Il Latemar, le Dolomiti dimenticate

Un gruppo montuoso piccolo e appartato, ma prodigo di continue scoperte!

Il Lago di Carezza è uno degli scenari più celebrati della regione dolomitica; di conseguenza le sue rive (per fortuna recentemente transennate) sono sempre affollate di turisti che si riversano ad ammirare una delle più classiche "cartoline" di montagna.
Ma si tratta di passaggi veloci, gente che fa una sosta mentre si reca in vacanza verso la Val di Fassa oppure villeggianti che fanno una puntata qui per occupare un paio d'ore con una breve gita automobilistica.
Ecco così la coda di macchine parcheggiate selvaggiamente, l'affollamento davanti al chiosco dei souvenirs e al carrettino degli hot-dogs e l'immancabile rito: "Su, facciamo una foto del lago sullo sfondo di quei monti". Poi via! e avanti i prossimi.
Solo una parte di coloro che passano di qui sanno che "quei monti" sono il Gruppo del Latemar, ancora meno formulano l'intenzione di esplorarli, quattro gatti quelli che vi si recano.
Questo immeritato oblio toccato a una catena piccola quanto affascinante deriva sostanzialmente da due cause:
1. Il suo isolamento. Mentre i settori dolomitici del circondario Fassa / Catinaccio / Siusi / Sciliar / Sella / Sassolungo sono collegati l'un l'altro da una sterminata rete di sentieri, il Latemar ne rimane separato dal Passo di Costalunga e dal solco delle Valli di Fiemme e Fassa; si aggiunga che le sue possibilità escursionistiche possono essere esaurite in un paio di giorni.
2. La sua struttura geologica. La base delle rocce che caratterizzano il gruppo non è infatti dolomia, cioè carbonato doppio di calcio e magnesio, ma bensì carbonato semplice, molto più friabile. La conseguente inaffidabilità ha indotto gli arrampicatori a non cimentarsi in ascensioni oggettivamente pericolose e a cercare soddisfazioni altrove.
Proprio la limitata frequentazione ha però conservato al Latemar una dimensione appartata, intima, estranea alle processioni degli itinerari più noti, al cui mantenimento ha contribuito la presenza di tre sole piccole strutture in quota, il Rifugio Torre di Pisa, il Bivacco Rigatti e il Bivacco Baita Latemar.
Sono stato sempre attratto dalle zone poco frequentate, ma stranamente non mi ero mai risolto a visitare il Latemar. Finalmente, all'inizio di settembre 2000, con i fidi compagni Enzo e Lino ci siamo decisi. E non ce ne siamo pentiti.
Eccoci a Predazzo, da dove un impianto in due tronconi porta ai 2121 metri del Passo Feudo. Siamo in un contesto di dolci ondulazioni erbose, ambiente che caratterizza la parte iniziale della salita per lasciare poi gradualmente posto a pendii più spogli e in ultimo a terrazzamenti rocciosi. È sufficiente circa un'ora e mezzo di agevole sentiero per raggiungere il Rifugio Torre di Pisa, vero e proprio nido d'aquila che sorge sulla piatta sommità della Cima Cavignon a quota 2671.
La denominazione del rifugio deriva dalla Torre di Pisa, curioso monolito inclinato che sembra sfidare le leggi della statica in una conca detritica a pochi minuti di distanza. Data la già citata fragilità delle rocce, ci rechiamo subito a vederlo e fotografarlo (non si sa mai…).
Dopo lo spettacolo di un tramonto che gustiamo fino all'ultimo minuto, rientriamo in rifugio giusto all'ora di metterci a tavola, dove ci aspetta, oltre a una cena che non smentisce l'ottima tradizione trentina, la piacevole conoscenza degli altri ospiti. Si tratta di quattro studenti universitari canadesi che stanno completando le loro ricerche per la tesi di laurea. Vennero qui la prima volta una decina d'anni fa trattenendosi due mesi e quasi in tutti gli anni successivi sono ritornati per soggiorni di due / tre settimane.
Il loro progetto, ormai alla fase conclusiva, prevede anche la pubblicazione in un libro dei risultati delle loro ricerche. Non ci si crederebbe: il più esauriente studio geologico sul Latemar potrebbere essere realizzato in Canada!
Anche oggi hanno passato la giornata scovando angoli inesplorati alla ricerca di minerali: sotto questo aspetto ci troviamo in un vero paradiso, nel quale si possono reperire composti ferrosi quali ematite e limonite, melafiri, augiti porfiriche, vene di lave vulcaniche.
Non sono un esperto del settore e per i termini riportati dichiaro pubblicamante il mio debito con un bell'articolo di Luca Visentini apparso sul n. 3 di ALP del Luglio 1985.
E ancora all'ottimo Luca, autore di numerosi accuratissimi libri sui vari gruppi dolomitici, faccio riferimento per l'eloquente definizione di uno dei punti focali dell'escursione alla quale dedichiamo il giorno successivo: la prima meta, dopo avere lasciato il rifugio alle 8 in una giornata fredda ma limpida, richiede poco più di un'ora di cammino ed è definita appunto "solo un'insellatura di cresta". Le virgolette sono quanto mai opportune: arrivare alla Forcella dei Campanili vuol dire in realtà guadagnare un posto privilegiato su uno scenario che, anche se meno noto, regge il confronto con i più decantati panorami dolomitici. Proprio per questo costituisce un itinerario consigliabile quanto facile.
Si tratta dei Campanili di Dentro, autentico labirinto fatto di torrioni, picchi aguzzi, guglie rocciose divisi da fenditure delle quali non si vede il fondo. Il versante opposto della Forcella, quello che prospetta sul versante del Lago di Carezza, offre una veduta vertiginosa del ripidissimo e indecifrabile canalino di salita, che si snoda fra i resti di antiche miniere: vengono i brividi a immaginare la durezza delle condizioni di lavoro in un ambiente così precario.
E ci si spiega anche la fioritura di paurose leggende che nacquero intorno al Latemar. Non dimentichiamo che fino a un paio di secoli fa la montagna era considerata come un ambiente ostile, popolato di spiriti, streghe ed esseri mostruosi; proviamo a immedesimarci con i bravi valligiani che di notte ascoltavano l'eco delle frequenti cadute di massi e ben capiremo come potessero attribuire a cause diaboliche ciò che oggi la scienza spiega con l'instabilità della roccia.
Dai 2600 metri della Forcella dei Campanili parte l'itinerario ad anello della durata di circa tre ore che riporta qui dopo avere raggiunto la Forcella Grande (m. 2620). Non voglio fare una relazione tecnica ma solo raccomandare vivamente questa escursione, che riserva angoli di bellezza selvaggia tra torri di roccia frantumata, massi incastrati in intagli profondi e spaccature che rivelano scorci sul fondovalle nel quale si riconosce il Lago di Carezza, di qui solo una minuscola chiazza azzurra. Consiglio di percorrere all'andata il sentiero che porta alla Forcella Grande dove spicca la macchia arancione del Bivacco Rigatti, poi indugiare sugli impressionanti strapiombi (rimanete a qualche metro dall'orlo!) del versante nord e percorrere al ritorno la via attrezzata che corre a una quota superiore di circa 150 metri. Chi non soffra di vertigini e sia munito di cordino e due moschettoni ha veramente da divertirsi tra scenari sempre nuovi e sorprendenti; anzi, mi sento di indicare questo percorso come ideale "battesimo" a chi voglia per la prima volta fare l'esperienza di una via ferrata.
Chiuso l'anello e tornati alla Forcella dei Campanili, non rinunciamo a un'altra sosta contemplativa. In prima fila c'è già un escursionista solitario che sta fissando con un binocolo un valloncello in mezzo al groviglio di rocce.
"Vedete quell'ammasso franoso di colore più scuro? - ci indica - sono i frantumi di un torrione precipitato la settimana scorsa". L'uomo è da anni un frequentatore assiduo di questi monti e ci conferma che la varietà della loro composizione geologica è anche la loro debolezza: il risultato è un paesaggio in continua trasformazione.
Ecco, questo è il Latemar: mentre torniamo al rifugio e poi scendiamo a valle, pensiamo che abbiamo visitato un luogo in cui il tempo sembra passare più velocemente, in cui tornare per farsi svelare nuovi particolari, in cui scrutare per indovinare il mutamento delle forme, in cui sperare che continuino a regnare impagabili silenzi.
Non insisto oltre nell'esortare alla scoperta: non vorrei che il Latemar si affollasse per colpa mia.

2 commenti in “Il Latemar, le Dolomiti dimenticate
  1. Avatar commento
    testproject
    03/04/2008 01:48

    subj asgd asdhasdhg dfg asdf

  2. Avatar commento
    tcnw uxlkfj
    24/03/2008 06:39

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