Ad Astypalea arrestato un giovane austriaco di 21 anni perchè vendeva frutta senza le autorizzazioni delle autorità competenti.
Poi dicono che in Grecia non si rispettano le leggi.
Ad Astypalea arrestato un giovane austriaco di 21 anni perchè vendeva frutta senza le autorizzazioni delle autorità competenti.
Poi dicono che in Grecia non si rispettano le leggi.
Non c'è. Di solito ti "traducono" nel capoluogo della Regione, in questo caso Dodecanneso, quindi, probabilmente a Rodi.
Nel caso succeda nelle Cicladi, puoi annunciare ai tuoi cari di portarti le arance a Syros
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Cmq meglio stare accorti. La mia paranoia principale è esser fermato e che mi facciano il controllo dell'alcol, magari mi fan rogne per un quartino di vino o una mythos. Vero che quando vado in ferie io (fine settembre) i controlli son molto rari, rispetto alla stagione piena. Poi in Grecia non li ho mai visto con l'aggeggio x l'alcol, in Spagna si.
Più che di essere fermato per un controllo, devi stare attento se guidi un mezzo a noleggio e provochi un incidente, perché per molti noleggi questo è sufficiente per far decadere l'assicurazione.
Sullo stare accorti, concordo. Le regole in un paese straniero possono essere diverse dalle nostre ed il fatto che i locali le ignorino beatamente non garantisce che ai turisti venga riservato lo stesso trattamento.
Io mi ricordo quando (anni '70, riviera adriatica) il vigile multava solo le macchine in divieto di sosta con la targa straniera o delle altre province.
Ad esempio in Spagna, paese che ha vissuto una lunga stagione di terrorismo, fino a non molto tempo fa (ultimamente mi sembra che abbiano modificato, ma non ne sono sicuro) la legge antiterrorismo permetteva alla polizia di arrestare una persona con l'accusa di terrorismo e mantenerla in carcere per un tempo indefinito in attesa di giudizio. Alle Canarie qualche anno fa ho sentito con le mie orecchie un poliziotto minacciare in tal senso un turista che aveva piantato una discussione pretendendo di riscrivere il codice della strada in senso a lui più favorevole.
Le opinioni altrui sono come i pareri sulle mutande.
Puoi sentirne quanti ne vuoi, ma è quando ci infili dentro le chiappe che scopri se ti vanno bene o no.
"Questo non è il resoconto di un solo viaggio, bensì la summa delle emozioni di sette estati nel Dodecaneso. Lo scrissi un 21 di giugno.
Oggi è estate. E’ tempo di recuperare i sogni.
C’è la Grecia e c’è “LA GRECIA”.
La prima è quella santorinizzàta e mykonòtica. Un ferragosto infinito di tappeti umani su lettini di plastica in file a perdita d’occhio: immenso ordinato cimitero alleato da sbarco in Normandia. Sotto ombrelloni che sgomitano di stecca al primo alito di meltèmi, sofferenti di accatastamento da iperprofitto altostagiònico. Mandrie transumanti nordeuropee sciamano da traghetti improbabili e barcollanti. Muniti, of course, di berretto da baseball ciabatta e canotta, caracollano violacei ustionati e sudati, bramosi di videocamerodigitalizzàre per sempre ciò che, invece, non sanno intuire neppure per un istante: che la Grecia non è una cupola blu un vulcano ch’è esploso una bianca casetta e una nera vecchietta.
Non è un villaggio Valtùr di animatori e bandàne, e sambe serali a trenino che non c’entrano un ca@@o.
Non è la plètora di pub inglesissimi, fastfùddi cinesi e sfattospaghetti “bolognaise” col ketchup.
E non è neppure, non può esserlo, il pitòne ubriaco e compatto che si snoda la notte nelle stradine, alla ricerca di prede arrendevoli estive e musica techno-pumphouse al Kataramènekristè DiscoBar, il cui nome, tradotto, approssimativamente significa “Se avevi i timpani sani, te li puoi anche scordare”.
Fatti strafatti e misfatti di cocktails esotici e caliente movìda, parola che in greco non significa nulla.
Non è questa LA GRECIA. Lo giuro.
Io la mia l’ho scoperta per caso, guardando lontano sul mare e coi piedi in Turchia. Qualcuno mi disse - La vedi quell’isola? Chiamala Kastellòrizo, Méis, Meghìsti: chiamala pure come ti pare, ma lì c’hanno girato “Mediterraneo” –
Ci portò un vecchio pescatore con la barchetta scrostata, come nel film, fra mille burocrazie di frontiera: retaggio di un odio feroce, atavico e mai sopito. Qualche ora soltanto, per legge, e poi dietrofront in Turchia.
La prima frase che mi venne alle labbra, posandoci il piede, fu retorica e vera. Italiani, greci: una faccia una razza. A dire il vero la stessa cosa te la dicono pure i turchi, ma è una menzogna: sono nomadi delle steppe dell’Asia, che la Grecia l’hanno invasa da barbari e poi rubata per sempre. Le cose più belle, più greche, hanno la falce di luna sulla bandiera, oramai: Efeso e Olimpos; la collina di Hissarlik, Troia; Myra rupestre, una Petra in minore; la Licia al completo, con le tombe ad arca nell’acqua e la città di Symèna sommersa, come fosse un’Atlantide.
Nei volti dei greci, invece, io ci vedo la Francia del Sud e il Portogallo e la Spagna. Ci vedo il Mediterraneo amico e fratello, solcato dalle triremi. Ci vedo riflesso me stesso, molto più che negli occhi di un brianzòlo. Ci leggo le stesse radici, la stessa remota cultura del mare e del viaggio: navigare per capire, per conoscere e amare. Perché mi si dovrebbe chiedere di trovare gli stessi riflessi nello sguardo di un autòctono della Val Brembàna o di un tedesco dagli occhi cerulei?
Ecco. Bastò quel piede sul molo di Kastellòrizo perché la Grecia per me assumesse da allora i contorni di una sensazione, e non più soltanto di un luogo. Ero tornato a casa. Dopo duemila anni. Molto più tempo di quello impiegato da Ulisse.
Potevo finalmente guardare il mare, come avevo sempre sognato.
E raccontarla così, la mia Grecia. Che è spesso una storia di vecchi.
La Grecia è un filo di panni stesi ad asciugare che scosti, e dietro c’è un mondo di vecchi e bambini che giocano insieme, e una piazza piccinapicciò e una chiesa minuscola. E un pope ortodosso, seduto su una sedia di paglia, che sgrana un rosario kobolòi salmodiando in una lingua dolcissima e antica, ma familiare. Ancestrale, direi.
La Grecia è l’odore del timo che ricopre Tilos selvaggia. Lo senti fin dentro al traghetto, fino dal mare chè l’isola ancora neanche la vedi: la annusi soltanto nel blu dell’Egeo. La mattina, poi, l’odore del timo sta dentro la colazione di yogurt e miele, nella vecchia latteria dove gli anziani si ritrovavano a parlare di politica; o almeno questo pensavo, viste le volte che sembrava ricorrere nei loro accesi discorsi la parola “democrazia”.
La Grecia sono i vecchi del Dodecaneso, che hanno vissuto la guerra di faccia, ed ogni volta che ti incontrano ci tengono a darti la mano e a raccontarti che gli italiani non erano come i tedeschi. Migliori, erano, allora. Più scemi magari, ma sicuro migliori: la voglia di combattere stemperata e disciolta nel caldo accecante del sole, nel nero rovente degli occhi delle donne di Rodi.
La Grecia sono gli anziani gestori di quella taverna giù in riva, sull’isola di Astypalèa, la farfalla. Se non pronunciavi bene le poche parole imparate a fatica, si davano di gomito e ti ridevano in faccia. Come si fa coi selvaggi quando li senti parlare la prima volta. O coi turisti un pò tonti, a cui non erano ancora assuefatti. Ma mangiare lì valeva anche lo schèrno, coi tavolini quasi nell’acqua e i gatti accattoni fra i piedi; la luna piena ed enorme, raddoppiata sul mare, che accendeva di luce la bianchissima Kòra, la città vecchia diroccata che si arrampica come un serpente sulla collina e termina in cima con le rovine del castello crociato.
La Grecia sono i ritmi lentissimi dell’esistenza che persino il sole asseconda, tramontando al rallentatore dietro il presepe arroccato delle case neoclassiche a Symi. Ed io che lo seguo con gli occhi alla stessa velocità: il mento appoggiato alla ringhiera della veranda sull’acqua; fra le mani un metzè e un bicchiere di oùzo gelato, a salutare a brindare al giorno che se ne va via. Ma piano, però, piano piano. Finchè il sole sparisce inghiottito dal buio e il presepe di luci notturne si accende di suo.
La Grecia sono anche i colori, è ovvio. Le cartoline che ci starebbero a fare, allora? Le cartoline non mentono mai: è che raccontano solo quello che vogliono, e quello che vogliono non è mai il tutto.Le case di bianco e d’azzurro. Il bianco a respingere il caldo, l’azzurro gli insetti. Bouganvillea e gerani carichi d’un rosso e d’un viola trionfante. Il verde contorto di ulivi fino quasi alla riva. E poi il blu cobalto impossibile del cielo e del mare, a volte un colore soltanto, spezzato da chiazze di verde e turchese che quasi feriscono gli occhi lì a Lipsi, perla preziosa caduta dall’alto dalle mani di una dea distratta.
La Grecia sono i colori, è ovvio. Ma i suoni? Quelli, nelle cartoline, mica trovano posto, ma dio se ci sono: se si alza il meltèmi leggero, leggero però, puoi sentire le tamerìci cantare stormendo le foglie, sulla spiaggia deserta di Aghìos Nikolàos a Symi, e le cicale a decine fare loro da coro. E magari lontano, di fondo, le note di un sirtàki ballato dai vecchi orgogliosi, insegnato ai pochi turisti con l’ironia di un sorriso. Chè noi siamo tonti, in fondo, e hanno ragione.
Puoi chiudere gli occhi, allora, e piano dormire disteso. Sognando che sei nell’Olimpo, con una coppa di nettare in mano.
Ecco: durante il tempo scandito da queste righe e parole, io gli occhi li ho chiusi e adesso son lì. A guardare il mare per sempre. A casa, finalmente, dopo più di duemila anni di niente."
Ringrazio Memorino per questa bellissima descrizione della Grecia, commovente.
vicino a condividi (o ruba) :-=)
Dedicato a tutti coloro che sono troppo occupati ad ascoltare sè stessi per poter udire la voce degli altri
RODI-PATMOS-LIPSI-LEROS-AGATHONISI-ARKI-MARATHI-SAMOS-IKARIA-FOURNI-MIKONOS-FOLEGANDROS-MILOS-NAXOS-AMORGOS-SANTORINI-ALONISSOS-SKOPELOS-SKIATOS-CORFU'-PAXOS-MEGANISI-LEFKAS-OTHONI-WEST CRETE-EAST CRETE-CHRISSI