Lo scoppio del Brindellone: e Firenze "s'incendia"

A Pasqua c’è lo “scoppio del carro”!

C'è una manifestazione cui i Fiorentini autentici non rinuncerebbero mai: è lo "scoppio del carro", che si tiene la mattina di Pasqua, quest'anno l' 11 aprile, in Piazza del Duomo. Cos'è questa manifestazione, e che storia ha?
Le origini si perdono nella notte dei tempi, all'epoca della prima crociata, che doveva liberare il Santo sepolcro dalle mani degli "infedeli".
La leggenda vuole che il primo cristiano ad issare il vessillo crociato su Gerusalemme fosse Pazzino de' Pazzi, fiorentino; per questo atto di grande valore Pazzino ricevette da Goffredo di Buglione tre schegge del Santo sepolcro.
Tornato a Firenze, Pazzino venne accolto da grandi festeggiamenti e le tre schegge del Santo sepolcro vennero custodite gelosamente; si tramanda che da allora, nel giorno di Sabato Santo, i giovani delle più importanti famiglie fiorentine usassero recarsi nella cattedrale dove, al fuoco benedetto che ardeva, accendevano piccole torce per poi recarsi in processione a portare la fiamma purificatrice per la città. Il fuoco santo veniva acceso proprio con le scintille sprigionate dallo sfregamento delle tre famose schegge di pietra.
Pian piano prese piede l'usanza di trasportare il fuoco santo su di un carro che veniva trasportato per la città; dalla fine del 1300 circa venne sostituito il tripode che portava il braciere ardente con dei fuochi artificiali, forse per rendere la cerimonia più spettacolare: risale a questo periodo, probabilmente, il nome di "scoppio del carro".
L'onore e l'onere di organizzare la cerimonia pesò naturalmente sulle spalle della famiglia de' Pazzi, che, con la breve interruzione dal 1478 al 1494 (in seguito alla congiura anti-Medicea) decise di costruire un grande carro, molto alto, destinato al trasporto dei fuochi artificiali; il carro, per i fiorentini, prende il nome affettuoso e scherzoso di "Brindellone".
Col tempo, mentre il significato religioso è rimasto più o meno immutato, la data e l'ora della manifestazione sono più volte cambiate; al tradizionale Sabato santo è stata sostituita la Domenica di Pasqua e l'orario attuale è quello delle 11 del mattino.
Nella mattinata di Pasqua, scortato da sbandieratori, musicanti, figuranti, il Brindellone si muove dal Piazzale del Prato, trainato da due paia di bianchissimi buoi decorati. Il carro viene posizionato fra il Battistero e la Cattedrale, i buoi vengono sganciati dal giogo ed allontanati; mentre si procede a queste sistemazioni dalla Chiesa dei santi Apostoli parte il corteo con sacerdoti ed autorità varie, preceduto dal gonfalone di Firenze e dallo stemma della famiglia de' Pazzi.
Alle 11 del mattino, al canto del "Gloria in excelsis Deo" viene incendiato un razzo dalla forma simile a quella di una colomba (la "colombina") che va ad innescare i mortaretti ed i fuochi artificiali preparati sul Brindellone.
Non è possibile descrivere la pioggia di fuoco, di colori e di scintille che avvolge il carro; gli scoppi dei mortaretti sovrastano le esclamazioni di meraviglia della folla, costituita sì da turisti ma anche da fiorentini, e questo per Firenze è già un fatto eccezionale!
Dall'esito dello "scoppio", da come la colombina ha incendiato il carro, dallo spettacolo pirotecnico una volta la gente venuta dalle campagne traeva addirittura auspici su come sarebbe stato l'andamento dell'anno.
A questo proposito val la pena di ricordare che in tempi antichi (ma non troppo) era questo uno dei periodi in cui maggiormente il salace spirito fiorentino ed il gusto della burla avevano modo di esprimersi, naturalmente ai danni dei sempliciotti giunti dalla campagna.
Sentite come G. Conti, nel libro "Firenze vecchia : storia, cronaca aneddotica, costumi : 1799-1859" (R. Bemporad & figlio;
Firenze, 1899) descrive queste burla;
"Fino alla metà del secolo, lo scoppio del carro era uno dei tanti pretesti per prendersi giuoco dei montagnoli e dei contadini, che venivano a veder la colombina. Ed avevano il coraggio, dopo aver fatte chi sa quante miglia a piedi, di mettersi ritti impalati in chiesa o in piazza, fino dalle otto, pigiati, sospinti e rigirati in mille modi dalla folla, che passava, andava e veniva a ondate facendo dei mulinelli, dei vortici da soffocare, separando le figliuole dalle mamme, che si chiamavano poi ad alta voce come se fossero in cima a un poggio; e provocando delle risa sguaiate. I più scapestrati si divertivano a divider quelle disgraziate, spingendo i poveri villani, vittime sempre di quelli scherzi.
Ma la burla più feroce era quella della cucitura, che si rinnovava nelle Novene di Ceppo e ogni qualvolta nelle chiese v'era concorso di molte persone di sesso diverso. Certi monelli, sbarazzini finché si può dire, sgattaiolavano fra la gente, e d'accordo coi grandi che li paravano e all'occorrenza difendevano, nel momento della colombina, mentre tutti quei tarpani stavano a bocca aperta a vedere se andava bene, se strisciava lesta senz'inciampi, per trarne il prognostico, lesti lesti e con una leggerezza meravigliosa, profittando dello sbalordimento generale prodotto dallo scampanìo della chiesa, dal frastuono di tutte le campane della città e dal fracasso assordante dei fuochi, cucivano insieme con del refe fortissimo sette o otto tra uomini e donne. Quand'era finito lo "scoppio del carro" e che tanti poveretti volevano uscir di chiesa per andare a rivederlo al Canto de' Pazzi, trovandosi cuciti a quel modo, né potendosi muovere, facevan rider tutti, per trovarsi imbrogliati né sapendo come fare a scucirsi.
E di questi gruppi ce ne erano assai, ed era curiosissimo l'effetto, perché più qua e più là per la vasta chiesa dal movimento della gente si indovinavano ridere, dallo sghignazzare, e dal piagnucoloso rammaricarsi delle vittime ed il brontolare dei vecchi che non potevan tollerare quella sconcezza in Duomo, il far tutta quella pubblicità, e quello scandalo nella casa di Dio, specialmente durante una funzione così solenne come quella.
- Vadan fuori a far quelle burle e non si servan della chiesa! - esclamavano i più indignati. Ma era un avvertimento inutile; perché fuori, dei branchi di cinque o sei ragazze cucite, e anche di giovanotti e di vecchi, ce n'era un subisso. Ma non era finita lì. Alcuni bricconi che avrebbero dato noia a Cristo sulla croce, si mettevano in cima alle scarpe uno spillo assicurato bene e che non si vedesse; e mentre i contadini con la testa per aria guardavano il campanile o la cupola, siccome portavano ancora i calzoni corti, quando non se l'aspettavano, col piede armato di spillo bucavan loro le polpe e li facevan cacciare strilli e urlacci da far paura, guardando per terra senza sapersi raccapezzare poiché non vedevan che facce toste che non si curavan di loro. Ma appena voltavan l'occhio un'altra puntura li molestava, e via di questo passo, finché quegli infelici non se n'erano andati con la speranza almeno, dopo tanti martirii sofferti, d'essersi acquistato il paradiso.
Fino a che non fu allargata la Via de' Calzaioli, che era strettissima, per modo che due carrozze non barattavano, e quella che arrivava al segno dopo dell'altra, bisognava che desse addietro - c'era l'uso, appena vi cominciava a stiparsi la folla, di mettere in terra, da quelli delle botteghe che se ne stavan poi sulla porta a ridere, un grosso ciottolo o pillola d'Arno, come si dice comunemente. Ne seguiva che tutta quella gente che sì trovava quel ciottolo tra' piedi che ruzzolava per le pedate di coloro che camminavano, lo mandava in giù e in su dal Bigallo fino a San Michele, storpiando i disgraziati che se lo sentivano arrivare in una nocca o in uno stinco, senza che nessuno pensasse a levarlo di mezzo, limitandosi a mandare imprecazioni d'ogni sorta a chi ce l'aveva messo. Chi lo sapeva però, ed erano naturalmente i soliti rompicolli, cercavano quel sasso che pareva un popone e facevan di tutto, destramente, di mandarlo ne' piedi de' contadini, i quali, poveri diavoli, per quanto fossero duri finché si vuole, quando se lo sentivano arrivare vedevan le stelle. Non bestemmiavano, perché allora i contadini non eran civilizzati come oggi; ma delle benedizioni a chi aveva messo quel ciottolo non ne mandavan davvero."
Ci sembra davvero che traspaia da questa narrazione la "fiorentinità" di questa festa... anche noi, unendoci alla gente di Firenze e mescolandoci ad essa possiamo partecipare: appuntamento per tutti la domenica di Pasqua, all'ombra del Brindellone!

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