L'Etiopia, culla dell'umanità - Parte Prima

Ha inizio un viaggio indimenticabile nell’Africa più antica

L'Etiopia è un Paese ricco di cultura, fascino, storia e genti; non mancano nemmeno gli animali selvatici (sebbene non ci siano più i grandi mammiferi). Il viaggiatore che si trova a camminare sulle strade dell'Etiopia può rimanere affascinato dal verde lussureggiante delle foreste, dalla vastità della savana, dalle rupi scoscese della rift valley o dalle acque impetuose del Nilo. Si trova ad ascoltare mille voci, mille lingue; può osservare volti diversi e ritrovarsi in ciascuno di essi.
Su queste terre hanno mosso i primi passi i nostri antenati. E lo si sente percorrendo le rosse strade polverose.
Ho creato queste pagine con l'intento d'incoraggiare qualcuno assetato di conoscenza a dissetarsi in questo strano, enorme Paese. Ho raccontato qui ciò che ho imparato nel mio viaggio, da alcuni Etiopi d'Etiopia e da alcuni altri che ora vivono in Italia a Milano.
Nel caso doveste decidervi, contattatemi pure per avere informazioni su come organizzare un viaggio.

NOTIZIE PRATICHE
VISTI
L'ambasciata d'Etiopia in Italia si trova in via Vesalio, 16 a Roma (zona Porta Pia). Se si presenta richiesta di visto in mattinata, lo si può ritirare al pomeriggio dietro esplicita richiesta. Il costo del visto turistico di un mese nel 2000 era di 98.000 lire. Per chi volesse rimanere in Etiopia di più è prevista la possibilità di prolungamento del visto per un ulteriore mese (la spesa è uguale). Un visto multiplo valido tre mesi costa invece 112.000 lire. Attenzione perché una volta usciti dall'Etiopia (ad esempio verso l'Eritrea o il Kenia) non è possibile rientrarvi con un normale visto, ma ce ne vuole uno multiplo.
Per la richiesta è necessario presentare un passaporto valido almeno 3 mesi, due fototessere uguali.
Per viaggiare nelle regioni del Sud e nella regione Afar sono necessari altri permessi che spieghino le ragioni del viaggio. Inoltre per entrare in alcune regioni è necessario il pagamento di un pedaggio. Se viaggiate con un tour operator locale, si preoccuperanno loro dei permessi, altrimenti rivolgetevi agli uffici dell'Ethiopian Tourist Commission ad Addis Abeba.
CONTROLLI ALL'INGRESSO IN ETIOPIA E IN USCITA
Prima di poter entrare o uscire dall'Etiopia bisogna riempire formulari (in amarico e inglese) e sottoporsi a rigorosi controlli dei documenti e del bagaglio.
Se acquistate prodotti artigianali, dovete procurarvi un permesso agli uffici del Museo Nazionale. Ricordatevi di conservare anche le ricevute del negoziante.
VACCINAZIONI
** Febbre gialla: il vaccino è valido per dieci anni. Si può richiede alla ASL cittadina e va fatta (per essere sicuri che funzioni) almeno un mese prima della partenza. Non è più obbligatoria ma è consigliata dalle autorità sanitarie italiane.
** Malaria: non si tratta di un vero e proprio vaccino quanto piuttosto di un farmaco per contrastare l'agente patogeno. Il protozoo che causa la malaria infatti per ora non è ancora completamente resistente a tutti i farmaci. Si usano quindi proprio questi per effettuare una profilassi preventiva in modo che quando il Plasmodium falciparum o il P. vivax viene iniettato dall'Anofele (una zanzara) nel sangue si trovi subito a combattere contro il veleno del farmaco. Da tener presente che nel giro di pochi anni l'"animaletto" in questione si è reso resistente a numerosi farmaci (ad esempio la clorochina in molte zone non ha più effetto).
I farmici contro la malaria sono generalmente abbastanza tossici e ne viene sconsigliato l'uso a chi ha problemi di fegato. Quindi informatevi bene prima di partire. Dove informarsi? Di solito alle ASL ci sono uffici appositi a cui rivolgersi.
Per i donatori di sangue: le norme che imponevano la sospensione dalla donazione per due anni sono state eliminate; rimane quindi la sospensione di sei mesi, come per tutti coloro che si recano nelle zone malariche più pericolose.
Per esperienze personali ho notato invece che l'uso del farmaco non protegge del tutto e che la profilassi lascia comunque la possibilità di essere infettati. Meglio quindi affidarsi a zanzariere, insettifughi, e indumenti che coprono il corpo.
** Febbre tifoide: ci si vaccina tramite l'ingestione di compresse (da farsi prescrivere dal medico curante). Si sappia tuttavia che la copertura non è totale e quindi è necessario prendere precauzioni igieniche e sanitarie.
La malattia si presenta con febbre alta, costipazione (ma a volte anche diarrea).
** Meningite meningococcica: la vaccinazione va richiesta alle ASL. Dura due anni. La malattia è endemica in parecchie aree dell'Etiopia.
** Tripanosomiasi (malattia del sonno): la mosca Tsè tsè è largamente diffusa in molte zone dell'Etiopia. Tuttavia la malattia non è comune e i casi di infezione sono circoscritti. Indossare pantaloni e camicie a maniche lunghe e colori vivaci e usare spray insettifughi sono i rimedi più efficaci per contrastare l'infezione.
** Schistosomiasi: l'agente patogeno è la Cercaria, un parassita che vive in minuscoli molluschi nell'acqua. Nel 2000 ci furono casi anche in frequentatori del Lago di Como.
Non bevete e non bagnatevi nei laghi e nei corsi d'acqua (solo il lago Langano è balneabile) soprattutto quando stagnanti.
** Leishmaniosi: il moscerino della sabbia (il flebostomo) ne è il vettore. Si manifesta 10 mesi dopo il contagio.
** AIDS: non ci sono stime sulla diffusione. E' vivamente consigliabile evitare rapporti sessuali non protetti.
** Tubercolosi: evitare contatti con chi tossisce intensamente e prolungatamente.

GIORNO E ORA IN ETIOPIA
Il calendario copto etiope è costituito da 12 mesi di 30 giorni ciascuno, seguito da un periodo di 5 giorni.
Ogni quattro anni, durante l'anno bisestile, viene aggiunto un giorno supplementare nell'ultimo periodo. Quindi l'anno è mediamente composto da 365,25 giorni.
Il primo dell'anno corrisponde al nostro 11 settembre (il 12 negli anni bisestili).
Oggi, secondo il calendario gregoriano, in uso nei paesi occidentali, è il giorno 19-02-2005. In Etiopia invece è il 12 Yekatit 1997.
I mesi sono:
Meskerem (Settembre/Ottobre)
Tikemt (Ottobre/Novembre)
Hedar (Novembre/Dicembre)
Tahesas (Dicembre/Gennaio)
Tir (Gennaio/Febbraio)
Yekatit (Febbraio/Marzo)
Megabit (Marzo/Aprile)
Meyazeya (Aprile/Maggio)
Genbot (Maggio/Giugno)
Senay (Giugno/Luglio)
Hamlay (Luglio/Agosto)
Nehasay (Agosto/Settembre)
Pagume (Settembre)

L'ORARIO IN ETIOPIA
L'ora viene calcolata dall'alba e non dalla mezzanotte come avviene da noi. Non è raro quindi che chiedendo l'ora a pranzo vi dicano che sono le sette!
In Etiopia sono le 23:26 secondo l'ora straniera e le 16:26 secondo l'ora locale.

FESTIVITÀ
7 Tahesas (7 Gennaio): Natale (Genna)
19 Tahesas (19 Gennaio): Epifania (Timkat)
23 Yekatit (2 Marzo): Festa nazionale per la vittoria di Adwa
4 Megabet (13 Marzo): Fine del Ramadan (Id Al Fitir)
28 Megabet (6 Aprile): Giorno dei Patrioti
9 Meyazeya (17 Aprile): Id Al Adha - Giorno del Sacrificio (Arafa)
17 Meyazeya (25 Aprile)
Meyazeya (Aprile/Maggio): Pasqua (Fasika)
23 Meyazeya (1 Maggio): Festa dei lavoratori
20 Genbot (28 Maggio): Caduta del Dergue
10 Hamle (17 Luglio): Nascita del profeta Maometto (Al Mawlid al Nebawi)
1 Meskerem (11 Settembre) Nuovo anno (Enqutatash)
17 Meskerem (27 Settembre) Festa della Croce (Meskal)

LA LINGUA
In Etiopia si parlano numerose lingue differenti. Non si tratta, come verrebbe da pensare ad un primo esame, di dialetti, ma di vere e proprie lingue con sintassi, termini e pronuncia differenti.
Per questo motivo i telegiornali e i radiogiornali sono ad esempio trasmessi ad orari differenti nelle tre lingue principali: Amarico, Tigrino e Oromo.
Nel sud dell'Etiopia i popoli tribali parlano ognuno una sua lingua (Hamer, Konso, Borana, etc.). Nell'ovest ci sono i Surma con il loro linguaggio e anche i Dancali ne hanno uno proprio.
La necessità di comprendersi ha portato l'Etnia "dominante" (anche se non sempre maggioritaria) a imporre anche con metodi non sempre pacifici una lingua comune.
Nelle scuole e negli uffici pubblici, nell'esercito e negli ospedali si parla così l'Amarico.
Le lingue appartengono ai gruppi semitico, cuscitico e nilotico.
Semitiche sono le tre lingue principali: il Gheez (lingua classica ora estinta, un po' come il Latino per noi), l'Amarico, il Tigrè, il Tigrino, l'Harari, il Guraghe, il Gafat, etc.
L'Amarico è basato sullo sviluppo delle radici trilettere, verbali, da cui derivano sostantivi, aggettivi, etc. Possiede un alfabeto sillabico di oltre 260 segni, diviso in sette ordini a seconda della coloritura vocalica.
Pure semitico è l'Arabo che è parlato in alcune regioni orientali e conosciuto da molti mussulmani; inoltre a causa delle guerre sono molti i profughi somali (di lingua araba) arrivati in Etiopia in questi ultimi anni; se, come sembra, gli U.S.A. attaccheranno nuovamente militarmente Sudan e Somalia, di arabi ve ne saranno anche di più.
Al gruppo cuscitico appartengono il Begia, il Saho, l'Agau, il Dancalo, il Somalo, il Galla e il Sidamo.
Al gruppo nilotico appartengono infine il Cunama e il Baria.
Piccolo glossario Italiano-Amarico
buongiorno (ad un uomo): Indemnadderk - (Akkambultè in Oromo)
buongiorno (ad una donna): Indemnaddersh -(Akkambultè in Oromo)
buongiorno (a più persone): Indemnadderaciù - (Akkambultanì in Oromo)
buongiorno (formale): Indemnadderaciù
buonasera (ad un uomo):Indemnameshech
buonasera (ad una donna): Indemnameshesh
buonasera (a più persone): Indemnamesaciù
buonanotte (ad un uomo): Dehnà der
buonanotte (ad una donna): Dehnà derì
buonanotte (a più persone): Dehnà derù
Salve: Tenà istellign

CAMBIO MONETA
Cambi relativi al Birr (moneta dell'Etiopia)
1 Euro = 9,90 ETB
1 USD = 8,30 ETB
1 £ = 14,86 ETB
I dati sono aggiornati al 25/01/2002.

I POPOLI SCONOSCIUTI DELL'OMO RIVER
Il sud dell'Etiopia, la misteriosa vallata del fiume Omo, le regioni dei grandi dei rift valley, la grande frontiera con le savane del Kenya sono sempre state "l'altra Etiopia", l'Africa nera sconosciuta non scoperta.
Il grande Sud dell'Etiopia, il Gamo Gafo, il Sidamo e il Caffa sono terre straordinarie, un immenso incrocio di popolazioni e di civiltà Africane.
La ricerca perenne di terre fertili e di nuovi pascoli, la fuga dalle incursioni dei razziatori dell'altopiano e le antiche migrazioni hanno provocato il singolare mosaico dei popoli del sud dell'Etiopia: piccole popoli di poche migliaia di persone, a volte solo qualche centinaio di uomini e donne, vivono accanto a gruppi più forti.

I POPOLI DELLA RIFT VALLEY
I Dorze sono ancora gente di montagna. Vivono con le loro alte e curiose capanne sulle pendici dei monti Guge che sovrastano Abaya.
Molto più a sud, lungo interminabili pendici dell'altopiano Etiopico, verso le savane del Kenya, vivono decine di popoli: gli Ari sono agricoltori e artigiani, ma, al pari dei Banna, sono anche cacciatori e apicoltori, e vivono attorno a Jinka.
Gli Arboré sono poche migliaia di individui. Provengono da terre orientali e le porte delle loro capanne sono rivolte verso i luoghi di origine. Queste colline meridionali sono segnate dalla piantagioni di banane o di caffè. I bambini lavorano come spaventapasseri viventi.
Le donne Hamer indossano pelli e si adornano con tante piccole conchiglie che sono state usate, per secoli, come denaro: ai polsi hanno anelli di metallo, al collo fili di perline o pesanti collari.
Le regioni del sud del fiume Omo sono territori sorprendenti: le savane si susseguono a improvvise montagne, grosse paludi si intersecano con praterie e foreste.

Le variazioni climatiche, da valle a valle, possono essere molto forti. Le etnie omotiche sono popoli di contadini, di pastori, di cacciatori, di raccoglitori. Vivono un'economia di sussistenza. Sono popoli guerrieri: gli scontri, le autentiche battaglie, gli agguati per la contesa e la disputa delle terre migliori sono frequenti e non conoscono barriere di parentele etniche. Può capitare a tutti di incontrare guerrieri in cerca di nemici da combattere.

Le vallate meridionali dell'Omo sono le terre dei Mursi, dei Bodi, dei Galeb, dei Karo, degli Hamer. Le nuove divisioni amministrative Etiopiche contano nella regione dell'Omo ben 45 gruppi di popoli. Gli incroci, le mescolanze, le contaminazione, i commerci, le dipendenze, i matrimoni, gli scambi, i rituali, sono un complesso patrimonio comune dei popoli di queste vallate. Le differenze, come le somiglianze, le amicizie, come le sanguinose rivalità, sono ricorrenti e impressionanti.
La vita di queste popolazioni è scandita dalle piogge, dalle alluvioni del fiume, dalla transumanza per sfuggire alle punture della mosca tzè-tzè. Crisi ambientali, come l'abbassamento del livello del lago Turkana (20 metri in un secolo, con un rialzo di 4-5 metri negli anni sessanta), hanno costretto a migrare popolazioni come i Galeb, riconoscibili per i capelli impastati di cenere e ocra e adornati con belle piume di struzzo. La siccità ha spinto i Mursi dentro i confini del Mago park (un parco naturale): inevitabili gli scontri con i Bodi e con i Karo. Negli anni settanta sono apparsi i Kalshnikov anche sulle rive dell'Omo e gli scontri etnici sono diventati battaglie crudeli.

I KONSO
I Konso, 25mila persone, vivono fra le coline a sud del lago Chamo. Popolo di agricoltori sedentari di origine cuscitica, sono celebri per i loro campi abilmente lavorati: ordinati terrazzamenti di pietra protetti da solide palizzate di pietre contraddistinguono le loro terre scavate da profonde erosioni. Bellissimi i loro villaggi, solidissime le loro capanne: una stretta porta-tunnel di tronchi ricurvi è l'accesso al cortile famigliare. I Konso sono un'etnia numerosa; coltivano mais, sorgo, fagioli, patate, banane, caffè e cotone che vendono in grossi mercati, dove si incontrano con altre popolazioni che si dedicano alla pastorizia. Sono un popolo unito con lavoro collettivo e forte solidarietà.
Ma i Konso sono anche bravi musicisti. Suonano nelle ore del tramonto. Flauti, masinko e tamburi si ascoltano, a sera, nei loro villaggi. E sono famosi artigiani: carpentieri geniali, fabbri, tessitori (le cotonine dei Borana sono opera loro), fini vasai, lavorano, con abilità, anche la pietra. Modellano oggetti che scambiano con i pastori del bassopiano per ottenere carne, sale, latte e pelli conciate.
I Waga sono piccoli totem che si innalzano nei campi terrazzati dei Konso. Ne segnano il paesaggio collinare, sono collocati ai crocicchi dei sentieri, lungo le strade. Sono statuette in legno corrose dalla pioggia e del tempo: il culto degli antenati ha un straordinaria importanza per il popolo Konso. I totem sono dei Waga, sono "qualcosa dei padri": raccontano la vita, la storia, il passato di un grande defunto, di un eroe, di un uomo importante. L'antenato, armato di scudo, è al centro del gruppo di statue, circondato dalle immagini delle sue mogli. I nemici e gli animali feroci uccisi dall'eroe sono rappresentati ai margini del gruppetto di statue. Sulla fronte dell'antenato spunta, a volte, una riproduzione del kallaache, un ornamento fallico che, durante le cerimonie iniziatiche di passaggio da un età all'altra, l'uomo Konso porta in testa.

I BORANA
"Le genti del mattino" (boru è traducibile in italiano con "aurora") sono il più importante gruppo Oromo dell'Etiopia meridionale. Sono fieri e orgogliosi guerrieri. I Borana si considerano l'etnia primogenita, il popolo più antico del gruppo Oromo, non corrotto dalla modernità. I Borana sostengono di vivere come gli "antenati", "sono i più vicini a Waq", la divinità più potente, vivono alla frontiera fra Etiopia e Kenia. Sono pastori seminomadi che si muovono, con le loro mandrie, fra il bacino del fiume Giuba e le terre dei Konso. Per loro questa è "una terra di meraviglie". I buoi, le vacche, i zebù, delle corna brevi e dalla gobba sulla schiena, sono tutto per i Borana. Vivono in capanne di canniccio tenute assieme dall'argilla e del fango. Sono piccole cupole facilmente smontabili per essere trasportate durante le lunghe transumanze. I Borana estraggono il sale, essenziale per l'alimentazione dei loro bovini, da piccoli laghi vulcanici (El Sod).
Sono abili ingegneri idraulici e scavano con un faticoso lavoro pozzi a gradoni, profondi fino a 30 metri. Cercano l'acqua nelle 35 falde che, con scarsezza, si muovono nelle aride terre di questa regione. L'abbeverata del bestiame è un sorta di cerimonia, un dovere quasi divino che vale qualunque fatica. Lo scavo dei pozzi è una colossale opera collettiva: intere famiglie "allargate" contribuiscono a spostare la terra, a scavare e a perforare la roccia. Durante le stagioni aride decine di uomini borana si calano nei pozzi per far salire, secchio dopo secchio, l'acqua nell'abbeveratoio. Mentre sollevano i secchi cantano nenie ritmate: i pozzi diventano "pozzi cantanti".
I Borana sono guerrieri bellicosi e aggressivi. Chi non ha ucciso nessuno non è degno di sposarsi. L'assassino borana si fa crescere un lungo e solitario ciuffo di capelli. Solo così l'uomo sarà guardato.

IL PRIVILEGIO DELL'ETA'. IL SISTEMA GADA
Il gada è un complesso sistema sociale, una stratificazione per età delle gerarchie all'interno di intere popolazioni, di clan e sottoclan. Tutti gli uomini (le donne sono escluse da qualsiasi potere sociale tradizionale) debbono percorrere assieme le fasi del lungo passaggio dall'infanzia all'anzianità. Ogni scatto di età (avviene ogni sette o otto anni nei differenti clan) è un balzo nella gerarchia sociale: solo a un certa età viene concesso il diritto a un nome maschile, prima non si è considerati, poi viene riconosciuto il diritto a custodire le mandrie, quindi si possano fare pratiche guerriere. Solo alla fine ci si può sposare.

GLI HAMER
L'altopiano Etiopico, a sud, degrada in un intricato sistema montuoso. Le colline ordinate e coltivate dei Konso precipitano rapidamente. I campi curati con infinita pazienza lasciano spazio alla boscaglia.
I vestiti diventano quasi inutili. Le donne indossano pelli lucidate, adornate con le conchiglie del lontanissimo Mar Rosso.
Gli Hamer vivono nelle savane a occidente del lago Chew Bahir, il lago del sale. E' una zona selvaggia accerchiata da paludi e da savane desertiche. La loro ricchezza sono le vacche che conducono, in lenti e insicuri viaggi, fino alle sponde dell'Omo per abbeverarle durante i mesi della stagione secca. Le acconciature delle donne sono splendenti e colpiscono tutti. Gli uomini hamer si modellano, sulla testa, crocchie di argilla sormontate da penne di struzzo. Si muovono stringendo fra le mani il "borkota", appoggia testa di legno. Anche per gli hamer, il sistema sociale poggia sulla divisione per età degli uomini. Le donne hamer, quando si sposano, si chiudono attorno al collo un pesante collana di pelle e metallo. Le ragazze nubili invece hanno un disco metallico infilato fra i capelli.
Il rito di iniziazione tra gli Hamer si chiama "salto del toro". Il ragazzo destinato a crescere deve saltare, correndo sulla loro schiena e senza cadere, una decina di buoi affiancati per quattro volte. E' una cerimonia lunga e complessa. Il ragazzo viene incoraggiato e aiutato nelle preparazioni al rito dai suoi amici "maz" che hanno già saltato il toro. Le giovani parenti invece dovranno farsi frustare dai maz per dimostrare il loro affetto. Le cicatrici sono un orgoglio per le giovani donne. Il ragazzo percorre il sentiero verso la radura dove salterà portando in mano un bastone a forma di fallo che viene baciato tre volte da ogni giovane donna in segno di benedizione.
Se il ragazzo non riuscirà nel salto (è permessa una caduta) sarà preso in giro per tutta la vita e non avrà futuro. Se la corsa avrà successo il ragazzo diventerà maz e comincerà il suo lungo cammino nella struttura sociale della sua etnia.

I KARO E I MURSI
Hanno i volti affrescati con ocra, calce bianca, con polvere di ferro e brace di carbone e di legno. Le loro danze sono sensuali: autentici riti dell'amore dove i fianchi e il ventre si allacciano in mezzo a un'esplosione festosa di polvere. Le danze celebrano i matrimoni (la poligamia è ammessa), il raccolto e le iniziazione dei giovani. I Karo sono un popolo che sta scomparendo. In poche centinaia sopravvivono in miseri villaggi sulle sponde dell'Omo. Si adornano in modo povero. Le donne si trafiggono il mento con un chiodo o un bastoncino di legno. A causa della povertà hanno sostituito gli oggetti ornamentali con ornamenti sul corpo: si scarificano la pelle e si provocano rigonfiamenti con acqua e cenere. Nelle occasioni particolari si dipingono il corpo con acqua e gesso.Le pitture diventano un vestito.
E' diffuso invece tra i Mursi l'uso del piattello labiale e all'orecchio. Si tratta di piattelli di argilla che vengono alloggiati in buchi nel labbro inferiore e nei lobi delle orecchie. Li portano solo le donne. Iniziano da piccole con pezzetti di legno nel labbro inferiore. Con l'età allargano il buco con piattelli sempre più grossi.
Non si sa di preciso il motivo di questo usanza. Si crede che un tempo servisse a scoraggiare il rapimento delle donne da parte degli schiavisti.
Tra gli uomini invece è usanza incidersi la pelle delle braccia per ogni nemico ucciso.L'Etiopia ha un territorio sterminato con climi molto differenti. Tra altopiano e bassopiano la temperatura varia notevolmente così come tra la regione del Tigray e il sud.
Sugli altipiani piove in estate: tra metà Giugno e Settembre temporali furibondi si abbattono su Addis Abeba e sulle "terre alte", da Bahr Dar a Makalè. Si può viaggiare ma le piste diventano difficili, spesso al limite della percorribilità.
Anche nei mesi delle piccole piogge, da fine Marzo ai primi di Maggio, possono esservi problemi nella percorribilità di alcuni itinerari sugli altopiani. Da Ottobre a Marzo invece il tempo è per lo più stabile e sereno. Maggio è il mese più caldo dell'anno. Dicembre e Gennaio sono invece i mesi migliori per un viaggio in Etiopia in quanto il clima è mite e non ci sono problemi di fango e piogge sulle strade.
Sull'altopiano di notte può fare molto freddo (15-18°C, difficilmente sopra ai 22°C), si consiglia quindi l'uso di sacchi a pelo e abiti pesanti.
Nel Sud, nella valle dell'Omo, la quota più bassa e la latitudine più meridionale garantiscono nella savana temperature più alte, tuttavia le grandi piogge (tra Settembre e Novembre) e le piccole piogge (tra Marzo e Giugno) portano difficoltà e disagi notevoli a chi si muove in auto (anche con fuoristrada).
Nelle regioni occidentali invece le stagioni di precipitazioni sono molto più lunghe (Febbraio-Aprile e Maggio-Novembre). La temperatura e caldo-umida durante tutto l'anno.Nel 2000, per la precisione ad Agosto, abbiamo fatto un viaggio attraverso l'Etiopia. Io per vedere un Paese di cui avevo sentito molto parlare e Zenash per conoscere meglio la sua Patria. Agosto non è il periodo migliore per visitare l'Etiopia per numerose ragioni, ma nonostante ciò ci siamo divertiti parecchio. Il viaggio che ho descritto è tratto liberamente dalle pagine del diario che ho scritto sul posto. Non ha alcuna pretesa di essere un itinerario completo nè un suggerimento.
Prendetelo solo come un primo approccio per un viaggio che farete in futuro.ADDIS ABEBA E DINTORNI (8 agosto 2000)
Volo Roma - Addis Abeba di Ethiopian Airlines. Arrivo ad A.A. in mattinata. Naturalmente, come sempre, anche questo aereo è in ritardo. Il volo è andato bene anche se è difficile riuscire a dormire nella poltroncina di un aereo.
All'aeroporto ci aspetta Diego, il responsabile di Greenland, il tour operator che ci scarrozzerà per l'Etiopia.
Dopo un veloce presentazione ci affida all'autista Alemayehu e al nostro futuro cuoco che ci portano all'Hotel. Alemayehu è un uomo dalla faccia decisa, sulla 50ina; Assefa invece ha una faccia bonaria, non parla italiano ma si fa intendere, potrebbe passare per il padre di Zenash, tanto più che porta per nome il suo patronimico!
Assefa ci porta all'hotel dove alloggeremo per un paio di giorni ad Addis Abeba. I preparativi per la partenza, infatti, necessitano di un certo tempo per reperire il materiale utile per il viaggio.
Il mio appuntamento con Zenash era fissato in mattinata al Central Shoa Hotel. All'aeroporto infatti è vietato l'ingresso a chiunque non sia in possesso di un biglietto di viaggio valido per quel giorno. L'esercito e la polizia presidiano lo scalo e sono ferrei nei controlli. Fuori invece la ressa e la calca dei venditori, dei tassisti, dei curiosi e dei viaggiatori non ci avrebbe permesso di riconoscerci. Tuttavia, l'autista ci porta all'Hotel Empire!
A questo punto il mio primo obiettivo è cercare Zenash all'altro albergo. La paura di non trovarla è forte perché l'aereo era in forte ritardo e lei non può saperlo e non ci sono prenotazioni a nostro nome lì dove lei mi aspetta. Invece per fortuna la trovo nella hall.
Ma chi è questa ragazza etiope che mi aspetta ad Addis Abeba?
E' la mia fidanzata. L'ho conosciuta l'anno prima a Milano dove lavora per amici. E' partita con due settimane di anticipo su di me per procurarsi i documenti necessari per tornare in Italia. Tuttavia la situazione di guerra in cui si trova il Paese ora non l'ha certo favorita. Si trova con la sola carta d'identità in mano e non è ancora riuscita a procurarsi nemmeno il passaporto. Figuriamoci se poi è passata dall'Ambasciata italiana; anche perché lì senza un Passaporto valido non si entra.
Liberiamo l'autista. Il cugino di Zen Taddese ci scorterà tutto il giorno in auto per la città.
Prima tappa ad un ristorante. Mangio molto bene. Il pomeriggio invece lo passiamo al Ministero degli Interni a preparare i documenti che servono a Zenash per avere il passaporto. La mia presenza, pur non portando scompiglio, crea curiosità nei corridoi pieni di gente in fila davanti ai vari uffici. Alla fine consegniamo tutto. Dovremo tornare tra due giorni a ritirarlo. Alla faccia della velocità! Per fortuna la nostra partenza è programmata per il pomeriggio. Avremo tutto il tempo di passare anche in Ambasciata.
Per cena ci recheremo a casa della zia di Zenash dove confluiranno anche molti parenti. In macchina raggiungiamo Akaki, un villaggio a trenta minuti da Addis Abeba. Lasciata la strada asfaltata ci siamo avventurati lungo le strade fangose. Il paese è pieno di vita. Ci sono venditori ambulanti, tassisti, carretti trainati da muli o asini, bambini che si rincorrono, donne che fanno la spesa...
La casa della zia di Zen è una delle poche in muratura e verniciata. L'entrata si affaccia sulla fangosa strada principale. L'ingresso posteriore, invece, si affaccia su un cortiletto a cui si aprono le porte di altri piccoli edifici (tra cui la cameretta della cugina dove Zena ha dormito ieri notte). L'ambiente è ospitale anche se chiaramente povero, rispetto ai nostri canoni. Mi ricorda un po' la casa dei miei zii contadini nel bresciano. D'altronde anche qui siamo in campagna!
Mi fanno vedere il cortile e il magazzino in cui macinano e pesano il grano. E' questo il loro lavoro. Poi si torna in casa. Mi vengono offerte bibite e beveroni più o meno alcolici mentre arrivano parenti ed amici. Per ogni persona che entra una stretta di mano e un sorriso. Dopo un primo quarto d'ora di imbarazzo durante la cena cala la tensione e tra le battute si ride e si scherza. Sono tutti affabili e simpatici. Ci tengono a farmi provare tutto quel che hanno cucinato e preparato.
Bevo pure il caffé (mai fatto prima). Alla fine sono strapieno! Mille foto, mille risate... Mi sono davvero divertito.
Il ritorno in albergo è un po' sfigato. Buchiamo una ruota ancor prima di partire. Nel fango e sotto la pioggia si cerca di cambiare la gomma. Il cric scivola nel fango e bisogna tenere sollevata l'auto (un vecchio Range Rover) con la forza delle braccia. Terminiamo la serata in città in un "pub" tradizionale con musiche e canti folkloristici. Di turisti per fortuna nemmeno l'ombra.

ADDIS ABEBA - LANGANO (9 agosto 2000)
Sveglia alle 6.30, in ritardo poiché la mia sveglietta riportava ancora l'ora italiana. Velocissima colazione all'inglese e partenza.
Piove, fa freddo ma il paesaggio è stupendo. Impressiona particolarmente la natura rigogliosa che ci circonda. Addis Abeba si trova sull'Altopiano della Shoa a 2400 metri di quota s.l.m. La città è immersa in una vera e propria foresta verde e lussureggiante.
Contrariamente a quello che si pensa solitamente facendo dell'Africa un solo piccolo paesino, qui le temperature sono rigide e l'acqua certo non manca.
La prima tappa è su un lago vulcanico. Siamo in territorio Oromo. Dalla piccola scuola vicino a noi escono una decina di bimbi che ci circondano curiosi di sapere da dove arriviamo e chi siamo. Da qui scendiamo lungo la frattura della Rift Valley. La temperatura si alza. L'ambiente cambia.
Pranziamo a Ziway nei pressi del lago Shala a base di pesce. Il lago infatti rifornisce di pesce freschissimo (per lo più siluridi) i ristorantini circostanti (due!). L'odore sulla riva del lago è impressionante, perché i pescatori ripuliscono li il pesce pescato conservandone solo i filetti. I resti rimangono sulla spiaggia dove banchettano prigri marabù, candidi pellicani e cani randagi.
Nel pomeriggio ci fermiamo sul lago Abijata ad ammirare stormi di pellicani e fenicotteri. Alcuni ragazzi del luogo ci prestano le loro lance dandoci modo di cimentarci in improbabili lanci. Certo non sopravviveremmo di caccia!
Dopo qualche chilometro ci fermiamo ancora all'interno del Abijata-Shala National Park ad assistere da un'altura allo scorcio dei due laghi che si affrontano separati solo da un sottile fazzoletto di terra selvaggia. Nel parco abbiamo modo di ammirare qualche animale selvatico (struzzi e antilopi). Di fronte all'entrata del parco parte la stradina che che scende all'Hotel Langano. Il villaggio turistico è meta di soggiorno oltre che per i turisti stranieri anche per gli etiopi. Il tepore del clima e il meraviglioso ambiente mi spingono a tuffarmi nelle acque scure. L'acqua è calda ed è piacevole nuotare dopo il faticoso viaggio. Doccia e cena (cucina internazionale).

LANGANO - YABELLO (10 agosto 2000)
Sveglia mattutina. Colazione ad Awasa con paste e the bollente. Incontriamo qui i primi turisti (italiani).
Questa tappa di trasferimento di 380 km. ci porterà sino a Yabello. Lungo la strada scorrono i volti sorridenti di Oromo e Sidamo. Il paesaggio continua a cambiare: la foresta fradicia dell'altopiano dello Shoa lascia il posto alla savana. Per ora tuttavia il colore predominante è ancora il verde. La macchia di sottobosco, degli eucalipti e delle acacie viene rotta da enormi sicomori (simbolo del popolo Sidamo) sotto cui si radunano le capanne. Qui si coltivano teff, caffè, banane, ananas, ortaggi, grano, mais e Kat. Il rosso intenso dei fiori di Giakaranda spezza di continuo il verde della macchia. La terra è di un rosso intenso.
Pranziamo con salame, formaggio e ananas comprati per strada; ai lati della carreggiabile vengono disposti i prodotti in vendita ricavati dai campi o prodotti dagli artigiani dei villaggi (pollame, frutta, verdura, caffè, seggiolini, tavoli, carbone, borracce, bidoni con l'acqua, giochi, etc.). Basta un colpo di clacson o semplicemente rallentare perché qualche ragazzino spunti dalla boscaglia pronto a contrattare il prezzo. Durante una delle soste veniamo raggiunti da due vetture con a bordo un gruppo di spagnoli. Stanno facendo più o meno lo stesso nostro itinerario e sono guidati dal nostro stesso tour operator. A bordo con loro troviamo pure Diego.
Alle 17.00 siamo a Yabello.
Alemayehu (il nostro autista) ci porta in un campo CARE di sua conoscenza che ritiene più sicuro e più comodo dell'area di campeggio vicino al paese. Il tempo non è bello e il campo si trova in collina. Il campeggio si trova invece in piano e in caso di precipitazioni sicuramente si allagherebbe. Dopo qualche minuto Alemayehu ottiene l'autorizzazione per impiantare il nostro accampamento. CARE è un organismo internazionale di aiuto e sviluppo; si occupa della realizzazione di pozzi nella regione, di istruzione e di educazione cercando nelle donne il momento di svolta. Il capo del progetto è un simpatico ingegnere indiano che gira per il mondo con scadenza quadriennale per far partire progetti di questo tipo.
Piantiamo le tende e ci organizziamo. Assefa ci prepara un'ottima cena (zuppa di pomodori, tagliatelle al sugo, arance te e caffè), poi facciamo un giro tra le case del paese. Un gruppo di bambini prende a seguirci e alla fine facciamo conoscenza, ci scortano per le vie del villaggio come vere guide turistiche; il vantaggio di viaggiare conoscendo la lingua è evidente! Tuttavia accade un fatto strano. Zenash a fine serata si ritrova a litigare con un vecchio che scaccia i bambini e ci insulta; dice che vogliamo fotografarli per vendere poi le loro foto arricchedoci alle loro spalle. Inutile spiegare che siamo turisti. Solo il passaggio di un militare fa cambiare strada al "pazzo". L'indomani Alemayehu e Assefa ci spiegheranno che la pessima abitudine di distribuire denaro importata dai turisti americani, ha fatto ritenere che ogni turista sia un fotografo professionista. Infatti i locali si chiedono: "Ma cosa se ne fanno della mia foto? Certo non se la tengono sul comodino".

YABELLO - EL SOD - YABELLO (11 agosto 2000)
Sveglia all'alba. Colazione al campo. Si parte alle 7.00 per El Sod. Lungo una strada sterrata si raggiunge da Dublok (centro borana) il cratere famoso per l'estrazione del sale.
Qui c'è un caldo bestiale. Scendiamo sul fondo del cratere lungo una mulattiera polverosa, incrociando più volte file di asini carichi di sacchi di sale.
Dal laghetto nero come la pece i Borana estraggono tre tipi di sale che usano per gli animali e del fango nero ricco di zolfo che usano per disinfestare gli animali domestici dai parassiti.
La risalita è atroce: alla fatica di risalire i 600 mt. di dislivello si somma una calura quasi insopportabile. Zenash fatica e alla fine è distrutta. Mai comunque come lo saranno in seguito gli spagnoli che incrociamo in vetta.
Tutto intorno è deserto, ci sono solo solo sabbia, sassi e qualche tronco secco. Ci raccontano che in questa zona non piove ormai da due anni.
Ripresa l'auto raggiungiamo Dublok. E' giorno di mercato del bestiame. Migliaia di Borana contrattano per aggiudicarsi questo o quel capo. C'è un parapiglia incredibile. I più giovani, come al solito, ci assalgono per chiederci chi siamo e da dove veniamo. Zenash si diverte un mondo a parlare con loro lasciandoli in principio a bocca aperta, poiché la credono straniera.
Una delusione sono invece i "pozzi cantanti". C'è poca acqua e quindi non ci sono animali ad abbeverarsi.
In serata visitiamo un villaggio Borana dove abbiamo modo di assistere ad una sorta di cerimonia di battesimo. E' stata costruita una capanna con rami e foglie verdi. Sotto di essa le donne cantano e ballano. Fuori gli uomini si complimentano con il padre. Lo facciamo anche noi e facciamo un piccolo regalo. Loro prima perplessi, ci ringraziano poi sorridenti.

YABELLO - KONSO (12 agosto 2000)
Durante la notte ha piovuto! Alle 6.30, quando ci alziamo, piove ancora. Smontiamo, colazione, partenza. Il cielo è cupo, a tratti piove ancora. Passiamo davanti al campeggio dove gli spagnoli navigano nel fango e nell'acqua alta (15 cm. in alcuni punti).
A causa della pioggia le ruote del Land Cruiser affondano per 10 cm nel fango lasciandosi dietro profondi solchi. Tutto bene (lentamente si procede) in piano, ma dove la pista si inerpica su per le colline la macchina proprio non ce la fa a salire. Per ben due volte l'auto si mette di traverso e finisce in un fosso. Tutti giù sotto l'acqua con le scarpe nel fango a spingere, sollevare, scavare e imprecare.
Siamo tutti bagnati, pieni di fango e infreddoliti. Alla fine riusciamo ad arrivare a Konso (ore 13 ca). Pranzo a base di formaggio, salame, sardine e pane (sempre fresco e fragante nonostante tutto, ma dove lo troveranno?)
Alle 14 visitiamo un villaggio Konso. Si tratta di una intricatissima rete di sentieri tra le recinzioni delle singole unità abitative. Sono proprio le staccionate a sorpendermi: sono costituite da palizzate di tronchi contorti e radici di alberi incastrati tra loro in un mirabile ordine disordinato. Sembrano delle sculture!
I Konso sono un popolo rurale che ha terrazzato tutte le montagne della regione per la coltivazione di sorgo, girasole, cotone, grano e orzo.
Purtroppo hanno la pessima abitudine di chiedere soldi per tutto!
Tornati al campo montiamo le tende che avevamo lasciato stese ad asciugare. Il "campeggio" è attrezzato con cinque tettoie di paglia sotto cui montare le tende. Noi ne occupiamo una per le tende e una per la cucina. Siamo nel punto più alto. Sotto di noi i terrazzamenti dei campi di sorgo maturo scendono verso il fondo valle. Qualche albero di eucalipto erompe tra le spighe. Le grida dei bimbi mezzi nudi rincorrono le capre che brucano. In lontananza si scorgono le vette arrotondate del Kenia. Il colore che predomina il paesaggio è il verde, un verde brillante. Il giallo delle sterpaglie e il rosso della terra chiazzano questo quadro stupendo.

La continuazione e fine del diario di viaggio sarà pubblicata prossimamente, sempre su Ci Sono Stato.

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