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Discussione: Siamo messi male... Che fare?

  1. #1
    Senior Member L'avatar di leander
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    Siamo messi male... Che fare?

    Come al solito è un po' lunghetta, ma credo che meriti qualche minuto di attenzione.

    "IMPARIAMO DALLE CATASTROFI"
    Intervista con lo studioso Serge Latouche, a Bologna per una conferenza sulla "Pedagogia della catastrofe".
    Nato a Vannes, in Bretagna, nel 1940, Latouche è economista di formazione e antropologo per esperienza. Negli anni settanta ha trascorso molto tempo in Africa occidentale, e qui ha maturato una svolta del suo pensiero, che dalle posizioni marxiste tradizionali lo ha portato a una critica radicale delle ideologie del "progresso" e dello "sviluppo". Nell'81 ha fondato con Alain Caillé il MAUSS (Movimento AntiUtilitarista nelle Scienze Sociali), e l'omonima rivista di cui Bollati Boringhieri pubblica l'edizione italiana. La stessa casa editrice ha pubblicato in Italia i suoi libri più importanti.

    Professore, questa crisi profonda in cui vive l'Occidente si riflette nella struttura stessa di tante città, delle metropoli "esplose" e sovraffollate. Lei è appena tornato dall'Africa; cos'ha visto?
    "Ero stato a Dakar l'ultima volta cinque anni fa, la mia impressione è che anche qui il caos nel frattempo sia aumentato. Il traffico è terrificante, ci vogliono ore per spostarsi dalla periferia al centro. Bus e taxi sono molto vecchi, bruciano carburante che causa, a livello urbano, un inquinamento enorme. Non c'è più Stato; ovunque c'è solo la polizia, che non fa il suo lavoro. In passato avevano previsto di costruire alcune autostrade, ma il denaro stanziato è scomparso. Una cosa, però, è rimasta identica così com'era cinque anni fa: la gioia di vivere della gente, i tantissimi giovani che incontri nelle strade".

    In un mondo ormai al collasso, si parla sempre più di sviluppo sostenibile. È un riferimento obbligato per i politici e i cittadini?
    "È un ossimoro, nient'altro. Lo sviluppo non può essere sostenibile: tutti questi danni - ambientali, climatici - vengono dallo sviluppo. Il problema è che non siamo capaci di rinunciare alle nostre comodità, vogliamo avere, come si dice in Francia, "il burro e il denaro del burro". Il nostro modo di vivere non conosce futuro: vogliamo produrre di più, depredare di più, crescere di più. Ma una crescita infinita non è possibile in un pianeta finito".

    È lecito, a questo punto, sperare che ci sia una qualche possibilità di salvezza all'orizzonte?
    "Gli uomini non diventeranno certo tutti ragionevoli dall'oggi al domani. Il fatto è che, a un certo punto, saremo più o meno costretti a rivedere il nostro modo di vivere. Per quanto tempo avremo ancora petrolio a buon mercato? Non lo sappiamo. Ma quando non ci sarà più non vedremo aerei volare in cielo, né automobili sfrecciare nelle nostre metropoli. Allora, tutto il sistema andrà ripensato, necessariamente. I tempi non sono troppo lontani: fra pochi anni dovremo, per amore o per forza, rivedere il nostro modo di vivere, di funzionare. Tanto più che già oggi noi - intendo l'Occidente, bolide che corre all'impazzata senza autista e senza freni - viviamo male. Non siamo felici: potremmo stare molto meglio, distruggendo meno l'ambiente. In Africa, invece, nonostante tutti i problemi, la gente ha ancora un'incredibile capacità di fabbricare gioia di vivere".

    Nei suoi scritti, più volte lei auspica per la società una "decrescita". Di cosa si tratta, precisamente?
    "È un termine per indicare la necessità e l'urgenza di un'inversione di tendenza rispetto al modello dominante. Dobbiamo ricostruire un'altra civiltà: abbiamo conosciuto la civiltà dello sviluppo, ora è tempo di uscire dall'economia, ritrovare la dimensione sociale, politica. La rifondazione del sociale e del politico passa per la decrescita. Dobbiamo imparare a ricostruire i legami".

    Quanto può contribuire a questo processo la società civile?
    "Società civile è un'espressione usata e abusata. Penso alla Francia, dove più che di società possiamo parlare di un gruppo di individui che si muovono qua e là. Certo, esistono anche dei movimenti, come quello contro la globalizzazione. E sono proprio i movimenti che dovranno farsi carico della ricostruzione. Al tempo stesso, però, è questa stessa società civile, se vogliamo chiamarla così, che deve "decolonizzare" il suo immaginario, cioè liberarsi dai falsi miti dell'economia, dello sviluppo, del progresso. Bisogna fare resistenza e dissidenza, come igiene di vita. In teoria tutti sono d'accordo: ci vuole più giustizia, bisogna vivere meglio, ci deve essere meno inquinamento. Ma in Francia, quando il prezzo della benzina era un po' più alto, tutti sono scesi in piazza a protestare. A questo punto, non mi resta che pensare alla "pedagogia della catastrofe"".

    Ovvero?
    "Quando le catastrofi non sono troppo gravi per distruggere tutto, ma lo sono abbastanza per far prendere coscienza alla gente del rischio che si corre, ecco, a quel punto hanno un ruolo pedagogico. La gente si risveglia. Penso a Chernobyl, che ha convinto gli italiani a dire "no" al nucleare. Nei prossimi anni ci aspettano sempre più catastrofi; praticamente, siamo impegnati in una gara tra cambiamento e catastrofe. Ed è davvero importante prepararsi a cambiare strada".

    In questo scenario, la pace è destinata a rimanere un'utopia?
    "Se fra alcuni anni ci sarà, come penso, una profonda crisi di questo sistema, allora ci saranno anche le condizioni per ricostruire un mondo davvero pacifico. Adesso sembra impossibile, con quanto sta accadendo. Gli Stati Uniti, dopo l'11 settembre, potevano scegliere tra due strade: capire che non potevano più funzionare come potenza imperialistica, oppure impegnarsi in questa guerra senza fine. Hanno scelto la seconda opzione, ora ne vediamo le conseguenze. Il neo-conservatorismo di Bush incoraggia l'integralismo, non solo islamico. Fa crescere il risentimento, anche perché gli Stati Uniti sono difensori di un modello che genera sempre più disuguaglianza, a livello planetario. La miseria cresce, e favorisce la frustrazione, la disperazione. Fa il gioco dei movimenti fanatici, integralisti, nutre il terrorismo. Vincere gli Stati Uniti sul piano monetario non è possibile; ma loro stessi dovranno fare i conti con il sistema che hanno creato, da cui verranno, prima o poi, inevitabilmente paralizzati".

  2. #2
    Senior Member L'avatar di poochie76
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    C'è ben poco da dire. Ognuno nel suo piccolo deve fare qualcosa.
    Prima non davo importanza a certe cose, ma giorno dopo giorno capisco quanto è importante un ns piccolo sforzo quotidiano.
    «Mantenetevi folli e comportatevi come persone normali»

    "Il viaggio è una porta attraverso la quale si esce dalla realtà nota e si entra in un’altra realtà inesplorata, che somiglia al sogno"

  3. #3
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    mi sento disarmata di fronte a certe "previsioni". Solo una considerazione: l'uomo è per natura egoista, nel senso che guarda al proprio bene (e magari a quello della proprio famiglia) ma raramente allarga la ricerca della "felicità" alla società. Gli idealisti sono persone fantastiche, ma non hanno il supporto dal basso. Sono, in una parola, impotenti.

    Il nostro (cioè io+compagno) sogno è quello di lasciare l'Occidente; non ne possiamo più. Ma anche questo è un egoismo bello e buono.

    Poochie ha ragione, ma il nostro piccolo è davvero PICCOLISSIMO! E a volte mi sembra un palliativo per addormentare la nostra coscienza.
    MA vale la pena perseverare!

  4. #4
    Senior Member L'avatar di poochie76
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    Il nostro piccolo dovrebbe riguardare pero' ogni persona su qs Terra: così sì che non sarebbe indifferente!
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  5. #5
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    ogni persona? MAGARI!

  6. #6
    Senior Member L'avatar di frisino
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    Io uso la bicicletta,e voi?
    Se l'uomo è capace di tutto la donna è capace di tutto il resto!

  7. #7
    Senior Member L'avatar di leander
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    Citazione Originariamente Scritto da frisino
    Io uso la bicicletta,e voi?
    Le gambe, non ho macchina né patente...

  8. #8
    Senior Member L'avatar di silviaf26
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    l'autobus per andare a lavorre e la macchina il meno possibile (non mi piace guidare ... )

  9. #9
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    Orca! Siamo già in 3 a salvare l'ambiente.Manca solo di convincere BEA che per fare i 500 metri che la separano dal lavoro va in auto!
    Se l'uomo è capace di tutto la donna è capace di tutto il resto!

  10. #10
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    Caro Friso, se anche tu avessi una nonna ultranovantenne completa di badante polacca da gestire quotidianamente con le mille necessità che una tale situazione impone, andresti a lavorare con il jet!
    Oh, ma che spaccapalle che sei diventato

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