A gennaio bruciano le "farchie" di Fara Filiorum Petri

In un bel centro storico in provincia di Chieti, la devozione a Sant’Antonio si esprime in una celebrazione di grande partecipazione popolare

Situata in provincia di Chieti, Fara Filiorum Petri sorge su un promontorio delimitato dal Foro e dagli affluenti Vesola S.Angelo e S.Martino, posto all'interno della Valle del Foro tra le colline di Casacanditella e i Colli faresi. La posizione arroccata è una chiara conseguenza del carattere strategico-militare che il nucleo altomedievale (la "fara" primitiva), aveva nel territorio: il villaggio oltre ad essere protetto dalle ripide pendici dell'altura, era anche circondato dal Foro e dalla Vesola, le cui acque ed i letti erano più protettivi di qualsiasi fossato.
Il territorio si estende nella zona di transizione tra le falde della Maiella ed la dorsale collinare preappenninico. Si compone quindi di una zona a carattere pedemontano ed una zona collinare argillosa; in quest'ultima è più diffusa la coltivazione degli olivi ed alberi fruttiferi.
Le strade di terra battuta ancora presenti nel territorio sono memoria di precedenti sistemazioni agrarie (sec. XV-XVIII). Soprattutto via Madonna si caratterizza per i lunghi filari di querce. Il territorio comunale è anche attraversato dal Tratturo Centurelle-Fontesecco.

A gennaio Sant'Antonio viene festeggiato con le "farchie". E' una festa dove sono evidenti gli influssi dei riti carnevaleschi mentre si lasciano quelli natalizi; il carattere di transizione è evidente nella mescolanza di usanze tardo natalizie, come quella inerenti i cibi (crespelle, cauciune, serpentone) mentre il brio e l'allegria di gruppo sembra preludere al Carnevale. Tra gli aspetti rituali più interessanti di questa festa si distinguono le tradizioni melodiche teatrali come i canti e le sacre rappresentazioni; queste ultime, che derivano probabilmente dalle commedie dei santi di origine spagnola del tardo Rinascimento, raccontano in forma melodrammatica le vicende di Sant'Antonio nel deserto". (Gandolfi)
E' tradizione che la festa delle farchie sia stata originata da un miracolo per intercessione di S.Antonio al tempo dell'invasione francese del 1799, quando Fara era protetta da un grande querceto. Venendo da Bucchianico verso Guardiagrele i Francesi volevano occupare Fara ma l'apparizione di S.Antonio nelle vesti di un generale li fermò. Il santo intimò alle truppe di non oltrepassare la selva ed al loro diniego trasformò gli alberi in immense fiamme che scompigliarono i soldati.

Le farchie sono dei fasci cilindrici di canne legati con rami di salice rosso aventi generalmente un diametro di cm 70-100 ed una lunghezza di mt. 7-9. Di solito sono preparate dalle contrade Colli, Madonna, Mandrone, Forma, Vicenne, Fara Centro, Crepacci, Campo Lungo, Colle Anzolino, Via S.Antonio o Colle San Donato, Sant'Eufemia, Giardino e Pagnotto, per essere portate in processione il pomeriggio dei giorno 16 gennaio dalle rispettive contrade sino al Largo antistante la chiesa di S.Antonio Abate, per essere innalzate ed incendiate.
Il giorno 16 gennaio dalle contrade partono trattori decorati con sopra le farchie. E norma che i cortei prima di iniziare il viaggio recitino litanie. Un suonatore di "trevucette" si mette a cavallo della farchia mentre un tamburino si mette a capo del corteo. I contradaioli scaricano la farchia poggiandola sul suolo e quindi, al comando di un uomo chiamato "capofarchia" la innalzano in piedi. Quando tutte le farchie sono alzate si dà inizio all'incendio. Alcuni mortaretti incendiano la sommità come una grande torcia. Esiste la competizione tra le contrade: vince chi, dopo aver dimostrato maestria e perfezione, incendia per ultimo la farchia.
A detta dei partecipanti la perfezione tecnica della farchia viene alla luce solo dopo che è innalzata: la verticalità, il giusto allineamento dei nodi, la corretta sistemazione delle canne per evitare rigonfiamenti o torsioni, sono i requisiti principali di giusta maestria, messi in relazione con le dimensioni metriche.

La festa è organizzata da un comitato spontaneo che trova i principali sostenitori nelle contrade e che provvede alla questua necessaria per sostenere le spese dei fuochi d'artificio e la Banda musicale.
La preparazione delle farchie comunque, pur essendo prerogativa dei contradaioli, per consuetudine viene svolta di anno in anno presso le stesse famiglie.
Subito dopo Natale i contradaioli si organizzano per questuare e raccogliere le canne. Esiste rivalità tra le contrade perchè i rispettivi rappresentanti usano sottrarsi furtivamente le canne, perciò quelle raccolte spesso vengono conservate in ambienti chiusi, anche per preservarle dall'umidità.

Di solito il 13 gennaio inizia la preparazione delle farchie in ogni contrada.
Il 16 gennaio alle ore 13,30 alle varie contrade le farchie sono portate davanti la chiesa di S.Antonio. All'imbrunire si incendiano.
Il 17 gennaio durante la Messa ha luogo la benedizione del fuoco e del pane di S.Antonio.
I pani di S.Antonio si preparano il giorno 16 ed il 17 vengono benedetti davanti la chiesa di S.Antonio. Il comitato fa cuocere circa 400 o 500 "rosette" che poi distribuisce a tutte le famiglie del paese.
Si usa mangiare questo pane per devozione, ed una porzione la si fa mangiare agli animali domestici per preservarli dai malanni.

L'origine etimologica di "farchia" potrebbe essere ravvisata in "fòrchia" che tuttora nel dialetto di Palena (CH) significa caprile dal latino fùrcula da cui farchja in relazione alle canne intrecciate che delimitano il caprile nella stalla; oppure da "farchjié", canna palustre con cui si impagliavano le sedie o si bruciavano le setole del maiale. In abruzzese comunque "farchie" indica anche una fiaccola di canne oppure legna intrecciata a mo' di falò che si brucia la notte di Natale o nella festa patronale. Di conseguenza la parola indica anche l'asta di legno che sostiene il falò bruciato davanti alle chiese la notte di Natale.
La tradizione liturgica in onore di S.Antonio Abate si avvale di preghiere (mattutine e vespertine) recitate per il triduo o novena e di un responsorio. Parlando del responsorio di Fara, lo storico Lupinetti afferma: "ci sembra uno dei più antichi e originali, per quanto l'inizio richiami subito il 'Si quaeris miracula' e può far pensare a una imitazione".

Per informazioni:
Il Comune di Fara Filiorum Petri
Tel.: 087170112 - 087170197
E-mail: comune@comunefarafiliorumpetri.it

Per il testo e la foto si ringrazia http://www.comunefarafiliorumpetri.it/farchie77.htm

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