Namibia, una tavolozza di colori! - Parte prima

Un grande viaggio nel Paese africano in cui si mescolano tutte la caratteristiche del “Continente Nero”

Il desiderio di un viaggio in Namibia viene da molto lontano, nasce qualche decennio fa dopo la lettura dei primi romanzi di Wilbur Smith.
Sembra, tuttavia, un’impresa irrealizzabile, perché si è giovani, le risorse economiche misurate, i viaggi lontani sembrano un privilegio di pochi e così via.
Ad incrementare la mia attrazione per la Namibia c’è una donna anziana, viaggiatrice da sempre, è stata per qualche anno Dirigente del settore in cui lavoravo, una figura che ho molto ammirato e che ascoltavo incantata per ore mentre raccontava dei suoi numerosi viaggi, uno dei quali appunto in Namibia, ma non oso pensare che un giorno potrei partire per quel Paese, i grandi viaggi sono una faccenda ancora molto lontana.
Gli anni passano, comincia anche per me l’epoca delle “migrazioni” e finalmente arrivo a progettare il viaggio in quel Paese di struggente bellezza e che ora vado a raccontare.
La preparazione dell’itinerario prima e poi la prenotazione dei servizi (voli, noleggio auto, alloggi) sono fasi lunghe e laboriose, richiederanno 9 mesi di ricerche, lavoro ed anche molte incertezze, il problema più grosso da superare è stato la ricerca dell’auto a noleggio, le tariffe sono molto elevate, ci sono stati momenti in cui il viaggio sembrava irrealizzabile per gli eccessivi costi, ma cercando, scavando, chiedendo decine di preventivi ho trovato una soluzione tutto sommato accettabile, dopo le fatiche e tanta attesa finalmente arriva il gran giorno, quello della partenza.17.8.2004 - In volo verso la Namibia
Nel pomeriggio, con calma, Sandro ed io ci dirigiamo verso Malpensa, dove alle 21,30 parte il volo South African Airways per Johannesburg, si decolla in perfetto orario, a bordo la gentilezza degli assistenti di volo è sopra la media, i pasti sono buoni (si distinguono da quelli omologati di tutte le altre compagnie aeree) la notte passa tranquilla, riusciamo a dormicchiare, le ore scorrono così piuttosto velocemente.

18.8.2004 - Windhoek
Atterriamo alle 8 circa a Johannesburg, il cielo è grigio, minaccioso di pioggia, la temperatura è fredda, non è un bell’impatto con l’Africa, ma questa è solo una sosta, circa 3 ore dopo ci imbarchiamo sul volo per Windhoek, capitale della Namibia, che raggiungiamo poco dopo e qui ci attende il sole, il cielo azzurro e terso che ci accompagnerà per tutto il resto del viaggio.
Ad attenderci, in aeroporto, ci sono due persone: un rappresentante dell’agenzia di autonoleggio e Jean responsabile della piccola agenzia locale cui ci siamo rivolti per la prenotazione degli alloggi.
Dopo aver sbrigato le formalità necessarie per il ritiro dell’auto, una fiammante Toyota Hilux 4x4 double cabin, con Jean raggiungiamo il centro di Windhoek e l’alberghetto prenotato per noi, ascoltiamo consigli e raccomandazioni, ritiriamo la documentazione di viaggio ed infine ci salutiamo.
Decidiamo di fare quattro passi per le vie di Windhoek, strana cittadina, moderna, con costruzioni colorate, pulita, ordinata, tutto sembra tranne che di essere in Africa, è quasi l’ora del tramonto (le 18 circa) i negozi chiudono, la città si spopola, non che ci fosse folla, ma ora è proprio deserta, fa uno strano effetto, non è la nostra prima volta in Africa, ma è la prima volta che pensiamo di essere in un posto diverso, di aver sbagliato qualche cosa, avevamo sentito dai racconti di altri viaggiatori che le cittadine namibiane sono piuttosto anomale, sembrano in effetti nord-europee, sono piene di bianchi che parlano tedesco, lo sapevamo, ma constatarlo di persona ci meraviglia lo stesso.
Tornati al nostro piccolo hotel (Villa Verdi) ceniamo, pensiamo poi di poter fare quattro chiacchiere con altri ospiti stando seduti in giardino, ma il freddo è pungente e ci ritiriamo in una saletta dove c’è un camino acceso.
Sorrido pensando alle espressioni di meraviglia quando prima di partire ci chiedevano: “dove andate in vacanza?” “in Namibia!” era la nostra risposta, alla quale tutti, indistintamente, hanno replicato “in Namibia?, in Africa? chissà che caldo!” non c’è niente di più sbagliato, nell’emisfero australe le stagioni sono invertite, la nostra estate corrisponde all’inverno.
La Namibia, essendo molto estesa da nord a sud, presenta climi completamente diversi, più freddo nella parte meridionale e sulla costa atlantica, con notevole escursione termica tra il giorno e la notte, momento quest’ultimo in cui la temperatura scende anche sotto lo zero, il clima è più caldo salendo verso nord ed avvicinandosi all’equatore.
Si conclude così, davanti al tepore di un camino, la nostra prima strana giornata africana.

19.8.2004 - Hardap Dam
Il sole tramonta presto, ma sorge altrettanto presto, dobbiamo adeguare i nostri ritmi in funzione delle ore di luce, non vogliamo perdere assolutamente nulla di quel che si dice sia un Paese dai panorami e dai colori magnifici.
Sveglia presto, siamo raggianti, sta per cominciare il nostro viaggio attraverso scenari di indescrivibile bellezza, 7.200 km di strade prevalentemente sterrate che percorreremo in quasi totale solitudine, capita infatti di rado di incrociare un’altra vettura.
A questo proposito apro una parentesi.
Le auto fornite dalle società di autonoleggio sono, salvo rare eccezioni, nuove o in ottimo stato per evitare soste forzate derivanti da guasti e cose del genere, non sarebbe, inoltre, facile contare sull’aiuto di altri mezzi in tempi brevi, se ne incrociano pochissimi. Va detto, tuttavia, che le società serie garantiscono, per tutto il periodo di noleggio, un servizio di assistenza ed eventuale sostituzione della vettura in caso di incidente o guasto.
Una raccomandazione da tener sempre ben presente è quella di rispettare i limiti di velocità, max 80 km/ora sulle strade sterrate che, per il loro ottimo stato e per l’assenza di traffico, invitano a correre, ma è davvero molto facile trovare improvvisamente una cunetta, una curva insidiosa o un animale che attraversa e se l’andatura è troppo sostenuta può capitare di uscire di strada, incidenti di questo tipo accadono di frequente, la velocità moderata è quindi fondamentale per un viaggio senza rischi.
Consiglio, inoltre, di scegliere una copertura assicurativa che comprenda, tra le altre cose, eventuali danni a vetri e pneumatici; essendo le forature piuttosto frequenti (meglio avere due ruote di scorta) con tale copertura si evita di dover sostenere costi supplementari, capita, infatti, che alcune società per una gomma resa riparata chiedano o trattengano dalla cauzione l’equivalente di un nuovo pneumatico.
Chiusa la parentesi, torno al viaggio.
Lasciamo Windhoek in direzione sud, bisogna prendere un po’ le misure con la guida a sinistra, ma, fortunatamente, la strada è poco trafficata, dopo qualche decina di km siamo soli, il paesaggio è selvaggio, non una casa, né un villaggio, i colori sono sfumati, bellissimi!
La luce è straordinaria, sarà così sempre, mai una nuvola offuscherà il cielo invariabilmente azzurro.
Procediamo con calma rapiti dagli scenari che vediamo scorrere attraverso i finestrini dell’auto, facendo numerose soste per assaporare l’aria di questo pezzo d’Africa che ancora non conosciamo e per scattare fotografie.
Altra parentesi.
In Namibia si percorrono diverse centinaia di km quasi ogni giorno, ma non è mai stancante o monotono perché viaggiando in autonomia si possono fare tutte le soste desiderate; la varietà dei panorami, i colori, la quiete, la continua meraviglia per l’immensità di spazi e la bellezza della natura sono costanti e trasformano le ore di spostamento in un piacere continuo.
Giungiamo, dopo circa 250 km, nella zona chiamata Hardap Dam. All’interno del Parco oltre ad un bellissimo lago artificiale formato da una diga (dam) c’è un rest-camp a gestione statale composto da diversi bungalow, spaziosi, arredati in modo essenziale, pulitissimi, c’è anche una riserva naturale molto estesa (game park) popolata da varie specie di animali e volatili.
Scaricati i bagagli facciamo un veloce spuntino, subito dopo esploriamo la riserva dove avvistiamo babbuini, springbok (piccola antilope saltante) kudu (antilope di grossa taglia) struzzi e diversi uccelli.
All’interno del Parco ci sono belle formazioni rocciose che per la particolare forma conica sormontata da un enorme masso in dolerite sono chiamate “hardap” = capezzolo.
Tra tante meraviglie le ore scorrono veloci, tornati nella zona dove ha sede il rest-camp, passeggiando sulle rive del lago, facciamo conoscenza con la procavia del Capo, la guida EDT dice che tale specie è imparentata con gli elefanti (giuro! c’è scritto proprio questo) sarà… a me ‘sta procavia sembra solo un grosso topone!
Ceniamo presso il ristorante del campo, davvero niente male, poi a letto presto, come succederà per tutto il resto del viaggio, toccando punte minime a volte indecenti per noi europei: ci è capitato di essere già in “branda” alle 20,30!

20.8.2004 - Fish River Canyon
La tappa di oggi è ancora in direzione sud, percorriamo 380 km su strada in parte asfaltata e per il resto sterrata, facciamo diverse soste tra panorami di pregevole bellezza, immaginavo, dai racconti e dalle foto, che la Namibia fosse bella, ma la realtà è parecchio superiore alle aspettative, sullo sfondo di distese pianeggianti ci sono intere catene di montagne con la sommità completamente piatta come se la mano dell’uomo le avesse livellate di proposito.
Tra le altre, facciamo una sosta nei pressi di Keetmanshoop, alla Kokerboom Forest, uno dei più estesi boschi di Kokerboom di tutta la Namibia.
Il Kokerboom è una pianta della famiglia delle aloe chiamata anche albero faretra, i cui rami leggerissimi venivano usati dai San (boscimani) come custodia per le frecce.
Il bosco si trova all’interno della Gariganus Farm (ingresso a pagamento).
Passeggiamo a lungo tra gli alberi, sono meravigliosi; nella zona è facile vedere lo Xero, simpatico roditore molto somigliante allo scoiattolo che, come il suricate del Sudafrica, ha l’abitudine di rizzarsi sulle zampe posteriori. Ci dirigiamo poi verso il Giant’s Playground, un curioso immenso giardino di roccia dalle strane formazioni a blocchi sovrapposti che creano forme bizzarre, tutto assolutamente naturale ed impreziosito qua e là da alberi di Kokerboom che sono cresciuti spontaneamente.
Proseguiamo alla volta del Fish River Canyon, arrivando, poco prima del tramonto, ad Hobas estremità settentrionale del canyon.
Il luogo dove è stato costruito il piccolo Cañon Lodge è denominato Gondwana Cañon Park, è disseminato di enormi massi di granito tondeggianti, i bungalow in pietra si integrano perfettamente con il paesaggio, alcuni sono stati edificati a ridosso dei massi rispettandone la forma o inglobandone una parte, veramente bella la sistemazione, ma soprattutto straordinario il paesaggio!
Prima che il sole tramonti ci arrampichiamo sulla rupe più alta da dove contempliamo, con la vista che spazia a 360°, un panorama ed un tramonto da stordire i sensi, le rocce si colorano di calde sfumature color arancio, che spettacolo!
Qui madre natura non ha badato a spese.
Questa è la meta più a sud del nostro viaggio, siamo vicinissimi al Sudafrica, quando cala il sole la temperatura scende molto, fa freddo e comprendiamo il motivo per cui sul letto ci sono voluminosi e soffici piumini, alle 21 siamo già a nanna coperti fin sopra la testa, alla faccia di chi pensa che in Africa faccia solo caldo.

21.8.2004 - Fish River Canyon
Sveglia poco prima dell’alba, altra scarpinata sulle rocce per assistere allo spettacolo del sole che sorge e tinge tutto di rosa, quant’è bello e silenzioso questo luogo, lo lasciamo con riluttanza.
Dopo un’abbondante colazione ci mettiamo in macchina e percorriamo la strada (circa 80 km) che conduce ad Ai-Ais parte finale del Fish River Canyon, tragitto con stupende vedute, scopriamo però che da questa estremità non è possibile costeggiare tutto il canyon, c’è solo un punto panoramico, poco male, la strada merita di essere percorsa anche solo per il paesaggio.
Torniamo ad Hobas, superiamo i cancelli del Parco e ammiriamo dall’alto di diversi viewpoint la maestosità del Canyon, sul fondo del quale scorre il fiume Fish ancora non completamente secco.
La strada è impervia, a tratti rocciosa, è indispensabile il fuoristrada, in compenso le vedute sono fantastiche.
In questa zona non è raro incontrare il dik dik, la più piccola delle antilopi.
La giornata passa velocemente, lasciamo il Canyon e facciamo ritorno al Cañon Lodge, manca ancora un po’ di tempo al tramonto, posteggiata l’auto percorriamo a piedi qualche chilometro nei dintorni mentre le ombre si allungano ed i colori si accendono.

22.8.2004 - Luderitz
Sveglia poco dopo l’alba, prima della colazione facciamo un ultimo giro tra gli enormi massi, dopo di che siamo pronti a lasciare il sud, cominceremo gradualmente a risalire verso nord, il percorso oggi si snoda attraverso paesaggi molto vari, lungo la strada vediamo diversi struzzi, kudu e antilopi, ci fermiamo ad osservare enormi nidi costruiti a grappolo sui rami degli alberi, tali nidi ospitano migliaia di piccoli uccelli, ognuno ha la propria celletta, sembrano immensi condomini.
Ci stiamo dirigendo sulla costa atlantica, nostra meta è la cittadina di Luderitz.
Prima di lasciare l’interno facciamo una sosta ad Aus, località di una bellezza esagerata, dove i colori sfumano in tutte le tonalità del rosa, sembra di vedere un immenso acquarello. Prima di prendere la deviazione per Garub alla ricerca dei cavalli selvaggi del deserto avvistiamo la prima coppia di orici (animale simbolo della Namibia) sono bellissimi, è la prima volta che li vediamo, restiamo a lungo incantati ad osservare i loro movimenti aggraziati.
Lasciati gli orici raggiungiamo il luogo dove i cavalli vanno ad abbeverarsi, che spettacolo ce ne sono moltissimi, l’effetto cromatico è straordinario, il mantello bruno rossiccio dei cavalli risalta sullo sfondo rosato del terreno.
Dopo i cavalli proseguiamo verso la costa e percorsi un centinaio di Km arriviamo a Luderitz, prima di cercare l’albergo prenotato c’è il tempo di esplorare la penisola di Luderitz che si protende nell’oceano per diversi km, ci fermiamo ad ogni baia e caletta vedendo prima distese di fenicotteri, poi delfini, pinguini (Halifax Island) ed infine, a Diaz Point, le otarie.
La bellezza della Namibia sta proprio nella diversità di ambienti e climi.
L’aria è pungente, ma siamo ben riparati e continuiamo l’esplorazione della penisola ammirando le onde dell’oceano che si infrangono sulle rocce e tutte le forme di vita che popolano questo luogo.
C’è ancora tempo per raggiungere una spiaggia chiamata Agate Beach, abbiamo un fuoristrada ci avventuriamo, quindi, su un’immaginaria pista rocciosa che a tratti si affaccia strapiombante sull’oceano, ho un po’ paura, decido di fare l’ultimo tratto a piedi, in verità saremmo quasi arrivati, potrei anche resistere, ma a piedi posso gustare meglio lo spettacolo che si profila di fronte: il mare blu, una lunghissima spiaggia di sabbia chiara e, dietro, le alte dune del Namib.
Ancora una volta sono senza parole dallo stupore.
Le ore di luce a disposizione stanno per esaurirsi, lasciamo la spiaggia, imboccata una strada diversa e costeggiando le dune del Namib raggiungiamo Luderitz, cittadina di marcata impronta tedesca, casette ordinate e colorate, l’Africa in questa veste continua a farci una certa “impressione”.
A fine giornata, con il sole che sta tramontando, arriviamo al Nest Hotel, costruito in una piccola insenatura, la nostra stanza ha una grande vetrata che si spalanca sul giardino, usciamo subito, a pochi passi c’è il mare, ammiriamo il tramonto, l’acqua calma, le barchette colorate… ma che bella cartolina!

23.8.2004 - Sesriem
Facendo colazione scorgiamo, attraverso una vetrata, diverse otarie che giocano/nuotano in mare, lasciamo la colazione a metà per uscire in giardino ed osservarle meglio… ma quanto sono simpatiche!
Facciamo poi un breve giro per le vie di Luderitz alla ricerca dell’Ufficio Turistico dove acquistiamo i permessi per la visita di Kolmanskop, città fantasma, abbandonata negli anni ’50 quando nella zona si è smesso di estrarre diamanti.
Il complesso era una cittadella vera e propria dove risiedevano i dirigenti della Società Estrattiva, c’è un teatro, un bowling, un’infermeria, alcune casette, gli uffici e diverse altre costruzioni, il luogo, fatti salvi alcuni edifici che sono stati ristrutturati, è in totale stato di abbandono, la sabbia del deserto sta inghiottendo alcune abitazioni, lo scenario è surreale.
La visita guidata è obbligatoria, va però un po’ troppo per le lunghe, confesso che alla prima distrazione della guida ci siamo imboscati e defilati, dopo un breve giro tra le costruzioni invase dalla sabbia lasciamo il sito senza rimpianti, il deserto e le dune rosse di Sossusvlei ci attendono.
450 km ci separano da una delle zone più belle e famose della Namibia, il viaggio è interrotto, come di consueto, da numerose soste, i panorami sono meravigliosi, le piste deserte, che bello viaggiare così, ci chiediamo come sia possibile per noi sopravvivere nel caos del traffico cittadino, in coda per andare a lavorare, lo stesso per tornare a casa, per la spesa, per tutto…
Sono pensieri che, per fortuna, passano in un lampo, qui in Namibia ci si dimentica veramente di tutto e tutti.
Nel tardo pomeriggio arriviamo in zona Sesriem, il piccolo e carinissimo Desert Homestead si trova a circa 40 km dal cancello di accesso alle dune di Sossusvlei. Pochi bungalow affacciati su una distesa desertica punteggiata da secchi ciuffi d’erba, un gigantesco albero qui, uno là… la palla infuocata del sole sullo sfondo ed ecco un’altra meravigliosa cartolina.
Come sempre si va a dormire presto, questa notte una bellissima giraffa di legno (mio animale preferito) alta almeno due metri veglia sul mio sonno beato.

24.8.2004 - Sossusvlei / Namib Rand Nature Reserve
Sveglia prestissimo, sono le 4, i cancelli di Sesriem aprono tra due ore, vogliamo essere i primi ad entrare per goderci lo spettacolo delle dune all’alba.
E’ buio pesto, dobbiamo percorrere solo pochi km, ma siamo costretti a procedere molto lentamente, viaggiare di notte in Namibia è sconsigliato per l’assenza totale di illuminazione e per il pericolo costituito dall’improvviso attraversamento di animali.
Arriviamo ai cancelli per tempo, aprono infatti poco dopo, acquistiamo il permesso per attraversare il Parco, un puntino infuocato nel frattempo fa capolino tra le dune, comincia lo spettacolo, i colori sono tenui, ma con il progressivo alzarsi del sole si fanno sempre più accesi.
Il percorso all’interno del Parco, tra le dune, è lungo 60 km, la pista è molto accidentata, ma non c’è motivo di correre, le soste sono numerose, le dune si susseguono altissime, rosse, con la prima luce del giorno il lato in ombra è scuro, questo è il momento migliore per scattare belle fotografie.
Ci fermiamo alla famosa Duna 45, è piuttosto affollata, rinunciamo volentieri all’arrampicata fino in cima, proseguiamo rapiti dalla bellezza del paesaggio desertico e dagli animali che incontriamo (struzzi e springbok) giunti al termine della pista, per altri 5 km si avanza solo in fuoristrada, il mezzo ce l’abbiamo, non siamo esperti di guida su sabbia però decidiamo di osare, ci insabbiamo quasi subito… sembrava decisamente più facile!
Dopo notevoli sforzi per liberare le ruote dalla sabbia e con vari espedienti riusciamo a ripartire, ma ci insabbiamo altre volte e con noi diversi altri turisti, poi qualcuno ci consiglia di sgonfiare le gomme e con questo accorgimento senza altri intoppi raggiungiamo Sossusvlei, un lago bianco asciutto interamente circondato da altissime dune (alcune raggiungono i 300 mt di altezza). Saliamo sulla prima che incontriamo seguendone la cresta fino a che davanti a noi si apre il deserto in un mare di dune che si perde all’orizzonte, è stupendo, non ci sono parole per descriverne la bellezza, né l’emozione provata, avanzo ancora un po’ per godere in totale solitudine di questo spettacolo, il tempo passa, non me ne rendo conto, poi mi riscuoto, ma solo perché mi stanno chiamando.
Scendiamo di gran corsa dal fianco di una duna, in pochissimo tempo siamo già in basso, un nuovo giro non ci starebbe male, ma risalire è troppa fatica… magari la prossima volta, ora fa molto caldo.
Attraversiamo la crosta secca e solcata del bacino del lago, facciamo una sosta sotto i pochi alberi della zona dove centinaia di piccoli uccelli becchettano le briciole cadute dalle scatole pic-nic di alcuni turisti, ci dirigiamo poi verso la Dead Vlei, il luogo della Namibia più raffigurato in fotografia: bianco abbagliante di un lago asciutto, nero di scheletrici tronchi fossilizzati, rosso delle dune tutto intorno e blu il cielo, questi i colori predominanti.
Poco più di un km per arrivarci, ma la camminata è resa faticosa dal caldo e dalla sabbia, che non è compatta, si sprofonda in continuazione, avanziamo molto lentamente, superata una serie di dune compare all’improvviso la “fotografia” tante volte vista sulle riviste, ma è molto più bello di quel che si immagina, gli alberi sembrano sculture messe lì in bella mostra da un artista bizzarro, il bianco è accecante e le dimensioni del posto lasciano sbalorditi, decidiamo di attraversare il lago in tutta la sua lunghezza, sembra non finire mai.
Purtroppo dobbiamo lasciare questo luogo, il deserto, la sabbia, le dune, i colori… abbiamo paura che, dopo, niente possa piacerci di più.
Recuperata l’auto ripercorriamo l’unica pista che ci riporta ai cancelli, poco fuori visitiamo il piccolo, ma molto grazioso Sesriem Canyon.
Per raggiungere la Namib Rand Nature Reserve dobbiamo scendere di nuovo verso sud per un centinaio di km, in questa zona i paesaggi sono di una bellezza ancora superiore a quel che si è visto fino ad ora, siamo circondati dal “nulla” fatto di praterie desertiche, dune, montagne selvagge, i colori qui raggiungono l’apice, quello che non potrò mai scordare della Namibia sono i colori. Avanziamo tra branchi di springbok e di orici che punteggiano il territorio, ovunque si guardi ci sono animali, si sentono solo i suoni della natura, abbiamo timore di svegliarci da un momento all’altro e che il bellissimo sogno svanisca all’improvviso.
Un cartello indica la deviazione per Wolwedans, svoltiamo in una pista stretta tra la vegetazione, dopo diverse decine di km scorgiamo una costruzione bassa, è la reception di Wolwedans Dune Camp, ci guardiamo intorno, non c’è altro, pensavamo di essere arrivati, niente di più sbagliato, il bello comincia ora!
Ci invitano a posteggiare l’auto in un recinto e a scaricare i bagagli, saliamo su una grossa jeep da safari scoperta e partiamo in direzione del nulla, proprio così, da qui in poi non ci sono piste né tracce di sentieri, si va in mezzo alle dune di sabbia color mattone, ci si addentra in un paesaggio che con tutta la buona volontà non riesco a descrivere, non trovo gli aggettivi adatti a declamarne la bellezza, si avanza per circa una trentina di km fino ad arrivare ad un campo tendato, 6 grandi tende issate su terrazze di legno a palafitta in mezzo a dune di sabbia rossa punteggiate da ciuffi d’erba dorata, in lontananza si scorgono catene di montagne dai colori sfumati, tanta bellezza mi commuove, sono senza parole ed ho gli occhi lucidi.
Il servizio alberghiero è impeccabile, le tende comodissime, con tanto di letti e piumini immacolati, il bagno (1 bagno per ogni tenda) è una costruzione in legno poco discosta, sembra un grande salotto c’è perfino una poltroncina per gli “ospiti” o per la lettura.
La cena è servita su una terrazza che la sera viene chiusa da 4 teli, uno per ogni lato, che riparano dal freddo, l’ambiente è accogliente, gli ospiti siedono tutti ad un unico tavolo, non c’è alcun obbligo riguardo all’abbigliamento, il cibo è ottimo, la compagnia gradevole, c’è uno straordinario personaggio, di oltre 80 anni, che soprannominiamo Hemingway, è piuttosto acciaccato, per respirare durante la notte deve attaccarsi ad una macchinetta, è da sempre un grande viaggiatore, parla diverse lingue, anche l’Italiano, racconta aneddoti ed episodi in modo tanto coinvolgente da calamitare l’attenzione di tutti, siamo una decina di persone, la conversazione è molto piacevole, dopo cena ci spostiamo nella zona aperta della terrazza dove in un braciere ardono ciocchi di legna, il cielo è nero, ma illuminato da milioni di stelle, il silenzio attorno è totale, meglio di così non potrebbe essere!

25.8.2004 - Namib Rand Nature Reserve
Al sorgere del sole ammiriamo estasiati il panorama, questo è un luogo speciale, è un privilegio trovarsi qui, facciamo una superba colazione, poi con la stessa jeep di ieri partiamo, tra le dune, per l’esplorazione di buona parte della riserva, è un susseguirsi di paesaggi selvaggi dalla bellezza esagerata, avanziamo tra branchi di orici, springbok e struzzi. Alla base di un albero riconosciamo nitide le impronte di un leopardo, ma è molto raro vederlo durante il giorno, lo cerchiamo per un po’ di tempo, poi ci facciamo catturare dal paesaggio e presto ci dimentichiamo del felino.
All’ora di pranzo raggiungiamo un boschetto con belle rocce, dai cesti da pic-nic compaiono prelibatezze varie, si materializzano anche un tavolo e le seggiole, ci sentiamo come i personaggi di un film, tutto questo non è molto avventuroso e fai da te, ma come non gustare ed apprezzare un tale trattamento? in particolare l’aspetto selvaggio ed isolato di questo posto.
Dopo aver smontato la “zona pranzo” ripartiamo tra praterie punteggiate di cespugli dorati, la vegetazione vista in lontananza sembra un’immensa distesa sabbiosa con sfumature che variano dal giallo pallido al rosa… che visione incantevole!
Il tempo è tiranno, sono già le 16, dobbiamo tornare al campo, una mezz’ora per leggere o prendere appunti e poi di nuovo sulle dune ad attendere il tramonto, la sabbia da color rosso mattone, con l’abbassarsi del sole, assume il colore del cacao, che effetto magico… sembra di essere circondati e di stare su immense dune di cioccolato.
Il sole sparisce oltre la linea dell’orizzonte, il cielo è una tavolozza di colori, arriva poi il buio e l’ora della cena.
La cosa sbalorditiva è che ogni piatto viene preparato sul posto, nella tenda/sala da pranzo c’è un piccolo angolo cottura, tutto, dalle entrate ai dolci, è confezionato con grande abilità, oltre alla bontà, la presentazione dei piatti è molto artistica, nonostante la raffinatezza l’ambiente è informale e rilassato, gli addetti alla cucina siedono sempre al tavolo con noi ospiti in un clima molto famigliare.
Molto pittoresca anche la presentazione “verbale”, il menu prima viene letto in inglese poi nella lingua tribale del luogo, tutta schiocchi, simile a quella dei San (boscimani).
Qui, pur senza mai sentirsi in soggezione, tutto è perfetto.
L’ultima serata di permanenza in questo meraviglioso luogo termina con le chiacchiere ed i saluti intorno al fuoco, fa molto freddo, non mi sono cambiata, ho ancora i bermuda ed ho le gambe intirizzite, al pensiero di dormire in tenda rabbrividisco, ma si è fatto tardi (si fa per dire!) bisogna ritirarsi.
Ci spogliamo in bagno, ora in pigiama bisogna uscire dalla “casetta” di legno, fare quei dieci passi che ci separano dalla tenda e infilarsi nel letto sicuramente gelido.
Fatto! siamo in tenda, il freddo è veramente pungente, scostiamo i piumini, sotto c’è qualche cosa, ci spaventiamo pensando ad un animale o ad un serpente, sono invece due borse con l’acqua calda, ridiamo felici come due ragazzini, che splendida ed inaspettata sorpresa, qui pensano proprio a tutto, gustiamo, come e più di un dono prezioso, il nostro lettone caldo mentre fuori la temperatura è sotto lo zero e l’aria gelida scuote la tenda.

26.8.2004 - Swakopmund
A malincuore lasciamo la Namib Rand Nature Reserve, ma abbiamo ancora tante cose da vedere e da fare, quindi la malinconia non ci accompagna per molto.
La destinazione di oggi è Swakopmund (altra cittadina di stampo tedesco) ci arriveremo passando attraverso il Namib Naukluft Park.
Prima tappa a Solitaire, dove ci fermiamo a fare il pieno di benzina e soprattutto per constatare di persona se quanto riportano le guide - a proposito dello strudel di mele - è proprio vero.
Ebbene SI, non si tratta di un vero e proprio strudel, ma di una torta di mele squisitissima, ne mangiamo un "mattone" ciascuno. Come faremo a consumare tra poco meno di un’ora anche il cestino/pranzo confezionato questa mattina a Wolwedans?
Attraversiamo panorami sempre molto suggestivi.
Animali? i soliti! ormai consideriamo springbok, orici, facoceri, kudu, struzzi e antilopi parte integrante del paesaggio, ce ne sono talmente tanti che, quasi, non ci emozioniamo più, il nostro interesse si risveglierà solamente per zebre, giraffe, elefanti, leoni, rinoceronti, ecc.
Siamo fortunati, incontriamo, poco dopo, le prime giraffe, un gruppo di 5, che eleganza, ogni volta che le vedo mi piacciono sempre di più… eh si la giraffa è l’animale che preferisco!
Lungo la strada vediamo diversi esemplari di Welwischia, una pianta a dire il vero non proprio entusiasmante, quello che sorprende è che sembra un groviglio di erbaccia, la particolarità è che alcuni esemplari hanno diversi secoli.
Attraversiamo la spettacolare, immensa ed un po’ spettrale Moon Landscape, si dice che il suolo lunare abbia lo stesso aspetto.
Facciamo una deviazione per visitare l'oasi di Goanikontes, non ci spieghiamo come sia possibile che nel bel mezzo di un paesaggio totalmente arido possa esserci una zona tanto verde e ricca di palme… misteri della natura!
Arriviamo a Swakopmund poco prima del tramonto, dove presso la Sea Breeze guesthouse ci danno il benvenuto i simpaticissimi e cordialissimi Oscar e Giancarlo (italiani) il posto è molto accogliente e ben curato.
Decidiamo di non cenare perchè dopo l'abbondante colazione, la torta di mele ed il cestino pic-nic pieno di leccornie non abbiamo proprio fame.

27.8.2004 - Sandwich Harbour
Dopo un'ottima colazione (Giancarlo prepara tutti i giorni almeno due torte) ci prelevano dall'albergo con una potente jeep e si parte per l'escursione (prenotata via Internet) a Sandwich Harbour.
Durante il percorso si fanno varie soste per vedere i fenicotteri di Walwis Bay, le saline, cormorani, pellicani e molti altri uccelli.
Si punta poi alla volta delle dune, oceano e dune, uno spettacolo grandioso!
Questa non è un'escursione che si può fare per conto proprio perchè la pista è di sabbia e si rischia di rimanere intrappolati tra le dune e la marea che sale.
Si avanza sulla spiaggia, una stretta striscia di sabbia che corre tra alte dune e l’oceano, giunti alla fine della pista si prosegue a piedi fino ad una serie di stagni contornati da papiri e vegetazione lussureggiante popolati da diverse specie di uccelli (compresi fenicotteri e pellicani).
Si torna poi verso la macchina dove nel frattempo la guida ha apparecchiato un tavolo, dalle ceste da pic-nic estrae una teglia di lasagne, calde, eccellenti, ragù ottimo, pasta fatta in casa e besciamella, ma come può essere che dopo tante ore siano ancora calde? c’è anche una bella insalatona di verdure e formaggio e, da non credere, una fantastica torta di pan di spagna e panna montata, confezionata in una delle rinomate pasticcerie di Swakopmund, che nonostante gli sballottamenti in macchina si è conservata intatta e freschissima.
La vista da questo ameno “ristorante” sulla spiaggia è superba, alle spalle abbiamo le dune, di fronte l'oceano.
Con noi ci sono due signore inglesi, una delle quali festeggia il compleanno (ecco spiegata la torta) 80 anni, la notizia ci lascia di stucco perchè non le avremmo dato più di 60 anni, ha percorso gli stessi chilometri a piedi che abbiamo fatto noi senza alcuna difficoltà, che “nonnetta” in splendida forma e che spirito avventuroso, ci racconta, tra le altre cose, che ogni anno ama festeggiare il proprio compleanno in Africa e che viaggia da quando è vedova.
Dopo il succulento pranzo ci si rimette in macchina, saliamo sulle dune, è tutto un salire e scendere, l’autista si diverte affacciandosi sul vuoto e lanciandosi giù repentinamente, sobbalziamo e sentiamo vuoti d’aria proprio come sulle montagne russe, esperienza un po’ adrenalinica, ma fantastica, ci divertiamo moltissimo.
Vorremmo non finisse mai, ma anche questa giornata volge al termine, verso il tramonto ci riportano alla guest house.
Ceniamo in un ristorantino molto carino dove servono dell'ottimo pesce, quattro passi a piedi e poi a nanna, domani è un altro giorno!

28.8.2004 - Cape Cross / Skeleton Coast / Twyfelfontein
Dopo aver fatto colazione salutiamo Giancarlo e Oscar e partiamo per la prossima meta.
Prima sosta a Henties Bay, luogo di villeggiatura dei ricchi namibiani, ci sono parecchie banche, casette per trascorrere il fine settimana e, nel letto di un fiume asciutto, c'è un incredibile campo da golf.
Proseguiamo poi per Cape Cross che ospita la colonia di otarie più numerosa del mondo.
Sull’immensa spiaggia, sugli scogli ed in mare ci sono migliaia e migliaia di otarie, grandi e piccine, i loro richiami producono un rumore assordante, tra di esse si aggirano diversi sciacalli alla ricerca di un boccone di cui cibarsi.
La puzza è asfissiante, ma presi dallo spettacolo dopo un po’ non ci si fa più caso.
Ho la fortuna di essere nel posto giusto al momento giusto, riesco a fotografare uno sciacallo che, rapidissimo, ruba la placenta ad una femmina che ha da poco partorito e mentre la sbrana in tre bocconi.
E’ un autentico spasso giocare con le migliaia di otarie di Cape Cross. Nella zona senza protezione (muretto) avvicinandosi di un passo, le otarie, dalla posizione sdraiata, si rizzano in piedi, lo fanno tutte in contemporanea, è grandioso, ripetiamo la cosa più e più volte riuscendo a fotografarle in posizione eretta, continuerei all’infinito, ad un certo punto mi portano via quasi a forza.
Salutate le otarie entriamo nel parco della Skeleton Coast, oltre 100 km di desolazione totale.
La delusione nello scoprire che i relitti di navi naufragate si trovano solo nella parte settentrionale privata è grande. L’unica cosa meritevole di nota è il cancello di ingresso che raffigura due teschi, per il resto non c’è nulla da vedere. Lasciata la costa e piegando verso l’interno, in direzione dell’uscita, la sabbia grigia improvvisamente cede il posto a belle montagne di roccia dal colore rosso, l’ultimo tratto all’interno del parco e veramente spettacolare, la strada prosegue poi fino a Twyfelfontein regalandoci straordinari panorami e ancora tanti animali.

Il proseguimento del resoconto di viaggio sarà messo on line prossimamente. Sempre sulle pagine virtuali di Ci Sono Stato, naturalmente!

11 commenti in “Namibia, una tavolozza di colori! – Parte prima
  1. Avatar commento
    danibi
    22/10/2007 10:32

    Lina ti ringrazio, anche se penso che tanti complimenti siano immeritati ed un po' mi imbarazzano. Tu al contrario, pur avendo imparato l'italiano da poco, riesci a scrivere pensieri molto dolci. Grazie!

  2. Avatar commento
    Lina
    19/10/2007 16:48

    Come hai scritto nel titolo: una tavolozza di colori... tue parole sono come la tavolozza del pittore, prendi tutti i colori e attraverso del pennello crea un mondo che include moltissimi sensazioni e sentimenti. La natura da tutto questo e tu sai, veramente, dirlo in parole giuste. Credo che Dio ti ha dato una eloquenza speciale. Bravissimo!

  3. Avatar commento
    danibi
    19/10/2007 10:23

    Cara Lina, sei una persona molto speciale ed il tuo commento mi emoziona e mi commuove più di ogni altro, perchè riuscire a leggere un racconto lunghissimo e ad afferrarne il contenuto, percepirne le emozioni raccontate e tutto il resto in una lingua che non è la tua è uno sforzo immenso e dimostra un grandissimo interesse. Grazie di cuore!

  4. Avatar commento
    Lina
    19/10/2007 03:01

    Veramente, Daniela, tu sai vedere lo spirito del luogo visitato.E prendi con belle parole la belleza di ogni forma della natura.

  5. Avatar commento
    paperella
    14/10/2007 12:49

    Ops non ci avevo fatto caso...corro a leggerla!!!

  6. Avatar commento
    Leandro
    14/10/2007 12:39

    Veramente è in homepage da tre giorni, larga come tutta la pagina... ;-)

  7. Avatar commento
    paperella
    14/10/2007 11:46

    ...non mi potete mica lasciare con il fiato sospeso!!! Dove è la seconda parte??? Bellissimo racconto Dani...davvero coinvolgente!!!!!

  8. Avatar commento
    danibi
    11/09/2007 10:36

    Grazie per aver letto il resoconto e per averlo apprezzato, anche a te ricordo che è in arrivo la seconda puntata. Non so se sono riuscita a rendere, con le sole parole, l'idea della bellezza della Namib Rand Nature Reserve, ma confermo che è uno dei luoghi che più mi è rimasto nel cuore.

  9. Avatar commento
    cobracalde
    10/09/2007 22:35

    Ottimo resoconto.. compimenti (riuscirò mai a farne uno così ricco e dettagliato...) E ti ringrazio per avermi ricordato le sensazioni provate in uno dei posti più belli che ho visto: la riserva del Namib Rand..

  10. Avatar commento
    danibi
    10/09/2007 10:23

    Grazie! Tieni d'occhio la pubblicazione della seconda parte che contiene la descrizione di un emozionante contatto con le popolazioni locali.

  11. Avatar commento
    Baraka
    09/09/2007 19:49

    Bello! Un racconto che ti permette di immaginare, vedere, sentire.... Complimenti per la scelta del posto e per il modo di conoscerlo!

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