Un tempo era chiamata Jugoslavia

Fra Croazia, Bosnia e Montenegro, fra indiscutibili bellezze ma anche parecchie perplessità

Cari amici di “Ci sono stato”, vi voglio raccontare il viaggio che io e mia moglie abbiamo fatto a maggio 2006 in 3 paesi dell’ex-Jugoslavia, essenzialmente in Croazia. Viaggio interessantissimo sia nell’aspetto dei rapporti umani con questi popoli, sia per le bellezze artistiche e naturali. Non cosi’ economico pero’, come dovunque ormai, rispetto a come lo immaginavamo.I GIORNO: MONTENEGRO
Roma-Bari con la nostra auto. Bari era, come sempre, splendida e molto meno pericolosa di qualche anno fa. Imbarco alle 20,30 con la Montenegro lines (circa 170euro, auto inclusa) che ci avrebbe portato all’alba a… (sorpresa!) Bar, cioe’ il porto d’attracco dei traghetti del neonato Montenegro (4 giorni prima era stata dichiarata l’indipendenza), paese che ci incuriosiva.
Buon sevizio a bordo e, arrivati la’, notiamo un’assenza di qualsiasi segnale (bandiere al vento, luminarie, ecc) che evidenzi il nuovo orgoglio nazionale. I montenegrini, in generale, apparivano piuttosto dimessi nei modi e nell’abbigliamento.
E’ un paese in via di “modernizzazione”, ossia e’ tutto impegnato a lastricare, costruire, abbattere e mettere a lustro una terra che, essi sperano, possa diventare il maggior polo d’attrazione turistica della costa slava, o almeno rubare qualche cliente alla vicina Dubrovnik. Sarebbe pero’ un peccato, perche’ allora la costa lussureggiante, quasi risparmiata dal cemento, l’assenza degli enormi cartelloni pubblicitari visti in Croazia sulle litoranee a coprire il panorama, la sostanziale rozza ma sincera indole degli abitanti si trasformera’ nell’ennesimo circo di operatori servizievoli verso il turista e il suo danaro. Qui, se chiedi qualche informazione, spesso ti si propone un vero baratto (un passaggio, una sigaretta o una mancia). Puo’ sembrare seccante ma io lo trovo umanamente comprensibile. Per ora il turismo e’ fatto da famigliole albanesi che con le loro utilitarie o le loro Mercedes sconfinano in Montenegro dove, pare, i prezzi siano minori che da loro. Noi proviamo tenerezza per questi albanesi turisti, proprio perche’ ce li immaginavamo sempre come poveri disgraziati in cerca di elemosina o traffici loschi. E invece, eccoli li’, turisti con fotocamera e zainetto a sorseggiare Coca cola e a farsi fregare sui prezzi, proprio come noi.
Proseguiamo il viaggio: l’isola di Sv. Stefan e’ da tempo stata vergognosamente privatizzata in blocco (pescatori tipici compresi) ad una catena alberghiera. Noi ci siamo limitati a fotografarla dall’alto, sempre bellissima.
Poi Budva, color rosa e graziosa su un mare splendido.
A Kotor, l’attrattiva principale sarebbe la salita al monte Lovcen, da dove, dopo decine di orridi tornanti, si sarebbe potuto ammirare il panorama delle Bocche omonime. Ora, questa strada panoramica non solo non era segnalata ma, una volta trovata, dopo qualche curva ci siamo trovati di fronte a una scena inquietante: uno spiazzo spelacchiato, sparso di macerie e mondezza: a lato alcune baracche i cui abitanti ci osservavano incuriositi e soprattutto, sulla strada che avrebbe portato ai famosissimi panorami sul fiordo, un chiaro avvertimento: ai due lati della carreggiata erano state poste, a mo’ di propilei dell’orrore, le carcasse bruciate di due auto, di cui una rovesciata su un fianco. Abbiamo deciso di rinunciare al “grandioso panorama sul…”.
Kotor e’ graziosa, con un vivace mercato fuori le mura e la presenza delle rocce che incombono sull’abitato.
Abbiamo assaggiato uno snack fatto di amarene e prosciutto crudo (!?), pagata la pipi’ piu’ cara della nostra vita (1 euro, moneta ufficiale nel Montenegro) e mangiato della carne speziata in una rosticceria fuori le mura perche’, particolarita’ assoluta della citta’, il centro storico e’ pieno zeppo di bar, alcuni con i divani comodissimi posti fin fuori le piazzette, ma totalmente privo di trattorie o ristoranti (di sicuro abbiamo cercato male).
Le ragazze montenegrine sono alte, magre e brune. A me sembra che abbiano un po’lo sguardo da mangiauomini, ma mia moglie le trova si’ dure, come anche le croate, ma eleganti nei tratti del viso.
Dopo Kotor, costeggiamo il fiordo, romantico e pieno di verde e, a Lepetane, trasbordiamo sull’altro versante (con pochi spiccioli c’e’ un traghetto adibito a questo) per poi passare in Croazia.
Qui, molto cambia. La mercificazione del paesaggio e’ evidente, insieme all’efficentismo dei servizi al viaggiatore: strade migliori, inglese diffuso e ben parlato da quasi tutti (molto piu’ che in Italia), indicazioni valide. Sono molte, peraltro, le scritte minacciose (Militija hrvtska, UCK drubet, CRNA GORE free) su cavalcavia e pareti diroccate. Finalmente arriviamo a Dubrovnik. Dalla strada, il paesaggio citta’/mare si rivelera’ poi uno dei piu’ classici e completi.

II-III GIORNO: DUBROVNIK
Dubrovnik sarebbe/e’ bellissima. Sarebbe, durante la giornata se non ci fossero le orde di croceristi ad invaderla. La citta’ ha la fortuna-sfortuna di essere proiettata sul mare. Questo le da’ un panorama di gran fascino, ma la sottopone quotidianamente all’assalto di tappa delle varie crociere. Funziona cosi’: la nave arriva al mattino presto e scarica interi ammassi umani di pensionati, novelli sposi, scolaresche locali, ecc… Dopo la visita ai monumenti di solito essi vengono lasciati a consumare un pasto libero. Comincia allora un pellegrinare di questi alla ricerca del ‘mas barato’ o ‘del cheapest one’. Ora, poiche’ la citta’ antica e’ un buco fatto a forma di barca dove lo Stradun (il corso centrale) rappresenta il fondo piano dello scafo e le viuzze laterali i bordi degradanti della barca stessa, tutti noi turisti, dopo esserci arrampicati sui bordi e aver trovato solo miseri negozietti, qualche scorcio marinaro e ristoranti fotocopia, immancabilmente riscivoliamo sullo Stradun centrale, esausti, battuti da un sole feroce e di fatto senza meta.
In piu’, il Corso e’ infestato (fenomeno che finora non avevo mai incontrato) dal personale urlante dei vari ristorantini in alto che, con menu’ monumentali, foto di pescioni freschi e descrizioni pantagrueliche, cercano di attirare i gruppetti di turisti ormai inebetiti da fame e stanchezza. Li rimorchiano e li riconducono alla loro taverna su per una delle stradine parallele. Un quadro sconfortante, dunque. L’aggressivita’ e la falsita’ degli operatori turistici croati, ci hanno fatto esprimere, forse ingiustamente, un giudizio severo sull’indole di questo popolo, falso e cortese. Un esempio: abbiamo chiesto all’unico ufficio turistico dello Stradun un posto dove cambiare la valuta. Tra mille smancerie una giovane impiegata ci ha indicato un negozio a 300m di distanza, sostenendo che fosse l’unico di domenica che potesse servirci. Non era cosi’. Di fatto, l’intero corso aveva negozi disposti tutti a un cambio esoso, e c’erano diversi bancomat molto piu’ convenienti, dei quali uno di fronte all’Ente turistico!
Dubrovnik e’ bellissima la sera, quando lo Stradun viene sgomberato dai croceristi vocianti o depressi, e i piccioni, piu’ingordi e aggressivi, lasciano il posto alle rondini che turbinano impazzite intorno ai campanili e ai tetti di splendidi palazzi. Il cielo poi, si fa rosa. Il mare e’ blu scuro.

Il giorno successivo, dopo un giretto alla penisola di Lapad, dove in un canale interno sono ormeggiati barchette, yacht lussuosi e le solite navi da crociera, abbiamo finalmente fatto, sotto la luce pomeridiana, il giro delle mura della citta’. Questa esperienza e’ decisiva per dare un giudizio positivo su Dubrovnik. La sera, infine, abbiamo finalmente mangiato bene dopo due pasti veramente mediocri (io a pranzo, da illuso, avevo scelto un potage di asparagi in una delle tante stradine laterali, per poi intravedere dopo pochi minuti il cuoco che apriva una bustina di liofilizzato Knorr!). Il ristorantino si chiama Rozarij, presso Porta Ploce; piu’ caro degli altri, ma di livello nettamente maggiore. Ci e’ stato consigliato dal nostro padrone di casa, un uomo burbero ma onesto, che ci ha fornito un appartamentino pulito poco fuori le mura (60euro a notte, compreso il garage). E’ l’unica persona che, senza agitare cartelli o addirittura buttarsi quasi davanti alle vetture che passano, ci offriva una sistemazione.

IV GIORNO: MOSTAR
In viaggi cosi’ brevi, ogni impressione potrebbe essere falsata dalla fretta e dall’approssimazione, ma un contrasto cosi’ netto non puo’ essere stato un’illusione. Se Dubrovnik e’ uno splendido gioiello lasciato in gestione a un gruppo di operatori commerciali famelici, una fabbrica del turismo che si apre alle 8.00 e si chiude alle 19,00, Mostar e’ un luogo per esseri umani in cerca di tranquillita’ o anche di pensieri piu’ profondi. E la gente del posto aiuta a questo. Nessun bosniaco ha provato a farci trucchetti per fregarci qualche centesimo, anzi, il cameriere di un ristorante (l’Hindin Han, discreto) senza nostra richiesta, si e’ fatto una corsa al centro citta’ per restituirci in euro (piu’ conveniente per noi) anziche’ in marchi bosniaci il resto del pagamento! La direttrice dell’Hotel Bristol (51 euro/notte + ottima colazione), sollecita, voleva far passare il mal di testa a mia moglie offrendole aspirine e continui consigli, oltre un dolce sorriso genuino.
L’intera citta’ vive in questa atmosfera di calma che oscilla tra la serenita’ di una convalescenza e, dio non voglia, l’angoscia di un’attesa. Certo, le bandiere croate che costeggiano l’intero tragitto (struggente, tra l’altro, per il contrasto tra la calma bucolica della Neretva che scorre alla vostra sinistra tra uliveti e la visione dei villaggi sulla destra, con le vecchie case smembrate e bruciate, le casette ricostruite li’ a fianco e, piu’ in la’, i cimiteri con le tombe nuove di zecca) dalla frontiera alla citta’, sono un messaggio chiaro che i conti non sono stati ancora chiusi fra questi popoli. L’altro segnale su quanti nodi siano ancora legati ai fazzoletti nelle mani degli abitanti e’ questo: il simpatico custode della moschea dal cui minareto si gode il famoso panorama illustrato in tutti i libri di viaggio, accorgendosi che sono italiano, mi fa: “Vai su senza pagare. Italiani tutti amici di Bosnia. Altri, no”. 10 anni dopo la fine della guerra!
Il cimitero nuovo, in zona centrale, e’ pieno di tombe di giovani caduti, soprattutto nel 1992. Si aggirano silenziose, vecchie coppie a pregare e lucidare i marmi. Ciononostante, e’ una forte serenita’ che domina questa citta’ benche’ ancora ferita in molte parti per la presenza di orribili palazzoni inceneriti, bucherellati o franati al suolo.

V GIORNO: HVAR
Un po’di mare. Usciti da Mostar e acquistate le famose ciliegie di Pocitelji (un bel borgo sulla strada), offerte per strada intrecciate a forma di grappolo d’uva, ci dirigiamo contro voglia verso la Croazia. A malincuore perche’ e’ stato cosi’ bello e profondo l’incontro con la Bosnia che vorremmo stravolgere tutti i piani gia’ fatti e vedere Sarajevo. Ma il poco tempo a disposizione (Sarajevo meriterebbe 2-3 gorni) e la minaccia di temporali verso l’interno ci spingono verso Drvenik da dove ci si imbarca verso la celeberrima Hvar. Arriviamo che il traghetto e’ appena partito (controllare prima gli orari delle partenze!), cosi’ attendiamo le 2h che ci separano dal prossimo con una passeggiata e con i deliziosi dolcetti ottomani comprati a Mostar, che ci accompagneranno per tutto il viaggio.
Hvar e’ bella. Ma se la si fara’ a maggio, priva cioe’ delle fioriture di lavanda che la rendono celebre, se non si fara’ il bagno nelle calette della costa (come noi non abbiamo fatto) non sara’ indimenticabile. Anzi, i continui tornanti, tra stridii orrendi, quasi fonderanno i dischi dei freni (che dovro’ sostituire al ritorno). La piccola cittadina omonima, al capo opposto, graziosa e contenuta, ci spinge comunque a riprendere un altro traghetto per andare a dormire a Spalato. Queste varie tratte coi traghetti non sono particolarmente costose (circa 40 euro in totale,auto compresa).
Dopo un’ora di giri per Spalato, a scontrarmi con una selva di sensi vietati (ATTENZIONE), giungiamo finalmente all’albergo consigliato (Bellevue, 90 euro, vicino al centro). Mangiamo, esausti, veramente bene da “Varos”, un gentile ristoratore a pochi metri dall’hotel (talmente buono e curato che torneremo a pranzo l’indomani).

VI GIORNO: SPALATO e TRAU
Spalato e’ bella e in alcune piazze elegante. Il mercato fuori porta e’ ricco di prodotti gastronomici jugoslavi. La gente aperta e civile. A mezzogiorno, dopo il pranzo da Varos, partiamo per il gioiellino Trau. Lascio i commenti alle guide.
Dopo 2h ci dirigiamo verso la nuova autostrada che ci portera’ al parco di Plitvice, e la salita da Trau ci mostra a sorpresa dei panorami meravigliosi sulla cittadina, il porto turistico, la baia e le tante isole che la chiudono: fantastico. L’autostrada e’ ottima e, se ben ricordo, gratuita. Nei pressi del parco, termina e la bella strada montana che segue tra gli alberi e’ pero’ contrassegnata dai resti della guerra non ancora emendati in queste vallate. A Plitvice esistono solo 2-3 alberghi-rifugio, credo dello stesso livello.
Ne scegliamo uno (65 EURO) e li’ dormiamo in attesa della tanto agognata escursione ai laghi.

VII GIORNO: PLITVICE
Il tempo. Molto dipende dal tempo. Noi abbiamo avuto sfortuna. Qualche pioggerella, fugaci sprazzi di un sole timido, molta umidita’, per il resto una cappa di nubi sopra a tutto. La visione iniziale, dall’ingresso 1 (dove si fa il biglietto di 12euro, comprensivo di trenini e traghettate) e’ choccante per la sua bellezza. Sembra un paesaggio tropicale, amazzonico. Il parco e’ curatissimo e vario ma, credo di poter dire con obiettivita’, un poco sopravvalutato. L’incanto iniziale, una volta scesi in basso e superate le splendide vasche iniziali, cede il posto a un certo senso di monotonia. Decisivo sara’ sicuramente il sole, che crea giochi di luce magici, si dice. Ma, in compenso, il volume della folla estiva, ho sentito narrare, dovrebbe essere veramente esasperante. Seconda notte a Plitvice.

VIII GIORNO: ZARA
Zara e’ brutta. Una delle perle dell’Adriatico e’ brutta. Coventrizzata dagli alleati nel 1944 e, come ho letto in un libro di E. Bettiza, “Esilio” (che vi consiglio), colonizzata subito dopo da genti di montagna dell’interno. Ne risulta abitata da una popolazione un po’ trasandata. Poche le bellezze artistiche rimaste.
Abbiamo dormito in una casa d’affitto (40euro) trovata da un’agenzia in loco. Un po’di fortuna perche’ i pochi alberghi presenti sparavano 100-130 euro in posti lontani e anche lugubri. Gli ultimi giorni in terra croata sono stati contrassegnati da stucchevoli trucchetti messi in opera da camerieri, benzinai, albergatori e altro. Veramente un laido biglietto da visita che fa apparire questo popolo dalla grande tradizione storico-artistica come un gruppo di miseri commercianti in cerca di microvantaggi su chi, di fatto, rappresenta il loro tesoro. Per questo, al contrario che in Bosnia e Montenegro, raramente abbiamo cercato un contatto con loro, al di fuori del circolo vizioso domanda-offerta.
Un viaggio comunque ricco e da consigliare (il ritorno con compagnia croata Zara-Ancona).

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