Il sentiero delle Orobie

Ricalcando i tradizionali sentieri delle Valli Bergamasche

Una proposta un po’ diversa per i lettori di Ci Sono Stato: un itinerario che richiede un unico, e il più naturale, dei mezzi di locomozione: le proprie gambe. Ma anche una piacevole scoperta per i frequentatori della montagna, che in grande maggioranza si concentrano sui sentieri delle vallate di Val d’Aosta e Trentino-Alto Adige.
Si tratta di scambiare un po’ di sana fatica con le sensazioni impareggiabili che può offrire una settimana lontano dai centri abitati, con il solo appoggio dei diversi rifugi che ogni sera ci aspettano per darci un conforto che, in quel contesto, vale quello di un grande hotel. Aspetto non trascurabile, rimanendo sempre in quota si risparmia il tempo e l’impegno richiesto per salire e scendere ogni giorno a fondovalle per effettuare singole gite: ciò consente di percorrere le varie tappe a ritmi tranquilli, con frequenti soste per gustare aspetti paesaggistici di prim’ordine.
Il Sentiero delle Orobie, ultimato nel 1969 ricalcando i tradizionali itinerari di cacciatori e pastori nel cuore delle due principali vallate bergamasche, Val Seriana e Val Brembana, riserva ai percorritori una particolare ricchezza di scenari, in un’alternanza di rocce calcaree, granitiche e vulcaniche con abbondanza di acque; sotto l’aspetto botanico, un vero trattato all’aperto, con abeti rossi, larici, rododendri, mughi e una varietà infinita di fiori, tra i quali non mancano, sui pendii più impervi, macchie di stelle alpine.
Questo resoconto si riferisce a un trekking estivo che ho organizzato nel luglio di un paio d’anni fa per conto di un’associazione ambientalista con la partecipazione di nove amici: un’esperienza da consigliare a chiunque come alternativa a vacanze dalle quali non di rado si ritorna più stanchi di prima. Calandosi in questa dimensione, magari ci si stanca un po’ “durante”, ma nel “dopo” ci si scopre ricaricati nel corpo e arricchiti nello spirito.L’attrezzatura deve comprendere calzature robuste e zaino contenente quanto serva ad essere autonomi per sette giorni su sentieri di montagna con pernottamenti in rifugio, vale a dire capi di abbigliamento leggeri e pesanti, biancheria di ricambio, articoli di igiene personale e tutto ciò che ciascuno ritenga utile alle esigenze individuali. Non è necessario appesantirsi con viveri, visto che si cena nei rifugi (di solito molto bene!), disponibili anche a confezionare panini per lo spuntino di metà giornata.La traversata ha inizio da Valcanale, 45 chilometri a nord di Bergamo lungo la provinciale n. 35 della Val Seriana.

1 - DA VALCANALE AL RIFUGIO LAGHI GEMELLI (4 ore)
Parcheggiate le auto ai 1100 metri di Valcanale, saliamo in un’alternanza di sottobosco e radure avendo sempre sulla nostra sinistra l’imponente gruppo del Pizzo Arera fino a raggiungere la verdeggiante conca del Rifugio Alpe Corte (m.1410).
Prendiamo quota costeggiando il torrente Corte e superando pendii erbosi fino alla sommità di un gradone che immette sul pianoro della baita Corte di Mezzo (m.1669), punto di idilliaca bellezza brulicante di greggi al pascolo.
Cominciamo a notare due delle costanti che ci accompagneranno per tutto l’itinerario: l’abbondante presenza di acque sotto forma di torrenti, ruscelli, cascate, laghi e laghetti, e la ricchezza della flora, che fa delle Orobie un vero e proprio orto botanico spontaneo.
Un tratto in accentuata pendenza, mentre il bosco ha lasciato il posto ai pascoli, ci porta alla radura della baita Corte Alta (m.1885) e quindi, lungo una valletta di prati e rocce con pendenza più lieve, eccoci al Passo dei Laghi Gemelli (m.2139), punto più elevato della tappa.
Il passo domina la conca dei Laghi Gemelli, che sono oggi uno solo, in quanto la lingua rocciosa che fino a sessant’anni fa separava i due bacini fu sommersa con il rialzo del livello dell’acqua conseguente alla costruzione della diga. Dal valico si ammira una bella cerchia di monti, mentre oltre il lago già si individua il grosso edificio del Rifugio Laghi Gemelli (m.1968).
Dapprima lungo un pendio di rocce frantumate e poi contornando la sponda occidentale del lago sulla quale si affacciano ricoveri di pastori in rovina, giungiamo infine al rifugio, dove ci aspetta la prima delle ottime cene di questo trekking.

2 - DAL RIFUGIO LAGHI GEMELLI AL RIFUGIO FRATELLI CALVI (4 ore)
Partiamo dal rifugio intorno alle nove, mentre la giornata, che verso le sette si annunciava limpida, si sta orientando verso un misto di nuvole, nebbia e squarci di sereno. Capiterà spesso anche nei prossimi giorni.
Costeggiamo in un paesaggio desolato ma suggestivo il Lago delle Casere (m.1784) e quindi il Lago Marcio (m. 1841), bacino naturale imbrigliato da una diga nel 1925. La raggiungiamo e ci abbassiamo fino al bivio con il sentiero che sale da Carona.
Il percorso si snoda ora intagliato nella roccia a strapiombo, facilitato da passerelle, tunnels e corrimano, con vista alla nostra sinistra sulla valle del Brembo, mille metri sotto di noi. Questo tratto, con le relative opere di sicurezza, fu allestito come sentiero di servizio delle Società Elettriche ai tempi della costruzione delle dighe diventando poi parte integrante del Sentiero delle Orobie.
Raggiungiamo il Lago di Sardegnana (m.1735), scavalchiamo la diga, spettacolare in quanto costruita in massi di granito a vista, per tutta la sua larghezza, ci portiamo su una spalla boscosa e procediamo con qualche saliscendi su un lungo tratto caratterizzato da una grande varietà di piante e fiori.
Si comincia a intravedere sopra di noi la muraglia della diga che sbarra il Lago di Fregabolgia. Ci immettiamo sulla carrozzabile di servizio proveniente da Carona e, con alcune serpentine finali, raggiungiamo la sommità della diga.
Da qui, costeggiando la sponda nord del lago, dove un occhio attento può scorgere la presenza di marmotte (una addirittura ci attraversa la strada a pochi metri), arriviamo infine alla conca del Rifugio Fratelli Calvi (m.2015).
Il cielo si è quasi del tutto rasserenato e approfittiamo dei prati fioriti all’intorno per stenderci al sole godendo il panorama circostante, in una sfilata di cime tra i 2500 e i 2900 metri.

3 - DAL RIFUGIO FRATELLI CALVI AL RIFUGIO A. BARONI AL BRUNONE (5 ore 30’)
Questa è la tappa che segna l’ingresso vero e proprio nelle Orobie, il passaggio cioè dal tratto “turistico” della traversata a quello più impegnativo e severo, il contatto con la montagna “vera” sotto tutti i suoi aspetti.
Il tempo sembra intenzionato a ricalcare l’evoluzione di ieri, tant’è vero che, lasciato il Rifugio Calvi, oltrepassato il sottostante specchio del Lago Rotondo e attraversato il Brembo (che qui non è ancora che un ruscelletto), quando raggiungiamo la radura delle baite del Poris comincia anche oggi a calare la nebbia. Ci portiamo alla base di una cascata che si fa strada con ripetuti salti tra rocce nerastre e ne raggiungiamo il culmine grazie a un sentierino che sale a zigzag al suo fianco.
Dopo il guado, di lì a poco ci troviamo in un ampio anfiteatro percorso da un torrente, luogo di bellezza selvaggia ormai in vista delle prime lingue ghiacciate, al quale la nebbia aggiunge fascino, anche se impedisce la vista sulle aspre pareti circostanti.
Ci troviamo al centro di una tipica valle glaciale; incredibilmente nelle rade chiazze d’erba in mezzo ai sassi riescono a farsi largo fiori alpini in quantità.
Puntiamo ora al sempre innevato Passo di Valsecca (m.2496), che si apre tra il massiccio Diavolo di Tenda / Diavolino e il Poris / Grabiasca immettendo dalla Val Brembana alla Val Seriana.
L’erto pendio detritico che porta al Passo non regala niente a nessuno, ma quando scolliniamo siamo ricompensati da un vasto panorama: all’intorno si allineano il Ferrante, la Presolana, il Tre Confini, il Gleno, il Recastello e la profonda Valsecca.
La discesa dal Passo al Bivacco Frattini (m. 2125), prima su ripido fianco innevato e ghiaie, poi su sottili crestine erbose, richiede passo fermo e un minimo di attenzione: giunti davanti alla caratteristica costruzione a semibotte tinteggiata in arancione, ci concediamo una scatoletta di tonno e una barretta di muesli annaffiate da acqua di borraccia che sembrano un pranzo da re.
Riprendiamo la discesa su comodi pendii erbosi per poi giungere, lungo una cengia intervallata da gradoni rocciosi da percorrere con prudenza, al Vallone del Salto (circa m.1900), cupa gola sempre coperta di neve ghiacciata sotto la quale scorre un torrente impetuoso.
Appena effettuato il guado, si scatena un temporale, con pioggia, grandine, fulmini, forte vento e per circa un’ora procediamo in queste condizioni lungo uno stretto sentierino che taglia ripidi pascoli e strette vallette percorse da corsi d’acqua.
Quando finalmente spiove, cominciamo a scorgere, distante ma ben individuabile, il Rifugio Antonio Baroni al Brunone (m.2295), autentico nido d’aquila dal quale ci dividono gli ultimi saliscendi, una conca sassosa ma agevole, un falsopiano con vegetazione alta e un ultimo breve strappo. Alla spicciolata e un po’ rabberciati ci troviamo infine riuniti al rifugio, mentre la tempesta ha ormai lasciato il posto a un pomeriggio di rara limpidezza.
Ci riempiamo gli occhi con l’estesissimo panorama e distinguiamo con chiarezza il percorso finora coperto: verso sud-ovest l’Arera, che ci accompagnò il primo giorno, i monti prospicienti il Rif. Calvi, poi, più vicini (ma non poi tanto), il Passo di Valsecca, il Bivacco Frattini e tutte le vallette attraversate oggi; verso est il gruppo del Redorta (m.3038), ai piedi del quale si indovina lo sviluppo della parte iniziale della tappa di domani.
Cominciamo solo adesso a renderci conto della severità e grandiosità di queste montagne, ambiente in cui si integra alla perfezione il Brunone che, sia nella struttura sia per la posizione, è il “rifugio più rifugio” del trekking, quello che maggiormente dà la “soddisfazione della meta”: tutti gli itinerari che lo raggiungono sono infatti impegnativi, compreso l’accesso dal fondovalle (Fiumenero) che comporta un dislivello di 1500 metri.
Concludiamo il pomeriggio perfezionando l’abbronzatura e familiarizzando con quattro stambecchi che si spingono fino a pochi metri dal rifugio; reintrodotti nelle Orobie dal Parco del Gran Paradiso nel 1987, sono oggi circa duecento.

4 - DAL RIFUGIO A. BARONI AL BRUNONE AL RIFUGIO COCA (5 ore)
La giornata è finalmente splendida e tale rimarrà fino al termine, ottimo auspicio in vista della tappa più impegnativa ma anche più spettacolare del Sentiero delle Orobie.
Partiamo dal Brunone poco dopo le otto in direzione est. Un sentiero pianeggiante porta a una spalla erbosa che si scavalca per scendere in una conca detritica. L’attraversiamo fino alla base di un canalino che si risale faticosamente fra sfasciumi, neve dura e roccette; guadagnato lo sperone alto del Redorta, che lasciamo sulla sinistra, ci attende un tratto di placche inclinate di un certo impegno, dove ciascuno deve un po’ inventarsi il modo migliore per procedere.
Siamo ora su un’ampia bocchetta intorno a quota 2600: mentre a ogni passo il panorama si fa più esteso, vediamo il Brunone ormai lontano e per l’ultima volta ricostruiamo con lo sguardo lo sviluppo della tappa di ieri prima di scollinare e scendere per rocce friabili in un vallone ghiaioso in parte coperto di neve.
Raggiungiamo la Sella dei Secreti (m.2650) scendendo poi appena su un pianoro detritico dove qua e là si scorgono pozze d’acqua e macchie erbose. Notiamo ancora come, anche in uno scenario brullo come questo, riesca a trovare linfa e a sopravvivere una sorprendente fioritura.
Come scrivono le guide, siamo alla testata della Valle Antica, ormai in vista del Simàl, quota 2712, il punto più elevato del Sentiero delle Orobie: si tratta di un’insellatura su cui è installata una colonnina di telesoccorso alpino ed è uno di quei luoghi in cui, in giornate serene come questa, viene voglia di ringraziare di essere venuti al mondo. Cosa che mi affretto a fare.
Il panorama verso est è immenso: per la prima volta vediamo il Pizzo di Coca (m.3050), massima elevazione del gruppo, l’Arigna, il Torena (alle cui pendici nasce il Serio), il Recastello, fino alle cime dell’Adamello. La chiazza turchese del Lago di Barbellino, che raggiungeremo solo al termine della tappa di domani, sembra del tutto a portata di mano.
La discesa dal Simàl avviene per un ripidissimo canalino franoso da percorrere con stretti zigzag: è richiesta una certa cautela e passo sicuro per approdare alla Val del Fosso, conca detritica 150 metri più sotto in uno scenario selvaggio.
Al termine della conca si risale al Forcellino (m.2475), che costituisce l’inizio di un tratto facilitato da corde fisse. Siamo nel vero “cuore” della montagna, un sentierino tortuoso intagliato tra rocce a saliscendi dalle forme curiose in un’ambiente molto suggestivo.
Il laghetto di Coca (m.2108), che si scorge solo all’ultimo momento in quanto nascosto da uno spallone erboso, è adagiato nella cosiddetta Conca dei Giganti ed è il pretesto per una sosta riposante, alimentare ed estetica. I piedi cercano il refrigerio (permanenza massima nell’acqua 8”!), gli occhi cercano con compiacimento di ricostruire l’itinerario percorso e di individuare poi, nel ghiaione che si innalza verso nord, le tracce che portano al Passo di Coca (m.2645) e alla Bocchetta del Camoscio (m.2719), porte di accesso alpinistico ai “tremila” delle Orobie: Redorta (m.3038), Scais (m.3038) e Coca (m.3050).
Lasciato il laghetto, costeggiamo prima in discesa e poi in falsopiano il suo impetuoso emissario, che andrà ad arricchire il Serio poco sopra Valbondione. Superato uno splendido pianoro erboso dove sono accampate due tendine variopinte, raggiungiamo in breve il Rifugio Coca (m.1892) situato su uno sperone roccioso a strapiombo su Valbondione, visibile mille metri più sotto.
A nord incombe la complessa mole del Pizzo di Coca, a est il Recastello (m.2886) e il Gleno (m.2882) che da questa prospettiva si sovrappongono a simulare un’unica cima.

5 - DAL RIFUGIO COCA AL RIFUGIO CURÒ (3 ore 30’)
Partiamo dal Coca con tempo sereno, anche se già si indovinano le solite nebbie che ci accompagneranno per buona parte della tappa odierna.
Ripercorriamo a ritroso il pianoro erboso già attraversato ieri, dopodiché guadiamo il torrente per innestarci su un sentiero serpeggiante che con pendenza costante ci consente di prendere quota tra roccette alternate a zolle erbose. Il percorso, che taglia più di una scoscesa valletta, ricorda quello del tratto Vallone del Salto - Rifugio Brunone.
Si approda così a un passo a quota 2220 alla base del Corno (m.2263), estrema propaggine meridionale del massiccio di Coca già ben riconoscibile fin dall’inizio della tappa. La nebbia, ormai fitta, ci preclude la visuale verso le cime circostanti; ci consoliamo apprezzando ancora una volta la flora, che su questo versante annovera anche esemplari di stella alpina.
Calati dal passo, risaliamo ancora pendii erbosi per poi giungere a uno strappo alquanto accidentato che porta, con il conforto di catene in certi punti persino sovrabbondanti, a una terrazza a quota 2325, massima elevazione della tappa. Una sosta (siamo poco oltre metà percorso) è d’obbligo, anche se la vista sul bacino del Barbellino, sul Rifugio Curò e sui monti che sovrastano la conca deve essere rinviata a più tardi.
Prima lungo un ripido sentiero e poi con pendenza meno accentuata perdiamo quota, mentre la nebbia gradualmente toglie il disturbo, ormai in vista del laghetto e della diga di Valmorta (m.1798). Qui, su un prato cosparso di enormi massi, pascola una piccola mandria di cavalli. La riva settentrionale dello specchio d’acqua, lungo la quale si svolge il sentiero, è l’ennesimo coloratissimo trionfo del regno vegetale, per la gioia di naturalisti, fotografi e amanti del bello. In questo momento ci sentiamo tutt’e tre le cose e procediamo senza fretta godendoci un momento e uno scenario impagabili.
Ci aspetta un ultimo tratto, breve ma scosceso, che in pochi minuti ci fa guadagnare i settanta metri di quota che portano alla casa dei custodi delle dighe. Poi, tramite un sentiero in costa sulla sponda del Lago di Barbellino o in alternativa una galleria di servizio, si raggiungono in sequenza il Rifugio dell’Unione Escursionisti Bergamaschi, il vecchio e il nuovo Rifugio Curò (m.1895); qui finalmente ci attende una doccia calda, dopodiché ci sistemiamo nel vecchio fabbricato che ora funge da dipendenza, dove pernotteremo anche domani.
Il Lago di Barbellino (m.1862) sfoggia acque di uno splendido verde-azzurro, inconsuete per un bacino artificiale. Alzando lo sguardo in direzione nord-ovest ci soffermiamo sulla veduta più classica del Pizzo di Coca, mentre verso sud-ovest si distingue il sentiero per il Rifugio Albani dal quale si stacca dopo qualche tornante il bivio per Valbondione, il cui abitato spicca a fondovalle.
La giornata si conclude con un acquazzone, che spazza via le nuvole residue preparando un’alba che ci auguriamo splendida.

6 - DAL RIFUGIO CURÒ AL LAGO NATURALE DI BARBELLINO (2 ore 30’ A/R)
Conclusa con soddisfazione la parte “ufficiale” del trekking, ci aspetta una giornata di relax, che occuperemo con l’escursione al Lago naturale di Barbellino (m. 2128).
La splendida alba auspicata ieri sera si è manifestata, ma sta già lasciando il posto alle solite condizioni di variabilità, in un’alternanza di schiarite e annuvolamenti.
Costeggiata la sponda sud del Barbellino, ci inoltriamo in lieve salita verso la testata della Val Seriana, solcata dal Serio che scende tra laghetti e cascatelle in uno scenario di dolci pendii alla base delle rocce, habitat ideale per greggi di centinaia di pecore. Tralasciamo in sequenza i bivi per la cima del Gleno, per il Lago Malgina e per il Passo Grasso di Pila e raggiungiamo infine il Lago di Barbellino Superiore, bacino naturale situato al fondo di un anfiteatro di cime; ci troviamo non più di un chilometro a valle delle sorgenti del Serio e sulla via del Passo di Caronella (m.2612) che mette in comunicazione con la Valtellina.
Anche questa conca, nella quale sorge l’ex Rifugio Barbellino, in abbandono dopo l’ampliamento del Curò nel 1973, riserva la consueta abbondanza di fiori alpini.
Dopo avere pranzato e bighellonato lungo le sponde del lago, facciamo ritorno al Curò per la stessa via.

7 - DAL RIFUGIO CURÒ A VALBONDIONE (2 ore)
Lasciamo il Curò, che ricorderemo con piacere per il servizio più da albergo che da rifugio e per i rapporti di amicizia che qui abbiamo rafforzato con gli altri gruppi che parallelamente a noi hanno effettuato la traversata. Sentimenti comunque meno intensi della nostalgia che conserverò per la “spartanità” del Brunone.
Scendiamo con comodo verso il fondovalle incrociando numerosi escursionisti, che salgono al Curò (che non potrà ospitarli tutti) per godere lo spettacolo di domani, quando sarà aperto lo scarico del Barbellino dando origine al triplo salto della cascata del Serio, la più alta d’Italia, spettacolo visibile solo quattro volte all’anno. Per questa volta ce lo perdiamo, ma progettiamo una futura vacanza di qualche giorno per completare la conoscenza della zona e magari effettuare le due impegnative tappe fino al Rifugio Albani e al Passo della Presolana.Valcanale, punto di inizio del trekking, è raggiungibile in auto tramite la statale n. 42. Volendo utilizzare i mezzi pubblici, dalla stazione ferroviaria di Bergamo partono i servizi di autocorriere, che richiedono due cambi a Clusone e ad Ardesio.

6 commenti in “Il sentiero delle Orobie
  1. Avatar commento
    Leandro
    08/06/2006 11:15

    E' sicuramente meglio prenotare, specialmente a luglio e agosto. Noi lo facemmo una ventina di giorni prima, infatti trovammo tutti i rifugi pieni.

  2. Avatar commento
    n.pinotti
    08/06/2006 11:07

    da tempo vorremmo fare qs trekking. e' meglio prenotare i pernottamenti nei rifugi?

  3. Avatar commento
    Leandro
    08/08/2005 14:21

    Per Tobia. La mappa da noi usata durante l'escursione è la n. 104 della Kompass, in scala 1:35.000, molto valida. Puoi trovarla nelle librerie specializzate.

  4. Avatar commento
    tobia108@inwind.it
    08/08/2005 13:50

    è possibile avere una carta dettagliata,grazie.

  5. Avatar commento
    Leandro
    12/07/2004 15:58

    La nostra escursione è di cinque anni, ma suppongo che la situazione sia la stessa. Noi raggiungemmo Bergamo da Genova in treno, poi arrivammo a Valcanale in autocorriera, con cambio di vettura a Clusone e ad Ardesio. Per gli orari, ci furono forniti via fax dalla APT di Bergamo, che ti consiglio di contattare.

  6. Avatar commento
    icio
    12/07/2004 14:26

    Devo raggiungere il paese di Valcanale senza l'aiuto dell'auto propria o di qualche amico (dobbiamo fare il sentiero delle Orobie Orientali). Fino ad Ardesio nessun problema ma poi, come si puo' fare per raggiungere Valcanale.

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