L'Alpe Dèvero

Una perla delle Alpi tutta da scoprire

Situata in provincia di Verbania nel vasto comprensorio delle Valli dell’Ossola e a breve distanza con il confine svizzero, l’Alpe Dèvero è un’ampia conca di origine glaciale ai piedi di una maestosa cerchia di montagne, parte del Parco naturale regionale Alpe Veglia e Alpe Dèvero. Subito sopra l’alpeggio e prima di lasciare il posto alla roccia, si estende una fascia di vegetazione rigogliosa, con presenza di abeti rossi e ontani ma soprattutto di larici, che si elevano su ampie macchie di rododendri e mirtilli.
La bellezza di uno scenario pressoché incontaminato rende vivamente consigliabile un fine settimana di immersione in questa natura, facendo riferimento a strutture ricettive semplici ma confortevoli. Noi abbiamo pernottato al Rifugio Castiglioni, soluzione un po’ spartana ma del tutto intonata all’ambiente alpino; non mancano però, sia nella stessa Alpe che nel vicino villaggio di Crampiolo, accoglienti pensioncine o camere in affitto.

INDIRIZZI UTILI
Ente gestione Parco Naturale dell'Alpe Veglia e dell'Alpe Dèvero, tel. 032472572, fax 032472790.
Ufficio Turistico Valli Antigorio e Formazza, tel./fax 0324618831.L’uscita autostradale più vicina è quella di Gravellona Toce sulla A-26; di qui si percorre per una trentina di km. la superstrada fino a Domodossola, da dove si imbocca la Valle Antigorio, che tocca Crodo per giungere poi a Baceno. In questa zona sono presenti alcuni caseifici dove, magari sulla via del ritorno, si possono acquistare formaggi tipici; un ultimo tratto di 7 km. porta infine ai 1133 metri di Goglio. Qui si presentano due alternative: o proseguire in auto sulla strada a tornanti e gallerie che porta all’Alpe Dèvero oppure scegliere la soluzione più in sintonia con lo spirito della gita, cioè la mulattiera storica che con numerose svolte risale in circa un’ora e mezza la spettacolare forra lungo la quale fino a qualche anno fa funzionava la funivia di servizio dell’Enel. Nella scelta, non si trascuri il fatto che nelle giornate di sabato e domenica d’estate la fila di auto posteggiate sotto l’Alpe può occupare la strada fino a un paio di chilometri verso valle. Noi abbiamo preferito la salita a piedi.
Dal parcheggio (a pagamento quello immediatamente sotto l’abitato), una rampa acciottolata di un centinaio di metri porta al piccolo insediamento, nel quale si alternano le tradizionali case walser in pietra scura su un basamento di massicce travi in legno e quelle più anonime e squadrate, chiamate dai valligiani “in stile Enel” in quanto risalenti al tempo della costruzione delle dighe. Al di là delle abitazioni si estende l’Alpe vera e propria, un magnifico pianoro erboso a quota 1631 al cui limitare corre la sterrata che in una decina di minuti porta al già ben visibile Rifugio Castiglioni; all’intorno si allineano le cime del Cervandone, del Crampiolo e di Punta della Rossa, che offrono agli arrampicatori vie di salita di ogni grado di impegno su buona roccia.
Noi non siamo alpinisti, ma non per questo penalizzati, visto che sono parecchie le possibilità di itinerari escursionistici di grande soddisfazione che vanno dalla passeggiata di un paio d’ore alle grandi traversate di un’intera giornata. Tanto per cominciare, ci attende la piacevole ospitalità del Castiglioni; ma prima della cena a base di spezzatino con polenta e gli inevitabili giri di grappe, ci godiamo fino all’ultimo istante il tramonto che tinge di rosso le vette circostanti.
L’alba del giorno dopo ci offre uno spettacolo altrettanto affascinante. Si susseguono i rituali consueti di ogni risveglio in rifugio: scendere dal letto nel silenzio ovattato, aprire il finestrino appannato del bagno per un’occhiata al cielo, annunciare alla camerata “È sereno!”, aprire la porta ancora assonnati per cogliere il primo raggio di sole al di là delle cime seghettate. Il piumino, messo nello zaino pensando di esagerare in prudenza, ci vuole tutto: sono le 6,30 di un mattino di fine settembre e il termometro segna –5°. Ci godiamo i primi passi della giornata sull’erba imbiancata dalla brina che scricchiola sotto gli scarponi, festeggiati dal San Bernardo del rifugio che si diverte come un matto a scorrazzare nell’ambiente che gli è più congeniale.
L’escursione più classica è il giro del Lago di Dèvero o Codelago. Lasciato il Rifugio Castiglioni, un agevole sentiero porta in meno di mezz’ora al piccolo agglomerato di Crampiolo; se sull’Alpe sono evidenti, anche se di impatto contenuto, i segni della modernità quali il parcheggio, il piccolo emporio e gli alberghetti, qui sembra veramente di essere fuori dal tempo, in particolare in quest’ora mattutina in cui una nebbia sottile non ha ancora lasciato il posto al sole. Le poche abitazioni, anche le locande e un piccolo caseificio, hanno conservato la struttura tipica dell’architettura walser, con i muri esterni in pietra a vista, i tetti a spiovente in piode di ardesia abilmente sovrapposte e gli attrezzi tradizionali che testimoniano la vocazione contadina e pastorale dell’Alpe.
Una breve salita da Crampiolo porta alla diga che sbarra il lago, il cui livello fu innalzato artificialmente nel 1910 per lo sfruttamento a fini idroelettrici. Il giro completo richiede una camminata con moderati saliscendi di un paio d’ore e scegliamo di compierlo in senso orario per godere il conforto del sole, sbucato da pochi minuti dal crinale opposto illuminando la sponda occidentale. Lo scenario è molto suggestivo, con i folti lariceti, le imponenti cime all’intorno, la caratteristica isoletta che spicca nel lago, i pescatori imbaccuccati appostati sulla riva, tanto da ricordare, senza esagerazione, un paesaggio scandinavo o canadese.
Percorrendo il sentiero in un’alternanza di vegetazione e qualche tratto di massi di frana, raggiungiamo la punta estrema del lago nei pressi di un piccolo ricovero di pastori. Siamo intorno a quota 1900, in un luogo ideale per fare uno spuntino o stendersi al sole.
Avendo tempo ed energie a disposizione, si può prolungare l’escursione di circa due ore e mezzo tra andata e ritorno: prima lungo un dolce pendio erboso solcato da ruscelli e cascatelle, poi su un tratto più roccioso si giunge ai 2409 metri del Passo di Arbola, spesso innevato anche d’estate. Lo sforzo è ben ripagato: ci troviamo sul crinale che fa da linea di confine con la Svizzera e il panorama sulla sottostante Binntal e sulla cerchia di cime a 180° è davvero magnifico.
Disponendo di più giorni e prevedendo una bella traversata con un altro pernottamento in rifugio, ad esempio al Margaroli sulle rive del Lago Vannino, esistono parecchie possibilità di combinare i numerosi sentieri, ad esempio spingendosi fino al valico di Scatta Minoia (m. 2600) per poi scollinare sul versante della Val Formazza e scendere a una delle frazioni dell’omonimo comune, quali Valdo o Canza. In questo caso sarà opportuno predisporre un’altra macchina sul punto di arrivo o informarsi sugli orari dei mezzi pubblici.
Limitando invece la gita al comunque appagante giro del Lago di Dèvero, ci si porta, dopo avere scavalcato con un ponticello un immissario del lago, sulla sponda orientale: il sentiero, parte in sottobosco e parte a ridosso di macchie di mirtilli, si svolge sempre qualche decina di metri sopra il livello dell’acqua, che esibisce una splendida colorazione azzurra. Giunti alla diga, anziché attraversarla e ricongiungersi alla mulattiera dell’andata, ci si inoltra lungo un sentiero che in breve riconduce a Crampiolo e di lì in una ventina di minuti all’Alpe Dèvero.Come detto, noi abbiamo dormito al Rifugio Castiglioni, tel. 0324619126, che offre la mezza pensione per una trentina di €. Come alternative un po’ più confortevoli, segnalo:
- Sull’Alpe, Locanda Alpino, tel. 0324619113, e Locanda Fattorini, tel. 0324619177.
- A Crampiolo, Locanda Punta Pizzi, tel. 0324619108, e Albergo La Baita, tel. 0324619190Volendo completare la vacanza al di là dell’aspetto escursionistico, si può scegliere tra una quantità di altre attrazioni dei dintorni. Ad esempio è interessante, ridiscesi a Goglio, un breve giro in paese per osservare come spesso le abitazioni tradizionali siano state costruite appoggiandosi a grossi massi; analogamente la chiesa di Baceno, il cui bell’interno romanico rivela un largo uso della pietra locale, fu edificata assecondando la pendenza di un lastrone roccioso.
Vale anche la pena spingersi lungo la mulattiera che da Premia porta al villaggio di Salecchio, che presenta numerose case walser ottimamente conservate.
Tra le bellezze naturali poco note al di fuori della regione ma degne di una visita non affrettata, è raccomandabile l’Orrido di Uriezzo, una serie di marmitte dei giganti prodotte dalle acque del Toce, in quel tratto particolarmente impetuoso, che si possono apprezzare con itinerari che vanno dalla breve passeggiata ad escursioni di mezza giornata.
Infine, sempre ad opera delle stessa acqua, non si può non citare la Cascata del Toce, una delle maggiori d’Italia, anche se il fatto di essere controllata artificialmente le toglie parte della spettacolarità: prima della visita, informarsi sempre su giorni e orari di apertura delle chiuse per non rischiare di trovarla asciutta.

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