Eccoci ancora a parlare di Liguria, cosa frequente in questo sito a causa dell’estrazione genovese di uno dei soci gestori - il sottoscritto - sempre attento nell’indagare e divulgare anche e soprattutto gli aspetti meno celebrati di una regione piccola ma fonte inesauribile di spunti per la visita.
Il soggetto di questa trattazione è la pista pedonale che da qualche anno è stata attivata nel ponente genovese recuperando la vecchia linea ferroviaria dismessa nel 1970 e rimasta in abbandono per oltre un trentennio: un’opera che ha incontrato il gradimento di quanti vogliano fare attività fisica (a piedi, in bicicletta, con i pattini) in un contesto di grande tranquillità, lontano dal traffico cittadino e a pochi passi dal mare.
Itinerario
Partiamo con la storia della linea ferroviaria espressa in poche righe. Con l’Unità d’Italia del 1861 si fece pressante l’esigenza di una rete ferroviaria: in particolare, per quanto riguarda a Liguria, un collegamento che coprisse i 150 km dell’intero arco della Riviera fra Ventimiglia (quindi il confine francese) e La Spezia. L’opera ebbe termine nel 1874, ma ben presto ne furono evidenti i limiti: il binario unico era insufficiente per un traffico in continuo aumento, la manutenzione difficoltosa per la tortuosità del percorso, l’adiacenza al mare la esponeva ai pericoli degli agenti atmosferici. A inizio del Novecento si intraprese il raddoppio della linea con il suo spostamento più a monte, impresa lungamente ostacolata dalle due guerre mondiali. Finalmente - e qui arriviamo al tema da svolgere qui - fu ultimato il tratto di 18 km fra Voltri e Varazze con l’abbandono di quello costiero originario. Dopo infiniti progetti di recupero frenati dalle “normali” burocrazie tanto care al nostro Paese, la pista pedonale è oggi finalmente realtà!
Si tratta di una panoramicissima passeggiata lunga circa 20 km, che può comunque essere suddivisa in più tratte, essendo le località intermedie (Arenzano e Cogoleto) servite dai servizi ferroviari e da autocorriere.
Il settore fra Cogoleto a Varazze, su una lunghezza di 4200 metri, è quello che trattiamo in questa sede. Qualora ci si serva del treno (soluzione consigliata per evitare di ripetere la passeggiata a ritroso o predisporre una seconda auto all’arrivo), va messo in conto un paio di chilometri in più a causa dell’ubicazione decentrata delle due stazioni rispetto ai relativi paesi.
Prendendo le mosse dalla stazione ferroviaria di Cogoleto, ci si dirige verso ponente sul Lungomare Europa fino alle ultime case dell’abitato raggiungendo così il ponte sul Torrente Arestra, dove fino a qualche anno fa era situato un passaggio a livello sulla via Aurelia: com’è noto, le Ferrovie dello Stato stanno progressivamente smantellando tutti i passaggi che incrociano le strade carrozzabili, una situazione ritenuta pericolosa.
Subito dopo il ponte, si lascia a destra la statale per immettersi sulla vecchia sede ferroviaria, oggi asfaltata, che si sviluppa del tutto pianeggiante sempre a pochi metri dal mare: ne contrassegna l’inizio una sbarra, oltre la quale il transito veicolare è tassativamente vietato. Da qui in avanti, solo gambe, bici e pattini!
La passeggiata, decisamente spettacolare, ha valori ambientali di tutto rispetto: oltre ad essere tutta in riva al mare, è contornata sul lato a monte - spesso costituito da un’alta scarpata - da varie specie di piante tipiche della macchia mediterranea.
Anche l’aspetto geologico è piuttosto istruttivo: nella parte iniziale si procede fra serpentiniti stratificate di colore fra il verde scuro e il nero (localmente definite “pietre verdi del Bèigua”), mentre approssimandosi a Varazze prevalgono le prasiniti e i metagabbri di colore assai più chiaro. Questo contrasto fa sì che questa passeggiata sia dialettalmente definita “fra i gianchi e i neigri”, cioè fra (gli scogli) bianchi e neri.
Lungo il percorso si incontrano nove gallerie, nell’ordine Maddalena, S. Giacomo, Forno, Invrea (la più lunga con m. 290,65), Pescatori, Valsassina, Madonnetta, S. Caterina I, S. Caterina II (la più breve con m. 21,00).
Il loro attraversamento non presenta alcun problema: tutto il percorso (gallerie comprese) è illuminato e al massimo si può incontrare qualche piccola pozzanghera causata da occasionale sgocciolio dei soffitti, nulla comunque che richieda particolari coperture.
E’ lodevole il fatto che, a parte l’asfaltatura della sede in cui un tempo erano posati i binari (indispensabile per l’agibilità dei percorritori), tutti i manufatti ferroviari, i portali delle gallerie, i muri laterali di sostegno ad arcate lato monte e i parapetti lato mare sono stati mantenuti pressoché intatti con prevalenza dei mattoni e della pietra locale. Peccato solo che non siano state mantenute le targhe con le denominazioni un tempo presenti ai due imbocchi delle gallerie.
Circa ad un terzo del percorso ci si imbatte sulla destra, al di là di una recinzione, in una nota stonata: ciò che resta di un campeggio devastato dall’alluvione del 2002, che a sua volta aveva fagocitato il pittoresco borgo marinaro di Portigliolo, un tempo importante per la produzione delle gallette che rifornivano le galee in partenza per i loro lunghi viaggi.
A testimonianza della trascorsa attività ferroviaria, poco discosti dal tracciato si incontrano anche un paio di caselli riattati ad abitazione.
In sintesi, si tratta di una gita vivamente consigliata a tutti, grandi e piccini, per ammirare bellissimi panorami e per immergersi in quello che è - a modo suo - uno spaccato di storia. Ulteriore suggestione è data dagli infiniti giochi di chiaroscuro nelle prime ore del mattino e al tramonto, per la gioia dei fotografi ma anche semplicemente degli estimatori del bello.