Di passaggio nel Kham

I paesaggi
A differenza della maggior parte delle altre aree tibetane finora visitate, la parte inferiore del Kham (comunque sempre al di sopra dei tremila metri...) è molto "alpina": molto verde, con tanti tanti fiori, e una preponderanza di prati blu; dolci colline e belle casette, che assomigliano quasi a chalet svizzeri. Ogni villaggio ha le sue proprie caratteristiche architettoniche, con leggere differenze nell'uso di colori e di decorazioni nel legno.
Anche quando ci s’innalza al di sopra dei 4000 metri rimane comunque ancora un po' di vegetazione; qui spariscono i villaggi, e ci si ritrova tra grandi praterie con tende di nomadi. Mentre la vegetazione alle altitudini relativamente più basse è ovviamente bellissima, un'amante degli altopiani come me predilige questi luoghi più elevati, con i loro spazi così vasti costellati di tende di nomadi, di greggi di pecore e capre, di cavalli e di yak; tanti yak...

I monasteri
Dovunque nel Kham si sente una grande voglia di ricostruzione. Delle centinaia di vecchi monasteri rimane poco, tutti distrutti dai musulmani oppure durante la rivoluzione culturale. Ma adesso si ricostruisce. Molto lavoro è già stato fatto nell'ultimo decennio, in tanti altri monasteri sembra di essere in un cantiere. Particolare attenzione viene data alla pittura degli affreschi, con colori sgargianti, per i nostri gusti un pò kitsch.

I monaci
Ma poi che ci fanno in tutti quei monasteri? In alcuni luoghi si avverte un senso di desolazione, di abbandono; più volte ci venne detto che se il Dalai Lama non ritorna i monaci si sentono persi, e tanti, tantissimi cercano di scappare in India, legalmente oppure illegalmente, dove ritrovano il monastero-madre in esilio. Rimangono i monaci anziani e malati.
In altri posti invece, laddove c'è un supporto notevole dei rimpoche che risiedono all'estero, si sente un grande fervore religioso. Un esempio è Dzogchen. Un luogo incantevole: situato a oltre 4000 metri, si sale fino ad un muro-mani da un villaggio con poche case e negozi, e oltrepassato il muro si entra in un'ampia vallata cosparsa di templi. In fondo alla valle, in un grande tempio con il pavimento di legno, erano in corso degli insegnamenti di Longchen Nyingthik.
Siamo arrivati nel momento della pausa. Centinaie di monaci si rovesciano fuori per un momento di relax. Avevamo notato una fila di motociclette parcheggiate ordinatamente l'una di fianco all'altra. Ed ecco che vediamo saltarci sopra i monaci... Dall'altra parte della valle una bella costruzione ospita uno 'shedra', un istituto per gli studi, e poco più in là, in un tempio grande e nuovo, viene data un'iniziazione tantrica - vietato l'ingresso alle donne. Anche qui tanti monaci; uno di loro è stato in giro per l'Europa, come parte di una troupe di monaci che eseguivano i Chams,le danze rituali dei monaci. Ha trascorso un periodo di tempo al monastero di Dzogchen nel sud dell'India, e in quel frangente ha fatto il suo viaggio.
Sershul Gompa è un altro luogo di grande ispirazione. Anche questo monastero è situato in un posto sperduto nelle montagne, ad una trentina di km dalla capitale della contea, Jumang.
Arriviamo di sera, dopo una lunga giornata piovosa, e siamo ricevuti nella guest house del monastero: bella, pulita, semplice ma accogliente, con tanto di ristorante e di sala-soggiorno con una grande vetrata che guarda la valle. Finalmente, dopo tutti gli alberghi cinesi parecchio "anonimi" finora visitati, troviamo un po di "calore umano"!
La visita del complesso monastico in una mattina assolata, raggiunto con una piacevole passeggiata, è una gradevolissima sorpresa: una serie di costruzioni sparse sulle colline circostanti, tra cui uno shedra (istituto di studio per i monaci), un tempio, e alcune "tende-scuola" (sono tende da nomadi piene di ragazzini dei villaggi intorno). Incontriamo una monaca che ha studiato a Dharamshala, e che ora abita a Sershul per aiutare il rimpoche come traduttrice quando arrivano gli ospiti stranieri: taiwanesi, singaporesi, occidentali, che vengono in questo luogo sperduto a seguire qualche corso di meditazione.

I "devoti", laici e monaci
Lungo la strada incontriamo un altro luogo molto particolare. I nostri autisti ce ne parlano mentre siamo su un passo di 4600 metri. Ci dicono che poco innanzi si trova un luogo dove vivono 10.000 monache da un lato del fiume, 10.000 monaci dall'altro, al seguito ad un grande maestro (sicuramente la cifra sarà esagerata!). Il Lama è così famoso perchè mostra miracoli sul suo corpo: per chi possiede l'occhio della fede (!) è possibile vedere sul suo torace tutti i maestri che gli hanno dato insegnamenti, con il Dalai lama sulla sua testa.
Basta una deviazione di pochi chilometri per arrivare in questo sito. Impressionante! Subito vediamo una costruzione, tipo hangar, con dentro tanti monaci e monache, che stanno seguendo una funzione religiosa, una puja in occasione del giorno di Yeshe Sogyal (la consorte tibetana di Guru Rimpoche). Ma guardando intorno notiamo un enorme cantiere; un tempio più o meno finito, e tante costruzioni. Centinaia di baracche dove vive la gente, venuta qui da ogni parte del Tibet per seguire questo maestro. Dice un monaco, originario di Lhasa: "Noi veniamo qui perchè possiamo davvero imparare a meditare, non soltanto a studiare il dibattito, ma a meditare, con l'aiuto di un maestro che mostra i segni della sua realizzazione!"

Le cittadine e la gente
Pelyul, Derge, Kanze sono cittadine piccole, abbastanza carine, con costruzioni caratteristiche, in legno. Yushu al contrario è una città piuttosto grande, prevalentemente cinese. Gli alberghi rigorosamente di proprietà dei cinesi, con personale tibetano. In città un misto di etnie, tra colorati tibetani tipo cowboys del Far West con le loro donne magnificamente addobbate, e cinesi che gestiscono tutti i business.
Mi ha colpito la totale mancanza della classe 'imprenditoriale' tibetana. Dove sono i negozianti scaltri e simpatici che ritroviamo nelle altre parti del mondo tibetano? Sembra che da queste parti siano rimasti i tibetani contadini e pastori e venditori ambulanti oppure di generi di poca qualità, mentre tutta l'attività commerciale di un certo rilievo è in mano ai cinesi.
La lingua franca, in città come nei villaggi, è il cinese, anche tra tibetani di differenti regioni. Buffo trovarsi in una situazione dove per spiegarsi ci vuole una triplice traduzione: dal mio tibetano al tibetano della guida, che essendo di Lhasa non capisce i dialetti locali e deve ricorrere al cinese... A volte non basta nemmeno questo, e devono intervenire gli autisti d’origine Khampa!
Ho come l'impressione che in genere tra le gente laica viga un clima di tranquilla rassegnazione: questa regione fa parte della Cina da molto tempo! Prova ne è l'apertura della festa dei cavalli a Yushu: parata militare cinese all'inizio, parata militare alla fine; militari a piedi e militari a cavallo; carri con pubblicità cinesi. Ma i ritratti del Dalai Lama si ritrovano dovunque, qui non c'è bisogno di nasconderli!

Una curiosità: il Cordyceps sinensis
Passando in un piccolo villaggio in mezzo al nulla, ci fermiamo per una breve sosta. La gente locale ci invita a guardare le mercanzie nei negozi: qualche gioiello locale, alcuni articoli di artigianato tibetano, di scarsa qualità.
Un venditore ci prende da parte e apre un pacchetto di carta da giornale: dentro tiene una cosa che a prima vista sembra un'erba. Ci spiega che sono "vermi che d'estate diventano erba, oppure erba che d'inverno diventa verme". Una medicina eccellente, ci dice, ottima per la salute. Noi rimaniamo increduli e perplessi... Ma mentre aspettiamo la partenza dell'aereo da Xining, ecco che nel tax free shop ci sono scatole e scatole piene di questi "cordyceps". Si tratta di un "fungo-bruco": un fungo che con le sue spore infetta i bruchi invadendone il meccanismo fino a farli diventare vegetali.
I cinesi ne scoprirono le virtù terapeutiche molti secoli addietro, notando che le pecore che brucavano in zone di Cordyceps erano più forti e più sane.
Da sperimentazione risulta che il Cordyceps sinensis è una specie di panacea: procura energia, previene l'invecchiamento, rafforza il sistema immunitario e funziona come afrodisiaco per l'uomo. Oggigiorno questo "fungo-bruco" sembra il business per eccellenza della provincia del Qinghai: girando la carta d'imbarco mi accorgo che è addiritura reclamizzata sul retro. Mai più avremmo immaginato tali meraviglie lungo la strada in quel borgo!
Cosa non abbiamo scoperto, di passaggio nel Kham!

Kristin Blancke
Dharamshala, 16 agosto 2006

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