima della discesa al Santuario, veniva spesso utilizzato per questo singolare “approvvigionamento”. E ben lo si intuisce dal suo attuale aspetto scheletrito, ben evidente in una delle fotografie.Abbiamo utilizzato un pullmino a nove posti preso a noleggio da Genova. Lasciata Piaggine (SA) per inserirsi sulla A3 all’ingresso di Atena Lucana, ne siamo usciti a Morano Calabro - Castrovillari per proseguire fino a Civita (CS) sulla statale 105 (circa 150 km. in totale).
Gli spostamenti in zona sono avvenuti lungo strade statali e provinciali, con qualche tratto sterrato in prossimità dei luoghi di partenza e arrivo delle escursioni.

11 commenti in “Il Parco del Pollino: Calabria da amare
  1. Avatar commento
    filardi
    20/11/2007 17:51

    que saber da origem do meu bis-vô que deixo sua irma e mae na italia por volta de 1885 sua irma chamava lurdes filardi na epoca ela teria 14 anos

  2. Avatar commento
    filardi
    20/11/2007 17:48

    quero saber da origem do meu bis-vô joao filardi,ele deixou sua irma na italia por volta de 1885

  3. Avatar commento
    Leandro
    19/03/2005 00:20

    Ciao, per avere il dettaglio degli itinerari escursionistici, ti conviene contattare direttamente l'ente Parco del Pollino (vedi Links). Noi effettuammo solo le escursioni descritte in questo resoconto.

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    brasiliana
    18/03/2005 21:52

    E' molto interessante e dettagliato, però mi interesserebbe un percorso escursionistico nei pressi delle gole del Raganello per poter fare torrentismo. Se mi sapeste dare informazioni utili via e-mail vi sarò molto grata.

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    Serena
    17/07/2003 08:22

    Confermo con piacere quanto detto nei precedenti interventi. Noi alloggiammo l'anno scorso presso il "Nido d'aquila" di Civita, voglio anch'io ringraziare il sig. Pietro per l'ospitalità e raccomandarlo a tutti!

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    Roby
    17/07/2003 08:22

    Tutto quello che ha detto Leandro è la verità, anch'io sono stato quest'estate in Calabria e mi sono fermato a Civita per vedere le stupende gole del Raganello, sono bellissime, ed ammirare il Parco del Pollino. Di Civita mi è rimasto un buon ricordo, ringrazio le persone che ho incontrato e soprattutto la disponibilità e la gentilezza del sig. Pietro La Cattiva (che saluto), gestore insieme alla sua famiglia dell'Affittacamere Nido D'Aquila dove io e la mia famiglia abbiamo pernottato. CIAO A TUTTI.

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    Leandro
    17/07/2003 08:22

    Di ritorno da un viaggio, leggo solo oggi il commento di Salvatore. I complimenti di un civitese mi giungono davvero graditi, evidentemente sono riuscito nello scopo di esprimere il piacere che il soggiorno a Civita (e in Calabria) mi ha trasmesso. Le notizie sui crolli del Ponte mi sono in effetti giunte parlando con la gente del luogo. Ti ringrazio quindi, Salvatore, della precisazione "storica". Evidentemente la denominazione stessa di "Ponte del Diavolo" ha fatto sì che intorno ad esso la fantasia popolare facesse fiorire leggende; ma non sono anche le leggende una parte del patrimonio culturale di una regione? Ancora grazie a te e ai Calabresi.

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    Morelli Salvatore
    17/07/2003 08:22

    A differenza di Pinuccia sono nato a Civita e non potete immaginare con quanta soddisfazione abbia letto l'articolo. I casi della vita mi hanno portato ad abbandonare Civita all'età di 19 anni; a quell'età non si vedeva l'ora di scappare di casa. Ma nonostante questa spinta ad evadere sono pochi gli anni che non mi hanno visto tornare almeno in estate. E questo posso dire che è un'aspirazione comune a tutti quelli che come me sono andati via dal paese. Da civitese mi ha fatto molto piacere constatare che venga riconosciuta in termini così favorevoli la nostra ospitalità e il modo con cui siamo soliti accogliere la gente che viene da fuori. Un piccolo appunto: a memoria d'uomo il Ponte del Diavolo non era mai crollato prima. Ho idea che quanto ti è stato riferito sui presunti crolli sia una delle solite leggende che si narrano in Piazza. A dire il vero penso che sia difficile risalire all'anno di costruzione dello stesso. Partecipando alla vita della Piazza non è difficile sentire raccontare anche di altri accadimenti. Ciò che mi sbalordisce è il modo in cui in poche righe sia stato capace di rendere un quadro così preciso e bello di Civita. Grazie. Anch'io chiudo con: VENITE IN CALABRIA!

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    Leandro
    17/07/2003 08:22

    Ringrazio per gli apprezzamenti, la Calabria mi è piaciuta davvero, anche se in cinque giorni era difficile vedere di più: ci tornerò. Parlo ora a nome dello Staff di Ci Sono Stato. A Pinuccia dico che non è scelta nostra la preferenza di certe mete a scapito di altre: il sito vive sui resoconti che ci arrivano dai visitatori e certe regioni prevalgono, magari a torto, su altre. Però, suvvia, perdonaci: come vedi, pochi giorni dopo il mio viaggio in Calabria ho subito scritto l'articolo (anche a me quello spazio vuoto dava fastidio...). Ci auguriamo che qualche lettore ci parli presto di altre maraviglie della Calabria e delle regioni (ripeto, non per volontà nostra) poco trattate su queste pagine. Vi aspettiamo!

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    Pinuccia
    17/07/2003 08:22

    Sono anch'io calabrese e ho apprezzato anch'io l'articolo. Finalmente si parla anche di Calabria, una regione spesso trascurata... Anche in questo sito, che raccoglie tante proposte di viaggio, lo spazio per la mia regione era fino a pochi giorni fa tristemente vuoto... Ma la Calabria non è solo il Pollino, c'è la Sila, l'Aspromonte, ci sono belle spiagge sia sullo Ionio sia sul Tirreno, centri storici splendidi come Rossano, Stilo o Gerace. Spero proprio che a questo articolo ne seguano altri... Ciao!

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    Mariano
    17/07/2003 08:22

    Grazie! Un articolo molto simpatico. Da calabrese, mi ha fatto piacere leggere i termini favorevoli con i quali è stata descritta la natura ma anche la realtà umana della mia regione. E' anche una bella pubblicità, alla quale mi associo anch'io: VENITE IN CALABRIA!!!

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