Kumbha Mela ed oltre

L’esperienza di uno dei più grandi raduni religiosi del mondo, ma anche tante fra le infinite facce dell’“Indian Subcontinent”

 

Del Kumbha Mela ne avevamo sempre sentito parlare come la più grande ricorrenza religiosa ed il più grande raduno religioso, non solo induista ma di tutto il mondo e da quando ormai da qualche anno che ci rechiamo nel sub continente indiano c’eravamo ripromessi di potervi partecipare appena si fosse presentata l’occasione. L’origine di questa festività si perde nella notte dei tempi ed è legata all’intricato pantheon della religione induista e a particolari date a loro volta collegate a congiunzioni astrali. Per dirla in poche parole alcuni demoni trafugarono un’anfora contenente il nettare dell’immortalità ma Visnhu nel tentativo di riprenderla ne fece cadere quattro gocce che andarono a bagnare altrettante località fra cui Allhabad ed è qui che ogni dodici anni si tiene il Maha (grande) Kumbha Mela per una durata di circa 6 settimane quando Giove entra nell’Acquario ed il Sole nell’Ariete. A questo punto prende vita l’immenso pellegrinaggio di massa della religione Induista, che ha per fine ultimo la purificazione dai peccati mediante l’abluzione nelle acque del Gange. Nell’edizione precedente del 2001 pare che siano confluiti oltre 60 milioni di persone fra cui ovviamente un numero consistente di turisti.
Quindi quando alla fine d’agosto Yasin mi manda la mail dicendomi che tramite la sua agenzia Rubyholidays organizza alcuni viaggi incentrati su questo avvenimento, gli rispondo subito che potremo essere interessati ma che vorremmo nell’occasione effettuare un viaggio anche in zone che ancora ci mancano da visitare. Con un rapido scambio di e mail gli propongo un mio programma di massima: dopo l’arrivo a Delhi intendo visitare Lucknow, Agra e Varanasi (dove eravamo già stati ma oltre vent’anni fa) lo Stato del Bihar, Calcutta, il Sunderbans N.P. e per concludere una settimana alle isole Nord delle Andamane con soggiorno a Diglipur. Mi consiglia di bloccare ed acquistare quanto prima i voli intercontinentali, quando lui avrà la conferma si darà da fare per pianificare tutto il viaggio e fissare eventuali voli interni.
Dato che Lufthansa ha cancellato i voli da e per Calcutta, e che sarebbero estremamente comodi con la partenza e ritorno da Firenze via Francoforte mi rivolgo a Emirates trovo facilmente i voli Roma – Dubai – Delhi e Calcutta – Dubai – Roma a 520 euro/pax, partenza 31 gennaio, arrivo a Delhi il 1 febbraio e ritorno il 3 marzo con arrivo a Roma il 4. Tariffa ottima, il rovescio della medaglia purtroppo sono i lunghi tempi di coincidenza a Dubai che in particolar modo al ritorno è di oltre otto ore. Ma non si può avere tutto, quindi alla fine compro i biglietti e siamo al 10 settembre. Comincio quindi a studiare più in dettaglio l’itinerario e le località che andremo a visitare consultando oltre alla solita Lonely Planet anche vari siti internet e i programmi d’importanti Tour Operator che anche loro organizzano viaggi di gruppo nel periodo del Kumbha Mela. Chiedo pure di mandarmi un preventivo di massima, tanto per avere un‘idea di quanto andremo a spendere, lui mi risponde dicendomi che saremo intorno ai 3200 euro a testa, dipenderà poi da quello che vorremo fare e i costi dei voli interni che sono ancora da definire, mi sembra un prezzo ottimo che comprende oltre a tutti i pernottamenti, i vari trasferimenti in auto con autista e/o guida quattro voli interni, l’ingresso al parco, ed altri servizi vari. Un viaggio organizzato di gruppo di circa 12-13 giorni costa più o meno la stessa cifra anche se in questo caso è compreso il prezzo del volo intercontinentale e tutti i pasti. Per mia libera scelta preferisco invece pagarli a parte sapendo ormai quelli che sono i prezzi e poi ci dà la libertà di mangiare dove e quando vogliamo.
Alla fine i giorni passano velocemente, il mio programma mi viene confermato, il prezzo finale è di 3350 a testa, purtroppo al 30 dicembre Yasin mi comunica girandomi la mail dell’Ente governativo delle Andamane che i voli con idrovolante da Port Blair per Diglipur sono stati cancellati e che non ci sono al momento altre possibilità. L’unica alternativa sarebbe quella di raggiungere Diglipur in auto ma sono quasi 300 km con un paio di traghetti fra un’isola e l’altra e alla fine sarebbero necessarie almeno 10 ore se non 12. Lui stesso mi consiglia apertamente di non farlo, sarebbero due giorni persi, manca ancora un mese, lui dice che qualcosa può succedere e quindi di aspettare. Restiamo quindi in attesa di aver notizie al riguardo, i giorni passano ancora nel frattempo mi comunica la lista degli alberghi, gli orari dei voli interni e fra una cosa e l’altra arriviamo al giorno della partenza.

Itinerario

31 gennaio - 1 febbraio: Firenze – New Delhi.
Tutto procede senza intoppi, il volo Emirates da Fiumicino via Dubai parte alle 20.30 alle 17 è già aperto il check in quindi ci liberiamo prima possibile dell’impaccio del bagaglio, come al solito al banco accettazione rimangono sempre molto meravigliati a veder spedire un solo collo di poco più di 15kg quando se ne potrebbero portare fino a 30 a testa.
Durante il volo fino a Dubai riusciamo pure a dormire un po’, il servizio a bordo è buono. Abbiamo quasi 5 ore di coincidenza che sopportiamo abbastanza bene curiosando i negozi del duty free e facendo colazione con cappuccino e cornetto. Ripartiamo alle 9 circa ed arriviamo a New Delhi alle 14,30 locali. Yasin ovviamente c’aspetta all’uscita e c’accompagna subito all’albergo Ashok Country.
E’ un po’ nuvolo e c’è una temperatura decisamente fresca, è ancora inverno ed è normale, ma ancora non avevamo trovato una temperatura del genere in India, saranno circa 14-15°C e alla sera s’abbassa ulteriormente. Quando siamo in albergo mi consegna tutti i voucher e mi aggiorna sulla situazione delle Andamane dicendomi che sono state chiuse le strade che arrivano al nord e quindi anche la possibilità di raggiungere Diglipur in auto va a farsi benedire, la motivazione che viene data dall’Ente governativo è che ci sono stati recentemente dei problemi con le minoranze etniche e che quindi onde evitare ulteriori complicazioni che potrebbero coinvolgere anche i turisti è stata presa questa drastica decisione. Quindi mi chiede cosa vogliamo fare, ancora non ha prenotato nulla ,a questo punto gli diciamo che ce ne resteremo ad Havelock e se è possibile soggiornare al Simphony Palm dove eravamo stati l’anno scorso. Lui ci lascia dicendoci che si recherà subito in ufficio e proverà a contattare quel resort e ci farà sapere appena avrà conferma e che abbiamo la cena offerta.
Nel giardino dell’albergo si stanno svolgendo i festeggiamenti di un matrimonio, usciamo per curiosare, fa un freddo cane, quasi come l’avevamo lasciato in Italia, ci meravigliamo di come le donne vestite elegantemente con un semplice sari, possano sopportare quella temperatura, a quel punto la stanchezza comincia a farsi sentire, preferiamo andare a dormire piuttosto che restare ancora alzati per osservare i festeggiamenti, gli sposi devono ancora arrivare anche se sono già le 21 passate ma sappiamo ormai bene che gli indiani sono abituati a tirar tardi in caso di particolari ricorrenze.

2 febbraio sabato New Delhi.
Ci passano a prendere alle 9 come convenuto, l’albergo è abbastanza distante dal vecchio centro, la guida non parla italiano ma il suo inglese è abbastanza chiaro, quindi lo comprendo abbastanza bene. E’ nuvoloso non fa per niente caldo e per di più c’è una densa foschia di smog. Ci dirigiamo subito verso la città vecchia, che ormai conosciamo abbastanza bene, ci fermiamo davanti alla grande moschea, Jama Masjid,ovviamente l’abbiamo già visitata le volte precedenti, ma decidiamo lo stesso d’entrare e fare un breve giro al suo interno, ma i tempi cambiano alla svelta, l’ingresso è libero ma sono richieste ben 300 Rps per l’uso della macchina fotografica, addirittura l’ultima edizione della Lonely Planet riportava una tariffa di 200 Rps, mi sembra un prezzo allucinante solo per fare due o tre foto nel cortile, ripongo quindi la macchina fotografica nella sua custodia ed entriamo, la guida c’accompagna e ci spiega alcune cose che già conosciamo, è la più grande di tutta l’India costruita intorno alla metà del 1600 e che può accogliere fino a 25.000 fedeli. Tutto intorno possiamo già assaporare un aspetto genuino della vita della città, anche se ormai ci risulta abbastanza familiare, negozi, bancarelle, venditori con il loro carretto, c’è chi vende solo arance o banane o articoli d’uso comune, il tutto all’interno di un intricato dedalo di vicoli avvolto sempre da effluvi di odori buoni e sgradevoli, che mescolandosi assieme costituiscono un’ambientazione altrimenti non ritrovabile da altre parti, decidiamo di percorrerlo con un ciclo risciò e questa volta il giro risulterà essere più lungo e completo delle volte precedenti, la guida ci fa arrivare ad un piccolo tempio gianista forse sconosciuto alla stragrande maggioranza dei visitatori, infatti le volte precedenti non ce l’avevano fatto visitare. Si tratta del Digambra Jain Temple è in uno stretto vicolo cieco e anche dall’esterno si fa fatica a capire che siamo davanti ad un tempio, si sale una piccola scalinata, si deve lasciare all’entrata le borse, scarpe e tutti gli articoli in pelle che sono a vista. Il nome deriva dal fatto che Digambra è una delle principali sètte del gianismo, l’interno è riccamente decorato con piccoli specchi e mosaici, che creano un insieme di riflessi difficilmente descrivibili, ovviamente è severamente vietato fotografare. Il monaco che c’accompagna ci dice che fu visitato dal Presidente Obama durante la sua visita in India.
Proseguiamo nel nostro giro fermandoci nel piazzale del Red Fort, ci limitiamo solo a fare un paio di foto alle mura ed all’ingresso principale, c’è ancora molta foschia e la luce per le foto è veramente pessima. Continuiamo per il mercato delle spezie, ci sono tanti negozi, cerchiamo dello zafferano per mia cognata ma mi rendo conto che i prezzi sono decisamente troppo turistici, comunque alla fine compriamo un paio di bustine.
Siamo già all’ora di pranzo, la guida ci conduce ad un piccolo centro commerciale dove vi sono alcuni ristoranti, ci consiglia il Pindi Restaurant, in effetti c’eravamo già stati, pranziamo con un piatto vegetariano di cavolfiore insaporito con salsa e spezie e garlic naan.
Poco distante si trova il RajGath lungo il fiume Yamuni che bagna la città. E’ in pratica un parco dove a poche decine di metri di distanza l’uno dall’altro si trovano i ceppi funerari dove furono cremati i corpi sia di Nehru, Indira Gandhi, i suoi nipoti Sanjay e Rajiv ed ovviamente quello più importante e riccamente adornato da collane e corone di fiori sempre freschi è quello del Mahatma Gandhi. Raggiungiamo poi il Tempio Sikh, anche qui eravamo già stati ma questa volta la nostra guida ci fa passare prima attraverso i locali e le cucine dove volontari di ogni fede religiosa si prodigano a preparare i cibi per chi vi si reca a ricevere gratuitamente un pasto caldo. Vengono pulite e cotte quantità enormi di cipolle, patate ed altri vegetali, da un’altra parte in enormi pentoloni sono cotte le verdure, da un’altra parte ancora, dove ci sono a lavorare prevalentemente delle donne, viene prima impastata la farina e poi con piccoli mattarelli sono stesi i chapati che vengono cotti in quantità industriale su piastre metalliche roventi, in due ampie sale ci sono a dir poco centinaia di persone che ordinatamente sedute per terra in più file ricevono il loro pasto su vassoi d’acciaio, che verranno poi lavati con speciali macchinari. Il tutto si regge su offerte che vengono raccolte da visitatori ed altri fedeli. Il Tempio ricalca in parte l’architettura del Tempio d’oro di Amristar ma è ovviamente di tono decisamente molto minore.
Per concludere la giornata arriviamo alla tomba di Humayun che ci mancava ancora da visitare. Si tratta in pratica di un mausoleo costruito intorno alla metà del XVI secolo per accogliere le spoglie dell’imperatore moghul e della seconda moglie. E’ un edificio dove sono riuniti insieme gli stili architettonici persiani e locali con elementi in arenaria rossa e marmo bianco, viene considerato uno dei monumenti più belli di tutta la città, in effetti molti sono i turisti che sono presenti durante la nostra visita. Rientriamo quindi in albergo a cena troviamo il nostro amico Walter con il suo piccolo gruppo con cui ha organizzato sempre tramite la Rubyholidays un breve viaggio che poi ritroveremo ad Allhabad al Kumbha Mela. Yasin si ferma a cenare con noi, loro all’indomani si devono alzare molto presto, noi ne approfittiamo per recuperare un paio d’ore di sonno.

3 febbraio Domenica Mathura – Agra
Scendiamo a fare colazione alle 7 circa, ci sono da percorrere circa 250 km, dopo poco imbocchiamo quella che per loro si tratterebbe di un’autostrada, in effetti c’è una barriera casello dove si paga il pedaggio, ci sono quattro corsie con spartitraffico centrale ma subito dopo la strada è aperta a tutti, non ci sono recinzioni laterali, quindi sulla carreggiata troviamo di tutto, animali, carretti, biciclette, gente a piedi, per di più alcuni automezzi procedono contromano, i camion non rispettano nessuna regola zig zagano da una corsia all’altra, visto dove ci troviamo non ci resta altro che raccomandare la propria anima a Shiva!
Il tempo è ancora molto nuvoloso e per di più c’è anche una densa foschia, ci fermiamo per un breve break e prendere un caffè. Arriviamo a Mathura intorno alle 11. La cittadina è ritenuta essere il luogo dove è nato Krishna quindi richiama continuamente folte schiere di pellegrini hindu ma fu precedentemente un importante centro buddista, poco è rimasto di quello che fu in quel periodo a seguito di saccheggi e distruzioni durante le invasioni moghul. Ci fermiamo all’esterno del tempio di Krishna, all’interno anche qui non si possono fare fotografie, una lapide racchiusa in una nicchia indicherebbe il punto dove nacque appunto la divinità, intorno c’è un imponente servizio di sorveglianza con soldati armati a seguito di disordini ed attentati che ci sono stati nel 1992.
Riprendiamo la nostra strada, cominciamo a sentire fame ci fermiamo poco dopo intorno alle 14 in un ristorantino che è poco più di una semplice baracca, ordiniamo del riso, dahl e altre verdure, chiedo il conto, pago anche per l’autista, mi sono richieste 1075 Rps, mi sembra una cifra folle per quel poco che abbiamo mangiato, alle mie dimostranze mi viene semplicemente arrotondata la cifra, sono sempre 1000 che sono sempre troppe ma alla fine lascio perdere, lo faccio presente all’autista, lui mi dice che va bene così e mi dice che i prezzi in India sono notevolmente aumentati, ripartiamo non eccessivamente convinto, tratterrò qualcosa dalla sua mancia quando ci lascerà ad Agra.
Circa 15 km prima d’arrivare ci fermiamo davanti alla piccola frazione di Shikandra, la sua architettura richiama molto da vicino quella del Taj Mahal ma è già quasi ora di chiusura, decidiamo quindi di procedere ed arrivare ad Agra. L’albergo è il Mansingh Palace, posati i bagagli decidiamo d’uscire per fare una breve passeggiata. percorriamo un viale alberato che conduce ad un’entrata laterale del Taj Mahal, veniamo letteralmente assaliti da uno stuolo di ragazzini che cercano di venderci di tutto, dalle cartoline alla riproduzione dentro alla palla di vetro con la neve. Mi colpisce molto il fatto che oltre a piccole carrozzelle trainate da cavalli ci sono pure dei motorisciò elettrificati questo probabilmente per cercare di contenere l’alto tasso d’inquinamento. Mi reco alla biglietteria per vedere se è possibile acquistare l’ingresso a prezzo ridotto essendo ormai quasi al tramonto, ma non è prevista questa eventualità. Curiosiamo quindi nei negozi per vedere se troviamo qualcosa che ci possa interessare, compriamo alla fine quattro foulard che potremo sempre regalare se si presenterà l’occasione di farlo, il prezzo dopo una breve contrattazione è di 2000 Rps.
Ormai praticamente a buio rientriamo in albergo, il buffet per la cena è più che soddisfacente.

4 febbraio lunedì Agra
Abbiamo appuntamento per le 8,30, è decisamente ancora abbastanza fresco, la felpa non scomoda affatto, ci viene a prendere una guida che ovviamente ci conduce al Taj Mahal, parla un discreto italiano e comincia a raccontarci la sua storia che in buona parte già conosciamo. Il biglietto costa 750 Rps ma comprende pure gli ingressi del Forte e di Fatehpur Sikri. Fu fatto costruire dall’imperatore Shah Jahn per commemorare la sua seconda moglie che morì nel 1631 dando alla luce il suo quattordicesimo figlio. Comunque complessivamente furono necessari oltre otto anni per la sua realizzazione e si calcola che vi lavorarono oltre 20.000 persone fra operai, ebanisti, architetti provenienti da ogni parte dell’Asia ed anche dall’Europa. E’ stato descritto nei modi più svariati da scrittori e narratori, come uno dei monumenti se non uno dei più, proprio il più bello del mondo, io ritengo che ogni vero viaggiatore, che si ritenga tale, dovrebbe venire almeno una volta nella vita a visitare questa meraviglia.
Entriamo dalla porta principale e ci troviamo davanti l’immagine del Taj Mahal con i suoi quattro minareti alti 40 metri e la lunga vasca che arriva al basamento dove poggia tutta la struttura. Pare che sia visitato ogni anno da oltre tre milioni di persone, e quando arriviamo noi ovviamente ne troviamo un discreto numero. Purtroppo c’è sempre molta foschia che rovina irrimediabilmente lo sfondo del cielo. Avvicinandosi alle pareti esterne tutte in marmo bianco è possibile osservare da vicino le finissime rifiniture e decorazioni ed intagli in pietre dure che formano figure floreali e versi del Corano. Vi giriamo tutto intorno all’esterno ci sono altri piccoli monumenti d’importanza minore, entriamo poi all’interno dove non è possibile fotografare, in una cripta chiusa al pubblico sono conservate le spoglie dell’imperatore e di sua moglie.
Ci trasferiamo quindi a Fatehpur Sikri distante circa 40 km. Si tratta di un’antica città fortificata che per un breve periodo fu pure la capitale dell’impero moghul durante il regno dell’imperatore Akbar. Ne conservavo solo un semplice ricordo avendola già visitata nel mio primo viaggio in India nel 1990. Tutto il complesso monumentale si trova in cima ad una piccola collina, vi troviamo una moschea ancora aperta al culto, tre palazzi principali ognuno dedicato alle sue tre mogli, una hindu, una mussulmana ed una cristiana, tutti in arenaria rossa, il più grande è il palazzo di Jodh Bai al suo interno c’è un soffitto a cupola sorretto da grosse colonne scolpite. Esternamente c’è una piccola piscina dove musicisti e giocolieri erano soliti allietare le giornate dell’imperatore, della sua famiglia e di tutta la corte. Ci fermiamo per il pranzo in un semplice ristorante nella cittadina, questa volta ordino un chicken pakora, in pratica dei bocconi di pollo fritto. Tornando indietro facciamo una rapida visita al Forte, che tutto sommato non ci dà spunti di particolare interesse. La guida ci vuole accompagnare in un laboratorio dove viene lavorato il marmo con pregevoli intagli di pietre dure, vengono così preparati piani per tavolini o altri piccoli accessori per la casa. Visitiamo ancora un altro paio di negozi poi rientriamo in albergo.

5 febbraio martedì Trasferimento Lucknow
Partiamo molto presto alle 6,30 per tornare a Delhi e prendere il volo Jetairways alle 11,55 per Lucknow. Yasin mi aveva assicurato che era la soluzione migliore rispetto a quella di raggiungere Lucknow in auto. Ovviamente ripercorriamo più o meno la stessa strada dell’andata, piove per gran parte del tragitto impieghiamo quasi 5 ore, ci fermiamo solo pochi minuti per prendere qualcosa. Comunque arriviamo in tempo per il check in, dobbiamo sottoporci alle estenuanti formalità di controllo ma tutto va per il meglio. Il volo dura circa un’ora e arriviamo nella capitale dell’Uttar Pradesh poco dopo le 13. Anche qui il tempo non è molto bello ma fa meno freddo, ci portano subito in albergo al Tulip Inn, esternamente appare un po’ trascurato ma le camere sono sufficientemente ben tenute.
Già da un paio d’anni avevo fatto amicizia su FB, con un certo Sangeev, anche lui ex dipendente della Smith Kline Beecham, mi aveva sempre detto che se passavo dalla sua città di farglielo sapere perché mi avrebbe incontrato volentieri. Quindi qualche giorno prima di partire gli comunico in chat che sarò a Lucknow dal 5 al 7 febbraio, gli lascio l’indirizzo ed il nome dell’albergo, il mio numero di cellulare e che mi farò vivo quando arriverò. Sinceramente mi aspettavo da parte sua che mi lasciasse un messaggio presso la reception dell’albergo o che mi mandasse un sms Lo mando io dicendo che siamo arrivati e che siamo in albergo. Aspetto fino a tarda serata ma non ricevo niente, sinceramente rimango molto amareggiato da questo suo atteggiamento. Comunque una volta arrivati usciamo quasi subito, siamo su una strada abbastanza trafficata, ma non vediamo niente di particolare interesse, l’unica cosa che ci colpisce sono i numerosi negozi e venditori ambulanti di fiori. Arriviamo ad una vicina zona commerciale, ci sono tantissimi negozi, compro per Ivana uno scialle pagandolo solo 1.000 Rps.
Torniamo in albergo per la cena, il buffet è buono ma niente di particolare.

6 febbraio mercoledì Lucknow
Abbiamo appuntamento per le 10 perché prima è tutto chiuso, negozi e monumenti. E’ ancora molto nuvoloso e minaccia ancora di piovere. Sul giornale locale che mi hanno lasciato in camera vado a leggere che è un periodo di piogge veramente eccezionale, negli ultimi giorni la quantità di pioggia è stata più del doppio di quella che cade normalmente in tutto il mese. La guida arriva puntuale e partiamo per il giro della città. Visitiamo l’imponente complesso del Bara Imambara è anche questo in pratica la tomba di un santo musulmano sciita, dopo aver attraversato la porta principale ci troviamo in un vasto cortile dove si trova una moschea con due minareti, un piccolo pozzo a gradini e l’ingresso del palazzo principale al cui interno si trovano vaste sale, passiamo poi a percorrere un intricato labirinto di corridoi e scale che conducono ai ballatoi che si affacciano sulle varie sale e ad un’ampia terrazza da cui si può ammirare dall’alto tutto questo complesso. Nel cortile vi è pure una riproduzione in scala ridotta del Taj Mahal, continuiamo la visita con il Chota Imbambara altro mausoleo dove è sepolto un altro importante personaggio del periodo mussulmano insieme a sua madre. In una sala è conservata una collezione di lampadari in cristallo provenienti da ogni parte del mondo. Entriamo poi dentro ad un piccolo museo con una raccolta di armi, libri ed immagini del XIX secolo.
Mentre siamo dentro scoppia un violento temporale, aspettiamo un po’ per vedere se si riesce ad arrivare almeno al parcheggio, ci raggiunge l’autista portandoci degli ombrelli. Sotto il diluvio ci fermiamo al Royal Cafè per il pranzo e quando usciamo piove ancora molto forte. Decidiamo quindi di rimandare all’indomani il resto della visita della città, sarebbe assurdo continuare la visita in quelle condizioni, smette di piovere solo dopo le 17. Usciamo per fare due passi ma fuori è praticamente un acquitrino,quindi facciamo un po’ di zapping alla TV tanto per aspettare l’ora di cena. Spero ancora che mi chiami il mio amico indiano ma niente da fare.

7 febbraio giovedì Ayodhya
Per fortuna c’è il sole ed è tutto un’altra cosa ed anche la temperatura ne risente. Andiamo subito a visitare la Residency, è un vasto complesso di palazzi del periodo coloniale ormai andati in rovina, fu il teatro di tragici eventi durante un tentativo di rivolta nel 1857 quando morirono centinaia di persone fra cui donne e bambini che s’erano asserragliati e rifugiati per sfuggire agli attacchi dei ribelli, tutti gli edifici non sono mai stati restaurati .Poco distante c’è un altro vecchio palazzo il Dilkusha Palace che è diventato da una decina d’anni un esclusivo college maschile in vasto cortile alcuni ragazzi giocano chi a calcio chi a cricket altri invece più grandi indossano un’impeccabile divisa con giacca blu e cravatta regimental.
Dobbiamo purtroppo tralasciare altri monumenti per aver tempo sufficiente per la visita di Ayodhya. Percorriamo ancora un’altra “autostrada“ ma anche qui non cambia nulla rispetto all’altra volta, il traffico pare che non sia regolato da nessun codice. Poco prima dì arrivare ci fermiamo lungo il Ghanghara River dove donne ed uomini di ogni età fanno abluzioni nelle sue acque. Ci sono alcune bancarelle dove vendono piccoli dolci, frutta ed altri generi alimentari, numerose vacche se ne stanno tranquille nel mezzo.
Arriviamo quindi a questa piccola cittadina che pare abbia dato i natali a Rama, è quindi anche questa considerata una località sacra per la religione hindu. Fu però il luogo dove nel 1992 avvennero sanguinosi tumulti fra le comunità mussulmane ed induiste che furono difficilmente risolti dal governo con la suddivisione del territorio in settori distinti per le due religioni. Tutta la zona è fortemente presidiata da un numero elevato di militari ancora prima d’arrivare alla zona monumentale. Dobbiamo lasciare borse, macchina fotografica e cellulare per potervi accedere, anche perché successivamente saremo sottoposti a scrupolosi controlli. Passiamo prima attraverso un piccolo mercato e troviamo davanti una fila interminabile di pellegrini. La nostra guida con il benestare di alcuni poliziotti ci fa passare davanti a tutti ma alla fine ci dobbiamo mettere in fila con gli altri, i controlli in effetti ci sono, dobbiamo far registrare i nostri nomi lasciando le fotocopie dei passaporti e visto in un apposito ufficio. C’incamminiamo quindi in un camminamento protetto da una spessa grata metallica, ci sono ancora altri controlli ovviamente suddivisi per uomini e donne, procediamo lentamente per arrivare ad una piccola nicchia protetta da una tenda che pare essere il luogo della nascita di Rama.
Tutta la visita in pratica si risolve in questo, ritorniamo verso il parcheggio, notiamo una scalinata che conduce ad un piccolo tempio ma la guida ci dice che non offre niente di particolare. Alla fine restiamo un po’ delusi, c’aspettavamo qualcosa di più. Pranziamo in un piccolo ristorante con un ottimo dosa masala.Poco distante sono ammassati i ruderi di un tempio andato distrutto, i pezzi sono numerati ed inventariati in previsione di una futura ricostruzione appena saranno disponibili dei fondi per effettuare questa opera.
Ritorniamo quindi verso Lucknow, quando arriviamo è ancora abbastanza presto ripercorriamo a piedi la strada verso la zona dei negozi per far venire l’ora di cena.

8 febbraio venerdì Allahbad
L’autista ci viene a prendere puntuale alle 9 ma impieghiamo quasi 5 ore per arrivare, man mano che c’avviciniamo aumenta il traffico e la confusione restiamo anche bloccati e possiamo già avere una certa idea della quantità di gente che sta arrivando, fra l’altro i prossimi giorni rappresenteranno proprio le date del bagno principale. Vediamo tanta gente incolonnata ai lati della strada che si portano dietro tutto quello che potrà tornare loro utile nei giorni successivi.
La nostra permanenza per i prossimi tre giorni è prevista al Kumbh Village un campo tendato a circa un paio di Km dal ghat principale. Yasin pochi giorni prima del nostro arrivo era andato a sincerarsi di persona sull’effettiva struttura del campo. Mentre c’avviciniamo ancora ai lati della strada notiamo altri vasti campi tendati, l’autista che c’accompagna non riesce a trovare il nostro nonostante le continue richieste d’informazioni. Quando arriviamo il campo appare in ottimo stato, le tende sono ampie e spaziose, ognuna ha i servizi privati, ben tenuto e curato. Qui abbiamo tutto compreso, dopo pranzo ci stendiamo sul lettino a riposare poco dopo sentiamo arrivare Walter, ha un vocione inconfondibile con il suo gruppo. Usciamo a salutarlo ci troviamo quindi d’accordo per uscire insieme e fare una prima escursione verso la zona dove si tiene il Kumbha Mela. Possiamo subito notare altri campi tendati notevolmente più semplici dei nostri rivolti a pellegrini, ma tantissima gente è accampata sotto un semplice telo di plastica o sdraiati per terra. Ci sono uomini d’ogni età, donne con i loro figli anche di pochi mesi chi vestito con poveri stracci chi invece tende a mantenere un minimo di decoro. Non ci sono praticamente servizi di ristorazione, quindi tutti, chi più chi meno ha allestito delle piccole cucine da campo. E’ l’occasione quindi per scattare un’infinità di foto, vi restiamo fino al tramonto e poi rientriamo al campo. La temperatura cala subito sensibilmente, purtroppo non c’è acqua calda e non è quindi possibile farci una doccia.

9 Febbraio sabato Kumbha Mela
Dopo colazione facciamo un’ultra uscita tutti insieme, la confusione e la gente pare già aumentata rispetto al giorno prima file ininterrotte di gente che vanno avanti ed indietro, tutto lungo gli argini in secca del Gange sono stati montati numerosi altarini con i santoni dall’alto predicano ed invitano a riunirsi, in alcuni casi sembrano immagini da luna park con tanto di musica assordante e luci colorate. Ci sono pure piccole bande che suonano tromboni ed altri strumenti a fiato. Ci restiamo fino quasi a mezzogiorno poi rientriamo per il pranzo e per concederci un piccolo riposo.
Nel pomeriggio torniamo ancora verso la zona del raduno percorrendo altri viali, notiamo ancora tante famiglie che sono giunte fin lì accampate alla bene meglio. Continuo ancora a scattare numerose foto particolarmente a quelle persone che possono apparire maggiormente fotogeniche. Per abbreviare il tragitto di ritorno montiamo su una piccola barca, dopo una breve contrattazione c’accordiamo per 200 Rps.a testa. Tantissime sono pure le persone che utilizzano queste imbarcazioni per attraversare il fiume, nonostante siano stati montati dei ponti provvisori.
Mentre siamo a cena ci viene detto dalla direzione del campo che il giorno dopo sarà la giornata principale dove potremo assistere al bagno ed al passaggio dei sadhu che si svolgerà all’alba. Ma dobbiamo entrare attraverso le recinzioni prima delle 2,30 dopo di che chiuderanno e non faranno più passare nessuno. Quindi andiamo subito a letto, la sveglia alle 1,30, c’alziamo senza avere nemmeno la possibilità d’avere una tazza di caffè. Ci raduniamo nel piazzale del campo oltre a noi ci sono altri turisti ed un gruppo di russi guidati da quello che pare essere un prete, tutti incolonnati noi dietro ad un cartello del campo, loro con tanto di labaro con l’insegna del loro setta. Tutta la zona è illuminata a giorno da potenti lampioni, fa freddo ma muovendosi non s’avverte eccessivamente. Camminiamo per circa mezz’ora, raggiungiamo un piazzalone c’è già tantissima gente ci sono pure molti militari e polizia che in qualche modo cerca di regolare queste fiumane umane anche in maniera non troppo garbata. Non sappiamo dove andare e dove stare, cerchiamo di conquistare una postazione da dove sia possibile assistere al passaggio dei sadhu, dopo che ci siamo sistemati davanti ad una staccionata, ci fanno andare via, dobbiamo trovarcene un’altra ma non sappiamo dove andare, cerchiamo soltanto di restare tutti uniti e di non disperderci, cosa sinceramente non facile. Il freddo comincia a farsi sentire, del resto non abbiamo nemmeno un abbigliamento adatto, ci meravigliamo soltanto di come questi santoni possano sopportarlo praticamente nudi. Non abbiamo nessuna notizia precisa e nemmeno se siamo in un punto giusto.
Il tempo passa lentamente, ma alla fine arriviamo intorno alle 5 siamo appoggiati ad una staccionata e comincia ad albeggiare, sperando che tutto alla fine si possa risolvere prima possibile e poter osservare questo benedetto corteo che è previsto intorno alle 5,30 – 6. Tutto l’evento è anche molto seguito da giornalisti e reporter che godendo di permessi speciali possono muoversi liberamente all’interno del percorso chiuso al pubblico, tutto a riprova che si tratta di un evento d’importanza enorme.
Purtroppo da dove siamo non possiamo raggiungere la zona della balneazione ma alla fine arrivano incolonnati e quasi di corsa, completamente nudi e ricoperti di cenere bianca. La calca della folla è praticamente indescrivibile, in certi momenti proviamo anche paura di venir travolti, e a mala pena cerchiamo di raggiungere altre postazioni. Alle 7 ormai è giorno fatto, tutti i percorsi e i viali interni sono bloccati e non riusciamo a passare per raggiungere e tornare verso il campo. Comunque vediamo come siano stati allestiti altri tendoni dove i santoni continuano le loro prediche accompagnati da canti e musica, passano ancora bande e musicanti, la gente tutto intorno intona canti e litanie.
Sinceramente cominciamo ad essere tutti stanchi e desideriamo solo tornare verso il campo per prendere almeno qualcosa di caldo. Non riusciamo a muoverci in nessuna maniera, proviamo più volte andando avanti ed indietro sempre in mezzo alla calca, in questa giornata nessun veicolo può circolare, nella zona intorno comincia pure un carosello di carri trainati da trattori da dove altri predicanti intonano le loro preghiere. Sono riccamente addobbati con stoffe multicolori e collane di fiori, ma bloccano con il loro passaggio l’accesso ad altre zone, proviamo a riposarci sedendoci come meglio possiamo, cerchiamo più volte un varco per poter passare, a Ivana viene la giusta idea di cercare di passare alla svelta fra un carro e l’altro, alla fine ce la facciamo ma sono già quasi le 11, non abbiamo ovviamente mangiato nulla ed abbiamo anche molta sete, alla fine quasi allo stremo delle forze raggiungiamo il campo.
Ci sorge a questo punto il dubbio se è stata veramente la scelta giusta quella di essersi comportati in quel modo, successivamente incontrando altre persone che hanno partecipato, queste ci dicono di essere giunte nella zona del raduno solo alle 5 del mattino. Passiamo il resto della giornata a riposarci.

11 febbraio lunedì trasferimento Varanasi
Si dovrebbe avere appuntamento per le 8,30 senza però niente di certo per il trasferimento a Varanasi, quindi fatta colazione ci mettiamo pazientemente ad aspettare, scambio due parole con dei turisti inglesi, circola voce che siano stati presenti dai 25 ai 30 milioni di persone, che all’interno non è successo fortunatamente nulla, ma che invece purtroppo nella mattinata sono morte una ventina di persone alla stazione ferroviaria in seguito al crollo di una passerella, dei ragazzi italiani stanno anche loro aspettando un’auto che venga a prenderli, si viene a sapere che tutte le strade sono bloccate, dall’enorme quantità di auto e pullman che devono riportare indietro i pellegrini e visitatori. Restiamo quindi in attesa senza aver nessuna notizia precisa, mi arriva poi un messaggio che l’auto non arriverà prima di mezzogiorno. Esco a cercare qualcosa da mangiare trovo solo della verdura fritta ma ci basta. L’auto arriva solamente dopo le 13, ripartiamo subito ma restiamo bloccati in mezzo al traffico, alla fine impiegheremo oltre 6 ore per percorrere quasi 130 km.
L’albergo di Varanasi di ottimo livello appartiene alla catena del Radisson, ne abbiamo veramente bisogno per farci finalmente una bella doccia e ripulirci da tutta la polvere accumulata.

12 febbraio martedì Varanasi
La città è considerata una delle più antiche del mondo ed è pure una delle città più sante per la religione induista. Qui i pellegrini arrivano da ogni parte dell’India per purificare la propria anima nelle acque del Gange o per cremare i propri morti. Abbiamo la mattinata libera quindi senza tanti problemi prendiamo il primo tuk tuk e ci facciamo portare verso il centro indicando che vogliamo raggiungere il Wishavanath Temple, che è considerato uno dei templi dedicato a Shiva, fra i più venerati di tutta l’India e per questo motivo è molto visitato dai pellegrini, e da coloro che accompagnano i propri parenti alla cerimonia della cremazione.
Il ragazzo che guida il tuk tuk ci dice che non è possibile arrivare perché la strada è chiusa, quindi ci lascia nelle sue vicinanze, ma sono poche centinaia di metri. In effetti la strada principale è chiusa al traffico, su un lato c’è una lunga fila di pellegrini, chiedo ancora informazioni come giungere. Ci fermiamo prima in un piccolo tempietto rialzato dal livello stradale da dove è possibile vedere questa fiumana di gente. Capisco che si tratti di un evento particolare ma non riesco ad avere notizie precise in merito. Veniamo agganciati da un ragazzino che si offre d’aiutarci, ci dice che non è una guida ma che ha un negozio lì vicino. Percorriamo degli strettissimi vicoli dove appunto ci sono negozi d’ogni genere, arriviamo al tempio anche qui non possiamo portare nulla, quindi entriamo a turno non sapendo dove lasciare le borse. Ci sono controlli da parte della polizia, per passare bisogna mostrare il passaporto, vengono riportati i dati in un apposito registro, lasciamo pure le scarpe. All’interno su un ripiano d’argento si trova il simbolo fallico del lingam alto quasi 60 cm.
Quando usciamo il ragazzo che c’ha portato ci conduce al negozio di un suo parente dove sono venduti tagli di stoffe e sari di pregevole fattura, Ivana prova ad indossarne uno, il prezzo richiesto non sarebbe nemmeno troppo eccessivo dalle 3500 Rps cala in poco a meno della metà ma ci rendiamo conto che alla fine non saprebbe mai quando portarlo. Anche la scusa d’aver lasciato i soldi e carta di credito in albergo non regge, loro si sarebbero disponibili a portarcelo direttamente là quando vogliamo, alla fine ringraziamo molto educatamente e lasciamo il negozio. Torniamo quindi verso la strada principale, la folla è ancora aumentata, non passano nemmeno i tuk tuk è tutto bloccato, l’unico modo per tornare in albergo è un ciclo risciò. Poco distante c’è una chiesa cattolica, la visitiamo poi proprio davanti c’è un piccolo ristorante, vi pranziamo con un semplice piatto vegetariano.
Alle 14 abbiamo appuntamento per la visita di Sarnath distante solo 7 – 8 km. E’ il luogo dove Buddha tenne il suo primo sermone davanti a soli 5 discepoli dopo aver raggiunto l’illuminazione a Bodhgaya quindi per la religione buddista è uno dei principali centri di pellegrinaggio e studio. Ci fermiamo subito davanti al Dhamekh Stupa costruito nel punto dove Buddha tenne il suo discorso, è una struttura in mattoni alta 34 metri ma si ritiene che inizialmente fosse molto più alto. Poco distante si trova un tempio abbastanza recente all’esterno un’alta statua in pietra bianca di Buddha e all’interno alcune sale decorate con affreschi e pitture. Ve ne sono poi altri con architettura tipiche del Tibet o del Giappone.
Rientriamo poi a Varanasi per assistere al tramonto alla cerimonia dell’Aarati. Mi faccio a questo punto spiegare il motivo di questa enorme folla di pellegrini, la guida mi dice che ogni anno intorno alla prima metà di febbraio, secondo il calendario induista si svolge la festività di Shivaratri e che quindi che è proprio per questo motivo che c’è una forte presenza di pellegrini, i quali dopo aver visitato il tempio si recano sulle rive del Gange per le abluzioni. Ripassiamo quindi per gli stretti vicoli che conducono ai Ghat dove si svolgerà questa cerimonia. Per fortuna riusciamo a conquistare una postazione molto buona in una terrazza, prospiciente il gath, sicuramente migliore rispetto a quella prevista su una barca.
Torniamo quindi in albergo per la cena, non mi sento troppo bene, ho una forte stanchezza forse qualche linea di febbre ma non ho la possibilità di misurarla, può aver contribuito pure una leggera forma di diarrea che mi accompagna da qualche giorno.

13 febbraio Mercoledì Varanasi – Bodhgaya
Ho dormito poco e male, durante la notte ho avuto sicuramente una puntata febbrile che riesco a controllare con una compressa di Tachipirina, abbiamo appuntamento per le 5,45 per assistere all’alba su le acque del Gange e alle abluzioni dei pellegrini. Non me la sento d’andare, mando quindi Ivana da sola. Quando ritorna intorno alle 8,30 mi riferisce che era molto nuvolo quindi non ha potuto assistere all’alba sul fiume. Mi riferisce che c’era anche molta gente, sto un po’ meglio ma non sono ancora del tutto a posto.
Facciamo colazione e partiamo intorno alle 10. Il viaggio è anche abbastanza lungo ci fermiamo per i controlli di routine al confine fra lo Stato dell’Utthar Pradesh e il Bihar. Secondo il nostro programma avevamo la permanenza successiva a Patna per due giorni, Walter mi aveva messo in guardia dicendomi che questa città non offre assolutamente nulla, quindi quando arriviamo all’albergo di Bodhgaya mi do subito da fare per annullare una notte a Patna e poterla trasferire su quella di Bodhgaya. Il personale dell’albergo è molto gentile e disponibile contattando la Rubyholidays riusciamo nel nostro intento e quello che è più importante senza spendere nulla.
Anche se è ormai quasi buio usciamo per una prima visita della città. Fu qui che Siddharta Gautama raggiunse l’illuminazione diventando quindi il Buddha dopo un periodo di meditazione durato 6 mesi e nutrendosi solo con pochi chicchi di riso la giorno. Di conseguenza è un centro dove si radunano sia in preghiera che per studi e meditazione fedeli buddisti da ogni parte dell’Asia e del mondo. Almeno una volta all’anno vi giunge pure il Dalai Lama per trascorrevi qualche giorno.
Ci rechiamo subito al Mahabodhi Temple dichiarato patrimonio mondiale dall’UNESCO. E’ il cuore spirituale della cittadina, il tempio è stato costruito proprio nel luogo dove Buddha raggiunse l’illuminazione, la struttura principale è data da una torre piramidale alta circa 50 metri, con intorno un giardino molto ben curato. Il vialetto che porta al suo ingresso è stato trasformato in un bazar dove viene offerto e venduto di tutto dai classici souvenir a frutta,e paccottiglia varia. Ci sono tantissimi monaci che vanno e vengono in file ordinate, ma molti di essi sono pure sicuramente per fare oltre che pellegrinaggio anche una visita turistica, quasi tutti con l’orecchio al cellulare e macchina fotografica in mano.

14 febbraio giovedì Bodghaya
Continuiamo nella mattinata la nostra visita, ci sono tanti templi che si rifanno alle varie scuole di pensiero buddista dal Nepal, Tibet, Buthan, Tailandia, Cina e Giappone. Ogni tempio è costruito secondo la propria architettura. Ne visitiamo alcuni, incontriamo ancora tanti monaci, la loro tunica differisce a seconda della loro provenienza, non manca ovviamente la presenza di numerosi turisti dove tanto per cambiare prevale la componente italiana. Ci lasciamo con la guida e l’autista, ceniamo abbastanza bene in un ristorantino poi torniamo in camera per concederci un riposino.
Torniamo verso il tempio principale, curiosiamo fra le tante bancarelle che sono pure in una strada laterale ci sono ancora numerose friggitorie dove preparano al momento dolcetti e ciambelline ne assaggiamo un paio. Restiamo fuori fino a quando fa buio poi rientriamo per la cena.

15 febbraio venerdì Rajgir - Nalanda Patna
A circa 80 km sorge questo altro centro di studio e meditazione buddista anche se d’importanza minore. E’ comunque anche questo frequentato da molti pellegrini. Con una seggiovia si giunge in cima ad una collina alta 500 metri su la cui sommità è stato costruito un enorme stupa bianco. Ai quattro lati ci sono altrettante statue di Buddha raffigurato nei quattro stadi della sua esistenza: nascita, illuminazione, predicazione e morte.
Arriviamo quindi a Nalanda che fu uno dei più importanti centri di studio nel V secolo dc. Pare che intorno al 750 dc fossero presenti oltre 10.000 monaci impegnati nello studio d’astronomia, medicina e filosofia. Tutto fu completamente distrutto durante un’invasione mussulmana nel XIII secolo. Si racconta che furono necessari quasi sei mesi per bruciare e distruggere completamente la fornitissima biblioteca. Quindi rimangono solo le rovine di quello che doveva essere, ma è ancora possibile riconoscere le sale dedicate allo studio, le piccole celle dei monaci, altri locali comuni, le cucine. La visita alla fine anche se non richiede più di un’ora può essere considerata lo stesso abbastanza interessante.
Comincia pure a piovere, arriviamo quindi a Patna, per quel poco che vediamo sembra proprio essere una città decisamente insignificante, su un lungo vialone notiamo però numerosi negozi di marchi d’abbigliamento molto famosi.

16 febbraio sabato Calcutta
Abbiamo il volo a mezzogiorno quindi possiamo fare tutto con calma, arriviamo intorno alle 14, e ci trasferiamo subito verso l’albergo, l’Hindustan di ottimo livello anche se si trova su un vialone molto trafficato in una zona periferica. Usciamo per fare quattro passi ma c’è ben poco da fare facciamo una piccola merendina con dei somosa preparati al momento in un baracchino sul marciapiede. Rientriamo quando comincia a far buio, fra l’altro comincia pure a piovere.

17 febbraio domenica Calcutta.
Eravamo già stati a Calcutta ma ci mancava ancora da vedere alcune cose, come convenuto ci viene a prendere una valida guida. Ci fermiamo per primo a visitare la St. John Church all’interno della quale fu pure allestito un ufficio del primo governatore, ci sono alcune opere pittoriche fra cui una quanto mai particolare Last Supper del pittore tedesco Johann Zoffany. La particolarità della tela sta nel fatto che una chiarissima figura femminile appare abbracciata accanto a Gesù in un atteggiamento quasi sensuale. Nulla è riportato nella sottostante bacheca se non la data ed il nome dell’artista, mi riprometto di fare delle ricerche al riguardo se non fosse altro per quanto raccontato e discusso nel Codice da Vinci.
Proseguiamo diretti verso il Flower Market che viene allestito ogni giorno lungo il Mulik Gath e sotto le arcate del ponte in ferro Howrah Bridge che attraversa l’ampio fiume Hoogghly. Qui eravamo già stati ma ci torniamo di buon grado, purtroppo le recenti piogge hanno contribuito a formare un vasto pantano tutto intorno ai vari banchi dove vengono preparate una quantità di collane e corone di fiori o soltanto dei semplici mazzi. Questo è un commercio che si perpetua ormai da tantissimo tempo ed è diventata un’istituzione della città. Lungo gli scalini del gath ci sono tantissimi mendicanti e altre persone che possono dare un’immagine di quella che può essere il vero aspetto della città che contrasta con la modernità di altre zone.
Continuiamo per il Victoria Memorial, è un imponente edificio quasi tutto in marmo bianco fu iniziato nel 1901 per commemorare il giubileo di diamante della regina Vittoria ma fu completato vent’anni dopo la sua morte. A metà del vialetto che porta al suo interno troneggia, è proprio il caso di dirlo, una statua della regina, poi nelle sale interne è stato allestito un museo con cimeli ed immagini del periodo coloniale. Quando finiamo la visita restiamo bloccati da un forte acquazzone poi ci facciamo coraggio ed utilizzando un piccolo ombrello arriviamo al parcheggio.
Giungiamo ad un piccolo ospedale che fu il primo punto dove Madre Teresa iniziò la sua opera d’assistenza verso i malati e i bisognosi. Incontriamo un piccolo gruppo di volontari italiani che hanno deciso di passare un mese a prestare la propria opera in quella struttura. La nostra visita continua con il tempio Gianista Sheetalnathji Mandir,decisamente dall’aspetto pacchiano con una policromia di vetri e specchi.
Finiamo con la visita del Kaligath Temple deicato alla Dea Kalì, c’è un’infinità di devoti che fanno la fila per entrare nella sala centrale dove è posta la statua della dea per gettarle addosso fiori, offerte o per inchinarsi al suo cospetto, i non induisti si devono limitare ad osservare solo dall’esterno. In un lato del cortile c’è un piccolo locale dove vengono effettuati sacrifici animali, generalmente con delle caprette e poi il sangue viene versato intorno alla statua. Rientriamo quindi in albergo per la cena.

18 febbraio lunedì Sunderbans N.P.
Nella mia richiesta d’itinerario avevo inserito anche questa località rinomata per la presenza degli ultimi esemplari della maestosa specie delle tigre del Bengala, si valuta che ce ne siano circa 300 che s’annidano nella foltissima foresta di mangrovie. E’ distante circa 150 km dal centro di Calcutta per arrivare attraversiamo numerosi piccoli villaggi tutti caratterizzati da animati mercatini.
La strada praticamente finisce nel piccolo piazzale da dove poi partono i battelli che raggiungono le varie zone del parco che è tutto compreso nell’intricato delta del fiume. Montiamo subito su una barca e ci vogliono quasi altre due ore per arrivare al Tiger Camp. Sorprendentemente ci siamo solo noi, ci viene assegnato un elegante cottage all’interno di un curatissimo giardino. Ci viene subito servito il pranzo poi nel pomeriggio usciamo per una prima escursione, che effettuiamo dalla barca, non si può scendere a terra se non in zone dove c’è l’assoluta sicurezza di non essere aggrediti. Saliamo su una piccola torre d’osservazione, ma ovviamente non avvistiamo niente. Infatti ci sono stati degli assalti mortali alla gente del posto da parte delle tigri. Lungo le sponde dei canali vediamo solo qualche daino e numerosi uccelli acquatici, l’occhio attento della guida ci indica anche un paio di volte la presenza di un particolare martin pescatore tipico della zona ma risulta praticamente impossibile fotografarlo.
Rientriamo intorno alle 17,30 ci viene offerto del the con dei piccoli bocconi di pakora. Ci viene anche mostrato un documentario sulla storia del parco e su gli animali che lo popolano. La cena anche se con un buffet limitato è abbastanza buona.

19 febbraio martedì Sunderbans N.P.
Facciamo un giro in barca di quasi 5 ore attraverso i vari canali, tanti coccodrilli, ancora qualche uccello, ma poco altro. Chi c’accompagna ci mostra alcune foto che ha fatto dove uno splendido esemplare di tigre nuota tranquillamente nelle acque del fiume. Ci fermiamo ancora in un piccolo isolotto dove è stato costruito un lungo camminamento in cemento, stiamo ad aspettare per vedere se la fortuna c’assiste ma niente da fare.
Nel pomeriggio veniamo accompagnati per la visita nel piccolo vicino villaggio, molto semplice con povere abitazioni e qualche negozio. Ci sono tanti bambini che si divertono facendo rotolare una vecchia gomma di bicicletta o facendo bolle di sapone Alcune donne sono intente nella battitura del riso.
Quando rientriamo abbiamo una sgradita sorpresa: all’indomani ci sarà uno sciopero generale praticamente in tutta l’India, sono previsti cortei e manifestazioni, per non correre il rischio di restare bloccati è già stato programmato il nostro rientro con una partenza alle 3 del mattino, in modo tale da poter rientrare a Calcutta prima possibile. Mi chiamano anche da un’agenzia dicendomi di stare tranquillo e che non ci saranno problemi. Viene organizzata una breve rappresentazione di danze locali, quando è finita poco dopo arriva un gruppo di turisti.

20 febbraio mercoledì Calcutta
Siamo in piedi come convenuto ovviamente senza neanche la possibilità di una goccia di caffè. Al buio e solo con le torce elettriche raggiungiamo la barca, partiamo con un piccolo ritardo, c’è un po’ di nebbia che crea una scena molto suggestiva, per fortuna il comandante ci dà la possibilità di distenderci nelle cuccette sotto coperta, e provare a dormire un poco. Arriviamo sulla terra ferma poco dopo le 5, una macchina è già pronta ad attenderci, senza incontrare traffico e nessun ostacolo in circa due ore rientriamo in albergo. Facciamo subito colazione e poi ci ritiriamo in camera per provare a recuperare un paio d’ore di sonno.
Usciamo intorno alle 11,30, siamo liberi e non abbiamo nessun programma, in effetti molti esercizi sono chiusi e non c’è la classica confusione dei giorni lavorativi. Poco distante c’è un centro commerciale con tanti negozi d’abbigliamento di vari marchi internazionali ma molti sono chiusi a riprova dell’adesione massiccia allo sciopero. Vi curiosiamo un po’ poi in uno dei pochi bar aperti ci prendiamo un semplice sandwich. Avevo anche ipotizzato sulla possibile presenza del Subway, in effetti c’è per davvero al piano superiore a quello dove c’eravamo fermati ma ormai lo stomaco è a posto!
Torniamo ancora in camera, alla televisione guardo i telegiornali internazionali in particolar modo quello della BBC dove gli argomenti principali sono le dimissioni del Papa, la vicenda di Oscar Pistorius e il passaggio di Beckham al Paris Saint German! Usciamo nuovamente intorno alle 17, siamo decisi a non cenare in albergo, il prezzo del buffet è eccessivamente troppo caro, quasi tutti i negozi adesso sono aperti ma tanto non compriamo niente. Attrae la nostra attenzione l’insegna di un ristorante: “Spaghetti“, decidiamo d’entrare, il locale è elegante e ben tenuto, ma prendiamo una solenne fregatura. I prezzi sono decisamente molto elevati, ordiniamo due porzioni di aglio, olio e peperoncino, fra l’altro i meno cari ma nel condimento c’è di tutto tranne che aglio e olio, il conto con due birrette e una porzione di dolce a mezzo è di quasi 2000 rps.

21 febbraio giovedì Port Blair.
Lasciamo l’albergo poco dopo le 7 avendo il volo della Jetairways alle 9,30. Al check in non so come mi vengono assegnati due posti in business anche se è un volo di solo due ore fa piacere lo stesso. All’arrivo sono già preparato per quello che ci aspetta, anzi indico ad altri turisti quello che c’è da fare. Al banco immigrazione riempio il questionario, mi viene poi rilasciato il permesso stampato valido un mese per la permanenza alle Andamane.
All’uscita c’è uno che ci sta aspettando, mi consegna i biglietti a/r per il traghetto di Havelock e raggiungiamo l’albergo Hill Top, abbastanza semplice ma pulito. Qui la temperatura è decisamente molto più alta saremo intorno ai 28°C. Rimango d’accordo per il giorno dopo per il trasferimento all’imbarco, è bene esserci con un certo anticipo essendo le procedure abbastanza lunghe.
Usciamo poco dopo, con un tuk tuk raggiungiamo l’Aberdeen Bazar, facciamo una passeggiata su ambo i lati della strada principale non avendo ancora mangiato nulla compriamo dei pasticcini in una bakery e in un altro negozio due magliette che mi possono venir comode per la permanenza al mare. Arriviamo anche alla Marina e ci troviamo di fronte al New Light House Restaurant prenoto per le 19,30. Torniamo indietro e ci troviamo di fronte ad una moschea che stranamente non avevamo visto durante il nostro precedente soggiorno. E’ l’ora della preghiera quindi non possiamo entrare ma riesco lo stesso a fare due belle foto dall’esterno.
Abbiamo fame quindi anticipiamo il nostro arrivo, ci sarebbe del pesce ma non c’ispira eccessiva fiducia, ceniamo con un ottimo pollo tandoori. Rientriamo in albergo con un tuk tuk, farla a piedi sarebbe eccessivamente troppo lunga.

22 febbraio venerdì Havelock
L’appuntamento è alle 7, fra l’altro a quell’ora non viene ancora servita la colazione, aspettiamo fino alle 7,15 la partenza del traghetto è alle 8,45. Prendiamo quindi un tuk tuk per raggiungere il porticciolo, poco dopo che siamo arrivati iniziano le procedure per l’imbarco, il bagaglio viene etichettato e portato in un locale da dove poi verrà stivato sul traghetto, poi mi viene controllato e timbrato il biglietto.
Mezz’ora prima della partenza c’imbarchiamo, i posti sono già assegnati. Si tratta del solito catamarano veloce che avevamo preso l’anno precedente della Compagnia Markuzz. La traversata dura circa un’ora e mezzo, il mare è calmo e non crea alcun problema. Tutta la sala passeggeri è completa con una prevalenza quasi totale di turisti locali, essendo un fine settimana, forse molti si recano ad Havelock per una breve vacanza.
All’arrivo dobbiamo mostrare il permesso che viene ulteriormente registrato. Oltre il pontile all’uscita ci guardiamo attorno per cercare se ci fosse qualcuno che è venuto a prenderci ma non troviamo nessuno, quindi raggiungiamo per conto nostro l’Holiday Inn Resort. Purtroppo è come c’aspettavamo, l’aspetto dei bungalow è abbastanza fatiscente, fra l’altro non abbiamo nemmeno la categoria de luxe come mi aveva assicurato Yasin, è una camera standard ma alla reception mi assicurano che è solo per quella notte. Ormai è chiaro come è andata, prenotando solo agli ultimi giorni non è stato possibile trovare posto al Simhony Palm che è proprio accanto successivamente avrò conferma di ciò dove mi dicono che in effetti è tutto sold out.
Pranziamo nell’adiacente piccolo ristorante Nandini, stiamo un po’ in camera poi passiamo un paio d’ore sulla spiaggia, c’è già bassa marea ma possiamo prendere lo stesso un po’ di sole. Raggiungiamo il centro, a quell’ora dopo il tramonto la piazza è molto animata, al mercato compro della frutta, ci sono molti uomini che seduti discutono delle loro cose e bevono il loro the, un classico spaccato di vita locale di paese.
Rientriamo per la cena, il buffet dell’albergo è decisamente molto scarso ed eccessivamente troppo caro per quello che danno, 300 Rps.

23 febbraio – 1 marzo Havelock
La mattina dopo ci cambiano la camera, in pratica la differenza fra la categoria standard e la de luxe sta solo nel fatto che in camera abbiamo un piccolo frigo bar e un bollitore che in effetti possono far comodo.
Le giornate a questo punto le passeremo standocene tranquilli in spiaggia a prendere il sole ed io facendo alcune nuotate fin tanto che c’è alta marea. Nel tardo pomeriggio arriviamo a piedi in centro nel piccolo supermercato compro del Nescafè, succo di frutta e biscotti. Una mattina raggiungiamo la spiaggia di Rada Nagar, a disturbare ci sono due scolaresche ma riusciamo lo stesso a trovare il nostro angolo di pace. Presa la decisione che non ha assolutamente senso pranzare e cenare in albergo, consumeremo tutti i nostri pasti da Nandini anche se poi alla fine mangeremo sempre le stesse cose. Solo una delle ultime sere ceniamo con un invitante piatto di noodles preparati al momento seduti su uno sgabello.
Anche se siamo sempre rimasti per tutti questi giorni nel solito posto siamo sinceramente contenti della nostra scelta, purtroppo non siamo potuti arrivare a Diglipur e nella parte più settentrionale dell’arcipelago, speriamo di poterci arrivare in una prossima occasione.
Nel pomeriggio del 1 marzo prendiamo il traghetto per rientrare a Port Blair, all’indomani abbiamo il volo per Calcutta. In maniera molto fortunosa riesco ad anticipare il nostro ritorno in Italia per gravi motivi familiari.

 

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