Le Shetland: quante meraviglie!

Alla scoperta di un arcipelago del nord Atlantico, dove la natura trionfa

Continuando una tradizione iniziata nel 2005, nell’estate 2011 abbiamo proseguito l’esplorazione europea dell’Oceano Atlantico con l’aggiunta di un nuovo tassello, l’arcipelago delle Shetland, una settantina di isole raggruppate intorno al 60’ parallelo ed al primo meridiano est di Greenwich.
Costretti da esigenze lavorative (ma meno male quando i “problemi” sono questi), ci siamo andati all’inizio di agosto, dal 3 al 12, un periodo un poco a rischio sia per l’elevata possibilità di incontrare brutto tempo, sia di non trovarvi più molte specie di uccelli, la maggiore attrazione turistica di questo remoto angolo del Regno Unito.
Si è prenotato tutto per tempo a marzo, scegliendo di volare da Roma ad Edimburgh con la Ryanair e dalla capitale scozzese all’aeroporto di Sumburgh nell’estremità meridionale delle Shetland con la Flybe. Avremmo dovuto pernottare sempre in ostelli e simili… ma vi è stata una variazione la prima sera (spesa media 42 pounds a notte per stanza quadrupla).
Abbiamo scelto di viaggiare col solo bagaglio a mano non tanto per risparmiare qualcosa, ma per evitare le ciclopiche file al check-in. Vi è stata, soprattutto la sera prima della partenza, una certa ricerca da parte di mia moglie e delle figlie di riuscire non solo a chiudere le valigie, ma anche non far loro superare i fatidici dieci chilogrammi di peso consentiti.

Itinerario

Primo giorno
Atterriamo ad Edimburgh dopo poco più due ore e quaranta minuti di volo piuttosto ballerino. Dopo un poco di tempo dal tabellone arriva una sgradita sorpresa, causa nebbia il nostro volo per le Shetland è cancellato. Ci sono restituiti i bagagli ed assicurato sia il pernotto in un ottimo albergo vicino all’aeroporto, sia un posto sul volo della mattina seguente.
Verso le ventitré ora scozzese siamo svegliati dalla sirena dell’allarme antincendio, scattato molto probabilmente a causa del fumo di una sigaretta. Molto velocemente scendiamo in strada dove rimaniamo una mezz’oretta, durante la quale ci viene fatto l’appello ed i vigili del fuoco ispezionano l’edificio. Rientriamo ed io sono il primo a riaddormentarsi, probabilmente essendo ormai sufficientemente avvezzo a queste situazioni, visto che faccio parte della squadra antincendio dell’ufficio.

Secondo giorno
Al risveglio troviamo infilata da sotto la porta della stanza una lettera da parte della direzione in cui oltre a scusarsi per l’accaduto, ci ringraziano per la nostra collaborazione.
Anche se con un paio d’ore di ritardo, il bimotore ad elica SAAB 340 decolla alle 11.44 e dopo quasi un’ora ed un quarto di volo atterriamo al piccolo aeroporto di Sumburgh, dove anche per il cielo coperto ed il forte vento si ha l’impressione di trovarsi in un posto sperduto.
Riceviamo presto sia i bagagli, sia la macchina, una Fiat 500 bianca che si dimostrerà un’ottima scelta nonostante il bagagliaio non contenga che tre valigie: la quarta viene sistemata nel sedile posteriore.
Prima divertente sorpresa, per raggiungere il capoluogo Lerwick dobbiamo attraversare un passaggio a livello, ma non per una ferrovia bensì sulla pista dell’aeroporto. Breve attesa perché sta atterrando un elicottero.
Arriviamo facilmente all’ostello Isleburgh a Lerwick, molto bello sia dall’esterno che all’interno, vicinissimo al Community Centre. Non ci viene addebitata la notte che non vi abbiamo trascorso. Ci danno una stanza quadrupla con doccia e bagno separati. Usufruiamo subito dell’ampia cucina e della spaziosa sala da pranzo per sfamare le ragazze con una minestrina, e partiamo velocemente visto che fuori è comparso un bel sole. Prima sosta ad un grande supermercato Tesco, l’unico di queste dimensioni di tutto l’arcipelago, solo che a differenza da quanto capitatoci alle Ebridi Esterne lo scorso anno, stavolta lo scopriamo non l’ultimo ma il primo giorno.
Prima tappa della visita di Mainland, l’isola principale delle Shetland, è l’ex capoluogo Scalloway, poco più che un villaggio, dolcemente adagiato in una baia con un grazioso lungomare con classico monumento dedicato ai periti nel mare. Visitiamo da fuori il castello e ci permettono di entrare gratis nel museo: entrambi sono di dimensioni consone alla grandezza del luogo.
Continuiamo scendendo verso sud sempre sulla costa occidentale, attraversando l’isola di Trondra e raggiungendo sull’altra isola di West Burra la spiaggia di Banna Minn, dove incontriamo sia delle allegre galline che dei pony quando parcheggiamo la macchina. In lontananza si vedono le scogliere di Kettla Ness. Passeggiamo sull’ampia spiaggia sabbiosa ben coperti con felpa e soprabito. D’accordo c’è il sole, è agosto, ma tira un vento che ci accompagnerà praticamente per tutta la vacanza, variando solo di intensità. Nonostante queste condizioni così poco estive per noi, una ragazza ed il fratello stanno facendo il bagno.
Prima di rientrare in ostello, vistiamo il Broch di Clickimin, restaurato, forse sin troppo per la guida, in bella posizione nella periferia di Lerwick.
Una volta in camera, le ragazze si cambiano e vanno nelle sale comuni dove si trovano due postazioni internet gratuite dove salutano ed informano i loro amici con facebook. Noi genitori prendiamo contatti con il Camping Bød (una specie di ostello di dimensioni ridotte), dove dovremo dormire tra un paio di notti.
Ci gustiamo a cena dell’ottimo salmone seduti ad un tavolo di fronte alla grande finestra della sala da pranzo. Dopodiché io mi occupo del lavaggio dei piatti e studio il programma per domani, mentre le donne giocano un poco a biliardo.

Terzo giorno
Per motivi di ordine sanitario, mi alzo tutte le mattine un poco prima del resto della famiglia, è anche l’occasione per un risveglio particolarmente tranquillo in cui apprezzo la silenziosa pace dell’ostello.
Chiedo alcuni consigli turistici all’addetto alla reception dell’ostello. A causa delle condizioni del tempo mi sconsiglia l’escursione all’isola di Mousa, suggerendomi la visita del sud, anche se non è certo che incontreremo i puffins, in quanto sono dati in partenza. Partiamo dopo una sostanziosa colazione verso Sumburgh Head, l’estremità meridionale di Mainland (lo sarebbe anche delle Shetland non considerando la remota Fair Isle). Prima tappa è il sito archeologico di Jarlshof, particolarmente interessante per la presenza di resti di costruzioni appartenenti a diverse epoche, dell’età sia del bronzo che del ferro, sino ad una costruzione vichinga di epoca medievale.
L’impiegato è particolarmente gentile e parla molto chiaramente in inglese per assicurarsi che comprendiamo tutto quello che sta dicendo. La visita è piuttosto divertente soprattutto perché ci si può sbizzarrire in piccoli tortuosi percorsi attraverso le rovine, scendendo in alcuni sotterranei e salendo sulla cima dell’edificio medievale. La temperatura è accettabile, scende una pioggerella finissima.
Torniamo in macchina e raggiungiamo il Faro, vicino al quale visitiamo un piccolo laboratorio ornitologico che studia anche con videocamere i puffins o pulcinella di mare, uccelli che vedemmo in abbondanza ma da lontano alle isole Vesteralen e che ci sfuggirono in Galles nell’omonima isola vicino Beaumaris. Salgo un paio di scale e li avvisto dietro un muraglione. Chiamo subito mia moglie e le figlie che si scatenano con una grande quantità sia di fotografie che di filmati video. Ho con me una tabella plastificata in cui sono elencati con tanto di foto, nome inglese e nome italiano una cinquantina di uccelli, ragion per cui riusciamo ad identificare anche cormorani, sule (gannets), stercorari, varie specie di gabbiani, urie, anche se gli osservati speciali rimangono i puffins. Siamo bene attrezzati sia con un binocolo che con un leggero monocolo, siamo in quattro, un solo oggetto non sarebbe bastato. Scoprirò qualche giorno dopo che domani i dolcissimi pulcinella di mare avranno già lasciato la scogliera, abbiamo fatto appena in tempo!
Tutti questi uccelli gravitano intorno ad una ripida scogliera, dove dimorano anche diversi coniglietti, mentre in fondo alla baia una figlia riesce ad avvistare alcune foche che nuotano, si riposano sulle rocce e si immergono. Siamo davvero estasiati, io sono particolarmente affascinato dai grandi gannets. Ci spostiamo dall’altra parte della scogliera e vediamo altri uccelli e qualche altra foca. Scendiamo un poco e ci fermiamo ad un parcheggio dove in altri periodi dell’anno è possibile avvistare dei cetacei. Noi vi organizziamo il pranzo, compreso di bicchierino di nescafé che ho preparato a colazione.
Ci spostiamo sulla costa occidentale, quella rivolta verso l’Oceano, dove diamo una rapida occhiata al mulino di Quendale e al laghetto di Spiggie, mentre ci soffermiamo più a lungo sul tombolo che unisce l’isola di St.Ninian alla terraferma.
Con il piccolo monocolo scruto diversi uccelli in lontananza che passeggiano sulla spiaggia settentrionale del tombolo.
Dopo essere rientrati in ostello, le ragazze tornano su facebook mentre mia moglie ed io facciamo una passeggiata per il capoluogo Lerwick, il cui centro è piccolo ma grazioso con la piazza del porto. Dietro una fila di edifici, si snoda all’interno “Da street”, ricca di banche, bei negozi e l’immancabile ufficio postale. Ci informiamo all’ufficio turistico sul traghetto che dovremo prendere domani per l’isola di Yell e ci confermano che la prenotazione non è necessaria.
Dopo aver cenato, io sono attratto dalla guida della Routard in francese relativa alla Scozia che considera l’ostello di Garenin alle Ebridi Esterne come il più “charmant” di tutta la Scozia.

Quarto giorno
Lasciamo l’ostello prendendo a prestito alcune cosette di cui potremmo aver bisogno stasera ma che restituiremo al nostro ritorno a Lerwick. Si tratta di due copripiumoni (che risulteranno preziosi).
Sotto il solito cielo coperto lasciamo il capoluogo diretti all’isola di Yell. Ci fermiamo a Tingwall per visitare la semplice chiesa nonché una pietra conficcata nel terreno che dovrebbe ricordare il luogo del primo parlamento della Shetland in epoca vichinga.
Risulta invece molto interessante Esha Ness, sia per le scogliere di granito rosso che per il Dore Holm, una roccia a zampa di elefante. Poco più avanti ci fermiamo al Braevick café ed approfittiamo per darci una bella sciacquata, per bere dell’acqua calda marrone che qui chiamano caffè (viva il mio contenitore di nescafé…) e per fotografare i Drongs, un gruppo di faraglioni.
Si arriva al porto di Toft da dove traghettiamo per l’isola di Yell che raggiungiamo in una ventina di minuti. Puntiamo subito al nostro alloggio, un “Camping Bød”, un tipo di struttura turistica diffuso qui alle Shetland. Il nostro si trova in prossimità del villaggio di Mid Yell, sotto una collina dominata dalla sinistra costruzione del Windhouse, ormai in rovina e con la tradizione di ospitare dei fantasmi.
Troviamo la chiave appesa alla porta, diamo un’occhiata e sembra carino. È sviluppato in lunghezza, sulla sinistra si incontrano due stanze doppie che occupiamo, una delle quali dotata di una stufa a torba. Sull’altro lato si attraversa dapprima una quadrupla, quindi si arriva nella cucina che apre su un piccolo corridoio che porta a due bagni ed ad una doccia.
Ci era stato chiesto di portare dei sacchi a pelo, ma notiamo che mancano anche i cuscini, prendiamo quelli delle poltrone, ma durante la nostra assenza la proprietaria li sfilerà dalle federe… Utilizzeremo quelli gonfiabili. Ci rendiamo anche conto che l’aver preso a prestito dei copripiumoni è stata un’idea geniale. Vista la temperatura intorno ai quattordici gradi, i sacchi lenzuolo che abbiamo sarebbero da soli largamente insufficienti.
Si torna in macchina e si sale verso nord, sino all’emporio di Cullivoe per una piccola spesa, anche perché domani è domenica.
Prima tappa di interesse turistico è il villaggio di Gloup, dove un monumento ricorda una tragedia che occorse nel 1881, quando 58 marinai perirono, un tributo pesantissimo per quasi altrettante famiglie che videro improvvisamente sparire la loro unica fonte di guadagno, evento che condizionò per anni tutta l’economia dell’isola.
Nonostante un cielo plumbeo, andiamo a passeggiare sull’ampia spiaggia di Breckon, dove oltre a qualche raro uccello, siamo divertiti dalla presenza di un gregge in cui qualche elemento è vistosamente inquieto.
Prima di tornare al nostro Bød, passiamo per Mid Yell dove si trovano sia un distributore di benzina che una piscina, l’orario della quale non è però molto comodo. Piccola passeggiata presso uno stagno popolato di molti gabbiani, quindi si rientra e ci si adopera per accendere la stufa a torba. L’operazione non risulta semplice in quanto sia il giornale che i fiammiferi lasciatici in dotazione hanno mal sopportato la pesante umidità del luogo, fortunatamente ne abbiamo noi di validi.
Pian pianino mia moglie riesce ad accenderla, ma ci rendiamo ben presto conto che è sufficiente per scaldare la sola stanza in cui è situata, ragion per cui spostiamo i due materassi delle ragazze nella nostra camera. Ceniamo bene, controllo la temperatura che è ormai prossima nella nostra camera ai 20 gradi, leggiamo un libro di Piero Angela sull’antica Roma ed io, dopo aver introdotto una moneta da una sterlina in una cassetta, accendo lo scaldabagno e mi beo sotto una ritemprante doccia.
Durante la notte mi alzo e apro un poco una porta per far circolare l’aria, a mio modo di annusare un po’ troppo viziata, questo provoca un leggero abbassamento della temperatura. Dopo un po’ ripristino la situazione precedente.

Quinto giorno
Ci alziamo tutti presto e costatiamo che il nostro respiro ha prodotto tanta di quella condensa che si sono formati dei laghetti sotto le finestre. L’esperienza del bød non ci ha entusiasmato, sia per l’inadeguatezza del riscaldamento, sia perché sia il peso che l’ingombro di un sacco a pelo, seppure piccolo, non sono trascurabili nel bagaglio a mano. Probabilmente in altri posti e con un clima diverso, potrebbero essere più interessanti. Mentre facciamo colazione, registro che la temperatura è di sedici gradi all’interno.
Ci dedichiamo alla visita del sud di Yell, vedendo il grazioso villaggio di Burravoe e la vicina scogliera di Neopaback. Piccole soste anche a Otterswick e White Wife, dove avvistiamo una pavoncella eurasiatica ed alcune beccacce di mare. Ci fermiamo una ventina di minuti a North Sandwick dove mi avvicino ad una grossa colonia di gabbiani, ed abbiamo molta fortuna ad essere l’ultima autovettura imbarcata sul traghetto che da Gloutcher ci porta a Belmont sull’isola di Unst. Incontro una coppia di emiliani in motocicletta con cui avevo parlato all’ostello di Lerwick che mi dicono che il giorno dopo la nostra escursione, i pulcinella di mare hanno lasciato Sumburgh.
Il percorso è breve, si rimane in macchina, ed è gratuito. Sbarchiamo e seguiamo un gruppo di macchine per raggiungere l’ostello-campeggio di Uyeasound, ottimamente segnalato. Sotto una pioggia insistente parcheggiamo ed entriamo nel nostro rifugio, all’ingresso del quale una lavagna bianca elenca gli arrivi del giorno indicandone la stanza. La nostra è la numero due, molto spaziosa, con bagno. Non vi sono chiavi, la stanza si può però chiudere dall’interno. Caroline, una ragazza probabilmente addetta alle pulizie ci informa, con un inglese fortemente permeato di un notevole accento locale, che essendo domenica l’unico posto dove possiamo comprare qualcosa si trova in località Baltasound.
Ci attrezziamo per il pranzo preparandolo nell’ampia cucina comunicante con la sala da pranzo che, a sua volta, ha un’appendice in una vicina veranda. Da questo piccolo locale, quasi tutto realizzato in vetro, si gode un bel panorama marino con in primo piano lo spazio dedicato al campeggio, in particolare cinque piazzole asfaltate per roulotte e camper. In secondo piano il “Sound” vale a dire lo stretto, di Ueya, e così si spiega il nome della località.
Il forte vento non si limita ad accarezzare i cespugli, le presenze vegetali maggiori in un arcipelago in cui gli alberi sono rari, ne abbiamo visto qualcuno in una piazza di Lerwick.
Si torna in macchina e andiamo subito a Baltasound in cerca del “Final Check out”, il pretenzioso nome del piccolo supermercato. Lo raggiungiamo grazie all’aiuto di un professore inglese in pensione che carichiamo a bordo. Il negozio non è grandissimo, ma contiene un po’ di tutto, compreso uno sportello bancomat che, però, non riusciamo ad utilizzare, non accetta le nostre carte di credito. Dovremo pagare tutto in via elettronica di volta in volta alla cassa. Tra gli scaffali degli alcolici troviamo la birra delle Shetland, la Auld Rock prodotta dalla Valalla Brewery, a pochi chilometri di distanza. Avendo notato che vi è una piscina, ci informiamo sugli orari, potrebbe essere una cosa simpatica per domani.
Nonostante il tempo sia davvero da lupi, andiamo a vedere il piccolo castello di Muness, e non ci vuole molto a capire che è stato realizzato dalla stessa mano che ha curato quello di Scalloway. La struttura, pur appartenendo ufficialmente al patrimonio nazionale scozzese, non è presenziata. All’ingresso si trovano due torce a pile ad uso gratuito dei visitatori, la cui intensità luminosa è però piuttosto scarsa.
Una coppia approfitta dell’oscurità per farci un simpatico scherzo, fanno finta di spaventarci con un “bu!” come se fossero dei fantasmi. Ci spiegano che hanno lasciato la porta aperta per favorire l’entrata di un po’ di luce nel primo corridoio altrimenti molto buio.
Le ragazze si divertono un bel po’ a salire le scale, ad affacciarsi dalle finestre dei piani superiori. Analogamente a quanto ci era capitato spesso in Galles, questo castello è totalmente privo sia di arredamento che di soffitto, è le finestre non sono che aperture rettangolari nei muri. Alcune targhe indicano l’utilizzo dei vari vani.
Tornati alla nostra base, ne apprezziamo il calore soprattutto dopo quanto accaduto al camping bød di Yell. Quando si è in vacanza in posti dove le condizioni del tempo non sono buone, e qui alle Shetland non dovrebbe essere infrequente, usufruire di una buona struttura logistica funzionale è essenziale. In questo ostello vi è una sala per asciugare la biancheria, e risulta indispensabile per gli asciugamani dei campeggiatori, noi tutto sommato possiamo sempre stendere i nostri su qualche sedia. La sala lettura e la veranda si dimostrano luoghi ideali per ritemprarsi dopo le lunghe escursioni all’aperto, dove vento e pioggia sono stati spesso compagni di viaggio.

Sesto giorno
Come tutte le mattine mi gusto un caldo caffè dando un’occhiata al panorama dalla vetrata della veranda, dove il vento è ancora il padrone assoluto della situazione, ed è così forte che sembra modellare il mare di questo stretto di Unst.
Meta della giornata è il nord dell’isola, ricco di una serie di “Norhernmost” britannici, come la piscina, l’ufficio postale, l’albergo e la casa più settentrionali del Regno Unito. Una delle destinazioni più classiche delle Shetland sono le scogliere di Herma Ness, raggiungibili in escursione da Burrafirth, un fiordo che termina con un’ampia spiaggia sabbiosa. Lo smantellamento della locale base della Royal Air Force ha causato un significativo calo demografico dell’isola.
Giunti a destinazione, scopriamo che il visitor centre è chiuso perché il guardiano si è preso due giorni di ferie. Iniziamo la passeggiata e ci rendiamo ben presto conto di non essere adeguatamente attrezzati per camminare un bel po’ di ore sotto una fitta pioggerellina ed un tagliente vento. L’escursione alla scogliera di Herma Ness sarà una delle ragioni per le quali varrà la pena di tornare da queste parti, in un periodo in cui potremo vedere un significativo numero di uccelli. Tra l’altro al parcheggio non vi è nessuna macchina, e ciò si dimostrerà significativo.
Rimanendo in zona, abbiamo raggiunto Skaw, nota per ospitare la casa più settentrionale della Gran Bretagna. Attraversato un ponticello un poco traballante, passeggiamo per un’ampia spiaggia sabbiosa percorsa da un torrente. Anche qui possiamo apprezzare sotto il solito cielo plumbeo che ha momentaneamente sospeso di erogare pioggia, sia la generale bellezza del luogo, sia la veemenza con cui le onde del mare si frangono sulle rocce.
Preferiamo rientrare in ostello dove pranziamo e prepariamo le borse per andare a fare un bagno in piscina del centro benessere di Baltasound. La vasca è piccolina, solo 12 metri e mezzo di lunghezza per tre corsie, che vengono montate dalle ore diciotto in poi quando l’impianto è riservato a chi vuole nuotare. Noi, ovviamente, ci sguazziamo, in particolare io vi sperimento la custodia subacquea della macchina fotografica, scattando diverse foto e girando anche qualche video. Ad un certo punto il servizio di assistenza ai bagnanti è svolto da Caroline, la ragazza biondina che abbiamo incontrato ieri in ostello e che ci ha indicato dove potevamo trovare un negozio aperto.
Su una bacheca del piano vasca sono appesi alcuni ritagli di giornale nonché alcune tabelle relative ai tempi della locale squadra di nuoto agonistica.
Uscito dallo spogliatoio, continuo nella lettura dei vari annunci affissi sulle pareti, e vengo a contatto con una realtà che sinora mi era sfuggita. Le Shetland sono una regione piuttosto ricca grazie alla pesca, alla lana, al turismo ed ovviamente al petrolio che, come è stato sottolineato dalla guida, non ne ha però modificato lo stile di vita. Al tempo stesso sono piuttosto isolate e non densamente popolate. Noi ci siamo lamentati stamattina per non aver potuto effettuare la passeggiata alla scogliera di Herma Ness a causa delle sfavorevoli condizioni del tempo, ma ho provato ad immaginare come possa essere difficile la vita qui durante il lungo e buio inverno, quando il freddo, la pioggia ed il vento diventano seri ostacoli non per una gita ma per le attività di tutti i giorni, perché quasi sempre la scuola non è nel proprio villaggio, ma si deve prendere un autobus. Ed ecco che allora capisco di come siano qui riparate le costruzioni delle fermate dei mezzi pubblici. La squadra agonistica di nuoto raggiunge una grande valenza sociale, un’attività sostenibile per incontrare persone e condividerci un percorso. Tra l’altro nello stesso edificio vi è una grande palestra e vengono anche incoraggiati incontri per gli adolescenti. E ripeto, parliamo di una terra comunque ricca, dove in estate con il turismo arriva nuova gente.
Rapidamente prendiamo altre cose al Final Check Out e rientriamo in ostello giusto in tempo per pagare la responsabile.
Dopo cena, dal momento che le nuvole lasciano passare qualche raro raggio di sole, le ragazze si divertono ad alimentare con alcune carote (comprate apposta) dei pony, poi proseguiamo la passeggiata nel tratto di mare sotto al campeggio dove, udite udite, è stata piantata una tenda, ovviamente del tipo adatto a sopportare il vento e sistemata in una parte riparata.
Rimontiamo in macchina ed andiamo sulla costa sud occidentale in cerca dei ruderi della chiesa di St. Olaf, crediamo di averla trovata, scattiamo delle foto. Una volta rientrati mi rendo conto di aver fotografato qualcos’altro. Per me si tratta dell’unica esperienza di guida del viaggio. In ogni caso le vedute sul mare al tramonto con qualche sparuto raggio di sole, nonché la vista di una grande colonia di coniglietti rendono la gita serale molto simpatica.

Settimo giorno
Vi è ancora qualche raggio di sole, non manca però il vento, anche se leggermente meno forte. Vista la relativa poca distanza, decidiamo di tornare a Burrafirth. Troviamo aperto il visitor centre, tanto piccolo quanto curato e grazioso, tre stanzette dedicate alla flora e alla fauna di quelle scogliere che anche oggi rinunciamo a vedere, anche se stavolta, notando cinque sei macchine parcheggiate, deduciamo che qualcuno ha invece intrapreso l’escursione. La visita di questo avamposto ripaga dei chilometri che abbiamo percorso. Iniziamo quindi il viaggio di ritorno, raggiungendo il porto di Belmont per lasciare Unst diretti a Glutcher sull’isola di Yell che attraversiamo di corsa passando davanti al famigerato Windhouse Lodge. Ci si imbarca di nuovo a Ulsta per Toth finalmente su Mainland. Troviamo in località Voe all’ingresso del Westside un piccolo ristorante dove pranziamo con prodotti marini gustosi ed a buon mercato. Il locale è segnalato dalla guida ed è anche un punto di ritrovo sociale, avendo anche un locale utilizzato come sala da ballo.
Decidiamo di dedicare tutto il nostro tempo a Sandness, proprio di fronte all’isola di Papa Stour, una delle mete per un prossimo viaggio. Dopo aver parcheggiato a Melby, vediamo una foca nella baia antistante. Si diverte ad uscire, immergersi, nuotare sott’acqua e riemergere da un’altra parte, spiazzandoci regolarmente nei nostri tentativi di filmarla, ma alla fine qualche immagine e qualche video, seppur non da vicino, riusciamo a catturarli.
Durante il viaggio di rientro verso Lerwick, assistiamo ad uno di quegli spettacoli di cui le guide non parlano mai, ma che è un qualcosa di veramente caratteristico della zona, cioè lo spostamento di un gregge su una strada, organizzato da un paio di persone, uno dei quali è il pastore capo che si avvale di un paio di assistenti davvero eccezionali, due, forse tre, validissimi cani pastore, incredibilmente abili nel controllare che nessuna pecora sfugga al loro controllo, e quando qualcuna prova a correre non nella direzione richiesta, viene prontamente braccata e ricondotta all’ordine dai cani davvero autoritari.
Torniamo come programmato all’ostello di Lerwick, dove avremmo dovuto avere la prima sera una stanza famiglia e la seconda essere divisi, ma ci assegnano una quadrupla senza bagno al primo piano dalla quale non ci dovremo però spostare.
Prima di cena passeggiamo un poco per Lerwick. Passiamo anche al supermercato Tesco dove si è ritrovato quel salmone che tanto aveva appassionato qualche giorno fa le donne del gruppo.
Le ragazze tornano contente su facebook, mentre noi genitori prepariamo la cena ed il tavolo. Anche io do più tardi un’occhiata ad internet, ma per avere informazioni meteorologiche e di cronaca. Ci sono speranze per domani.

Ottavo giorno
La giornata sembra buona, soprattutto rispetto ai precedenti risvegli. Torniamo nella regione meridionale sia per andare a vedere l’isola di Mousa, sia per dare un’occhiata a Sumburgh Head con un po’ di sole. Sulla strada, in prossimità di Cunningsburgh, notiamo una serie di recinti e tendoni da circo con diversi animali, parcheggiamo e ci troviamo nel cuore del 67’ Annual Show, una rassegna (da quel che possiamo intuire) sugli animali dell’arcipelago commercialmente più importanti, vale a dire pecore (di cui apprendiamo esistere ben 47 diverse razze), mucche, pony e galline. Assistiamo ad un concorso tra i vari equini durante i quali oltre ad essere esaminati, devono anche sostenere una specie di prova di obbedienza al loro padrone che dapprima li conduce al passo, quindi al trotto.
Il sole bacia (fortunatamente per loro) questo evento, e si capisce dall’abbigliamento soprattutto dei bambini, quasi tutti in giacca e cravatta, quanto sia importante per queste comunità il raduno. Mi sembra di tornare di molti anni indietro, quando da ragazzo vedevo alcuni telefilm americani ambientati nelle fattorie dove erano allevati soprattutto cavalli e mucche. Per loro andare in città era già un evento, figuriamoci per queste famiglie cosa significhi una manifestazione in cui possa essere gratificato un intero anno di lavoro.
Tutti gli animali sono contenuti in recinti, il primo che incontriamo è dedicato ai pony, dietro scorgiamo sulla sinistra i bovini (mucche e vitelli) e, a destra, gli ovini, pecore (anche gialle) e capre. Nei tendoni sono stati allestiti degli stand relativi alla cultura ed all’artigianato locale, noi compriamo un paio di oggetti realizzati con la lana.
Ci spostiamo al porticciolo di Aith per salire sul battello che ci condurrà all’isola di Mousa. Avendo prenotato telefonicamente il posto, siamo tra i primi a salire. Sia il capitano che suo figlio si chiamano Tom, ci spiegano un poco come si svolgerà la gita, di fatto sbarcheremo ed avremo circa tre ore per passeggiare sull’isola.
Dopo tanti giorni di tempo autunnale, ecco finalmente una giornata quasi estiva, soprattutto soleggiata. Il natante approda presso un piccolo molo, in prossimità del quale vi è anche una piccola costruzione molto diroccata interessante per alcuni cartelli informativi che vi sono affissi.
La passeggiata sull’isola è gradevole. Incontriamo una scolaresca che ha visitato l’isola prima di noi e che si accinge a tornare sull’isola principale con lo stesso natante. Le pecore sono i primi animali ad accoglierci, proprio in prossimità di alcune belle scogliere verso nord. Inizia quindi il sentiero che ci conduce al faro, lungo il quale osserviamo col binocolo delle urie. In prossimità della collina che ospita il faro, una figlia ci segnala la presenza di alcune foche che nuotano vicino alla riva incuranti delle forti onde.
Arriviamo finalmente alla prima delle due baie in cui oziano placidamente al sole alcune decine di foche, è il momento di scattare foto e girare video. Nella seconda laguna, seguendo l’esempio di altre persone, ci allontaniamo leggermente dal sentiero tracciato, rimanendo comunque a debita distanza dai pinnipedi, che non notano la nostra presenza. Su un grosso scoglio nella seconda baia si riposano beatamente una decina di foche. Di tanto in tanto qualcuna si gira, qualcun’altra di tuffa in acqua per brevi periodi… forse la giornata è da spiaggia anche per loro!
Il Broch che incontriamo proseguendo la camminata è molto ben conservato, al punto che vi si può salire sino in cima utilizzando delle scale ripide e strette. Sicuramente in Italia non vi avrebbero consentito l’accesso, anche perché da noi la gente ci sarebbe caduta a grappoli.
Probabilmente la doppia selezione, Shetland e gita in battello, sono sufficienti a fare in modo che sia visitata solamente da persone sufficientemente sportive. Non a caso vediamo delle persone anziane che procedono con l’ausilio di bastoni da camminata.
Su un grosso scoglio alloggia una bella colonia di cormorani. Siamo già alla baia dove siamo attraccati, siamo attratti da alcuni animali sistemati sugli scogli, tra cui pomodori di mare. Poco più distante avvistiamo un’altra foca.
Rientra il battello con due sole “viaggiatrici”, che sbarcano con diverse casse, riserve di acqua e di viveri, rimarranno là per qualche giorno, probabilmente sono biologhe. L’invidia è un sentimento che provo raramente, stavolta vorrei essere al posto loro, credo sia bellissimo godersi la natura in quella solitudine.
Torniamo a bordo, restituiamo i volantini guida che ci sono stati consegnati all’andata, e si riparte a gran velocità. Dopo una decina di minuti si deve ridurre l’andatura per l’altezza delle onde.
Ripassiamo a Sumburgh per fotografare le belle scogliere dove cinque giorni prima abbiamo visto, filmato e fotografato i pulcinella di mare. Non vediamo né loro né i gannets (sule), ma i colori col sole mi fanno ancora una volta desiderare di tornare in questo arcipelago.
È l’ultima serata alle Shetland, cena con salmone e birra Auld Rock, ancora una passeggiatina al centro con mia moglie per prendere un po’ di soldi, e ci addormentiamo anche stravolta leggendo il libro di Piero Angela.

Nono giorno
Anche stamattina mi alzo prima della massa, scendo al pian terreno dove non c’è nessuno alla postazione internet. Durante la nostra permanenza alle Shetland vi sono stati grossi disordini a Londra.
Dopo la solita nutriente colazione, prepariamo i bagagli, li carichiamo in macchina e ci si dirige verso l’aeroporto.
Sbrighiamo tutte le formalità, ci imbarchiamo su un altro SAAB 340 con un posto in più rispetto al velivolo dell’andata, in quanto nell’ultima fila vi sono quattro sedili.
All’inizio del volo il cielo è sereno, dall’oblò si gode una vista magnifica sul tratto di mare che le separa dal nord della Scozia. Attingo diverse informazioni da un ragazzo munito di due reflex. Abbiamo fatto bene a non fare la scarpinata a Herma Ness, non ne sarebbe valsa la pena, molti degli uccelli erano già partiti.
Dopo quasi un’ora e dieci minuti di volo a bordo del bielica atterriamo a Edimburgh, da dove ripartiamo diretti a Roma la mattina seguente.
Si parte in ritardo a causa di problemi causati da un gruppo di Spagnoli che hanno avuto problemi col bagaglio, uno ha persino dovuto pagare una penale di 100 sterline.
Dopo poco più di due ore e mezza di volo atterriamo. Fa caldo, chissà quando si tornerà, c’è ancora tanto da vedere.

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