L'Ardh Kumbh Mela ad Allahabad

Ogni tre anni, milioni di pellegrini si radunano per una delle celebrazioni indiane più sentite: scopriamone gli aspetti più incredibili

L’Ardh Kumbh Mela è una sorta di mezzo Kumbh Mela che si festeggia ogni tre anni a metà fra il passato Maha Kumbh Mela e il prossimo che si tiene ogni sei anni.
Il Kumbh Mela viene festeggiato nelle quattro città dove secondo la tradizione sono cadute le gocce di amrita, l’elisir dell’immortalità: Ujjain, Allahabad, Haridwar e Nasik. Quest’anno si è svolto sul Sangam di Allahabad, il punto di confluenza di tre fiumi sacri: il Gange, lo Jamuna e il mitico Sarasvati. Il Kumbh è iniziato il 3 gennaio; l'afflusso previsto era di 6.000.000 di pellegrini, ma la frequenza è stato molto inferiore, a causa delle solite minacce terroristiche.
Il Sangam è un'enorme distesa di sabbia; veramente enorme. Due mesi prima dell’inizio delle festività vengono piantati 20.000 pali per la luce, uniti fra loro con 3.000 Km di filo elettrico, quanto basta per unire il Sub Continente Indiano dal Kashmir a Kanyakumari.
La distesa è riempita di campi, tanti campi che ospitano differenti tipi di popolazioni: i campi militari e quelli della polizia sono i più estesi, la sorveglianza è capillare; poi ci sono i campi che ospitano i vari Sadhu, alcuni veri e propri ashram, dove il Sadhu “capo” si sistema con il suo seguito e riceve i pellegrini con le loro offerte, dispensa benedizioni e insegnamenti.I Naga Sadhu, i più spettacolari perche sono quelli nudi dal comportamento strano, vivono più appartati e sono più difficili da avvicinare. Seguono i campi dei poveracci, dei mendicanti, degli storpi, orrendi nella loro sporcizia, disseminati di spazzatura ed escrementi umani.
Già! Perchè nonostante la pubblicità fatta su alcuni giornali italiani circa i “bagni prefabbricati” i pellegrini preferiscono l’aria aperta e non cercano di appartarsi ma qualsiasi punto va bene per i loro bisogni esattamente nel momento in cui devono farli!
Vi spiego com'erano quei bagni prefabbricati: quattro pezzi di lamiera sostenuti malamente da paletti di legno, senza porta; all’interno una serie di buche distanti 40 cm l'una dall'altra, senza nessuna divisione, e pieni fino a non poter essere neanche utilizzabili!
Ma la folla è felice, poco si preoccupa dell’igiene, poco si preoccupa del freddo e dell’umidità. La folla è un fiume di colore che scende sorridente verso i ghat dove, bagnandosi, sperano di trovare una purificazione completa.

Noi arriviamo alla sera; il Sangam è spettacolare. La folla scende verso il Sangam illuminato a giorno. Prendiamo la barca e ci dirigiamo verso la confluenza, il punto più ricercato per il bagno. Una famigliola di pellegrini è immersa nell’acqua fino alla cintola; hanno la pelle d’oca, ma proseguono insensibili con l’offerta del rituale aarti, la cerimonia del fuoco. Dolcemente poggiano una foglia a forma di barchetta con varie offerte sull’acqua: fiori, frutta e un lumino acceso che si unisce a tanti altri lumini che scivolano sul fiume. Ci parlano in un buon inglese e chiedono se possiamo mandare le foto via email.
Ritorniamo al mattino di buon’ora, le sei, e ci avviciniamo ad un ghat che scopriamo è riservato ai VIP indiani. L’ufficiale di polizia, una specie d’orso, non prende neanche in considerazione la mia press card nè le suppliche della guida; si gira gridando e se na va con i nostri documenti in mano. Lo fermo, richiedo, ringhia, mi ridà la mia press card e se ne va.
Dobbiamo farci una decina di km a piedi per arrivare al Ghat dove i poveri mortali come noi possono imbarcarsi. Tragitto lungo ma in fondo non è male. Non è male perché siamo nella folla, quella famosa folla che scende sorridente verso il ghat; sorridono anche a noi e noi seguiamo la marea!
Altra gita in barca fino al Sangam. Stamane ci saranno 100.000 persone. Molte sono in acqua; si bagnano, giocano, sorridono e fanno offerte. Alcune mamme, speranzose che anche i loro piccoli possano essere purificati, li immergono e i bimbi strillano, con ragione, per il freddo. È il penultimo bagno importante.
Scendiamo dalla barca perché ci aspettano un'altra decina di Km per arrivare alle macchine e passiamo fra gli ultimi Sadhu rimasti alla festa. Alcuni sono molto gentili e si fanno fotografare, altri appena vedono la macchina fotografica allungano la mano per chiedere soldi. Passiamo fra i venditori di pappagallini di plastica verde appesi ai bastoni portati in spalle, attraverso i mendicanti e gli storpi in condizioni così pietose che non avevo mai visto in vent'anni d’India; passiamo nei campi lerci di alcuni pellegrini; ci imbattiamo in una bimba completamente dipinta di blu con un tamburello in mano che recita la parte di Shiva. Merita una foto e qualche soldino, è troppo bella e la sua trovata intelligente.
Entriamo nella tenda di alcuni Sadhu gentili ed ospitali, semi nudi; uno di loro parla un perfetto inglese. Mi chiede da dove arriviamo mentre dietro di lui un suo compagno prepara un enorme cylum che fumerà fra pochi secondi. Li lasciamo stringendoci la mano. L’altoparlante continua a dire nomi di persone che si sono perse o che sono state ritrovate. Una signora, non si capisce bene se ubriaca, pazza o semplicemente felice, ci corre incontro con la lingua fuori, ridendo e ballando forsennatamente. Non vuole nulla! Come è arrivata, sparisce.
In una tenda appartata c’è l’ultimo Naga Babu dell’Ardh Kumh Mela. È seduto, nudo e grasso, nella sua tenda con alcuni attendenti; davanti a lui brucia un tronco, ed è circondato da varie armi: tridente, spade ed altri oggetti. La guida tremante fa allontanare le donne e mi dice di togliermi le scarpe per andargli vicino; continua dicendo che non devo neanche toccare la macchina fotografica perché il Naga non avrebbe esitato ad uccidermi. Siccome non ci sono soldati nelle vicinanza me ne guardo bene. La guida si prosterna davanti a lui, io rimango in piedi. Il poverino viene assalito da un lungo discorso del Naga, non capisco nulla ma seguo i suoi gesti. Ogni tanto s’interrompe poi riprende facendo schioccare le dita, punta minaccioso il dito contro la guida impaurita, tira fuori un pacchetto di sigarette, e fuma. Il suo seguito lo ammira con reverenza. Dopo una quindicina di minuti, scocciato delle sue grida, dico alla guida che voglio andare via. Lui è felice. "Cosa ha detto il Naga?", gli chiedo, e lui mi risponde che era arrabbiato per l’affluenza di occidentali, si chiedeva perché facciamo sempre foto e via dicendo. Forse ha ragione... il Kumbh Mela viene pubblicizzato e venduto in tutto il mondo come un'attrazione turistica!
Il mattino dopo torniamo per l’ultima volta; stanno già smontando tutto, il flusso umano è diminuito notevolmente. Salutiamo il Sangam posando anche noi una barchetta con offerte sull’acqua, come richiesta di una benedizione.
Alla stazione ci aspetta un'ulteriore sorpresa. Il treno dovrebbe partire alle 18,30. Quando arriviamo si fa fatica anche a camminare, tant'è affollato. È semplicamente impossibile. Il marciapiede è talmente pieno che rimangono pochi centimetri liberi prima di cadere sui binari. L’altoparlante annuncia che il nostro treno partira verso le 21, subito dopo diventano le 22. Per fortuna troviamo una panchina dove sederci e aspettiamo al freddo godendoci lo spettacolo.
Arrivano tre treni già affollati. La ressa/rissa per salire non è descrivibile a parole. Ci chiediamo come fanno a starci visto che i vagoni sono super pieni. Una cliente un pò intimorita mi chiede sorridendo: “Sarà così, il nostro vagone?” La tranquillizzo, il nostro ha le cuccette prenotate. Quando arriva e cerchiamo di salire assistiamo all’ultimo spettacolo: uno dei nostri portatori mentre sale viene assalito da un Sadhu che pretende di salire prima di lui. Litigano perchè il Sadhu non molla, non capisce che i posti sono prenotati, e minaccia con il tridente; interviene il controllore che lo spintona facendolo cadere sull’altro nostro portatore che a sua volta fa cadere le valigie. Alla fine guadagniamo le nostre cuccette con tutti i bagagli. Il treno, dopo altri venti minuti, si muove lentamente e noi salutiamo Allahabad.

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