Arriba Mexico!

In tour tra le bellezze del Paese latinoamericano, con una puntata anche in Guatemala

 

Ciao, questo è il mio diario di viaggio del Messico e una piccola fuga a Tikal (Guatemala) spero di non essere stata prolissa. Il periodo del viaggio è dal 21/10 al 13/11/2005. Eravamo in due, io e Giorgio io mio fidanzato.

Come spostarsi

Non è un viaggio difficile da organizzare: con un po’ di pazienza si arriva ovunque.
La guida della Lonely Planet c’è stata come al solito molto utile.
Nei nostri viaggi in genere ci piace noleggiare un'auto, qua abbiamo rinunciato per vari motivi: le strade sono mal messe e mal segnalate specialmente nel Chiapas (piene di curve, topes, buche e mal illuminate), se succede qualcosa ho letto che in genere il messicano tende a tagliare la corda visto che se interviene la polizia ci può essere un arresto preventivo al fine di verificare di chi sia la colpa, il noleggio è costoso e gli spostamenti sono veramente lunghi, le distanze sono enormi ed è sconsigliato guidare di notte, oltretutto sconfinando qualche giorno in Guatemala avremmo avuto ulteriori problemi. Mentre l’autobus oltre ad avere una rete veramente estesa e efficiente ci ha permesso di spostarci anche di notte, senza perdere tempo e il tutto ad un costo molto contenuto.

Dove alloggiare

Per quanto riguarda gli alloggi avevamo prenotato solo le prime notti a Città del Messico per il resto reperire alloggi puliti e a buon mercato in uno dei posti dove siamo passati è stato semplicissimo sia arrivando di giorno che di notte (viaggiando in bus capita).

In cucina

L’incontro con la cucina messicana non è stato un granchè, ma ero partita preparata. In genere sono una buona forchetta ma se c’è una cosa che proprio non riesco a mandare giù sono i fagioli e il cibo piccante: ho rischiato di strozzarmi varie volte. Mi sono salvata a volte con la carne cotta alla brace specificando che non volevo alcun tipo di condimento piccante e al mare con il pesce (ho mangiato kg di squisiti camarones...).
Mangiavo volentieri “gringo” che a differenza delle tortillas non vengono fatte con farina di mais o grano duro ma con farina bianca.
L’unico posto dove posso dire di essere stata veramente da Dio è stato a Playa del Carmen, il ristorante “El Asadores” vicino la camera iperbarica, non citato dalle guide ma consigliato giustamente da altri turisti, ho mangiato della carne squisita.

Itinerario

Il nostro viaggio inizia a Città del Messico a 2200 metri, dopo un “interminabile“ volo Iberia: interminabile non tanto per la lunghezza del volo ma per essere capitati proprio nel sedile avanti un neonato messicano che per quasi tutto il volo ha strillato e scalciato nel mio sedile (il peggior volo in assoluto).
Quindi per usare un eufemismo, scendiamo dall’aereo non proprio freschissimi e ci dirigiamo verso la metro visto che il “mio tesoro” per arrivare all’hotel Metropol, alla “più che meritata” comodità dei taxi (economici) preferisce da subito assaporare l’ebbrezza della metropolitana. Naturalmente non ho dovuto aspettare a lungo prima di provarla: alla biglietteria l’impiegata si rifiuta di prendere 50 pesos (ritirati appena prima dallo sportello bancomat dell’aeroporto) per 2 biglietti, troppo grossi. Così, per fare più velocemente Giorgio torna da solo verso il terminal dell’aeroporto per cambiare i pesos e io mi prendo tutti i bagagli e l’aspetto lì appostata vicino ad un poliziotto. Non sono proprio tranquillissima visto che Mexico City ha un tasso di criminalità elevato e viene da molti sconsigliata per motivi di sicurezza, considerando poi anche l’ora tarda... Comunque cosa mi potrà mai succedere con un poliziotto a 5 metri? Niente, peccato che l’ambiente si anima un po’: non riesco a vedere cosa succede e l’ultimo mio desiderio è quello di andarci a dare una sbirciatina; il poliziotto viene chiamato al cellulare, tira fuori la pistola e parte di corsa con la pistola in bella vista. Io rimango lì a stramaledire Giorgio: ma non la potevamo vederla il giorno dopo la metrò? Poi tutto finisce lì: Giorgio torna dopo poco e ci prendiamo questa benedetta metrò senza più intoppi.
Comunque a parte questo episodio, tutto il tempo passato nella capitale non abbiamo mai avuto problemi né ci siamo sentiti in pericolo: abbiamo passeggiato la sera a ora tarda, abbiamo preso la metrò a tutte le ore, nessuno ci ha mai disturbato o importunato in qualche modo.
I momenti più belli a Mexico City l’ho vissuti nella sua piazza principale, Plaza de le Constitucion (il cosiddetto Zocalo è un termine con il quale vengono indicate le piazze principali di molte città messicane) e a Teotihuacàn alle Piramidi del Sole e della Luna.
Plaza de la Constitucion è tra le piazze più grandi al mondo ma oltre alla sua imponente bellezza estetica e alla sua gigantesca bandiera, quello che soprattutto mi ha colpito sono stati i personaggi che la animano: ho passato un pomeriggio bellissimo tra danzatori conchero che ballano vestiti con bellissimi costumi al ritmo di tamburi e sciamani adornati con copricapi piumati e bracciali di conchiglie oltre ad una serie di strani personaggi che non sono sfuggiti al mio obiettivo.
Gli sciamani comunque sono stati i nostri preferiti al punto tale che alla fine incuriositi ci siamo messi in fila con le altre persone del posto e abbiamo aspettato il nostro turno... Quello che riuscivamo a vedere è che dopo una scambio di parole lo sciamano iniziava una specie di danza intorno al “paziente di turno” soffiandogli e passando su tutto il corpo il fumo dell’incenso, poi non contento ci ripassava con un mazzo di verdure (del tipo prezzemolo lungo). Alla fine veniva data una pietra colorata e il “paziente” lasciava un’offerta. Questo strano rito “sembra” fosse destinato a togliere i vari mali non solo fisici ma anche i malocchi, l’invidia etc etc. Le file erano davvero lunghe ed erano composte esclusivamente da messicani, poi è arrivato anche il mio turno: lui non parlava inglese e io non parlavo spagnolo, anche se non è di difficile comprensione per un italiano: quello che ho capito tra una mezza giravolta che mi ha fatto fare, tra suoi saltelli vari, tra l’incenso e la verdura, è che fisicamente non ho mali ma dovrei essere più buona e aiutare gli altri per esempio facendo beneficenza; alla fine ha dato una pietrina viola anche a me, oggetto che attualmente è ben saldo alla mensola del mio salotto a testimonianza di bellissimi momenti vissuti. A Giorgio invece ha detto di mangiare miele e cioccolato che gli daranno forza e di guardare spesso il sole e la luna. Ci siamo divertiti un casino! Visto che il giorno dei morti si avvicinava (festa molto sentita dai messicani) la piazza era piena di disegni e composizioni fatti con i fiori.
Altra esperienza meravigliosa è stata vedere e soprattutto salire sulla Piramide del Sole e della Luna a Teotihuacàn (a 50 km dalla capitale), la più grande città antica del Messico. La Piramide del Sol è la terza piramide al mondo per grandezza, è alta circa 70 metri. Il sito è davvero spettacolare e imponente, dalla cime delle piramidi la vista è incredibile e da sola vale una fermata a Mexico City. Dall’ingresso del sito percorrendo la strada principale (Viale dei morti) alla Piramide del Sol ci sono circa 2 km (nel corso del quale il sole picchiava e mi sono guadagnata anche una bella scottatura!), ci abbiamo passato una giornata intera. In Messico è stato il sito che mi è piaciuto di più anche se la battaglia è dura visto che tra i concorrenti figurano anche Palenque e Chichen Itza.
Per tutte le tre sere in cui siamo rimasti a Mexico City, lungo il percorso di ritorno dal centro al nostro hotel sempre a sera tarda, abbiamo incontrato la stessa scena: un gruppo di mariachi vestiti di tutto punto con il loro tradizionale costume in mezzo ad una delle strade più trafficate giocavano con le auto come se fossero in una arena e loro fossero dei toreri: cercavano di frenare le auto, le quali si fermavano per non investirli e poi ripartivano velocemente suonando il clacson... in un’occasione vidi arrivare un’auto della polizia con il lampeggiante acceso e ci fu un fuggi fuggi generale.
Tutt’ora mi sfugge il significato di tale attività: certo è, che fosse stato un autostop sarebbe stato davvero originale e di sicuro sembravano divertirsi davvero tanto. Chissà che combinavano!

La seconda tappa è stata la città di Oaxaca, raggiunta verso le 5.30 del mattino con l’autobus ADO dopo circa sei ore di viaggio notturno.
Dopo esserci sistemati alla Posada Margherita (pulito ed economico) siamo andati a fare colazione in uno dei locali nella bella e caratteristica piazzetta principale, abbiamo ordinato la colazione “tipica di Oaxaca” come scritto sul menù il quale però non specificava cosa fosse, così alle 8 del mattino ci siamo visti arrivare un bel piatto con una mega fettina di carne con tanto di crema di fagioli, formaggio e sopra uno strato di cipolla. Credo che le nostre espressioni siano state così eloquenti e disperate da far morire dalle risate i componenti del tavolo vicino, tutti e tre messicani che si prendevano il “the all’inglese”... Naturalmente passata la fame ci siamo bevuti solo il the e non abbiamo ordinato altro; ma non finisce qua, mentre ce ne stavamo andando il cameriere ci corre dietro mettendoci fra le mani due scartoffi: eh si! Vedendo che non avevamo toccato cibo ha pensato bene (in buona fede) di incartarcelo e mettercelo da parte con la speranza che prima o poi ci sarebbe venuta fame... inutile a dire che i tre messicani dopo l’ennesima nostra sventura ormai erano proprio piegati dalle risate... La persecuzione dei fagioli!
Oaxaca è una cittadina coloniale molto carina e tranquilla: oltre alle varie piacevoli passeggiate che abbiamo fatto nei dintorni è una buona base per visitare Monte Alban, l’antica capitale Zapoteca, niente a che vedere con Teotihuacàn, ma tutto sommato vi abbiamo trascorso una bella mezza giornata, inoltre ci sono dei bei punti panoramici.
Ad Oaxaca nei pressi dell’Hotel Rivera (luogo in cui partono gli autobus per Monte Alban) abbiamo visitato una delle varie cioccolaterie e Mezcalerie presenti con tanto di assaggi. In particolare nella cioccolateria, in circa 50 mq c’era un’attività frenetica: le macchine che lavoravano i chicci di cacao, un bancone dove si vendevano molti tipi di cacao ottenuto dalle diverse fasi di lavorazioni, con tanto di gente locale che faceva la fila per comprarlo il tutto a suon di musica latina che più o meno riusciva a coprire il rumore delle macchine e in più un altro bancone per la degustazione dove ci stavo appollaiata io con un commesso che mi ha dato talmente tanto cioccolato da non riuscire a finirlo (il che è davvero strano...). Sono stati veramente gentili, mi hanno anche permesso di riprendere le macchine al lavoro e varie clienti si sono avvicinate per farci delle domande sull’Italia. Giorgio ha preferito gli assaggi della Mezcaleria al cioccolato.

La terza tappa è stata Puerto Escondido, abbiamo viaggiato sempre di notte e ci abbiamo impiegato 10 ore. Il posto è bello, la maggior parte dei turisti presenti (pochi) sono surfisti, le onde sono veramente alte, in varie spiagge è difficile oltre che pericoloso fare il bagno, la risacca è forte. Ci siamo sistemati da Dan e Carmen’s a Playa Zicatela, molto bello e pulito, i proprietari (canadesi) sono molto simpatici e ci hanno dato dei buoni consigli tra i quali il primo che mi viene in mente è stato quando la maledizione di Montezuma ha bussato alla nostra porta... prima di passare alla terapia aggressiva ho provato a cercare un limone in cucina: Carmen con un gran sorriso dopo avermene dato uno, mi ha messo in mano un bastone e mi ha portato in giardino davanti ad un albero di limè dicendomi sempre con un gran sorriso di essere la benvenuta in qualunque momento della giornata... La peggiore gufata della vacanza che per fortuna non ha avuto riscontro!
Principalmente siamo stati a Playa Zicatela, ci siamo divertiti, è un posto piacevole, abbiamo visto dei tramonti indimenticabili.

Quarta tappa: San Cristobal De Las Casas, 14 ore di autobus ci hanno distrutto, l’ultimo tratto in particolare sono 70 km di curve e topes e si sale a 2.160 metri. In genere non soffro di mal d’autobus: lì ho pensato di morire! La strada è brutta ma il paesaggio ripaga. Giorgio naturalmente ha dormito per tutto il viaggio ad eccezione del momento in cui dal portapacchi è caduto qualcosa precisamente sopra il suo piede che date le dimensioni sconfina sempre sul corridoio centrale... credo che pur non essendoci italiani nell’autobus nessuno dei presenti abbia avuto difficoltà a sentirlo e soprattutto a capire la sua imprecazione (tanto per usare un eufemismo).
Alloggiamo all’Hotel Plaza Central: economico e pulito.
S. Cristobal è al di sopra di ogni aspettativa: è semplicemente meravigliosa; è una cittadina coloniale ma è nettamente diversa da Oaxaca, non è paragonabile: è piena di indigeni vestiti con i costumi tradizionali e non sono ad uso turistico: lì tutti i giorni si vestono veramente così. Un abitante di S.Cristobal ci ha fatto notare che per mantenere le loro usanze e i loro costumi intatti (anche a fini turistici ma non solo), il Governo messicano versa loro degli aiuti in denaro. Il discorso venne fuori quando vedemmo delle file veramente lunghissime (si parla di centinaia di persone) “straripare” fuori dalle porte delle varie banche, così alla prima occasione utile all’interno di un negozio chiedemmo al commesso se questo fosse il giorno in cui venivano pagate le pensioni... la risposta fu che era “il giorno degli aiuti” e ci fece notare che non si trattava di una tantum ma dei veri e propri supporti mensili; dal tono in cui ci è stato detto abbiamo capito che tale signore non aveva molta simpatia per gli indigeni oltretutto quando gli abbiamo fatto notare che la gente non sembrava affatto irritata dalla situazione di attesa lui ci rispose seccamente che era ovvio, visto che tanto poc’altro dovevano fare a casa...
San Cristobal è piena di colore e di vita: ovunque donne e bambini che ti si avvicinano per venderti qualche oggettino artigianale: dai braccialetti e cinturine a coloratissime coperte. Acquisti qualcosa da un bambino e nel giro di 3 secondi ti ritrovi sommerso da decine di manine che cercano di attirare la tua attenzione: è difficile dire di no...
Nei colorati mercatini Giorgio si è dato alla pazza gioia con gli acquisti tanto che alla fine ci siamo dovuti comprare una sacca… Peggio dei figli!

L’esperienza più bella fatta nel Chiapas è stata la visita al villaggio San Juan Chamula, (siamo stati anche a Zinancanten ma dopo aver visto il primo, questo rimane poca cosa). Siamo andati accompagnati da una guida visto che non è molto sicuro andare da soli: sembra che gli abitanti del luogo pur essendo molto abituati al turista (infatti ne abbiamo incontrati molti) non sono molto socievoli e ci tengono a rimanere “distaccati” dal mondo esterno.
Innanzitutto abbiamo parcheggiato di fronte al cimitero che era stracolmo di fiori visto che la nostra visita è caduta proprio nel giorno dei morti, ma oltre ai fiori e alle pecore felici che correvano da una tomba all’altra abbuffandosi indisturbate, abbiamo notato anche molto cibo appoggiato sopra le tombe. Secondo la loro credenza i morti in questa giornata fanno visita ai loro cari e per l’occasione quest’ultimi gli fanno trovare il cibo che più gli piaceva quando erano in vita. Le croci sono colorate in base all’età al momento della morte: croci bianche per i bambini, nere per gli anziani e blu per gli altri.
La piazza di San Juan Chamula è interamente occupata da un mercato, c’è molto movimento, qui ho potuto ammirare i visi più belli e più particolari di tutta la mia vacanza per non parlare poi dei costumi… La maggior parte degli uomini indossa un giaccone di lana di pecora e un cappello chiaro, molte donne hanno delle trecce lunghissime fermate con lacci colorati. La guida mi ha detto che posso fotografare ciò che voglio al di fuori dell’interno della Chiesa (dove è assolutamente vietato e si rischia davvero il linciaggio...) ma come tiro fuori la fotocamera vedo che mi lanciano delle brutte occhiatacce, un po’ mi intimoriscono ma non mi hanno certo scoraggiato: mi metto seduta in un angolino e al momento opportuno senza disturbare e dare nell’occhio mi porto a casa dei bei momenti.
L’entrata nella Chiesa è stata veramente emozionante: sebbene prima di partire ci eravamo ben documentati, niente ti può preparare e rendere l’idea di quel luogo. Innanzitutto c’è un fortissimo odore d’incenso e il suo fumo è sparso per tutta la Chiesa, ovunque candele accese, il pavimento è interamente ricoperto da aghi di pino, c’è gente da tutte le parti: gente che è seduta per terra, che dorme, che suona, che beve, che cammina, una signora sta torturando un povero pollo vivo passandolo più volte sopra la fiamma di una candela; la guida ci dice che probabilmente la signora sente di essere invidiata e con questo rito cerca di tenersi lontana l’invidia. La musica ripete sempre la stessa cantilena tanto che me la sentirò nell’orecchio per tutto il giorno. C’è una notevole quantità di bottigliette d’acqua gassata, coca cola e birra e tutti se le scolano, dagli adulti ai bambini, il risultato sono una serie di rutti e di altri rumori di diversa origine che “spettinano”... la guida mi dice “senti gli spiriti maligni che scappano via?... ”ti credo che scappano! La Chiesa è cattolica ma sconsacrata e vi vengono fatti continuamente dei riti tutt’altro che cattolici, la gente del villaggio passa una notevole quantità di tempo all’interno della Chiesa.
In Messico la poligamia non è consentita ma a San Juan Chamula sì, nel senso che lì i matrimoni non sono soggetti a registrazione quindi è difficile dimostrare la poligamia anche se di fatto è la regola. I matrimoni avvengono tra abitanti del villaggio: non ci si mischia con abitanti di altri villaggi in tal modo si tiene anche sotto controllo il diffondersi di malattie esterne; si è tutti in qualche modo imparentati. I bambini non vanno a scuola, è la vita che insegna loro a vivere.

Le tappe successive in Chiapas sono state: il Canon di Sumidero, le cascate di Agua Azul, Misol-Ha e Palenque prima di spostarci in Guatemala alla volta di Tikal. Con rammarico abbiamo dovuto rinunciare alla laguna di Montebello visto il poco tempo a disposizione, anche se, potessi tornare indietro…
Il Canon di Sumidero lo si visita via fiume in lancia e il punto di approdo è Chapa de Corzo: aspettano che la barca si riempia, ti fanno indossare un giubbetto di salvataggio e poi ti portano a fare un giro con una guida che ti racconta l’origine e la fauna presente. Il paesaggio è molto bello, abbiamo avvistato anche un coccodrillo che prendeva il sole sopra una roccia: sembrava impagliato tanto era immobile. Ci sono delle pareti con molti cactus. Dopo pranzo ci rilassiamo a Chiapa de Corzo tutta addobbata a festa e facciamo una visita al mercato locale.

Per le cascate e Palenque, invece di spostarci con l’autobus abbiamo acquistato presso la piccola ma efficiente agenzia viaggi all’interno del nostro Hotel Plaza Central un comodo servizio di trasporto di sola andata su minibus con destinazione finale in serata a Palenque City (base per raggiungere Tikal). Quindi di buon mattino abbiamo caricato i bagagli e abbiamo definitivamente salutato la nostra San Cristobal.
Sul minibus c’erano altri 6 turisti (francesi e tedeschi), l’autista (per modo di dire) ha guidato in maniera criminale: sono stata tutto il tempo a mani giunte… Siamo scesi a tempo di record e ci ha accompagnato agli ingressi delle cascate e di Palenque, lasciandoci tutto il tempo necessario per visitarle per conto nostro. Carine le cascate, in particolare Agua Azul che nonostante il periodo era azul e non marrone come mi aspettavo. Palenque è molto bella, immersa nella foresta tropicale ed è stato molto piacevole passeggiarci, si estende oltre 15 kmq ma oltre al nucleo centrale poco altro è stato portato alla luce e ripulito. Nel finale ci siamo beccati un acquazzone da guiness che oltre a infradiciarci ci ha costretto a tornare di corsa nel minibus. Ultima fermata Palenque City, dove siamo scesi verso le 19 di sera sotto il diluvio. Lasciati i bagagli siamo andati di corsa nell’ufficio turistico per prenotare il viaggio che l’indomani ci avrebbe condotto sino a Flores, il loro supporto non è stato così sostanziale visto che si sono limitati ad indicarci la direzione dell’agenzia di viaggio vicina.

La mattina alle 5 ci passa a prendere un minibus, vi sono giusto due posti liberi, gli altri occupanti sono tutti locali che scenderanno via via nei villaggi prima di attraversare la frontiera. Sarà un viaggio scomodo, lungo visto che arriveremo a Flores solo per cena ma che ci ha regalato dei momenti molto intensi.
Il minibus ci scende a Frontera Corazal da lì facciamo un tratto con la lancia dalla sponda messicana del Rio Usumacinta e scendiamo sulla sponda guatemalteca dove sprofondiamo nel fango: un gentile guatemalteco mi tende una mano e mi aiuta, oltre a prendermi il bagaglio, dei maiali ci vengono incontro festanti. Troviamo già un bus ad aspettarci ma ci dicono che partirà solo quando sarà pieno e noi siamo solo in due… Forse fra un’oretta ci dicono. Non capisco se è un bus privato o servizio pubblico. Ci armiamo di pazienza ed aspettiamo nel cortile di una casa: lì vive una famiglia, possiamo riposare sulle loro amache, se vogliamo possiamo anche mangiare. Ho bisogno di fare pipi: mi chiedono 2 pesos per poter usare il bagno, naturalmente ho una banconota da 20 e loro naturalmente non ci danno il resto neanche di 10, ci stanno almeno 5 persone adulte e non fanno neppure il gesto di cercarli nelle tasche, mi fanno intendere che se voglio andare in bagno glieli devo lasciare, la cosa mi irrita, così senza altre storie gli dico che userò la boscaglia lungo il fiume, loro fanno spallucce, Giorgio già se la ride! Naturalmente per avere un po’ di privacy dovrò richiedere la sua cooperazione visto che i maiali tutt’altro che timidi non mi danno pace! E sempre nell’attesa come dimenticarsi dei tacchini “inquieti”? Noi ci dondoliamo nelle amache e ogni tanto te li vedi capitare vicino e gonfiarsi emettendo dei suoni come quando si tendono le corde di chitarra.
L’attesa non è stata breve ma non possiamo dire di non esserci divertiti… c’è molto movimento intorno a noi. Arrivano molti turisti, non gruppi organizzati, si caricano tutti i bagagli sopra l’autobus e finalmente si parte. Durante il tragitto, rigorosamente in strada bianca, l’autista si ferma per far attraversare un pitone, che spettacolo!
Arriviamo alla frontiera, ci fanno tirar giù tutti i bagagli, il bus riparte e ci aspetta 100 metri più avanti, noi sbrighiamo le formalità doganali e cambiamo qualche $. Dopodiché senza controllare o aprire alcuna valigia ce le fanno ricaricare sopra il bus: chissà per cosa ce le hanno fatte scendere? Ripartiamo e nel bus inizia a passare un ragazzo locale che chiede a tutti se hanno già un alloggio in Flores: chi già ha prenotato verrà sceso nei pressi di tali alloggi, invece a chi come noi non ha prenotato niente viene proposto di vedere delle camere nuove e a buon mercato nel centro; accettiamo di vederlo visto che non ci costa niente, siamo una decina. L’alloggio si rivela veramente ottimo: carino, lindo ed economico e ci sistemiamo immediatamente in massa; purtroppo mi sono dimenticata di annotarne il nome e non era segnalato dalle guide.
Visto il successo ottenuto il ragazzo ci propone di accompagnarci il giorno seguente a Tikal e di goderci l’alba da lì, facendoci notare che a Tikal di regola non si può entrare prima delle 7 del mattino e lui volendo può ottenere un permesso speciale... siamo un attimo titubanti, potrebbe essere la cosiddetta “sola” visto che è la prima campana che sentiamo, certo è che la proposta è molto allettante, oltretutto il prezzo è buono e vista l’ora non sappiamo se troveremo agenzie aperte, così senza pensarci troppo accettiamo, anche gli altri fanno lo stesso. Così il ragazzo riscuote i soldi e se ne va con la promessa di passarci a prendere alle 4 del mattino davanti all’alloggio. Quando l’abbiamo visto partire credo che tutti ci siamo fatti la stessa domanda: lo rivedremo? Ebbene sì! Puntualissimo con un pulmino e un autista. E’ stata un’esperienza unica!
Il viaggio per arrivare a Tikal è stato molto inquietante: sembrava di viaggiare in mezzo al niente: era buio pesto, non c’era nessun altro veicolo in giro, le strade non illuminate, l’unica altra forma di vita che abbiamo visto grazie ai fari del pulmino erano i cani. Vediamo una volante della polizia nell’altro senso di marcia che dopo averci incrociato rigira e ci viene dietro, il nostro autista si ferma, scende con il nostro accompagnatore e va a parlare con i poliziotti, uno dei quali mette la testa dentro il pulmino e ci punta la torcia uno ad uno ma non ci chiede niente, poi riscende, scambia alcune parole con il nostro autista e se ne va... e tutti tiriamo un bel sospiro di sollievo! Nel momento in cui abbiamo incrociato la polizia tutti abbiamo fatto commenti chi ad alta voce chi bisbigliando ma comunque in tono leggero e scherzoso: dopo tutte le storie metropolitane che girano sui poliziotti corrotti e sulle piccole tangenti pagate per evitare guai più grossi, sta a vedere che è arrivato il momento di mettere mano al portafogli?! Poi quando ce li siamo ritrovati dietro col lampeggiante acceso e il nostro autista ha fermato il mezzo senza alcun commento: lì è calato un silenzio di tomba per non parlare di quando il poliziotto si è affacciato dentro.
Arriviamo all’ingresso del parco quando è ancora buio pesto: ci attende una guida che ci dà subito secche istruzioni: di metterci in fila, di chiudere il becco e di camminare velocemente, lui starà a capo della fila con una torcia; ci impiegheremo circa mezz’ora e cammineremo nella jungla più totale senza vedere dove mettiamo i piedi. La camminata è stata incredibile: non riuscivamo a vedere niente, cercavamo di stare al passo con la coppia avanti a noi e di seguire la limitata luce della pila; tutto quello che ci circondava in quel momento per quanto io possa sforzarmi di raccontarlo non riuscirò mai a rendere l’idea a chi non c’era e non ha vissuto quel momento: una camminata di notte in mezzo alla jungla con tutti quei suoni, quei richiami di animali, quelle radici degli alberi che c’impedivano di camminare bene e non vedendole puntualmente inciampavamo, la vegetazione che sembrava in qualche modo frenarti quanto era fitta, nessuno proferiva parola e poi l’incanto arrivati presso un tempio di discreta altezza saliamo sui gradini e aspettiamo l’alba vedendola arrivare piano piano col sottofondo dei richiami degli animali e in particolar modo delle scimmie urlatrici che più che richiami di una scimmie sembravano essere un richiamo di giaguari tanto era forte.
Siamo rimasti fermi appollaiati sui gradini per un’oretta buona, ci siamo goduti il risveglio di Tikal fino in fondo dopo di che la guida si è offerta di farci fare un giro all’interno del parco, naturalmente nessuno si è dissociato. Tikal è il centro di una delle più importanti civiltà maya del passato, fu abbandonata circa 1000 anni fa ma non fu mai scoperto cosa lo causò. Il parco archeologico attuale è di circa 1000 kmq, ma soltanto i 20 kmq del centro sono stati accuratamente cartografati; in tale "centro" sono stati identificati più di tremila edifici: templi, palazzi, residenze, santuari e centinaia di monumenti di pietra, in particolare le famose "stele" che sono state usate per decifrare l'alfabeto Maya.
La notevole estensione in tutte le direzioni ha portato vari archeologi ad ipotizzare che Tikal fosse una metropoli delle dimensioni dell'antica Roma, se non più grande. Bellissima la Grande Plaza, nonchè il tempio delle Maschere, del Giaguaro, ma ce ne sono così tanti... Dalla cima dei templi c’è una vista fantastica sulla jungla, nonostante l’altezza dove ti giri vedi solo ed esclusivamente jungla. La vegetazione è fantastica, ci sono degli alberi con delle radici enormi che escono dal terreno, vediamo vari tipi di uccelli, i tucani, i pavoni, le scimmie urlatrici che si rincorrono da un albero all’altro facendo un gran casino, e poi la guida che ci racconta di come fosse la vita là un tempo; dicono che attorno a Tikal abbondano i giaguari e persino i puma, ma sembra che non attacchino l'uomo. Ci ha anche spiegato che tutti quei grossi vermi che vediamo per terra sono molto rinomati nella cucina guatemalteca e ipotizza che probabilmente qualcuno di noi li ha già assaggiati senza rendersene conto; per fortuna la sera prima mi sembra di aver mangiato pesce del lago, non me l’avranno grattato sopra al posto del limone... chissà invece la zuppettina di Giorgio cosa nascondeva!
Dopodichè ci ha lasciato là a passeggiare da soli specificando che potevamo rimanere finchè ne avessimo avuto voglia visto che avevamo un tipo di biglietto che ci permetteva di tornare a Flores con un qualsiasi autobus disponibile trovato all’uscita, e così è stato.
Abbiamo trascorso la giornata più emozionante dell’intera nostra vacanza, non che le altre siano state noiose o brutte ma Tikal è andata oltre. Parte fondamentale di questa emozione sicuramente è data dal momento e dal modo in cui è stata svolta la visita: probabilmente la stessa visita fatta non all’alba ma in un altro momento della giornata senza tutto il contorno che c’è stato sarebbe sicuramente stata ugualmente bella ma non così emozionante. Unico neo: le zanzare; la guida stessa ci ha detto che quella è una zona malarica e le zanzare ce ne stanno davvero tante specialmente quando ci siamo allontanati dalla Piazza Grande per scovare qualche tempio più nascosto, lì ce ne stavano davvero tante: un repellente è davvero necessario.

Il giorno successivo nel primissimo mattino abbiamo ripreso un autobus e siamo partiti in direzione del mare: comunque per rientrare in Messico a Chetumal si passa per il Belize: inizialmente nel nostro primo itinerario preparato dall’Italia avevamo previsto di fermarci qualche giorno a Tulum per poi spostarci a Cozumel e fare qualche immersione ma l’uragano Wilma che passò nel momento in cui stavamo a Mexico City ha modificato i nostri programmi: saltiamo Cozumel, facciamo immersioni a Cayo Caulkner in Belize e poi rientriamo in Messico e ce ne andiamo a Tulum che non sembrava aver subito danni, ma neanche questo itinerario ha avuto fortuna visto che per tutta la settimana le previsioni del tempo per Cayo Caulkner erano brutte, in effetti quando siamo passati in autobus a Belize City diluviava... perciò abbiamo deciso di saltare Cayo Caulkner e di andare direttamente a Tulum.
Così è stato, nel tardo pomeriggio rientriamo in Messico da Chetumal, nell’autobus siamo rimasti in sei turisti, passato il controllo doganale un autista di un altro bus sale nel nostro e ci chiede dove siamo diretti, quando apprende che andiamo tutti a Tulum si propone di farci salire sul suo autobus che parte fra un quarto d’ora e ce lo indica, l’alternativa è di aspettare un'ora e di prendere “quelli soliti”... Non ci facciamo pregare, abbiamo voglia di arrivare a Tulum: è tutto il giorno che viaggiamo! Prendiamo i nostri bagagli e li carichiamo nel nuovo bus dopo avergli pagato il biglietto: nell’autobus non ci sono persone presenti ma la maggioranza dei posti sembra essere occupati da oggetti.
Tempo mezz’ora (e non un quarto d’ora) e il bus si riempie di messicani che non sembrano così felici di trovarci là, anzi: ci fanno alzare e cambiare posto varie volte visto che qualunque posto occupiamo sembra essere stato prima occupato da qualcun altro di loro... sento le prime imprecazioni in tedesco e in ceco da parte degli altri quattro ragazzi che hanno fatto il viaggio con noi da Tikal; secondo quei messicani noi non dovremmo stare lì dentro (anche se abbiamo pagato il biglietto, pur non avendolo materialmente, dato che l’autista si è intascato i soldi senza staccarci il biglietto), ci dicono che la loro è una gita privata, è un viaggio religioso e noi non c’entriamo niente!
L’autista rimane muto come un pesce e noi rinunciamo a dare spiegazioni, siamo stanchi. Giorgio è un paio di sedili aventi a me. Dopo poco il malumore passa e inizia l’opera di conversione da parte di una signora di fianco a me: ha una gran voglia di chiacchierare di Dio e della Chiesa e di spiegarmi. Giorgio invece vorrebbe vedere il film che trasmettono ma viene coinvolto dalle vicine di posto, il clima si anima: ogni tanto mi lancia sguardi disperati. Gli arriva anche un panino in fronte: una signora sedute tra i primi posti sbaglia decisamente lancio provocando risate generali. Vedo istinti omicidi riflessi nei suoi occhi… Prima ci volevano lasciare per strada sotto il temporale poi non ci mollano per un momento: situazione tutta da ridere se non fosse per la stanchezza!
Scendiamo a Tulum City a sera inoltrata, il tempo non è benevolo e continua a piovere.
I tre giorni passati a Tulum siamo stati bene, peccato il tempo non proprio benevolo, ci dicono sia la coda dell’uragano, al mattino tutto sommato anche se un po’ nuvoloso si stava bene il pomeriggio in genere peggiorava.
Molto bella Playa Paraiso anche se le palme sono un po’ spelacchiate a causa dell’uragano. Comunque ci siamo trovati in spiagge bellissime deserte o comunque con pochissimi turisti. Il mare ha dei colori incredibili, specialmente quando il cielo si riempie di nuvole e i raggi del sole riescono in qualche modo a filtrare, il contrasto è molto forte. I colori sono così intensi e forti che riguardando da casa le foto sembrano essere state modificate con Photoshop.

Ci facciamo una immersione nel Gran Cenote: un posto meraviglioso, oltretutto è la nostra prima immersione in grotta e non siamo proprio tranquillissimi visto che nella peggiore delle ipotesi nelle immersioni in mare si risale, lì se risali prendi una capocciata sulle stalattiti. Lo Yucatan è caratterizzato da una rete capillare di fiumi e canali sotterranei e le aperture che portano in superficie prendono il nome di cenotes. Quello scelto da noi è composto da molte caverne ed molto luminoso per la luce che entra da zone diverse, ti trovi a passare fra stalattiti e stalagmiti, mi ricordo delle bellissime pareti bianche e pochi pesciolini che ti nuotano intorno. Quando poi i raggi del sole riescono a filtrare e illuminano quelle meravigliose formazioni si crea un’atmosfera irreale. Assolutamente da non perdere.

Visitiamo il sito di Chichen Itza con la sua piramide più fotografata di tutto il Messico: è molto ben tenuta ed è piena di turisti e di venditori. Naturalmente prendiamo un bell’acquazzone anche là, rimanendo bloccati in cima per un’oretta, ma ci godiamo di più il momento visto che tutti i turisti spariscono e noi rimaniamo da soli in cima a goderci in pace quello strepitoso panorama che si gode da lassù con la pioggia che scende fitta sulla foresta. Si stava proprio bene…

Ci spostiamo verso Mahaual per fare un paio di immersioni, Cozumel e Isla Mujeres almeno per il momento sembrano essere off-limits: l’uragano là ha fatto davvero dei grossi danni; sembra che manchino acqua potabile e energia elettrica e i traghetti giustamente sono fermi.
Mahaual è un grazioso paesino attraversato da una strada di sabbia battuta; prima di partire avevo letto che veniva definito come un posto “fuori dal mondo” ancora lontano dal turismo di massa come Tulum o Playa, dove molti andavano per ritrovare se stessi, per stare in pace. Se le persone che hanno scritto questo tornassero a Mahaual ora, in una giornata da crociera avrebbero serie difficoltà a ritrovarsi...
Forse l’idea del luogo fuori dal mondo la dava qualche tempo fa, prima che ci attraccassero le grandi navi da crociera. Un pontile è perfettamente operante ed il secondo è in costruzione. Dopo la prima giornata ne è arrivata una e il paesino è stato completamente invaso, altro che Playa del Carmen!. Forse erano più numerosi gli ospiti della nave che gli abitanti; c’era una fila di taxi gialli che stonava sia con il carattere del paesino che un tempo doveva essere stato di pescatori, sia con la dimensione dello stesso: tutto ciò per non fare affaticare gli ospiti delle crociere con una camminata di un quarto d’ora dal paesino al ponticello di attracco... il paesino si era trasformato in una bancarella.
Il mare pur avendo dei bei colori non è paragonabile a quello visto a Tulum e le spiagge almeno quelle là intorno non sono così belle oltre ad essere molto piccine.
Comunque a parte questo lo snorkeling e in particolare le immersioni con il Blue Ha Diving Center sono state ottime, da questo punto di vista Mahaual offre molto. Il Diving che ho citato oltre ad essere molto professionale ha uno staff davvero simpatico e accorto a quelle che sono state le nostre esigenze. Indimenticabile è stato l’incontro con le mante che ci sono passate di fianco e poi sparite nel giro di pochi secondi: una emozione incredibile.

Ultimi due giorni... ci avviciniamo all’aeroporto e ci spostiamo a Playa del Carmen, non è il tipo di posto per il quale impazzisco, tutt’altro ma tutto sommato siamo stati bene anche là. Abbiamo alloggiato al Posada Barrio Latino, le camere sono molto ben tenute e carine, all’ingresso un cartello ci dice “E’ vietatissimo dar da mangiare ai cani!” Dopodiché mi vedo arrivare due vitelli che in condizioni normali dovrebbero essere stati un labrador e un cocker… sono affettuosissimi.
Il proprietario è italiano, ci dice che durante l’uragano dopo aver inchiodato le finestre è rimasto chiuso dentro per giorni senza luce, ma tutto sommato lì non ha fatto tanti danni come sulle isole e a Cancun (dove addirittura ci dice che sono stati avvistati anche coccodrilli tra le acque che hanno invaso la città.) anche se nei giornali italiani sembrava che l’uragano avesse spazzato via buona parte della costa messicana: è stata una esagerazione mediatica che in molti casi ha fatto più danni dell’uragano: è vero che le palme erano senza “pennacchi” e alcuni bungalow sulla spiaggia sono stati distrutti (anche perché l’uragano è arrivato da lì) ma per quello che abbiamo visto non c’era questa distruzione di costa raccontata dai media, anzi al contrario… a due settimane dall’uragano c’era qualche ristrutturazione in corso ma niente di più, i ristorante e gli alberghi erano normalmente funzionanti la spiaggia era a posto. L’uragano ha interessato seriamente punti precisi e non l’intera costa messicana.
Anche i locali lamentavano il fatto: i turisti vedendo i telegiornali avevano cambiato destinazione e abbandonato Playa del Carmen senza essercene motivo, i villaggi italiani erano vuoti.
Passiamo due giorni di relax fra bagni in un mare stupendo, spiagge ampie, pochissimi turisti e sole in quantità. Dopodiché decolliamo da Cancun con destinazione finale Roma facendo scalo a Mexico City dove abbiamo avuto la fortuna di fotografare oltre che la città dall’alto anche il Popocatepl (il vulcano attivo più alto del Messico).

E’ stato un viaggio indimenticabile e meraviglioso con tanti fuoriprogramma, sicuramente ha superato di molto le aspettative già considerevoli della partenza.

 

Un commento in “Arriba Mexico!
  1. Avatar commento
    SILVIA
    11/07/2008 14:38

    Veramente complimenti! ma con il "fai da te" in questi posti non è pericoloso? inoltre qual'è il periodo migliore x andarci?, inizi di ottobre va bene? Grazie.

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