Con Sua Maestà intorno al Sassolungo

Dal Passo Sella intorno al gruppo del Sassolungo-Sassopiatto

Un giorno all’interno di un piccolo rifugio sull’insellatura tra il Col Rodella e il massiccio del Sassolungo si trovarono seduti al tavolo comune, come del resto può accadere ancora oggi, numerosi escursionisti di diverse provenienze. Ben presto si instaurò l’atmosfera di cameratismo tanto cara alla gente che va per monti, ancora più genuina in un’epoca in cui non esistevano ancora impianti di risalita e quei piccoli ricoveri dovevano essere raggiunti facendo affidamento solo sulle proprie gambe.
Tra minestroni, salsicce e bicchieri di vino, i commensali, come in una specie di gioco, cominciarono a turno a parlare di se stessi e a dichiarare il proprio mestiere:
A casa mia io faccio il fabbro ferraio”.
Invece io produco salumi e formaggi”.
Al mio paese ho dei terreni dove allevo il bestiame”.
Io ho un laboratorio dove costruisco attrezzi in legno”.
Parlò infine un giovane che fino a quel momento si era tenuto un po’ in disparte:
A casa mia io faccio il re”.
Dopo qualche scambio di sguardi perplessi tra i compagni di tavolo, comprensibilmente si sollevò una risata generale, ma l’uomo stava proprio dicendo la verità: si trattava infatti del re di Sassonia Friedrich August II, che spesso si recava in anonimato e senza scorta lungo i sentieri delle Dolomiti. Del resto, queste montagne erano particolarmente amate dai membri della famiglia imperiale, un esempio per tutti quello di Sissi e Francesco Giuseppe ai tempi in cui lei era giovane e bella e lui aveva ancora i capelli, non portava i baffoni e non era ancora soprannominato Cecco Beppe.
Oggi con il nome di Friedrich August (anche italianizzato in Federico Augusto) è definito non solo il rifugio, ma anche il sentiero facile, frequentato e panoramico, che dal Passo Sella porta in un paio d’ore al Giogo di Fassa, sul quale sorge il Rifugio Sassopiatto. Prolungando poi l’itinerario fino a chiudere un ideale anello della durata di cinque-sei ore intorno al Gruppo Sassolungo-Sassopiatto, si realizza una delle gite più appaganti dell’ambito dolomitico: se infatti sulla destra il percorso si sviluppa alla base di pareti verticali, torrioni, pilastri, pietraie, vallette e fenditure che caratterizzano il massiccio obbligando a stare spesso a naso in su alla caccia di prospettive sempre nuove, sulla sinistra del senso di marcia il panorama è sempre estesissimo verso una sfilata di gruppi dolomitici che sembrano fare a gara per esibire il meglio delle loro forme.
Come ho detto, il punto di partenza e arrivo dell’escursione è il Passo Sella, a m. 2240 (o 2242 o 2244, mappe e guide si mettano una buona volta d’accordo), raggiungibile in auto sia dalla Val di Fassa che dalla Val Gardena; una buona alternativa può essere la funivia che da Campitello porta in pochi minuti al Col Rodella, a breve distanza dal Passo. Chi non se la senta di completare la gita ha diverse possibilità di interromperla scendendo verso l’Alpe di Siusi o utilizzando gli impianti di risalita del versante gardenese per tornare alla base con le autocorriere. In questo caso consiglio di informarsi sugli orari e di non fare troppo affidamento su eventuali concidenze tra gli autoservizi della Atesina (provincia di Trento) e della S.A.D. (provincia di Bolzano): per ammissione stessa del personale di bordo, le due Compagnie non sembrano infatti particolarmente interessate a un’integrazione dei trasporti in un territorio sul quale gravitano entrambe e può capitare di vedere il retro di un pullman dell’altra Società appena partito mentre il nostro si appresta a fermarsi.
Raggiunta in breve l’insellatura erbosa della Forcella di Rodella a quota 2318, vale la pena di fare sosta per ammirare la complessa architettura “a carciofo” del Gruppo Sassolungo-Sassopiatto: da sinistra si allineano a formare uno dei quadri più classici delle Dolomiti (e tanto meglio al mattino con la luce favorevole per la fotografia) il Sassopiatto, il Dente, la Torre Innerkofler, la Punta Grohmann, le Cinque Dita, la Forcella del Sassolungo con il minuscolo rifugio Demetz e il Sassolungo, culmine del massiccio con 3181 metri. In breve ci si abbassa al rifugio Friedrich August, di recente ampliato, presso il quale una statua in legno a grandezza naturale del re di Sassonia indica con il dito puntato le cime sovrastanti.
Un tratto pressoché pianeggiante tra massi e cespugli di conifere (zona nota come Pian dei Sassi) porta in meno di un’ora al piccolo rifugio Pertini, mentre sulla destra si fa sempre più visibile il torrione del Dente; non guasta, di tanto in tanto, uno sguardo all’indietro verso la Marmolada che, per quanto distante, mostra il profilo inconfondibile della sua calotta di ghiaccio.
L’itinerario prosegue ora in lieve salita, fino a un breve strappo a pendenza più accentuata reso agevole da una gradinatura in tronchi che fa guadagnare quota fino a un punto di particolare bellezza. In basso a sinistra (sud) si notano i caratteristici edifici della Malga del Sassopiatto, attorniati da bestiame al pascolo, con la deviazione per il meno frequentato ma comodo sentiero che discende la verdissima Val Duròn fino al rifugio Micheluzzi e di lì a Campitello; sedendosi fermi su uno dei tanti macigni sparsi lungo il pendio, non si tarda a sentire il fischio e a scorgere qualcuna delle numerose marmotte che popolano la zona. Siamo ormai in vista del rifugio Sassopiatto, ma consiglio prima una digressione di pochi minuti fino all’estremità di una spalla prativa sulla sinistra del senso di marcia: qui, oltre a una quantità di scritte composte con i sassi dagli escursionisti, non è difficile individuare (e solo guardare!) le stelle alpine.
Il rifugio Sassopiatto, anch’esso ingrandito da poco, sorge a quota 2300 sul cosiddetto Giogo di Fassa, un’ampio avvallamento frequentato da mandrie di cavalli avelignesi dalla caratteristica criniera bionda e punto panoramico che merita una sosta per avere un quadro istruttivo di questa area dolomitica: da sinistra a destra un’ampia visuale ad arco abbraccia le vette aguzze dei Dirupi di Larsec, il panettone del Catinaccio d’Antermoia che sbuca da dietro la poderosa bastionata del Molignon, la depressione del Passo Alpe di Tires sul quale appoggiano i pinnacoli frastagliati dei Denti di Terrarossa e, un po’ in secondo piano, la tozza mole squadrata dello Sciliar (vedi altro articolo in questa stessa rubrica) alla cui estremità nord si staccano le punte Santner ed Euringer.
Un’ampia mulattiera in discesa che conduce al già visibile rifugio Zallinger è un’alternativa per tornare a valle tramite la seggiovia che riporta a Saltria, fermata delle autocorriere per la Val Gardena. Chi invece vuole completare questa magnifica traversata ad anello deve deviare a destra dopo poche decine di metri su un sentiero che contorna uno spallone erboso sul quale pascolano spesso greggi di capre per poi tagliare alcune vallette fino all’elevazione del Piz da Uridl: la veduta sul pianoro ondulato dell’Alpe di Siusi è di qui vastissima. Superata una conca di grossi massi e macchie di conifere poco sotto quota 2000, si risale per ghiaie con pendenza costante ma moderata in uno scenario che si fa via via sempre più severo fino ai piedi della gola che divide il Sassopiatto dal Sassolungo: ci troviamo in pratica all’estremità opposta al punto di partenza dell’escursione. Su uno spalto roccioso spicca, 250 metri più in alto, il rifugio Vicenza. Raggiungere questo accogliente luogo di sosta presuppone un allungamento della gita di circa un’ora, ma ne vale senz’altro la pena: il Vicenza (sempre che non si abbrevi l’accesso con un impianto di risalita) fa parte della categoria dei rifugi “scomodi” (tematica che ho sviluppato in un precedente articolo), ma ripaga ampiamente il supplemento di fatica: nonostante la quota di 2253 metri sia relativamente bassa, l’ambiente circostante è particolarmente selvaggio, in particolare verso la conca sempre innevata del Vallone del Sassopiatto, al di sopra della quale si sviluppa la spettacolare ferrata Oscar Schuster che porta in cima.
Tornati sul sentiero principale che continua a tagliare il pendio a mezza costa, si risale una scarpata su terreno un po’ friabile recentemente riassestata tramite un riempimento gradinato con tronchi e si guadagna la sommità tondeggiante del Col de Mezdì o Piz Ciaulonch, da cui ci si affaccia ormai sul versante settentrionale del Sassolungo per un panorama che cambia ancora totalmente: al di là del solco della Val Gardena, che rimane occultata dalla calotta erbosa del Ciampinoi, si riconoscono le Odle, l’altopiano della Stevìa e la sfilata dei Cir parzialmente confusi con il retrostante Gruppo del Puez.
Si procede a serpentine in un bosco di cembri disseminato da massi di frana ai piedi dell’impressionante parete nord del Sassolungo che si innalza verticale per oltre mille metri e, dopo alcune svolte in salita nei pressi di una cascata e di un curioso laghetto (ormai in via di prosciugamento) al cui centro spunta un roccione sormontato da un pino, si raggiunge il rifugio Emilio Comici. Siamo a quota 2153, un posto in prima fila per l’ultimo atto della rappresentazione, protagonista il Gruppo di Sella che mette in mostra il suo versante ovest nella magnifica luce di metà pomeriggio: uno schieramento ininterrotto di torrioni, rientranze, pilastri, pareti, diedri, ghiaioni a formare l’imponente muraglia che continua a regalare sempre nuove prospettive e giochi di chiaroscuro mentre ci avviamo, attraverso il labirinto franoso della Città dei Sassi, verso il rifugio Passo Sella dove ci aspetta un ben meritato grappino.

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