Schinoussa: ma esiste davvero?

Dopo qualche iniziale perplessità, l’isola delle Piccole Cicladi si rivela un vero paradiso per coloro che cercano l’autenticità e i ritmi pacati dello “slow travel”

 

Non si preoccupino i miei possibili lettori per il titolo allarmante: Schinoussa esiste. Esiste nelle guide di viaggio, nelle carte geografiche, come destinazione dei traghetti ma soprattutto esiste fisicamente come isola delle Piccole Cicladi estesa per 9 kmq a sud di Naxos e popolata da 140 anime. Lo giuro perché ci sono stato.
Però il titolo provocatorio non è del tutto peregrino se ci riferiamo alla prima giornata e mezza delle quattro che vi ho passato da venerdì 15 a martedì 19 giugno 2012: davvero si aveva la sensazione che, se non proprio l’isola nella sua interezza, diverse parti ad essa concernenti non esistessero. Mi spiego meglio, cominciando dall’inizio.

VENERDÌ: L’ARRIVO E LE PRIME PERPLESSITÀ

Dopo un’ora e mezza dalla partenza da Naxos il traghetto Artemis della Anek Lines attracca al piccolo molo di Mersini con pochi minuti di ritardo sulle previste 11,45.
Con me scendono sei persone che immediatamente si distribuiscono (evidentemente avevano prenotato l’alloggio) sui furgoni del “Meltemi” e dell’“Iliovasilema” che tosto imboccano la strada che sale alla Chora. Resta quello della Pension Galini, il cui padrone di casa fa salire una signora residente, poi carica il suo borsone nel bagagliaio e solo a questo punto si accorge che non faccio parte dell’arredo urbano decidendosi a mostrarmi l’album fotografico della casa e delle camere: pattuisco 25 euro a notte e salgo a bordo.
Nel breve tragitto mi dico: d’accordo che siamo appena a metà giugno, d’accordo che è un’isola piccola non fra le più popolari, non mi aspettavo un’orda di affittacamere che mi riducessero a brandelli nel contendersi la mia ambita presenza, però…
Sarà la prima delle diverse occasioni in cui mi renderò conto che a Schinoussa il turismo sembra passare accanto “di striscio”, come dire: ben vengano i turisti, ma anche se non vengono… stiamo bene lo stesso. Buon segno in fondo, vuol dire che l’isola mantiene ancora una sua autenticità e gli abitanti si riveleranno piacevolmente ospitali. E poi per mia indole non amo i salamelecchi e i fasti, mi basta una camera pulita, qualche taverna accogliente, belle spiagge e bella natura… e al resto ci pensano le mie gambe: tanto più che qui il camminare è “la morte sua”.
La Pension Galini è al termine della strada principale della Chora (beh, insomma principale… saranno sì e no 150 metri) su uno slargo un po’ brullo con qualche oleandro e un paio di palme evidentemente piantati di recente, camera spaziosa con le solite dotazioni, niente A.C. ma il ventilatore a soffitto si dimostrerà sufficiente.
La giornata è caldissima. Mi prendo una pausa consumando un po’ di avanzi portati da Naxos (salatini, biscotti, frutta) e schiacciandomi una pennica fino verso le quattro, quando esco per una prima presa di contatto con l’isola.
Diciamo subito che il solo tratto asfaltato della viabilità isolana è quello di un chilometro dal porto di Mersini alla Chora, mentre quello dalla Chora a Messarià è in parte asfaltato e in parte cementato. Il resto consiste in sterrate sulle quali si spostano, sollevando polvere in mirabile sinergia con il frequente vento, i pochi mezzi su ruote: rare e scalcinate automobili, moto, trattori, alcuni pick-up adibiti a trasporto merci che spesso svolgono un servizio viaggiatori ufficioso caricando nel cassone anche persone.
La posizione elevata della Chora consente da subito di padroneggiare visivamente l’isola e di valutare i chilometraggi con una serie di cartelli: Almyros 1.4, Lioliou 2.5, Messarià 1.6, Psili Ammos 2.2. Livadi e Tsigouri sono indicate senza la distanza, ma sono poche centinaia di metri e vi si scende in non più di una decina di minuti a piedi.
E’ proprio a Livadi che inauguro la serie dei bagni schinoussesi: è una bella spiaggia sabbiosa di circa 400 metri coronata da tamerici, oltre a me ci sono solo tre persone sparse e l’acqua è a temperatura ideale. Dalla sua estremità sud si dirama la penisoletta di Agios Vasilios che ho intenzione di percorrere in tutta la sua lunghezza (circa 1 km) fino allo stretto che la separa dall’isolotto disabitato di Fidhousa: è un passaggio di poche decine di metri dal quale mi aspetto bellissime vedute. Ma dopo un breve tratto su sentiero si raggiunge una bella colombaia restaurata dalla quale parte un alto muro sul quale spicca un cartello di divieto di accesso con un eloquente “προσοχ´ στα σκυλι´” (attenti ai cani): analogo sbarramento e avvertenza troverò domani al lato opposto del promontorio. Come verrò a sapere, l’intera penisola è stata acquistata anni fa da un magnate straniero che l’ha recintata con un muraglione e ricavato all’interno una fastosa dimora, viali alberati, giardini e… un anfiteatro, cosa quest’ultima di un kitsch terribile: si sarà ispirato alla villa in Sardegna di Berlusconi´
Ecco così la prima cosa inesistente: la possibilità di una bella escursione sulla quale contavo e mi viene impedita dalle fregole pseudourbanistiche di un megalomane.
Risalgo alla Chora e comincio a guardarmi intorno in ottica cena. Noto subito tre taverne chiuse: non più esistenti perché dismesse o semplicemente non ancora aperte a inizio estate´ Fatto sta che stasera sono chiuse, del resto benché siano ormai le 20,30 non c’è in giro nessuno, né turisti né nativi. Memore dell’indicazione (“a good taverna”) del mio padrone di casa, mi oriento su “Meltemi”, attratto dal bel pergolato e dal menu-lavagna che espone un “today’s special” con diversi piatti di pesce: siamo su un’isola ed è ovvio, no´
Mi siedo, sono l’unico cliente, conferisco con il cameriere e comincio a temere che invece non sia proprio così ovvio: no grilled octopus, no swordfish, no gavros, no fried kalamari, no marides little fish, no Amorgos shrimps, come dire abitanti del mare inesistenti. Anzi no, in realtà ci sono alcuni bei saraghi che mi vengono mostrati nel rigor mortis del freezer, mi assicurano che è il pescato del giorno congelato per preservarlo, ne ordino uno grigliato: risulterà anche buono, ma l’interno attaccato alla lisca è per forza di cose semicrudo.
Per inciso, “Meltemi” è anche affittacamere: vi alloggeranno con soddisfazione in un bell’appartamento gli amici Francesca e Fabio con i ragazzi che arriveranno fra due giorni.
Dopo cena, approfittando di un po’ di brezza che si è alzata, faccio una passeggiata per la Chora che si è un po’ animata, anche se quasi esclusivamente di residenti concentrati sulla piccola platìa al bar-taverna-pasticceria Loza che è il classico luogo d’incontro di paese: nei giorni seguenti sarà una piacevole sosta per una birra o un caffè frappé.
Mi corico con qualche incertezza residua ma pensando positivo in vista dei prossimi tre giorni pieni sull’isola.

SABATO: LA DISPERAZIONE
Il pensiero positivo è bello ma può vacillare sotto le raffiche impietose del vento che si può scatenare su una piccola isola greca: e chissenefotte che si chiami meltemi o gigetto o ciccillo, qui è Vento con la V maiuscola e basta! Sono circa le 5 quando mi sveglio con l’impressione che un gigante abbia sradicato la casa dalle fondamenta e la stia scuotendo. Non esagero.
Apro con difficoltà la porta e vedo le sedie da giardino volare qui e là, le palme e gli oleandri inclinati fino al limite di rottura che sembrano gemere di dolore, nessuna traccia dell’asciugamano, delle mutande e delle calze stese ad asciugare ieri sera.
Faccio colazione con tutto comodo interrogandomi sul da farsi: non ci sono siti archeologici, né musei, né pittoreschi villaggi, né mercatini, classiche soluzioni-ripiego con cui in vacanza si cerca di riempire giornate di meteo avverso.
Basta, non c’è altro da fare che uscire, cappello a larga tesa calcato in testa con sottogola ben stretto e foulard sul volto tipo Butch Cassidy alla rapina della banca di El Paso, alla ricerca di qualche angolo riparato. Imbocco la strada diretta alle spiagge di Lioliou e Almyros sulla costa est, che per i primi 500 metri è in comune puntando poi decisamente sulla prima. Il vento è talmente forte da far barcollare, parecchi alberi di ulivo incurvati verso il terreno illustrano con chiarezza quanto il fenomeno sia frequente, da un camioncino che in una nuvola di polvere porta i rifiuti ingombranti a un punto di raccolta volano via prima un grosso imballaggio di cartone, poi un catino in plastica che mi passa appena sopra la testa e ancora la porta di un armadio… insomma, fatemi capire: sono io che pago per stare qui o mi pagano loro´
Raggiungo, bene o male, Lioliou: il suono della parola è gradevole, quasi musicale, e in effetti è una bella distesa sabbiosa fra due tavolati rocciosi, o meglio lo sarebbe se oggi il mare non sembrasse quello delle coste bretoni, con onde alte e lunghe che portano sulla spiaggia cumuli di posidonia e detriti vari.
La balneazione è impensabile, ma un sentierino rasente un muretto di recinzione porta in pochi minuti sul versante opposto del promontorio, quello sud, dove una bassa falesia protegge dal vento Kambos, una spiaggetta di sabbia e ghiaia: sembra un mondo a parte, un vero sollievo dopo mezz’ora di vento feroce e vi indugio lungamente.
Lasciato questo inaspettato angolo di conforto, percorro per un tratto l’orlo della falesia che offre belle vedute sulle sottostanti calette della baia di Gagavi anche se il vento rende difficoltoso scattare foto decenti.
Risalgo al bivio, dove un rudimentale cartello indica una taverna: in effetti ci si arriva in breve, ma non è più che un rudere. Continua la sequenza delle cose non (più) esistenti, del resto mi domando quale giro di affari potesse avere un locale lontano dal mare e affacciato su una sterrata polverosa in uno dei punti più ventosi di un’isola ventosa che vede un po’ di turismo solo un paio di mesi all’anno!
Prossima meta Almyros, che si rivela una spiaggia molto bella di sabbia fine con alle spalle brughiera e piccole dune: inutile dire che anche qui è impossibile immergersi nel mare agitato ma anche sostare a riva senza farsi flagellare dalla sabbia sollevata dal vento.
Continuo comunque a costeggiare il litorale in direzione nord aggirando Capo Kavi che immette sulla spiaggia di Fountana, dove, se possibile, il vento è ancora più forte e il mare ancora più burrascoso: è a modo suo uno spettacolo in una baia particolarmente selvaggia, ma decido che a questo punto per oggi può bastare. Torno alla Chora e mi siedo a un tavolino di Loza, dove mi rilasso sgranocchiando mezedes accompagnati da una birra fresca. A proposito: a Schinoussa c’è il quasi monopolio della Alfa (comunque buona), mentre è piuttosto rara la Mythos.
Torno in camera per una doccia, indispensabile per rimuovere sabbia e polvere che si sono annidate in ogni interstizio degli abiti e del corpo, e per un riposino. Mi dedico a un po’ di lettura con qualche incertezza in più e il pensiero un po’ meno positivo: non posso sottovalutare l’ipotesi del perdurare di tali condizioni meteo né escludo, ammesso il colpo di fortuna di trovare aperto il piccolo ufficio che con orari randomici vende i biglietti dei traghetti, di anticipare di due giorni il rientro a Naxos.
Il tardo pomeriggio è dedicato all’esplorazione della Chora, dove almeno il vento si smorza fra le case. La biglietteria è chiusa e mi spingo per qualche centinaio di metri sulla strada per Messarià, incuriosito da un grosso cartello blu visibile da lontano: in parte deturpato da vernice spray, vi si legge “Valley of Muses - Park of sports and entertainment - Music bar Nine Muses”. L’adiacente slargo destinato al presunto parco consiste in un cantiere dissestato occupato da betoniere, ruspe e macchinari edili incrostati di ruggine, chiaramente abbandonati da anni e fagocitati dalle erbacce.
Al campionario delle cose inesistenti ne aggiungo così una proprio mai esistita: e, aggiungo, per fortuna non si è concretizzato il progetto dissennato di una specie di Disneyland in un’isola che ha proprio nella tranquillità la sua caratteristica saliente.
Per la cena, non è che la scelta sia cambiata rispetto a ieri sera, ma vedo una grossa tavolata sulla veranda del Kira Pothiti Restaurant: lo colgo come segnale positivo e mi accomodo. Nel menu si avvisa che i piatti non prezzati non sono disponibili e guarda caso sono tutti quelli di pesce: ma… non si definisce isola una terra emersa circondata dal mare su tutto il perimetro´ E il mare non è quella immensa massa acquea popolata da pesci, molluschi e crostacei´ E in tutte le isole del pianeta una delle attività principali non è quella di pescarli a scopo alimentare´ Vabbè, taglio corto e ordino un souvlaki di carni miste.
Mentre aspetto, noto che la tavolata è composta da un gruppo (forse di qualche Paese dell’est europeo) accompagnato da guida locale. Inoltre il tono un po’ ricercato del ristorante, la certificazione di qualità dell’autorità turistica ellenica in bella mostra nell’insegna e la presentazione “creativa” delle portate fanno subodorare un conto non tenero. E in effetti pago 20 euro per un pasto, pur apprezzabile e annaffiato da due birre, che a Naxos non mi sarebbe costato più di 12-15.
Mi sposto poi a un tavolino di Loza per centellinarmi un caffè frappé, tenendo d’occhio l’eventuale apertura della biglietteria dei traghetti che è proprio di fronte: secondo voi ha aperto´
Mi ritiro infine in camera sforzandomi di fare mia la filosofia di Rossella O’Hara: domani è un altro giorno. Ma ora che ci penso, a me “Via col vento” mica è mai piaciuto; e non menzionatemi il vento per piacere…

DOMENICA: LA CATARSI
E’ una bella domenica perché sono cambiate parecchie cose. Cosa fondamentale, è del tutto scemato il vento, poi c’è animazione di gente in giro per la Chora già di mattina: la meta è certamente la chiesa per assistere alla Messa ma oggi ci sono anche le elezioni in Grecia, per le quali il seggio è nel bell’edificio moderno che è al contempo sede municipale e scuola. C’è anche un fervore di attività: due delle tre taverne chiuse stanno aprendo i battenti e sistemando davanti i tavolini e le sedie che fino a ieri erano accatastati in un angolo, in una è in via di allestimento il barbecue all’aperto per le cotture alla griglia. Sta perfino aprendo la biglietteria dei traghetti, ma ormai non mi serve più.
Vuoi vedere che convenzionalmente proprio la domenica di metà giugno contrassegna l’inizio della stagione turistica con relativi servizi e torneranno ad esistere cose ritenute scomparse´
La giornata è ideale per camminare, caldo secco con un po’ di giusta ventilazione, e prendo la strada per la parte nordorientale dell’isola. Lasciata la Chora in direzione Messarià, si può osservare la vocazione rurale di Schinoussa che deve peraltro fare i conti con un terreno di certo non fertile: uliveti, fichi, qualche campo coltivato rubato alla terra brulla, piccole superfici adibite a vigneto, pochi bovini e qualche gregge di capre intenti a brucare la poca erba rinsecchita.
Definire Messarià paese o villaggio è un eufemismo per un gruppo di case sparse intorno a una chiesa, ma è il tramite per raggiungere Psili Ammos (esisterà un’isola greca senza una Psili Ammos´): è una delle spiagge più frequentate dell’isola, sabbia grigia mista a ghiaia, alcune larghe tamerici ad ombreggiarla, di certo la più particolare per la duna sabbiosa che digrada da un pendio roccioso sul versante nord. Ci sono solo una coppia e un naturista appartato dietro a un masso, il mare però è ancora parecchio mosso e non invoglia al bagno. Individuo una traccia di sentiero diagonalmente alla duna, nemmeno presente nella pur esauriente mappa SKAI 312 Minor Cyclades, che risale il pendio del promontorio di Màdrisma e mi ci inerpico: si rivelerà una passeggiata di grande soddisfazione su terreno un po’ scabro impreziosito però da macchia mediterranea e relativi profumi nella quale il sentiero è sempre ben individuabile, ora a livello del mare ora qualche decina di metri più in alto, con vedute su numerose calette rocciose particolarmente selvagge.
Si raggiunge infine la deserta spiaggia di Fykio, ormai poco distante dall’estremità settentrionale di Schinoussa, che per quanto più piccola, non è dissimile da Lioliou: un tavolato roccioso che digrada in mare con una battigia sabbiosa. L’acqua è anche qui piuttosto agitata e un po’ torbida, così preferisco limitarmi a qualche foto e intraprendere l’evidente mulattiera che riporta a Messarià.
Sono in credito di un meritato bagno e, tornato alla Chora, mi dirigo a colpo sicuro alla volta di Tsigouri che presumo, come le altre spiagge esposte a sud (Kambos, Livadi), sia ben protetta: non mi sbaglio e indugio a lungo in un mare trasparente calmo come l’olio.
Verso le 14 comincio ad avere appetito e capita a proposito la vicina Psarotaverna Grispos: vero e proprio balcone ombreggiato da platani, in bellissima posizione con ampia vista sulla sottostante Tsigouri, sulla penisola di Agios Vasilios e sull’isolotto di Fidhousa, è poco discosta dall’omonimo complesso residenziale di casette bianche citato anche dalla Lonely Planet. Metto mano fiducioso al menù: psarotaverna significa taverna di pesce e finalmente avrò di che scegliere, ma preferisco evitare un altro penoso “no grilled octopus, no swordfish, no gavros, no…” chiedendo direttamente qual è il pescato disponibile. La risposta è disarmante: “Fried kalamari…”. “Only fried kalamari´”. “Sorry, we’re just open today…”. Eccola là, avevo indovinato che oggi si apre la stagione. Ordino (indovinate) fried kalamari, comunque abbondanti, teneri e fritti a regola d’arte.
Trascorro poi ancora un po’ di tempo sulla spiaggia, fra una nuotata e l’altra monitorando via sms la navigazione della “tribù” di Francesca che è in arrivo da Donoussa con il mitico Skopelitis. Approderanno a Schinoussa a metà pomeriggio dopo una traversata, come riferiranno, turbolenta assai: non so se allo sbarco abbiano baciato il terreno e acceso ceri in tutte le chiese dell’isola, ma non me ne stupirei. E cerco di rimuovere il pensiero che dopodomani toccherà a me…
Mi ritrovo per cena con la gradevole compagnia e puntiamo senza incertezze sulla taverna Margarita, avallata da Bea e altri utenti del forum. Non rimaniamo delusi: la veranda è piacevolmente ventilata, la vista è magnifica, la cena di pesce eccellente. Del resto, la materia prima proviene dal peschereccio di loro proprietà.

LUNEDÌ: IL RISCATTO DEFINITIVO
Eccomi all’ultima giornata e, nonostante le negatività iniziali, posso ritenermi soddisfatto di quanta e quale Schinoussa ho visto. Chi mi conosce sa che non sono tipo da fare la “lista della spesa” quando preparo un viaggio, mettendo poi il segno di spunta sui luoghi mano a mano che li visito: il “ce l’ho… mi manca…” non lo pratico da quando ragazzino facevo le raccolte di figurine. Però spiace un po’ quando si lascia un’isola, specie con le attrattive concentrate in poco spazio come questa, senza avere potuto vederne qualche aspetto saliente; poi magari, una volta tornati a casa, salta fuori il saputello di turno che riferendosi all’unico posto che non hai visitato, ti dice: “ma come, non sei stato alla spiaggia di Proprioquellalà, che è la più bella del mondo´”.
Nella fattispecie, mi trovo oggi con tre crediti che vorrei riscuotere e mi attivo per l’incasso già di buon mattino, approfittando di una giornata meteorologicamente perfetta quanto quella di ieri.
Intanto, voglio fare almeno un giretto a Mersini, che ho visto di sfuggita il giorno dell’arrivo. La strada che vi scende dalla Chora è rilassante e sono molto belle le vedute dall’alto del piccolo porto, che è uno dei più protetti dell’Egeo. Rinviando la visita al ritorno, magari con sosta in una delle due taverne, costeggio la spiaggetta delimitata da tamerici che, per essere quella di un porto, ha comunque una sua gradevolezza e si affaccia su un mare limpidissimo; da qui sale un’evidente mulattiera che, dopo avere lasciato sulla sinistra due cancelli di proprietà private, raggiunge la sommità del crinale (niente di impegnativo, siamo circa a 60 metri di quota e bastano dieci minuti dal porto).
Grazie a uno dei tanti varchi (solita rete fissata con spaghetto, ricordarsi di richiuderla) si supera un lungo muretto a secco e sulla destra si schiude una visione da favola sulla sottostante baia di Sifneiko, di cui avevo visto la foto sulla citata mappa SKAI: ma la realtà supera le aspettative, con una verietà di colori dell’acqua da lasciare a bocca aperta. L’accesso avviene lungo un pendio di folti cespugli, non di rado spinosi, che in prossimità del mare diventa una lastronata rocciosa, così “mi accontento” (si fa per dire) della veduta dall’alto e mi dirigo verso quello che si rivelerà il mio “posto del cuore” di Schinoussa. Risaliti al muretto, lo si costeggia per qualche minuto fino a due costruzioni cubiche vicine, probabilmente case non (o non ancora) ultimate, ottimo riferimento visivo per la risalita. Bastano pochi minuti lungo il pendio (più moderato di quello di Sifneiko) per scendere alla chiesetta di Agios Nikòlaos, che avevo già scorto dal traghetto arrivando: da lì, seguendo verso sinistra il tavolato roccioso si raggiunge in breve una piccola insenatura senza nome né citata in alcuna guida sormontata da una piccola grotta con un mare dai colori indescrivibili.
Nonostante la poca pubblicità di questo angolo d’incanto, ci sono tre signore: dal saluto che ci scambiamo risultano essere italiane, anzi due tornano a Schinoussa per due settimane ogni anno da ben vent’anni e anche per loro questo è il posto più bello dell’isola. Mi fanno anche notare un minuscolo molo di cemento appena costruito che fa presagire l’intenzione di portare qui imbarcazioni turistiche: speriamo che ci vadano leggeri con la “valorizzazione” (con tutta la negatività insita nel vocabolo).
Prima di andarsene, lasciandomi da solo a sguazzare lungamente, mi consigliano la taverna Mersini sulla spiaggia omonima avvisandomi che l’altra (O Nikolas) è tendente all’elegante in quanto frequentata dai diportisti che ancorano le barche al porto e di conseguenza alquanto cara.
Per il ritorno al porto, cerco di capire se ci sia una via alternativa, magari che si mantenga sottocosta passando sopra la grotta, ma non vedo modo di procedere se non fra balze rocciose e fitti cespugli: lascio perdere e seguo la medesima via dell’andata.
Giunto alla taverna Mersini, ritrovo le signore che stanno terminando uno spuntino, ottima conferma della referenza che mi hanno dato. Sono invitato a guardare la vetrinetta con il pescato del giorno, ricca fra l’altro di μπαρμπο´νι (barbouni, triglie), τσιπο´ρα (tsipoura, orata), σαρδ´λες (sardeles, sardine), λαβρ´κι (lavraki, sgombri), il tutto quotato a peso a prezzi contenuti.
Scelta una bella orata di tre etti da passare alla griglia, inganno l’attesa osservando sull’antistante battigia tre pescatori di cui uno sta eviscerando e poi tagliando a tranci una palamita (tonnetto) di un paio di chili, che poi sarà cucinato e imbandito per loro e per il taverniere. Quest’ultimo, dopo che ho terminato la mia orata, si avvicina al mio tavolo per offrirmi un trancio, omaggio che accetto volentieri.
Indugio poi a lungo godendomi il fresco del pergolato fiorito e l’atmosfera amichevole della taverna. Spendo una ventina di euro, conto decisamente equo per un’orata, due birre, un bicchiere di vino e un caffè frappé.
Ultimo giro nella Chora e ultima pigra sosta da Loza, dove ormai conosco e saluto più d’uno degli ospitali avventori, in attesa della “tribù” di Francesca reduce da una giornata tutta sole e mare. Per la cena, ci avvaliamo del consiglio dato sul Forum da Salvatore e giunto tramite un sms di Myria salendo alla bella veranda della taverna “8 αδελφο´ και αδελφ´ς” (8 fratelli e sorelle). Anche questa volta facciamo centro: il contesto è decisamente familiare nel senso vero della parola, a cominciare dalla simpatica foto sul menù che ritrae appunto gli otto fratelli e sorelle insieme con i genitori, l’assortimento di piatti tipicamente greci (niente pesce stasera, ma va benissimo così) molto abbondante, per un conto che non supera i dieci euro a testa. Raccomandatissimo!

MARTEDÌ: LA PARTENZA, A MALINCUORE
Lo Skopelitis diretto a Naxos è previsto per le 9,05 ma già alle 8,15 il mio padrone di casa mi chiede se sono pronto per scendere al porto. Le probabilità che la nave possa anticipare sono lo 0,0001%, ma evidentemente ci tiene ad essere in prima fila sul molo per “abbordare” possibili clienti in arrivo bruciando gli altri affittacamere.
C’è una certa animazione intorno alla barca del pescatore che ieri preparò la palamita e sta pazientemente svolgendo la rete tirata a bordo sfilandone con gesti esperti il pescato della notte. Il bottino è decisamente ricco e sulla tolda si vanno ammucchiando triglie, spigole, orate, sgombri, gallinelle, perfino una grossa murena e due magnifiche aragoste per un peso valutabile in non meno di una trentina di chili: all’intorno contrattano l’acquisto quattro clienti, evidentemente gestori di ristoranti dell’isola.
Beh, almeno questa sera sui menù sarà presente qualche portata di pesce oltre ai saraghi stecchiti e ai fried kalamari…
Lo Skopelitis arriva con 20 minuti di ritardo: un’inezia, considerando che è partito da Amorgos e ha fatto scali a Donoussa e a Koufonissi!
Cullato dallo storico traghetto che mi riporta a Naxos per gli ultimi cinque giorni del mio “island hopping 2012”, mi trovo a fare una considerazione. Non accusatemi di autocelebrazione (mia e di Cisonostato) e mi scusino gli interessati se infrangerò un po’ di privacy facendo qualche nome... Ma in fondo sono tutti nomi di battesimo comuni e vi si identificheranno giusto gli interessati e qualche conoscente!
Penso che ho trascorso quattro giorni della mia vita su un’isoletta greca in culo al mondo dietro suggerimento di un’utente del forum, Bea. Su quell’isola ho conosciuto un’altra utente del forum, Francesca con il suo Fabio e i loro tre simpatici ragazzi, trascorrendo serate conviviali come fra vecchi amici. Un altro utente, Salvatore, ha dato sul forum una buona dritta su un ristorante dell’isola. Un’altra ancora, Myria, sapendo che non avevo accesso ad internet per leggerlo, mi ha mandato un sms per farmi pervenire la dritta stessa.
Anche se incontrati non a Schinoussa ma a Naxos, voglio anche citare Antonella e Luca con cui ho condiviso una bellissima serata. Guardate quanti incontri, internettiani, telefonici e “fisici”, sono avvenuti grazie a quella “agorà” virtuale che è il nostro forum: proprio questa aggregazione di belle persone è l’aspetto che, al di là dello scopo istituzionale di moderatore, mi rende orgoglioso di essere un “Cisonostato man”. E le ringrazio tutte.

Tutte le foto con relative didascalie sono visibili QUI

 

Un commento in “Schinoussa: ma esiste davvero?
  1. Avatar commento
    marco_arturo
    07/08/2012 16:20

    Caro Leo, i posti come la "Baia appartata presso Agios Nikòlaos" sono quelli che cerco e frequento da quando ho imparato ad amare il mare ed in particolare quello greco. Ma la mia esperienza è che non si può MAI sperare di ritrovarli intatti con il passare degli anni. Infatti anche lì arriveranno prima o poi i barconi. La verità è che tutto il sistema "turismo e villegiatura" è drogato e foriero di distruzione. Ci si può illudere, è piacevole e giusto, di esser viaggiatori rispettosi. Per un po' la cosa funziona... E quando funziona è meraviglioso. Ma, con gli anni, rincorrendo isole e luohi sempre diversi per non andare incontro alle brutte "prevedibili sorprese", ho imparato a mantenere per me certi piccoli e rari e preziosi segreti... E sì, lo so che è trsite. E' anche contro lo spirito di questo Forum, dove peraltro mi trovo assai spesso a mio agio. Tuttavia resta se non l'unica perlomeno tra le più efficaci garanzie di preservazione, sul medio periodo :-) Care cose e buoni viaggi! marcop

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