Le Orcadi, trionfo della natura!

Con i suoi paesaggi di bellezza selvaggia, lontano anni luce dal turismo di massa, l’arcipelago a nord della Scozia dà veramente la sensazione di essere arrivati ai confini del mondo

Sebbene siano piuttosto vicine alla costa nord orientale scozzese e con questa ben collegate, le isole Orcadi, soprattutto se si eccettua l’isola maggiore (chiamata Mainland o talvolta col suo antico nome di Pomona), sembrano essere invece lontane per la selvaggia bellezza del loro paesaggio, per la quasi totale assenza di macchine e per l’esiguo numero di servizi presenti.
L’arcipelago è composto da una settantina di isole, per la maggior parte così pianeggianti che i forti venti che vi soffiano impedisco agli alberi di crescervi.
Dopo aver velocemente visitato con la famiglia l’isola principale nel 2005, questa volta mi sono dedicato maggiormente alle isole minori, incoraggiato dall’aver appreso alcune informazioni tra le quali una serie di siti naturali, dei buoni collegamenti marittimi interni, diversi ostelli e dal fatto che erano fornite indicazioni sul noleggio delle biciclette e non delle automobili.
Il periodo prescelto è stato tra la fine di maggio ed i primi giorni di giugno, proprio all’inizio della loro alta stagione per quanto riguarda il turismo legato al birdwatching. L’itinerario è stato determinato sia dalle bellezze da visitare, sia dalle possibilità di raggiungere le isole con i traghetti, sia dalla presenza di strutture logistiche, in particolare degli ostelli, sia dal rendere il viaggio equilibrato. Aggiungerò per completezza alcune informazioni su monumenti e trasporti che avevo già visto od utilizzato nel viaggio precedente e che ho controllato anche questa volta.
Per quanto riguarda la logistica ho sempre pernottato negli ostelli, sia federati che non, con un costo che ha oscillato tra le 13 e le 20 sterline, unica eccezione l’ultimo pernotto in un albergo vicino all’aeroporto di Edimburgo, causa volo in ora antelucana.
Ho viaggiato con il solo bagaglio a mano, un classico zaino a spalla di dimensioni compatibili con quello consentito dalla Ryanair, dentro il quale ne avevo sistemato uno più piccolo vuoto utilizzato soprattutto durante le escursioni. Abbigliamento concepito a “cipolla”, una giacca a vento non pesante che poteva essere integrata con una felpa ed un giubbetto impermeabile, viste le notevoli escursioni termiche previste.
A causa del ritardo della pubblicazione degli orari degli autobus, sono stato di fatto costretto a noleggiare una macchina, che è risultata utilissima sia come deposito del bagaglio e degli alimenti, sia per ottimizzare certi spostamenti, tra tutti quello tra Stromness e Tingwall, che mi ha consentito di risparmiare quasi una giornata di viaggio. In alternativa, una volta atterrato a Kirkwall, avrei potuto raggiungere il centro ed alloggiare vicino al porto, e modificare il viaggio dedicandomi unicamente al quintetto di isole del Nord (Westray e Papa Westray, Sanday, Stromsay ed Eday).
Alcune isole come Hoy, Rousay e Westray possono essere anche visitate in giornata, pernottando in un'unica località nell’isola maggiore, raggiungendo il porto per prendere il primo battello del mattino e tornando con l’ultimo del pomeriggio, lasciando quindi la maggior parte del bagaglio “a terra”. Personalmente ritengo che il trascorrere la sera e vedere il tramonto, quando tutti i turisti “mordi e fuggi” hanno tolto il disturbo, rappresenti una componente fondamentale della visita di un’isola soprattutto quando l’aspetto naturale sia molto importante.
È risultato conveniente il prendere il più possibile il primo traghetto al mattino sia per lasciare un’isola che per raggiungerla. Partire alle 10 invece che alle 7 e mezza vuol dire sprecare due ore e mezza, arrivare alle 9 invece che alle 11 significa avere tutta la mattinata a disposizione, oltretutto ci si libera subito del bagaglio. Calcolando che quando si va nel Regno Unito si mette l’orologio un’ora indietro, basta non calcolarla, ci si corica un’ora prima e ci si può alzare presto senza perdere del sonno.

Itinerario

Viaggio effettuato dal 27 maggio al 4 giugno
Parto di domenica 27 maggio di mattina col sole da Ciampino per Edimburgo, dove ho molto tempo tra l’arrivo ed il successivo imbarco per Kirkwall. Il tempo atmosferico durante il volo a bordo del piccolo bimotore ad elica è splendido, regala delle meravigliose viste sull’arcipelago, di cui noto la generale assenza di rilievi. Dopo poco più di cinquanta minuti si atterra.
Ripreso velocemente il bagaglio e ritirata la macchina, mi dirigo verso Stromness. È domenica sera, acquisto del cibo al grande supermercato della Tesco a Kirkwall che è aperto sino alle ventidue. Faccio una bella scorta anche in vista del fatto che domani mi recherò nella parte settentrionale di Hoy dove non sono presenti negozi, mi dovrò portare tutto, acqua e birra comprese! Vorrei sottolineare che in tutti e tre gli arcipelaghi più esterni della Scozia, vale a dire Ebridi Esterne, Shetland ed Orcadi, è presente nel capoluogo un grande magazzino in cui si trovano non solo i generi alimentari, ma anche di tutti gli altri prodotti, dai casalinghi agli elettronici, dall’abbigliamento alla cartoleria, eccetera.
Raggiungo Stromness, primo ostello del viaggio. Al pari di altri, non è presenziato, nel senso che non vi è nessuno alla reception. Mi ero precedentemente annotato sulla mia guida sia i numeri telefonici degli ostelli che gli orari dei traghetti, entrambi gli allegati risulteranno preziosi. Chiamo il responsabile che dopo 5 minuti arriva, mi consegna la chiave della mia stanza singola ed il codice per entrare dall’esterno. La vista dalle finestre della cucina sul porto è molto bella, grazie anche ai colori del tramonto.
Dopo cena, visto il bel tempo e la luce (qui grazie alla latitudine il sole tramonta verso le ventidue), mi faccio una passeggiata per il grazioso piccolo centro, animato solo all’interno di un pub.

HOY
È la seconda isola come dimensione dell’arcipelago. La mia vista è stata limitata alla parte settentrionale. Questa si raggiunge con un battello dal porto di Stromness.
Prendo lunedì il battello delle 7.45, pago il biglietto a bordo, e si attracca dopo 25 minuti al piccolo molo di Moaness, in prossimità del quale vi è un edificio indicato come ufficio turistico, ma altro non vi si trovano che delle grandi carte e foto sulla pareti, qualche pieghevole ed i bagni. Serve da riparo quando si attende il battello sotto la pioggia.
Il centro di Hoy è composto da tre edifici, la chiesa, la scuola ed un ostello. Al mio arrivo non vi è il pulmino che fa la spola con Rackwick. Non essendovi un noleggio biciclette, la raggiungo a piedi, seguendo il sentiero interno, molto ben segnalato, 4 miglia, 6 chilometri e mezzo, un’ora e mezza di cammino. Un cartello avvisa che il sentiero non è percorribile con una bicicletta, a meno di non volersela incollare per dei lunghi tratti. È molto ben segnalato anche con scritte su alcuni grandi sassi, attrezzato con un singolare ponte ricavato da un masso piatto, alcune passerelle e qualche ponticello di legno.
Arrivato all’ostello, situato un una splendida posizione dominante la baia di Racwick, telefono al gestore, è una famiglia si occupa di diverse attività, il padre conduce il pulmino, quando lo vedo arrivare gli chiedo se potrà riportarmi al molo domani mattina, la madre si occupa del servizio postale e dell’ostello, da lei ottengo la chiave, il figlio li aiuta.
È l’ostello più piccolo dove abbia mai soggiornato, un minuscolo ingresso che conduce o al bagno (bene attrezzato) o alla sala comune con un tavolo e quattro sedie. Due le camere con otto letti in totale, una piccola cucina dove si trova tutto. Ne approfitto per scaldarmi del pane e bere un caffè prima di partire per l’escursione verso quella che è considerata la maggiore attrazione dell’isola, vale a dire l’Old Man, un faraglione situato in prossimità della riva, alto più o meno come la scogliera circostante, circa centotrenta metri.
Il percorso per raggiungerlo non è particolarmente interessante se si eccettuano le viste sulla baia di Rackwick. Il sentiero è frequentato da molte persone, tutte fornite come me di apparecchiature fotografiche e binocoli vari, cappelletti ed abbigliamento da trekking.
L’area intorno al faraglione è particolarmente interessante per la fauna aviaria nidificante, una delle ragioni principali di questo viaggio, il birdwatching. Ho con me un foglio plastificato con una sessantina (trenta per ogni lato) di foto di uccelli, oltre alla macchina fotografica con piccolo treppiede ed ad un monocolo. Avvisto diversi tipi di laridi, soprattutto fumari e gabbiani tridattili.
Consiglio la passeggiata verso il lido, dove si incontra la foce di un rivolo sul quale è stato allestito un ponticello sostenuto da alcuni galleggianti, la sua altezza varia dunque a seconda della marea. È difficile avvicinarsi all’acqua, la spiaggia è formata da enormi massi su cui è scomodo camminare.
Dopo le nuvole del mattino, è uscita una giornata bellissima: nonostante questo indosso la felpa, la giacca a vento ed il cappello di lana, siamo intorno ai dieci gradi conditi da un forte vento. Mi faccio due conti, oggi ho camminato per venti chilometri.
Martedì mattina torno al molo di Moaness con il pulmino, prendo il battello che durante il viaggio di ritorno fa scalo all’isola di Graemsay, dove avvisto un cormorano ed un paio di foche.
Sbarcato a Stromness, mi dirigo velocemente al porto di Tingwall per imbarcarmi alla volta di Rousay. Arrivato al porticciolo mi reco all’ufficio marittimo dove acquisto il biglietto per il battello e ricevo una bella pubblicazione a colori sulle isole minori delle Orcadi.

ROUSAY
Insieme ad Hoy, è una delle poche isole collinose dell’arcipelago. Il lato meridionale è caratterizzato dalla presenza di quattro tombe neolitiche, mentre la strada sull’altro lato è piuttosto ondulata ed offre bei panorami soprattutto su Westray.
Alloggio a cinquecento metri dal porticciolo nella fattoria di un grande possedimento della famiglia dei Trumland, comprendente un palazzo con dei bei giardini ed appunto una fattoria dove si trova un piccolo ostello con appena undici posti, ospitati in un grazioso edificio a due piani, accanto al quale vi è una tenda di una coppia di francesi.
Inizio la visita dell’isola in senso antiorario dall’ostello, dove noleggio la bicicletta senza aver bisogno della catena quando la parcheggio.
Dopo nemmeno un chilometro, incontro la prima di quattro tombe neolitiche, quasi tutte risalenti al 3500 a.C., tutte ben tenute e con accesso gratuito. La prima si chiama Taversöe Tuick, ed ha la particolarità di essere a due livelli, il più basso dei quali si raggiunge con una scala in metallo non accessibile a tutti. Molte delle tombe che incontrerò durante questo viaggio sono state ritrovate sepolte da sabbia o terra, sono state risistemate e sopra di loro è stata realizzata una calotta in cemento con alcune aperture in modo da permettere l’ingresso della luce. Esternamente sono state poi ricoperte con della terra a sua volta coltivata con dell’erba piuttosto incolta, in modo da conferirvi l’aspetto originario, ricavato da altre tombe che hanno mantenuto invece la copertura interna originale.
La seconda è la Blackhammer, vi si entra da una porta scorrevole in metallo posta in alto, è ad un solo livello, ma più sviluppata in lunghezza della precedente.
Per raggiungerle la terza, Knowe of Yarso, devo lasciare la bicicletta a valle e salire sulla collina, una bella scalata di circa cinquecento metri. Da lassù si gode un bel panorama sulla dirimpettaia Mainland e su vari isolotti, in particolare su quello disabitato di Eynhallow, una volta ospitante un monastero di cui si vedono ancora i ruderi.
Infine il complesso di Midhove, per raggiungere il quale si deve scendere un bel po’ dalla strada sino al mare. Vi si trova la quarta tomba, chiamata addirittura “la nave della morte” per le sue grandi dimensioni. Poco fuori un’altra antica costruzione risalente all’Età del Ferro, vale a dire un Broch, torre fortificata, esempio di costruzione molto diffuso sia in Scozia che nei suoi arcipelaghi, ed è forse questo l’elemento di maggior connessione tra Orcadi, Ebridi Esterne e Shetland. Si tratta di una struttura di forma cilindrica a diversi livelli in cui convivevano sia persone che animali secondo uno schema riportato all’entrata che avevo già visto sia a Dun Carloway nelle Western Isles che a Lerwick e a Mousa alle Shetland.
Il seguito del giro dell’isola è caratterizzato dalla presenza sia di bei paesaggi che di dislivelli molto più significativi rispetto alla parte iniziale del percorso. La baia di Saviskaill non ospita una spiaggia, ma una bassa scogliera, vedo non lontane le isole minori di Egilsay e Wyre. In questa parte dell’isola vi è l’unico negozio, chiuso proprio il martedì, meno male che lo sapevo e che avevo provveduto al riguardo.
Mercoledì mattina salpo alle 7.45 con un bellissimo sole. Dopo due giorni di grandi camminate e belle pedalate, mi riposo un poco in macchina.

WEST MAINLAND
Questa parte dell’isola maggiore è la più ricca di monumenti, alcuni dei quali notevolissimi. Prima tappa alla Cuween Hill, una piccola tomba. È da consigliare, se la lampada che si trova all’ingresso fosse scarica (mi è capitato stavolta) avete bisogno di una lampadina tascabile per vederne il semplice interno nonché della capacità di chinarvi (e molto) per entrarvi. Questo monumento, come altri che visiterò oggi, risale al periodo neolitico.
Transito per la Maes Howe, la più grande tomba dell’arcipelago dove mi prenoto per la visita delle 14. Proseguo per le 4 (su 12 originarie) Standing Stones di Stenness, che al pari di quelle del Ring of Bodgar (27 rimaste delle 60) sono state conficcate nel terreno seguendo delle indicazioni astrali. Grazie alle informazioni sulle maree, raggiungo l’isolotto di Birsay quando il mare si è ritirato. Mi dirigo velocemente sulla passerella che conduce al piccolo villaggio di epoca pitta. Più che essere attratto dalle rovine del Broch, comunque interessanti, segnalo la camminata verso il faro, da dove si apre un immenso panorama, gratificato da un cielo terso. La vera sorpresa sono le grandiose scogliere straripanti di uccelli nidificanti, soprattutto urie sia bianche che nere, gazze marine, beccacce di mare, storni e fulmari sia adulti che giovani. Significativa l’attenzione che il pubblico dedica a questi volatili, sembrano quasi premere il pulsante di scatto con cautela per non disturbarli.
Rientrato a terra, visito il Palazzo del Principe (ingresso gratuito), di cui sono rimaste le imponenti mura perimetrali su un bel prato rasato come pavimento, merita comunque una sosta.
La Maes Howe mi delude. L’ingresso è consentito solo su prenotazione, una visita ogni mezz’ora per gruppi di una ventina di persone. Ci viene raccontata la storia di tutta la zona, con precisi riferimenti anche alle Standing Stones ed al Ring of Bodgar. Entriamo e rimaniamo all’interno oltre un quarto d’ora. Il locale, quadrato con lati di oltre circa 4 metri, viene commentato con dovizia di particolari ed aneddoti da una simpatica guida. Una particolarità apprezzabile in coincidenza del solstizio d’inverno con il cielo sereno, è che il sole la illumina attraverso il cunicolo d’ingresso.
A poche miglia si trovano le scogliere di Marwick, anche queste ricche di uccelli. È un’altra bella passeggiata, soprattutto perché accompagnata dal sole. Con l’alta marea vedo l’isolotto di Birsay totalmente circondato dal mare.
Mi dirigo al capoluogo Kirkwall, dove ho prenotato l’ostello indipendente. Anche qui nessuno presenzia la reception, trovo una busta intestata a mio nome in cui sono contenuti sia la chiave della mia (bella) camera (con vista sul mare), sia il codice per entrare nell’edificio.
Dopo cena passeggio per il deserto centro della cittadina per fotografare esternamente sia la maestosa cattedrale di St. Magnus, sia i palazzi del principe e del vescovo, interessanti edifici già visitati durante la precedente visita.
Durante questo viaggio non ho rivisitato due siti di grande interesse, vale a dire il villaggio di Skara Brae ed il Broch di Gurness. Decisamente interessante la storia di Skara Brae, uno dei principali ritrovamenti del Neolitico d’Europa. Costruito intorno al 3000 a.C. in una baia sabbiosa, fu abitato per cinque secoli prima di essere abbandonato e sprofondare progressivamente. Se ne persero le tracce e la memoria fino a che, nel 1850, venne riportato alla luce da una violenta tempesta. È possibile vedere una casa vecchia di ben 5000 anni! Da non perdere il Broch di Gurness, una torre fortificata dell’età del ferro, piazzata in posizione strategica sul mare, molto ben conservata, proprio di fronte all’isola di Rousay.
Segnalo che si può risparmiare sul biglietto di ingresso acquistando l’Orkney Explorer Pass, versione ridotta della tessera con la quale si può accedere gratuitamente a Skara Brae, alla Maes Howe, ai Broch di Gurness e Birsay, ai Palazzi del Vescovo (Bishop) e del Principe (Earl) a Kirkwall, nonché sull’isola di Hoy alle costruzioni militari di Hackness Martello Tower and Battery. È particolarmente conveniente per le famiglie, e si può acquistare direttamente al primo sito che visiterete.
Giovedì mattina alle sette e venti parte il battello per l’isola di Westray. Nell’attesa incontro un signore inglese anche lui con zaino in spalla, un poco più anziano di me, si chiama John ed anche lui non solo è diretto a Westray, ma anche allo stesso ostello che ho prenotato, il Barn. A bordo non vi è molta gente, ma quasi tutti sembrano interessati all’escursionismo. Ecco la divisa tipo: zaino grande per il viaggio, zaino piccolo per l’escursione, scarpe da ginnastica o scarponcini, calzoni pluritasche, macchina fotografica compatta o reflex, binocolo, giacca a vento o giubbetto impermeabile, cappelletto per il sole, cappello di lana per il freddo. Pochi sono invece i bastoni da camminata, io utilizzo anche bussola e termometro.

WESTRAY
Sbarcati si prende un pulmino che, percorse sette miglia, ci porta proprio al Barn, poco prima del villaggio di Pierowall che, rispetto ai “centri” di Racwick, Hoy e Rousay sembra già un paesino. La signora che ci accoglie è gentilissima, ci assegna ad entrambi una doppia uso singola, piuttosto piccola, ma con una finestrella lato mare ed un comodo armadio.
Dopo essermi ben informato, mi incammino per la grande escursione verso Noup Head. Dopo poche centinaia di metri, incontro sulla strada che porta alle scogliere il castello di Notland, al pari di tanti altri monumenti è ben conservato, con molte descrizioni e con l’ingresso gratuito. Salgo ai piani superiori attraverso una scala a chiocciola. Dal terrazzo si gode un bel panorama su Pierowall e dintorni.
Non mancano le indicazioni per Noup Head, che raggiungo per la via interna, tornando poi via mare. Sul sentiero, poco prima di raggiungere il faro, incontro una fattoria piuttosto isolata, le cui mucche mi guardano incuriosite.
Giunto al faro, iniziano gli spettacoli. Due ragazze che erano sul battello mi invitano a vedere dei puffins nidificanti con prole ed un grande agglomerato di foche che stipano uno scoglio. Il seguito della camminata si rivela eccezionale sia per la quantità che per la varietà di uccelli che vedo nei pressi delle scogliere. I gannets (sule) rimangono i miei preferiti, oltre a loro mi appunto le beccacce di mare, gabbiani tridattili, puffins (anche se un solo gruppo), stercorari maggiori, gazze marine, urie, ededroni nonché altri più comuni come merli, storni, gabbiani reali, passeri e allodole.
Rientrato a Pierowall, noleggio una bicicletta a Sand O’ Gill. Dò un’occhiata ad entrambi i negozi, in uno dei quali essendo presente l’ufficio postale acquisto francobolli e cartoline che rapidamente scrivo ed invio. A poche decine di metri si trovano i ruderi della chiesa ospitata nello stesso recinto del cimitero.
Proseguo verso il molo dove attracca il battello che arriva da Papa Westray, domani saprò da dove partirà. Affronto un discreto saliscendi per raggiungere il piccolissimo aeroporto che detiene, insieme alla dirimpettaia Papey, il record mondiale del volo di linea più breve, due soli minuti.
Secondo le indicazioni di una guida locale, ci dovrebbero essere delle foche su un isolotto prospiciente la costa nord orientale, parcheggio la bici, scavalco un cancello incurante del fatto che una corda ne impedisca l’apertura. Alcune mucche in lontananza non gradiscono per nulla la mia presenza, si sentono in dovere di proteggere qualche vitello e si dirigono a tutta velocità in massa verso di me. Scappo sulla spiaggia sassosa dove la loro corsa si arresta. Studio un piano per tornare alla bici, e non sembra facile perché i bovini mi seguono minacciosi. Li faccio spostare verso un’estremità lontana della spiaggia e torno indietro quasi strisciando sui sassi in modo da non essere visto. A quel punto scatto sul prato, scavalco il cancello e mi dirigo al negozio per acquistare qualche altra cosetta prima di rientrare in ostello, farmi una ritemprante doccia e preparare la cena. Nella cucina incontro John che mi invita a bere una birra nel bar dell’albergo.
Venerdì mattina prendo così il battello delle 8.45 per l’isola di Papa Westray dopo aver fatto colazione con John. Il mio velocipede è caricato a mano sulla parte anteriore del natante, a bordo siamo in due, una signora mi dice che ho trovato una settimana di tempo molto favorevole. Durante il tragitto provo a scattare qualche foto all’esterno, ma il vento gelido mi crea difficoltà a stare senza guanti, e meno male che ho comprato la crema all’aeroporto di Edimburgo e che me la sia sempre messa.

PAPA WESTRAY
Appena sbarcato ho la chiara sensazione di essere arrivato in un’isola davvero remota. Nel villaggio centrale di Beltane si trova praticamente tutto, l’ostello, il negozio, il museo, la scuola, i servizi sociali, il centro di ascolto ed un campo di calcio purtroppo abbandonato.
Arrivato all’ostello parcheggio la bici sull’apposita rastrelliera ed a sorpresa c’è la signora ad accogliermi. Mi assegna una favolosa doppia uso singola con bagno e termosifone (servirà). Vi sono due cucine, una grande ed una più piccola, così come sono due le sale per mangiare, una così grande che grazie alla presenza di un videoproiettore funziona anche come cinema per la comunità locale. La stanza più bella è quella “del sole”, una veranda ampiamente finestrata ed arredata molto comodamente con divani, tavolini e poltrone.
Tra i siti “culturali” segnalo il Knap of Howar, antichi resti neolitici molto ben conservati, prossimi alla riva. Poi la duecentesca semplice chiesa di San Bonifacio, in bella posizione prospiciente il mare, circondata dal solito piccolo cimitero. Non lontano vi è un obelisco, parte di un monumento ai Caduti dei nativi dell’isola. Infine visito un piccolo museo ospitato in una graziosa casetta, con oggetti di qualche decina di anni fa, alcuni dei quali, tipo un telefono ed una macchina da scrivere, non sono così lontani per me, il tutto è stato realizzato con il contributo della famiglia degli Holland, i signorotti dell’isola proprietari di una grande fattoria.
Naturisticamente parlando è d’obbligo la passeggiata alla scogliera di Mull Head, meno spettacolare di Noup Head a Westray ma sulla punta sono molto suggestive le onde maestose che si infrangono contro gli scogli nonché la singolare forma piatta delle rocce del lato occidentale, in alcuni punti sembrano dei regolari enormi mattoni rettangolari. Vedendo una sporgenza a forma di sedile, decido di sedermi, ma me ne pento subito perché mi sono inavvertitamente avvicinato ad un fulmaro covante. Mi allontano subito, qualche giorno dopo un collega biologo mi tranquillizzerà, l’essermi immediatamente spostato ha certamente favorito un rapido ritorno del volatile al suo uovo.
Raggiungo in bicicletta il vecchio molo, dove non sono rimaste che un paio di barche, passeggio su un paio di ampie spiagge sabbiose. In una un gruppo di giovani uccelli controllato da qualche adulto di gazza marina, si inoltra coraggiosamente sulla sabbia verso il mare per poi rientrare precipitosamente al sopraggiungere delle onde. Arrivo quasi alla fine dell’ultima spiaggia ed intravedo qualcosa che si muove nel mare: finalmente avvisto un bel gruppo di foche allegramente nuotanti di fronte a me! Partono scatti fotografici e filmati. Sono bellissime! Sulla costa sud orientale campeggiano i ruderi di un vecchio mulino e di un’antica chiesetta.
Durante il ritorno mi soffermo davanti ad un vecchio macchinario agricolo lasciato come monumento, risalgo in sella ma mentre torno all’ostello vengo colpito da uno sgrullone! Non appena rientro, smette subito di piovere, infilo i pantaloni di riserva (la tuta) e metto ad asciugare quelli bagnati sul filo predisposto all’uopo. Dopo un po’ li ritirerò asciutti ma freddissimi!
Il negozietto, ubicato nello stesso grande edificio anche se ad un solo piano che ospita l’ostello. È di dimensioni adeguate ai circa 70 abitanti dell’isola, ha un po’ di tutto. Alcolici compresi.
C’è movimento in ostello, mi si chiede cortesemente di mangiare nella sala più piccola visto che nella grande è allestito uno spettacolino con computer e videoproiettore per i ragazzi della comunità. Al riguardo dopo cena parlo un bel po’ con la moglie di colui che sta intrattenendo i ragazzi. Hanno quattro figli e mi racconta delle problematiche che possono esserci in inverno quando i collegamenti sono bloccati a causa delle avverse condizioni atmosferiche. Lo scorso anno sono stati in vacanza in Sardegna in occasione delle vacanze scolastiche di ottobre, trovando un bel tempo, ma soprattutto delle temperature autunnali per gli Italiani ma decisamente estive per loro, soprattutto la temperatura dell’acqua mare.
Sabato mattina sono piacevolmente svegliato dai belati e muggiti, il tempo è tornato bello, prendo il primo battello (alle 8) per Westray, a bordo del quale scambio qualche parola con i marittimi che mi dicono quali sono le isole che si vedono dalla nostra barca. Sbarco a Westray, riconsegno la bicicletta e salgo sul pulmino che mi trasporta all’altro porto, da cui riprendo la nave per tornare a Kirkwall. Alla fermata del villaggio sale un gruppo di musicanti e ballerine di musica celtica, i quali si sono esibiti ieri sera a Westray in uno spettacolo di Ceilidh. A bordo gli artisti offrono uno spettacolo musicale. È il due giugno, in Italia è la festa della Repubblica, mentre nel Regno Unito quella della monarchia, visto che si celebra il giubileo (75 anni) del regno di Elisabetta II.

EAST MAINLAND
La parte sud occidentale dell’isola maggiore ospita due importanti porti di collegamento con la Scozia, St. Margret’s Hope dove arriva il traghetto con trasporto auto da Gill’s Bay, mentre a Burwick giunge un battello solo passeggeri proveniente da John O’Groats.
Per noi Italiani classica è la visita all’Italian Chapel, una graziosa chiesetta realizzata da alcuni prigionieri italiani durante la seconda guerra mondiale impegnati nella costruzione del Churchill Barriers, dei terrapieni realizzati non tanto per collegare alcuni isolotti, quanto per difendere con delle dighe l’accesso ai sottomarini tedeschi alla laguna di Scapa Flow.
Nella parte settentrionale sconsiglio la Mine Howe, dove vengono estorte quattro sterline per scendere in una minuscola grotta sotterranea. Molto più attraente il trekking a Deerness, all’inizio del quale si trova The Gloup, una piccola galleria che un fiumiciattolo ha scavato per giungere sino al mare. Proseguo sino a Mull Head, osservando delle scogliere dalle forme piuttosto differenti da quelle delle isole che ho visitato sinora qui alle Orcadi, sono anche queste ricche di uccelli.
Mi sistemo all’ostello di St. Margret’s Hope, la cui reception è presso un negozietto. Mi assegnano una piccola quadrupla che sarà uso singola.
Nella parte meridionale vicino al porto di Burwick si segnala la vecchia chiesa di St.Mary, circondata dal solito piccolo cimitero. Qualche bel panorama sulla vicina isola di Flotta e sulla maestosa Hoy sono le uniche attrattive di Hoxa Head, le cui scogliere sono dei parenti piuttosto poveri rispetto a quelle che ho ammirato al nord.
Domenica per la prima volta è il suono dell’orologio a svegliarmi alle sette. È il secondo giorno consecutivo di sole intenso, anche se la temperatura si mantiene bassa (poco inferiore ai dieci gradi) ed il vento continua a soffiare.
Mi dirigo alla Tomba delle Aquile, così chiamata perché al momento del ritrovamento vi furono individuate sia ossa umane che di rapaci. La visita inizia in un piccolo museo con una significativa esposizione e relativa spiegazione di un plastico e di antichi reperti, poi si percorre un sentiero che porta dapprima ai resti di una piccola casa risalente all’età del ferro, al cui interno era presente un sistema per il riscaldamento dell’acqua con il fuoco, realizzato probabilmente per preparare del cibo. Vicino è stata lasciata una roulotte che operava come ambulanza dell’esercito tedesco durante la seconda guerra mondiale. Un cartello informa che si sta pensando di adibirla a locale di riparo in caso di pioggia.
L’accesso alla tomba è con un trolley simile a quelli che utilizzano i meccanici per andare sotto le autovetture. Ci si tira con una corda. La passeggiata si conclude con un panorama molto suggestivo sul lato settentrionale della Scozia. Parte dei sentieri sono stati chiusi per non disturbare gli uccelli nidificanti.
All’aeroporto consegno il bagaglio e un’addetta mi saluta con un “ciao”, saluto che ripeterà al momento dell’imbarco. Vedo e fotografo il piccolo velivolo che effettua i servizi con le isole minori, al suo confronto il bimotore ad elica che mi riporterà a Edimburgo sembra un gigante. Dopo una cinquantina di minuti, atterro nella capitale scozzese. Pernotto in un albergo vicino all’aeroporto.
Lunedì mattina mi sveglio prestissimo, prendo l’autobus per l’aeroporto alle cinque e siamo in tanti. Siamo anche in tanti con la priorità dell’imbarco, salgo e a bordo vi è la Nazionale Italiana di Karate Do che ha partecipato ad Irvine ai campionati europei classificandosi al secondo posto nella classifica per Nazioni, un gruppo di persone davvero simpatiche e modeste, tipico per gli sportivi che praticano una di quelle discipline che in Itala si definiscono minori. Dopo tanto riparlo italiano. Passano due ore e quaranta minuti e si atterra.

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